La strategia artica della Groenlandia (2024-2033) nel contesto geopolitico globale

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La strategia artica della Groenlandia (2024-2033) nel contesto geopolitico globale

 

Introduzione: la Groenlandia, tra indipendenza e annessione

 

La Groenlandia, c.d. Terra più a Nord del mondo[i], nonostante la sua collocazione geografica remota, appare sempre più al centro dell’attenzione internazionale, come crocevia di una molteplicità di interessi talvolta confliggenti[ii]. È, infatti, crescente la presa in considerazione della grande isola non soltanto, secondo tradizione, da parte dei Paesi scandinavi, ma anche degli Stati Uniti d’America e della Repubblica Popolare Cinese[iii], quest’ultima ormai diventata il principale attore delle sfide revisioniste che hanno messo in discussione il primato internazionale USA[iv], con rilevanti implicazioni sul piano del diritto, della scienza politica nonché delle relazioni internazionali[v].

Ciò accade sebbene l’isola danese abbia seri problemi sociali, contando un gran numero sia di persone senza fissa dimora che di suicidi[vi], al punto che, con riguardo a quest’ultimo aspetto, i dati dell’OMS collocano la Groenlandia al primo posto nel mondo[vii] (si dice infatti solitamente che, in Groenlandia, quasi tutti conoscono almeno una persona che si è suicidata[viii]). La popolazione a rischio di povertà[ix] in Groenlandia è pari al 17,4 per cento del totale (poco meno di 57.000 abitanti, numero pressoché invariato da decenni, poiché «ogni eccesso di nascite viene compensato dall’emigrazione»[x]), a fronte di una media del 16,2 per cento nell’Unione europea, e inoltre al 16,0 per cento in Svezia, 12,1 per cento in Finlandia, 11,8 per cento in Danimarca, 11,4 per cento in Norvegia e 9,1 per cento in Islanda[xi]. In Groenlandia, «molti dei suoi abitanti lottano per arrivare a fine mese»[xii]. Non è un caso che, allo scopo di convincere i Groenlandesi che il loro futuro è under the stars and stripes, l’amministrazione Trump abbia avviato una campagna coordinata di pubblicità e social media volta a convincere i residenti dell'isola che saranno più prosperi (oltreché più sicuri) se faranno parte degli Stati Uniti. Entrando fin da subito nel dettaglio, un aspetto rilevante del piano dell'amministrazione Trump per la Groenlandia è di natura finanziaria. La Casa Bianca vorrebbe sostituire il sussidio che la Groenlandia riceve attualmente dalla Danimarca con un pagamento di 10.000 dollari USA per residente. Non è, però, del tutto chiaro se questo denaro sia destinato direttamente alla popolazione ovvero al Governo centrale dell’isola. La somma predetta equivale a poco più di 568 milioni di dollari all’anno. Se si trattasse di un sussidio per il Governo centrale, allora esso sarebbe leggermente inferiore a quello che l'isola attualmente riceve dalla Danimarca (500 milioni di euro, ossia 571 milioni di dollari). Se, invece, fossimo di fronte a un pagamento effettuato direttamente alla popolazione, allora non sarebbe chiaro come verrebbero finanziati i servizi pubblici sull’isola.

Un altro argomento a (eventuale) sostegno del piano dell’amministrazione Trump potrebbe poi provenire dalla constatazione che gli Inuit della Groenlandia, i quali rappresentano l’88 per cento della popolazione dell’isola[xiii], hanno una comune origine etno-culturale con gli Inuit dell’Alaska, poiché gli indigeni groenlandesi discendono dalla migrazione di aborigeni dell’Alaska (c.d. Thule people o Thule-Inuit, i.e. Proto-Inuit/Paleo-Eskimo)[xiv] avvenuta circa mille anni fa; infatti, nonostante i due gruppi di Inuit siano separati da una distanza di 2.000 miglia, le loro lingue sono simili, avendo un ceppo comune[xv]. Il profondo legame storico tra gli Inuit di Alaska e Groenlandia è stato ribadito anche molto recentemente[xvi]. Al di là delle innegabili connessioni linguistiche, evidenziate dal fatto che sia il vocabolario che la grammatica delle lingue del gruppo Inuit (in verità, varianti dialettali) rispettivamente parlate dagli indigeni groenlandesi (Kalaallisut) e da quelli alaskani (Iñupiatun) sono in larga parte comuni[xvii], le distanze geografiche non hanno fatto venire meno il senso di unità del popolo Inuit. Etnograficamente, l’appartenenza della Groenlandia al Nord America è fuori dubbio; parimenti, a livello geologico la Groenlandia fa parte del continente nordamericano (dal momento che la placca tettonica è la medesima)[xviii]. Inoltre, fin dal 1977 l’organizzazione transnazionale Inuit Circumpolar Council (ICC) si batte per l’autodeterminazione degli Inuit, auspicando il riconoscimento internazionale, sul piano giuridico, della loro sovranità sull’Artico[xix]. Ne discende che: «Talk around Arctic sovereignty can come from a country wanting to assert its dominance over its Arctic territories, or from Inuit sovereignty and self-determination. Which Arctic sovereignty are we hearing about right now?»[xx]. Si è osservato peraltro che, per i Groenlandesi, cedere la propria sovranità agli Stati Uniti d’America in cambio di una garanzia di prosperità e sicurezza sarebbe una scommessa davvero rischiosa[xxi].

Ora, è certo che gli Inuit della Groenlandia hanno molto più in comunque con gli Inuit dell’Alaska, o con quelli del Canada, piuttosto che con i Danesi, ma il punto è un altro: si tratta di ragioni idonee e/o sufficienti per reclamare la sovranità su un territorio, sia pure tenendo conto delle ragguardevoli peculiarità del caso groenlandese, anche nel panorama comparato del trattamento giuridico dell’insularità?[xxii] Nel frattempo, i servizi segreti americani avrebbero ricevuto istruzione di acquisire informazioni in profondità sul panorama socio-politico dell’isola artica, in particolare sul movimento per l’indipendenza e sul “sentimento” dell'opinione pubblica riguardo all’estrazione delle risorse minerarie locali da parte americana[xxiii]. L’intelligence danese (i.e., Danish Security and Intelligence Service-DSIS, dan. Politiets Efterretningstjeneste-PET), a sua volta, è stata allertata, e vi sono altresì proposte volte alla chiusura del consolato statunitense a Nuuk (capoluogo della Groenlandia)[xxiv]. Per le autorità danesi, si tratta di una sfida senza precedenti alla sovranità nazionale e alla stabilità dell’Artico[xxv]. Secondo il ministro degli Affari esteri del Regno di Danimarca Lars Løkke Rasmussen, non è accettabile che la popolazione (groenlandese) inizia a spiarsi l’uno all’altro[xxvi]. Oltre al menzionato lavoro di intelligence, gli USA stanno elaborando un progetto volto alla conclusione di un accordo di «libera associazione» con la Groenlandia[xxvii].

La cronaca politica locale evidenzia che, dopo le elezioni anticipate svoltesi l’11 marzo 2025[xxviii], i cinque partiti politici groenlandesi rappresentati nel Parlamento dell’isola hanno ribadito, mediante la dichiarazione congiunta sottoscritta il 14 marzo 2025 e preannunciata il giorno precedente dall’allora probabile Primo ministro, Jens-Frederik Nielsen (impegnato a formare un nuovo Governo)[xxix], che i Groenlandesi non vogliono essere Americani e neppure Danesi (con la sola eccezione, a quest’ultimo riguardo, del partito unionista Atassut), poiché desiderano soltanto essere Groenlandesi[xxx]. Insomma, «Kalaallit Nunaat kalaallit pigaat», ossia: la Groenlandia appartiene ai Groenlandesi. Il nuovo Esecutivo groenlandese è, quindi, nato dall’accordo di (larga) coalizione siglato il 28 marzo 2025[xxxi] da quattro dei cinque maggiori partiti dell’isola[xxxii], ed è guidato dal Premier J.-F. Nielsen[xxxiii]. L’attuale Governo (“quasi unitario”)[xxxiv] riunisce schieramenti politici alquanto diversi, dal momento che la coalizione è formata dal partito di centro-destra Demokraatit[xxxv], dal (piccolo) partito liberale Atassut, dal partito di centro-sinistra Siumut, nonché dal partito socialista Inuit Ataqatigiit. Il Premier uscente, Múte Egede, leader del partito Inuit Ataqatigiit, ha assunto l’incarico di ministro delle Finanze. Bisognerà ovviamente verificare, nel corso del tempo, che non si sia trattato di un’apparente dimostrazione di unità[xxxvi]. Inoltre, è abbastanza evidente che per gli Stati Uniti d’America l’indipendenza della Groenlandia sarebbe un primo, ma fondamentale, passo per (tentare di) ottenere la vera e propria annessione[xxxvii] dell’isola[xxxviii].

Ad ogni modo, il nuovo Primo ministro ha affermato[xxxix], il 30 marzo 2025, che spetta ai Groenlandesi determinare il loro futuro, dal momento che – come ha precisato – «We do not belong to anyone»[xl]. Il giorno successivo, lo stesso Nielsen ha aggiunto che «We have a strong partnership with Denmark, and that is what we are going to build on until the day we can be sovereign»[xli]. Pare di capire, dunque, indipendenza sì, ma seguendo un percorso (molto) graduale, ovvero – nelle parole del nuovo Premier – «pragmatico» e «responsabile»[xlii]. Come è stato efficacemente rilevato, «a cautious approach towards independence is the agreed policy»[xliii].

Il 1° aprile 2025, inoltre, si sono svolte le elezioni locali in Groenlandia, per eleggere i membri dei cinque consigli comunali (81 seggi complessivi). Il risultato ottenuto da Siumut è stato buono; 33,97 per cento dei voti (- 2,15 per cento rispetto alle elezioni municipali del 6 aprile 2021) e 31 seggi, al secondo posto Demokraatit con il 25,29 per cento (+-18,41) e 21 seggi. In definitiva, i Democratici hanno vinto le elezioni politiche generali dell’11 marzo 2025, ma sono arrivati soltanto secondi alle elezioni locali del 1° aprile dello stesso anno. L’affluenza alle urne, però, è stata del 70,90 per cento (+ 4,98 rispetto al 2021) l’11 marzo e del 52,65 per cento (- 11,19) il 1° aprile. È appena il caso di rilevare che il consenso elettorale ricevuto deve essere valutato non soltanto in termini percentuali, ma anche in numeri assoluti, dal momento che l’astensionismo potrebbe svelare nel partito di maggioranza relativa non altro che la minoranza più grande del corpo elettorale.

Come è noto, l’interesse di Donald Trump per il territorio groenlandese non dovrebbe essere sottovalutato. Nelle parole del Presidente USA, infatti: «Abbiamo bisogno della Groenlandia; mi dispiace dirlo così, ma dobbiamo averla!»[xliv]. Secondo il Presidente russo, Vladimir Putin, d’altro canto «È profondamente sbagliato credere che si tratti di una sorta di discorso stravagante della nuova amministrazione americana. Riguardo alla Groenlandia stiamo parlando di piani seri»[xlv]. La questione groenlandese polarizza sicuramente l’opinione pubblica, nel modo che forse non dispiace a Donald Trump. Del resto, «La radicalità del potere affascina, seduce e spinge gli esseri umani ad imbarcarsi in imprese»[xlvi].

Certo, per l’establishment bipartisan e per coloro che fanno leva sul mantenimento delle alleanze, sul rispetto del diritto internazionale e sui principi etici che dovrebbero animare la politica estera (in questo caso, quella statunitense), l’anticonformismo e l’imprevedibilità[xlvii] (per alcuni, anzi meglio per molti, l’irresponsabilità) della politica trumpiana è fortemente da criticare[xlviii]. L’intera vicenda groenlandese potrebbe, in fondo, essere letta in chiave di testimonianza della perdurante “buona salute” di una concezione delle relazioni internazionali che è ancora oggi non poco caratterizzata da una impronta geopolitica, secondo la quale la sicurezza nazionale è pienamente garantita soltanto dalla sovranità diretta su un territorio[xlix]. Da qui deriverebbe (anche) il progetto trumpiano, definito come «imperial-nazionalista»[l]. Si è detto che «Gli studiosi di diritto internazionale vivono un’inedita crisi d’identità»[li]; siamo – si aggiunge – in presenza di «Un’architettura giuridica di un mondo che forse non c’è più e stentiamo a prenderne atto»[lii]. Ecco, quindi, che «Oggi le norme internazionali sono sotto minaccia esistenziale»[liii]. Come ha osservato Massimo Cacciari, «c’è un disordine globale», poiché ci troviamo in una fase di «passaggio in mare aperto», salpando da un porto abbastanza conosciuto verso un fine che rimane perfettamente ignoto[liv].

Comunque sia, il peculiare modus operandi di Donald Trump sembra ispirarsi a una iniziale massima “potenza di fuoco” (ovvero, “ad alzo zero”), per poi giungere (alla trattativa e) a un accordo, non invece per evitarlo. Ne deriverebbe una importante indicazione di metodo, vale a dire che con Donald Trump non conviene mai accettare la mossa di apertura – che è sempre “massimalista” – ma aspettare; non conviene neanche “rompere”, ma occorre invece negoziare, con pazienza. Sviluppando una prospettiva maggiormente critica, si è detto altresì che «L’arte dell’accordo per lui [i.e., Donald Trump] è la capacità di piegare il più debole ai propri interessi. Transazionale significa essere pronto a qualsiasi transazione per raggiungere il risultato, ma il risultato a cui mira non è raggiugere un accordo con la controparte, bensì piegarla»[lv]. Oppure, si è rilevato che: «i meccanismi della trattativa trumpiana consistono innanzitutto nel provocare o consentire che le tensioni arrivino al punto massimo, poi suggerire compromessi con costi ma anche profitti per ogni parte, e infine, dichiarare vittoria in ogni caso»[lvi]. Sembra, peraltro, condivisibile affermare che: «Whether the topic is tariffs, territorial expansion, relations with Russia, the future of America’s alliances or the balance of power in the Middle East, understanding what President Trump really wants is the key to analyzing where American foreign policy is headed in this stormy and fateful year[lvii]. Compito quest’ultimo non del tutto agevole, poiché – come si è osservato[lviii] – lo stile adottato da Donald Trump è spesso out of the box, con inevitabili ripercussioni sul sistema politico statunitense[lix]. L’approccio pare più basato sulle regole degli affari che su quelle della diplomazia[lx].

Pur essendo, perciò, assolutamente vero che da anni le grandi potenze (Stati Uniti d’America, Russia, Cina popolare) stanno effettuando una “corsa” per assicurarsi le risorse minerarie dell’Artico e controllare le nuove rotte di navigazione settentrionali che si stanno aprendo a seguito dello scioglimento dei ghiacci [lxi], non è meno vero che la Danimarca è, per così dire, sotto choc, dal momento che l’attuale prospettiva (recte, minaccia) di annessione della Groenlandia arriva da un alleato NATO[lxii].

D’altro canto: se gli Stati Uniti dovessero veramente usare la forza per annettere la Groenlandia – opzione che, da ultimo nell’intervista a Nbc News (Meet the Press) del 4 maggio 2025[lxiii], il Presidente Trump ha dichiarato di «non avere escluso»[lxiv] – e la Danimarca chiedesse conseguentemente l’applicazione dell’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico (firmato a Washington, DC, il 4 aprile 1949), che cosa farebbe la NATO?[lxv]

D’altro canto ancora, anche i dazi imposti dagli Stati Uniti (con Trump prontamente ribattezzato “Tariff man”[lxvi]) alla Repubblica Popolare Cinese[lxvii] – i quali costituiscono, secondo il direttore della Rivista Limes, Lucio Caracciolo, una «bomba finanziaria sulla Cina»[lxviii], sono stati contestati in sede giudiziaria da dodici Stati americani (poiché, essi sostengono, il Presidente non ha il potere di «imporre tariffe arbitrariamente», soltanto il Congresso ha il potere di legiferare sui dazi e chiedono, quindi, alla Corte Suprema di impedire all'amministrazione Trump di applicare quelle che definiscono «tariffe illegali»)[lxix], possono determinare il c.d. secondo shock cinese (deviando più esportazioni cinesi verso l’Europa)[lxx] e influiscono sulla ricomposizione delle alleanze internazionali[lxxi] – potrebbero rilevare, nel senso che Pechino viene indotta a infliggere contro-sanzioni agli USA[lxxii], tra cui il blocco delle licenze di esportazione per i minerali di terre rare, che sono vitali per l’industria tecnologica statunitense. L’aspetto se vogliamo “divertente” della vicenda dazi – prontamente segnalato dalla (migliore) stampa internazionale[lxxiii] – è che la Repubblica Popolare Cinese appare attualmente come il difensore del multilateralismo e del libero scambio, mentre d’altro canto, ancora all’inizio degli anni duemila, il contrasto (recte: la lotta) alla mondializzazione neoliberale veniva considerata come una causa progressista, con i movimenti no-global altermondialisti che si esprimevano a favore di una tassazione delle transazioni finanziarie, ovvero di un protezionismo (variamente definito) “altruista”, “solidale” “ecologico”, ecc.

Il timore delle contro-tariffe cinesi è uno dei motivi per cui Trump sembra essere così “ossessionato” dalla ricerca di fonti di approvvigionamento alternative in luoghi come l’Ucraina[lxxiv] e ora, appunto, la Groenlandia[lxxv]. Si stima, infatti, che, in Groenlandia, le risorse di litio ammontano a 235.000 tonnellate, quelle di niobio a 5.900.000, quelle di tantalio a 916.000, oltre che 36.100.000 di terre rare e 12.100.000 di titanio[lxxvi]. Non è un caso che la Cina abbia bloccato l’esportazione delle terre rare[lxxvii]. L’eccessiva dipendenza degli USA dalla Cina (e da Taiwan, a sua volta minacciata dalla Cina[lxxviii]), in particolare per le terre rare (c.d. rare earths[lxxix], necessarie per la produzione di semiconduttori e microchip), era già stata valutata sfavorevolmente dal documento elaborato dal think-(and-do-)tank conservatore statunitense Heritage Foundation, pubblicato nel 2024 e dal titolo The Prioritization Imperative: A Strategy to Defend America’s Interests in a More Dangerous World[lxxx]. Non stupisce, quindi, che gli investitori tech della Silicon Valley mostrino crescente interesse a creare in Groenlandia un polo tecnologico[lxxxi]. Quest’ultimo progetto, per ora ancora non bene definito, dovrebbe essere in futuro guidato da Kenneth Howery[lxxxii], già ambasciatore statunitense in Svezia (dal 2019 al 2021, durante il primo mandato presidenziale di Trump) e designato dallo stesso Donald Trump (nel dicembre 2024) come prossimo ambasciatore USA in Danimarca[lxxxiii]. Il progetto in questione prevede di realizzare in Groenlandia treni ad alta velocità, esperimenti spaziali, auto a guida autonoma, ecc.[lxxxiv]

A ciò si aggiunga che il dialogo ufficiale tra Stati Uniti d’America e Russia sulla sicurezza artica è ormai pressoché inesistente; aumenta, così, il rischio di “errori di calcolo” e si dimenticano nel contempo gli aforismi – relativi alla strategia e all’arte di governare – per i quali: «Tieni gli amici vicini, e i nemici ancora più vicini»; «Il nemico che conosci è migliore di quello che non conosci»[lxxxv]. Come ha (giustamente) osservato François Fillon, che per cinque anni ha avuto la carica di Primo ministro francese durante la presidenza Sarkozy ed è stato in precedenza ministro del Lavoro nel Governo Chirac, in una intervista (fiume) rilasciata il 4 marzo 2024 al settimanale Valeurs actuelles, «il problema non è capire se si ami o meno il regime russo, ma quello della relazione strategica che si deve avere con quell’immenso Paese in gran parte europeo, per assicurare la sicurezza del continente»[lxxxvi]. Sulla necessità di riprendere il dialogo tra USA e Russia concorda anche Fedor Luk’janov, professore di Relazioni internazionali presso la Scuola Superiore di Economia di Mosca, nonché direttore della rivista Russia in Global Affairs[lxxxvii]. Alla domanda: «Ai russi piace lo stile di Trump?», lo studioso russo ha prontamente risposto: «Direi di sì, proprio per il fatto che appare diretto e franco, non ipocrita»[lxxxviii]. Si tenga, inoltre, conto che, dal 26 al 27 marzo 2025, si è svolto a Murmansk (nella Russia nordoccidentale) il (VI) Forum Artico (International Arctic Forum, IAF), significativamente intitolato «Artico, territorio di dialogo»[lxxxix]. Il dialogo, d’altronde, non esclude certo la competizione tra le “superpotenze” (USA, in primis, ma anche ovviamente Russia e Cina popolare), soprattutto per ottenere risorse e materie prime – fenomeno da cui deriverebbe un «approccio imprenditoriale, se non mercantilistico, di Trump alle relazioni internazionali»[xc] – oltreché sfere di influenza (dando, così, origine alla c.d. Guerra Fredda artica)[xci]. Le risorse minerarie artiche sono fondamentali per la Russia. Si pensi, al riguardo, che il rapporto tra densità abitativa e rilevanza economica, nella Russia artica, è completamente sbilanciato; soltanto l’1,3 per cento della popolazione russa, infatti, vive nella regione polare artica, ma la zona stessa contribuisce per il 12-15 per cento al PIL e rappresenta, altresì, il 25 per cento delle esportazioni totali[xcii]. Nel suo intervento al Forum Artico appena menzionato, il consigliere del Presidente della Federazione Russa, Anton Kobyakov, ha affermato che l’Artico rappresenta oggi il principale polo geopolitico e geoeconomico mondiale[xciii]. Durante la sessione plenaria conclusiva, il Presidente Vladimir Putin ha pronunciato un discorso, nel quale ha innanzitutto preso atto dell’intensificarsi della competizione geopolitica nella regione polare artica, come dimostra l’interesse statunitense per la Groenlandia, precisando poi che la Russia deve rinforzare la sua leadership globale nell’Artico[xciv]. È stato giustamente osservato che «L’accesso ai mercati e ai capitali internazionali è fondamentale per una politica russa biforcuta: un atteggiamento aggressivo sul fronte occidentale in Ucraina e un approccio lungimirante allo sviluppo dell’Artico nel Nord. L’IAF è coerente con questa grande strategia, cercando di promuovere una visione della politica estera russa nell’Artico slegata dalla guerra in corso in Ucraina»[xcv]. Secondo gli analisti, poiché è del tutto prevedibile che la rottura nelle relazioni tra Russia e NATO durerà per il prossimo futuro, Mosca continuerà a prepararsi militarmente per raggiungere i suoi obiettivi geopolitici[xcvi].

Se, dunque, nell’Artico si incontrano e scontrano da molto tempo diversi interessi, la tensione tra cooperazione e conflitto è attualmente massima in Groenlandia[xcvii]. Il c.d. eccezionalismo artico, espressione con la quale si indicava l’efficacia della diplomazia e della cooperazione nella regione polare artica, è ormai finito; di ciò, ossia della nuova fase di post-exceptionalism, occorre semplicemente prendere atto (id est, don’t look back, go forward)[xcviii]. L’“eccezionalismo artico”, come lo abbiamo conosciuto, è giunto al termine e la geopolitica artica dovrebbe attualmente essere intesa come parte di una più ampia politica internazionale[xcix]. Il giudizio, al riguardo, degli studiosi russi è molto netto nel ravvisare che l’eccezionalismo artico è morto e sepolto, ovvero si tratta di un passato che non torna. Questi ultimi studiosi, peraltro, sostengono che non è stata affatto la Russia a introdurre i cambiamenti, ma è stato l’Occidente che non ha difeso l’Artico come spazio di cooperazione, aggiungendo che il significato dell’Artico per la Russia è strettamente intrecciato al significato della Russia per l’Artico[c].

Non tutte le speranze, tuttavia, sono perdute, se è vero che nell’Artico avanza una nuova forma di eccezionalismo, caratterizzato da una certa comunanza di interessi tra gli Stati Uniti d’America e la Repubblica Popolare Cinese (che ha una sua peculiare politica artica, pur non essendo uno Stato artico[ci]), come conseguenza del crescente isolamento della Russia dagli altri (sette) Stati artici[cii]. Precisato, dunque, che «The Arctic was long considered a region in which global political tensions were successfully mediated by peaceful cooperation and collaboration»[ciii], tanto per il “vecchio”, quanto per il “nuovo” eccezionalismo artico «things can happen differently in the Arctic regardless of what is happening elsewhere in the world»[civ].

Interessante e innovativa è, però, la ricostruzione recentemente effettuata dal prof. Bertelsen dell’Università (artica della Norvegia) di Tromsø, specialista di scienza politica e relazioni internazionali, per il quale occorrerebbe invece rifiutare l’idea stessa di “eccezionalismo artico”, dal momento che l’Artico rispecchia la «lotta di potere globale tra Oriente e Occidente»[cv]. Bertelsen precisa, quindi, che l’Artico è de facto diviso tra un Artico occidentale, guidato dalla NATO, e un Artico russo, che mantiene stretti legami con i Paesi BRICS+[cvi], in particolare Cina popolare e India. L’impostazione di Bertelsen rivoluziona in parte le acquisizioni del passato, poiché – a suo avviso - la delineazione delle «costellazioni di potere globali» da parte dell'Artico non soltanto continuerà anche in futuro, ma altresì «risale a molto tempo fa». Per Bertelsen, in definitiva, la narrativa sul c.d. eccezionalismo artico è tanto comune quanto non corretta, siccome l’Artico riflette da secoli gli ordini internazionali, e dunque adesso la crescente rivalità tra l’Occidente e il blocco non occidentale guidato da Repubblica Popolare Cinese e Russia non fa eccezione. La conclusione – per Bertelsen – è che «l'ordine artico, nel passato, nel presente e nel futuro, riflette l’ordine mondiale»[cvii]. Ne deriva anche – sempre secondo Bertelsen – che In Occidente si coltiva l’illusione di un ritorno all’ordine mondiale liberale unipolare ed egemonico degli Stati Uniti del dopo Guerra Fredda, ovvero all’ordine basato su regole e, con esso, all’ordine liberale circumpolare artico, mentre la realtà è che è (molto) probabile che l’Artico rimanga diviso nel futuro, con una cooperazione estremamente limitata e il rischio di ricadute dalla guerra in Ucraina e da altri conflitti tra Stati Uniti, Russia e Cina popolare.

Già in precedenza, peraltro, si era osservato che il dilemma della cooperazione e del conflitto nell’Artico può essere inteso come un microcosmo delle relazioni tra Russia e Occidente[cviii].

 

La strategia artica groenlandese per il periodo 2024-2033

In questo problematico contesto geopolitico, è perciò certamente utile esaminare un importante documento, approvato dal Governo groenlandese il 21 febbraio 2024, che riguarda la strategia artica della Groenlandia, per il decennio 2024-2033, dal titolo «La Groenlandia nel mondo»[cix]. Sebbene nel corso del tempo la condizione giuridica della Groenlandia sia andata sempre più differenziandosi da quella della Danimarca, intesa quest’ultima come una delle tre componenti del relativo Regno[cx], a partire dalla formazione di un sistema politico-partitico isolano durante gli anni settanta del secolo scorso, tuttavia si tratta del primo documento concernente la strategia globale della Groenlandia. Il precedente documento groenlandese riguardante politica estera dell’isola, approvato nel 2011, aveva una portata più limitata, non aspirando in definitiva a fare della Groenlandia un attore con (ampio) margine di manovra sia per la gestione degli affari regionali artici che di quelli internazionali[cxi]. La Groenlandia ha acquisito un ruolo sempre più rilevante sul piano delle relazioni internazionali, anche se “l’ultima parola” in tale settore spetta tuttora alla Danimarca[cxii].

La strategia artica 2024-2033 si propone diversi obiettivi. Per un verso, si tratta di fissare le priorità per la Groenlandia sul piano delle relazioni internazionali, inclusi gli aspetti della sicurezza e della difesa. Ciò consente ai funzionari in servizio presso il ministero groenlandese degli Affari esteri[cxiii] di disporre di maggiore autonomia rispetto al passato, nel senso che possono agire seguendo le linee programmatiche della strategia artica, senza necessità di preventiva consultazione politica, dal momento che il documento che contiene la suddetta strategia è stato sottoscritto da (quasi) tutti i partiti politici della Groenlandia[cxiv]. Sul piano interno, il documento in esame assume rilevanza anche nella prospettiva dell’adozione della futura strategia artica del Regno di Danimarca, essendo l’ultimo documento di tale genere spirato nel 2020[cxv]. Si attende, infatti, un nuovo documento del Regno di Danimarca, relativo alla comune politica artica del Regno medesimo. La Groenlandia ha, quindi, preventivamente delineato nel 2024 gli obietti, le priorità e le aspirazioni che ritiene non rinunciabili. Infine, questa volta sul piano esterno, il documento del Governo groenlandese ha lo scopo di rendere noto agli Stati esteri, specialmente a quelli maggiormente interessati alla Groenlandia, quali sono gli obiettivi strategici dell’isola.

Tra i diversi aspetti trattati nel documento governativo groenlandese, tre (almeno) appaiono di speciale interesse.

Il primo di essi riguarda la c.d. connettività. Con questa espressione, il documento intende far riferimento ai legami da intensificare al fine di ridurre la dipendenza della Groenlandia dalla Danimarca. Si vorrebbe, in particolare, aumentare le opportunità, minimizzare la vulnerabilità, diversificare le fonti di approvvigionamento. Settori privilegiati di intervento sono, dunque, il commercio internazionale, infrastrutture e trasporti, le comunicazioni e le relazioni internazionali. In tale ottica, viene auspicata la creazione di un Forum artico dell’America del Nord. Esso dovrebbe assicurare la rappresentanza e il coordinamento, a livello substatale, tra le diverse comunità Inuit della Groenlandia e dell’America settentrionale, creando un Forum di discussione e deliberazione tra le popolazioni aborigene artiche. Si prevede, dunque, che al Forum anzidetto prendano parte i rappresentanti dei Governi e Parlamenti locali/territoriali di Groenlandia (Danimarca), Alaska (USA), Yukon, Territori del Nord-Ovest, Nunavut e Nunavik[cxvi] (questi ultimi in Canada). Ovviamente, il contenuto di tale cooperazione tra gli Inuit dell’Artico nordamericano e della Groenlandia è ancora quasi interamente da costruire; tuttavia, un’anticipazione è comunque rappresentata dal Memorandum of Understanding (MoU) siglato nell’agosto 2022 da Groenlandia e Nunavut, dove si fa appunto riferimento agli interessi e alle aspirazioni comuni degli Inuit groenlandesi e nunavutiani.

L’aspetto ora esaminato della strategia artica groenlandese appare di particolare rilevanza non soltanto per quello che viene detto, ma anche per ciò che viene taciuto. Se, infatti, vene chiaramente delineata una alternativa nordamericana per gli Inuit della Groenlandia, questo implicitamente mette in secondo piano la cooperazione tradizionale con i Paesi scandinavi, soprattutto nell’ambito del Consiglio nordico[cxvii] che, agli occhi dei groenlandesi, non tutela a sufficienza la posizione dei territori semi-autonomi, come appunto la Groenlandia ma anche le Isole Fær Øer e l’arcipelago delle Åland. Inoltre, la strategia artica groenlandese per il 2024-2033 non pare fare grande affidamento sull’Unione europea, poiché si formulano pochi cenni all’apertura a Nuuk (capoluogo groenlandese) di un ufficio di rappresentanza della Commissione europea nella primavera del 2024, precisandosi però che tale iniziativa è frutto più di una necessità dell’UE che di un mutuo desiderio della Groenlandia e dell’Unione europea.  La prospettiva privilegiata, insomma, è sicuramente quella della creazione del Forum transnazionale con il Nord America, nel quale si auspica che la Groenlandia possa svolgere il ruolo di leader. Si potrebbe anzi osservare che, sottostimando il rapporto con l’Unione europea, la Groenlandia si è spinta (più o meno consapevolmente) verso l’America settentrionale, quasi avvertendo che la connessione troppo intensa con Bruxelles rappresenta una sorta di ostacolo nella direzione dell’integrazione con il Nordamerica. La scelta implica un riposizionamento internazionale della Groenlandia; nella comparazione con la strategia artica groenlandese del 2011, quella del 2024 ha, infatti, visto l’Unione europea e l’America del Nord “scambiarsi di posto”, poiché il polo principale di attrazione e interesse per la Groenlandia non è più rappresentato, come in passato, dall’UE ma dalla cooperazione transnazionale con le comunità Inuit nordamericane.

Il secondo aspetto della strategia artica groenlandese per il periodo 2024-2033, che viene qui in considerazione, è costituito dal comparto difesa e sicurezza. Anche a questo riguardo, è netta l’inversione di tendenza rispetto al documento strategico del 2011. In quest’ultimo, infatti, prevalevano i riferimenti all’approccio pacifista, nonché alla prospettiva del disarmo, da portare avanti sia mediante la partecipazione ai lavori del Consiglio artico che all’interno del Consiglio circumpolare Inuit[cxviii]. L’obiettivo dell’Artico come regione di cooperazione scientifica e pacifica coesistenza dei popoli è stato, però, bruscamente smentito dall’invasione russa dell’Ucraina nel 2022[cxix]. Il documento groenlandese del 2024, preso atto della nuova situazione geopolitica e internazionale, non soltanto esclude la demilitarizzazione dell’Artico, ma ammette anche la possibile crescente militarizzazione dell’area stessa, ancorando con grande decisione la cooperazione della Groenlandia nel settore militare sia con la Danimarca (Regno di) che con gli Stati Uniti d’America. Il documento strategico, inoltre, individua per il futuro due ulteriori linee programmatiche: per un verso, l’apertura di maggiori spazi di partecipazione del Governo groenlandese per ciò che riguarda la presenza di personale e installazioni miliari (id est, danesi e americane) sull’isola; per altro verso, l’incremento delle attività economiche e commerciali, suscettibili di migliorare le condizioni di vita degli abitanti della Groenlandia, legate alla permanenza sull’isola di militari stranieri (statunitensi).

Il terzo aspetto della strategia artica groenlandese 2024-2033, che occorre esaminare, si riferisce al cambiamento climatico, rispetto al quale si è detto che «di fatto oggi coincide almeno in parte con la tutela dell’ambiente»[cxx]. Tale profilo, come è ovvio, non è certamente eludibile dal Governo groenlandese. Tuttavia, si badi che la posizione della Groenlandia al riguardo è peculiare. Questo perché, in definitiva, la Groenlandia sembra anteporre lo sviluppo economico dell’isola rispetto allo stesso obiettivo di contrastare con la massima determinazione gli effetti del cambiamento climatico. Ne è prova il fatto che il documento in esame, pur occupandosi anche del climate change, affronta la relativa questione soprattutto sotto il peculiare angolo visuale del possibile effetto negativo, derivanti dai rischi per la biodiversità e gli ecosistemi, sulle attività tradizionali degli Inuit, vale a dire la caccia alle foche e, soprattutto, la pesca nelle acque marine. Si tratta, del resto, di una impostazione in subiecta materia risalente delle autorità groenlandesi; il documento strategico artico del 2011 quasi non faceva cenno alla problematica del cambiamento climatico. Si ricordi, inoltre, che la Groenlandia ha optato per la c.d. eccezione territoriale rispetto all’adesione da parte della Danimarca all’Accordo di Parigi del 2015 sul cambiamento climatico, decidendo in definitiva di non entrare a far parte dell’Accordo medesimo. Quando, poi, nel novembre del 2023, il Parlamento locale ha deliberato l’adesione della Groenlandia all’Accordo di Parigi, lo ha fatto sottolineando comunque che la tutela dell’ambiente deve combinarsi con lo sviluppo imprenditoriale e la crescita economica[cxxi]. Inoltre, l’adesione all’Accordo internazionale è avvenuta muovendo dalla considerazione del popolo groenlandese come popolazione indigena titolare del diritto all’autodeterminazione, anche con riguardo alle politiche climatiche, cosicché la decisione del Parlamento locale della Groenlandia è servita anche a rafforzare i propositi indipendentisti dell’isola.

 

Conclusioni: un futuro incerto per la Groenlandia

Rimane a questo punto lo spazio per due brevi osservazioni. La prima, per rilevare la (notevole) novità rappresentata, nel documento strategico groenlandese del 2024, dall’avvicinamento al Nord America, mediante il progettato Forum transnazionale artico degli Inuit, e il correlativo allontanamento dall’Unione europea. La seconda, per evidenziare che, in un’epoca di profonde, repentine e talvolta radicali trasformazioni, l’ambizione di una strategia a lungo termine come quella groenlandese del 2024-2033 potrebbe avere necessità di alcuni aggiustamenti in fase di attuazione, non potendosi escludere che, alla sua naturale scadenza nel 2033, essa sia addirittura ormai (in larga parte) dimenticata[cxxii]. Si è detto, infatti, che «The strategy that spans a decade, can be updated as needed and is essentially an expression of a Greenland that, in cooperation with others, is progressing toward independence»[cxxiii].

Ciò sembra peraltro dimostrato dalle più recenti vicende[cxxiv]. L’approccio “muscolare” degli Stati Uniti d’America ha finito per preoccupare i Groenlandesi, i quali fino a poco tempo fa guardavano all’interesse di Donald Trump nei loro confronti come a un elemento da utilizzare, allo scopo cioè di ottenere l’indipendenza dell’isola dal Regno di Danimarca[cxxv]. Attualmente, si fa invece strada la sensazione che la Groenlandia abbia in un certo qual senso bisogno di aiuto dall’esterno, proprio per resistere alle pressioni di Washington[cxxvi]. Secondo l’autorevole opinione espressa (dopo le elezioni politiche dell11 marzo 2025 e la formazione del nuovo Governo dell’isola) da Rasmus Leander Nielsen, docente all’Università della Groenlandia[cxxvii] ed esperto di politica estera groenlandese nonché di Arctic security policy, se dovessero perdurare le relazioni tese con gli Stati Uniti d’America, il Governo (locale) della Groenlandia potrebbe anche riconsiderare i rapporti con partner internazionali “alternativi”, probabilmente volgendo dunque lo sguardo, in misura maggiore di quanto finora è avvenuto, verso l’Asia orientale (inclusa ovviamente, anzi in primis la Cina popolare, con la quale sono stati sottoscritti a Pechino nuovi accordi nell’aprile del 2025[cxxviii]), come pure nella direzione dell’Unione europea[cxxix] e di altri partner[cxxx]. Nell’opinione dell’economista dell’Università Bocconi di Milano, Tito Boeri, «Chi si illudeva che il secondo mandato di Donald Trump sarebbe stato all’insegna di una maggiore moderazione rispetto ai quattro anni della sua precedente presidenza ha dovuto prontamente ricredersi. Trump II è molto più aggressivo di Trump I»[cxxxi].

Conclusivamente, mi sembra del tutto condivisibile quanto di recente osservato da. Evan Bloom, professore al Centre for the Ocean and the Arctic[cxxxii] dell’Università artica di Tromsø (Norvegia) e già direttore dell’Office of Ocean and Polar Affairs presso lo U.S. Department of State, secondo il quale occorre un poco di pazienza e attendere che le politiche artiche statunitensi[cxxxiii], in fase di (profondo) mutamento, raggiungano infine, anche attraverso il confronto dialettico con gli altri Stati artici, una maggiore stabilizzazione, magari adottando una visione (geo-)“strategica”[cxxxiv] e non meramente “tattica”[cxxxv]. Tra l’altro, vi è attesa per la nomina del (nuovo) ambasciatore Artico (per esteso: ambasciatore generale degli Stati Uniti d’America per gli affari artici[cxxxvi]) da parte dell’amministrazione Trump, in sostituzione di Michael Sfraga[cxxxvii] (designato alla carica da Biden)[cxxxviii]. Al confronto della politica artica, quella degli Stati Uniti verso l’Antartico è invece da tempo consolidata, con particolare riguardo alla c.d. dottrina Hughes (US Antarctic policy, come parte del “New Imperialism”)[cxxxix].

In ogni caso, è difficile negare che, anche con riferimento alla Groenlandia, Donald Trump (il cui indice di popolarità è in calo negli USA[cxl], e non diversamente avviene in Italia[cxli]) abbia innescato (significative) accelerazioni sulla scacchiera della geopolitica globale[cxlii], nel quadro di un generale riposizionamento delle priorità degli USA e degli strumenti per perseguirle[cxliii], sebbene però le problematiche, soprattutto se ataviche, siano di complessa soluzione.

Quest’ultima considerazione vale specialmente nel momento attuale, in cui l’Artico in generale e la Groenlandia in particolare sono diventate da last frontier una vera e propria first frontier, vale a dire un’arena strategica in cui gli Stati cercano di affermare i propri interessi geopolitici ed economici[cxliv], in un contesto mondiale contrassegnato da una «globalità frammentata e conflittuale», nonché da una «fluidità e insicurezza multipolare»[cxlv]. La politica trumpiana sta determinando riallineamenti globali[cxlvi]; gli eventi andrebbero giudicati non tanto sulla base alle loro conseguenze immediate, quanto piuttosto per ciò che essi prefigurano. Non a caso, appare calzante la metafora della partita di scacchi riferita allo scacchiere globale, secondo cui non conta soltanto l’esito della mossa del momento, ma principalmente la capacità di prevedere le opzioni che potrebbero aprirsi.

Se, infatti, è senza dubbio vero che «Da un’illusione di pacificazione universale a guida americana, siamo passati a una spigolosa, brutale realtà di competizione, esclusivismo e, soprattutto, propensione al conflitto», cosicché «Stiamo dunque assistendo alla frammentazione della globalità costruita, e ancor più idealizzata, negli ultimi cinquant’anni», ciò è sicuramente confermato dalla situazione incerta che coinvolge l’Artico e la Groenlandia[cxlvii].

 

 

[i] M. Nissen et al., Northernmost land in the world re-confirmed: Islands north of Greenland are icebergs, in Polar Record, 2025, doi: 10.1017/S0032247425000051.

[ii] Ex multis, v. D. Curci, L’importanza strategica della Groenlandia, in Aspenia online, 19-1-2025, per il quale «La Groenlandia sta divenendo un importante snodo strategico».

[iii] L’Artico rientra tra gli obiettivi geostrategici della Cina popolare; v. il quadro generale delineato da H. Eudeline, Géopolitique de la Chine, Paris, 2024; specificatamente per la RPC, cfr. A. Valberg, Hva vil Kina i Arktis? [Cosa intende ottenere la Cina nell’Artico?], in Forskning.no, 25-3-2025 (testo in norvegese), scritto pubblicato anche con il titolo What does China aim to gain in the Arctic?, in Science Norway, 26-3-2025 (ivi si osserva, tra l’altro, che «The U.S. barely paid attention to the Arctic before China became interested», con l’aggiunta della constatazione che «Now that China is more engaged, Washington is paying closer attention»); M. Mazza, La Repubblica popolare cinese e le regioni polari: il caso dell’Artico, in Filodiritto, aprile 2024; M. Volpe, La lunga marcia cinese per l’Artico, in www.osservatorioartico.it, 31-10-2022. Sul riposizionamento strategico cinese dopo il conferimento del secondo mandato presidenziale statunitense a Donald Trump, si segnala da ultimo la conferenza di Q. Zhang, La Cina e il Mondo al tempo di Trump, tenutasi presso la Fondazione G. Feltrinelli di Milano il 9 aprile 2025 (l’oratore, esperto di politica internazionale e di diplomazia della Cina, è docente alla Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Pechino).

[iv] G. Natalizia, Verso un allargamento dei ‘tre cerchi’? La politica estera del governo Meloni e la ricerca di una relazione privilegiata con gli Stati Uniti, Editoriale di Federalismi.it, n. 12/2025, spec. V (i “tre cerchi” ai quali fa riferimento l’autore sono quelli atlantico, europeo e mediterraneo).

[v] P. Devyatkin, Geopolitics of the Arctic Circle, Washington (DC), marzo 2025, dove si rileva una progressiva «intensificazione della geopolitica nella regione polare artica».

[vi] A.-F. Hivert, Le Groenland, un territoire convoité mais miné par la misère sociale, in Le Monde, 6-3-2025.

[vii] Media di 83,0 suicidi all’anno ogni 100.000 abitanti. Al secondo posto, molto staccata, la Corea del Sud con 28,5 al terzo la Lituania con 28,2. Italia al 67° posto, con 5,8 suicidi ogni 100.000 abitanti (www.who.int).

[viii] D. Raineri, Il posto con il più alto tasso di suicidi al mondo, in www.ilpost.it, 21-1-2025.

[ix] Una famiglia viene considerata a rischio di povertà se il suo reddito (al netto delle tasse e dei trasferimenti) è inferiore al 60 per cento del reddito medio del suo Paese.

[x] L. Parigi, Demografia e politica, come cambiano le comunità artiche, in www.osseratorioartico.it, 30-4-2025.

[xi] Cfr. Nordic Statistics database (all’indirizzo https://www.nordicstatistics.org) e il commento di T. Johannesson, Is Poverty Rising in Greenland?, in Nordic Insights, 25-2-2025.

[xii] B. Wenger, Rohstoffe in Grönland: Schatzinsel in Not. Grönlands Erdreich steckt voller kostbarer Rohstoffe. Doch viele Einwohner sind arm. Wie kann das sein?, in Die Zeit, 7-3-2025.

[xiii] N. Bianco, Kalaallit Nunaat (Greenland), in D. Mamo (Ed), The Indigenous World 2025, 39th edn, Copenhagen, aprile 2025, spec. 487, testo e nt. 1.

[xiv] Sulla c.d. Thule migration, v. T.M. Friesen, Ancestral landscapes. Archaeology and long-term Inuit history, in P. Stern (Ed), The Inuit World, London-New York, 2022, 17 ss., e prima T.M. Friesen, Pan-Arctic Population Movements: The Early Paleo-Inuit and Thule Inuit Migration, in T.M. Friesen, O.K. Mason (Eds), The Oxford Handbook of the Prehistoric Arctic, New York, 2016, 673 ss.; E.S. Burch, Caribou Eskimo Origins: An Old Problem Reconsidered, in 15(1) Arctic Anthropology 1 (1978).

[xv] Ad ogni modo, anche gli indigeni alaskani dispongono di un reddito inferiore alla media nazionale; cfr. M. Berman, A rising tide that lifts all boats: Long-term effects of the Alaska Permanent Fund Dividend on poverty, in 26(2) Poverty & Public Policy 126 (2024). Lo stesso avviene per gli Inuit del Canada; cfr. J. Crump, Inuit Nunangat, in D. Mamo (Ed), The Indigenous World 2025, cit., 478 ss.

[xvi] M. Thornton, Our High North Neighbor, Greenland, in High North News, 23-4-2025.

[xvii] Lo rileva, per esempio, T.A. Argetsinger, How language links Alaska’s Arctic to Greenland, in Arctic Today, 2-11-2022.

[xviii] Per queste e altre considerazioni, v. P. Giordano, La Groenlandia (che assomiglia più agli Usa che all'Europa) è il Paese più puro del mondo. Per questo Trump lo vuole, in Corriere della Sera, 25-4-2025.

[xix] V., per esempio, G.N. Wilson, H.A. Heather, The Inuit Circumpolar Council in an Era of Global and Local Change, in 66(4) International Journal 909 (2011).

[xx] D. Patar, Arctic sovereignty? Inuit would like a word, in The Narwhal, 22-4-2025.

[xxi] A. Gawthorpe, Trump’s Greenland plan glosses over a history of segregation and discrimination for Indigenous Alaskans, in The Conversation, 22-4-2025 (in relazione anche a quanto osservato nella nota che precede e nel testo corrispondente).

[xxii] Su quest’ultimo aspetto, v. le indagini di F. Duranti, Asimmetrie e differenziazioni costituzionali negli ordinamenti nordici, in Federalismi.it, 2020, n. 8, 103 ss.; P. Bianchi, Le autonomie territoriali nell’Europa settentrionale tra centralismo apparente e tendenze centrifughe, in Diritti regionali, 2021, n. 1, 77 ss.; R. Arietti, Ripensare l'insularità nel sistema costituzionale italiano, tra suggestioni scandinave e rinegoziazione dei rapporti centro-periferia, in DPCE online, 2022, Numero speciale I Federalizing Process europei nella democrazia d’emergenza. Riflessioni comparate a partire dai ‘primi’ 20 anni della riforma del Titolo V della Costituzione italiana, a cura di G. D’Ignazio e A.M. Russo, 633 ss. Per un inquadramento pubblico-comparativo più generale, v. G.F. Ferrari, Asimetría e instancias secesionistas/independentistas: consideraciones generales, in DPCE online, Sezione monografica Lo Stato asimmetrico: un dialogo italo-spagnolo - Parte I - Autonomia asimmetrica e forma di Stato, 2024, 2447 ss.

[xxiii] K. Long, A. Ward, U.S. Orders Intelligence Agencies to Step Up Spying on Greenland. Effort underscores seriousness of Trump’s intent to acquire the island from Denmark, in The Wall Street Journal, 6-5-2025.

[xxiv] E. Thorsson, No good options as Denmark seeks to counter U.S. threats to Greenland, in Arctic Today, 8-5-2025.

[xxv] E. Thorsson, Notable & Quotable: Greenland espionage controversy, in Arctic Today, 9-5-2025

[xxvi] Danish minister meets US envoy over alleged Greenland espionage plot, in Arctic Today, 9-5-2025.

[xxvii] M. Humpert, Trump Continues Push for Greenland as U.S. Gathers Intelligence on Island and Debates Offering Special Status, in High North News, 12-5-2025.

[xxviii] Ampiamente v., si vis, M. Mazza, La Groenlandia tra autonomia, accordo di associazione e piena indipendenza (con alcune osservazioni comparative), in DPCE online, 2025, 67 ss., e inoltre F. Duranti, Groenlandia: alle elezioni anticipate vincono i partiti di opposizione, in www.federalismi.it, sub Osservatorio sul diritto elettorale, 2-4-2025. La prima riunione del Parlamento neo-eletto si è tenuta il 7 aprile 2025.

[xxix] Greenland’s likely new prime minister rejects Trump takeover efforts, in The Guardian, 13-3-2025. Sulla base dell’art. 7 della legge (groenlandese) n. 26 del 18 novembre 2010, dal giorno delle elezioni (11 marzo 2025) decorrono 45 giorni per formare un nuovo Governo (quindi entro il 26 aprile). Con riguardo alle negoziazioni per la formazione dell’Esecutivo (groen. Naalakkersuisut), v. N. Jouan, There’s a global tug-of-war for Greenland’s resources – but the new government has its own plans, in The Conversation, 24-3-2025; E. Thorsson, Greenland government talks: Pro-independence party out as anger builds over U.S. delegation visit, in Arctic Today, 24-3-025.

[xxx] D.R. Menezes, Comments on 14 March 2025 on the Joint Statement by Greenland’s Party Leaders in response to Trump’s Rhetoric on the Annexation of Greenland, in The Polar Connection, 14-3-2025; R. Pietrobon, Groenlandia, messaggio a Trump: «Non siamo merce», in Il manifesto, 25-3-2025. Sul tema, v. altresì R.C. Thomsen, “Greenlandicness” and Nation Building in Kalaallit Nunaat, in 47(1-2) Études Inuit Studies. Nouveaux enjeux au Groenland contemporain (Kalaallit Nunaat) 139 (2023) (Kalaallit Nunaat è il nome in groenlandese della Groenlandia).

[xxxi] Alle ore 11, Greenland time.

[xxxii] Il quinto partito, Naleraq, si era ritirato dalle consultazioni per formare il Governo il 24 marzo 2025. Naleraq è il partito più vicino agli USA, essendo formato da «sovranisti filoamericani» (così G. Santarelli, Groenlandia, il voto inaspettato premia gli anti-Trump, in La Sestina. Testata della Scuola di Giornalismo «Walter Tobagi» dell’Università degli Studi di Milano, 13-3-2025).

[xxxiii] Alla coalizione di Governo appartengono collettivamente 23 dei 31 membri del Parlamento locale (che prende il nome di Inatsisartut), vale a dire circa il 75 per cento dei seggi. Si vedano, per (brevi) commenti “a caldo”, Formation of New Coalition in Greenland, in High North News, 28-3-2025; A. Lombardi, Arriva Vance e la Groenlandia fa il governo in tutta fretta: coalizione ampia per tenere testa, in La Repubblica, 28-3-2025; L. Sebastiani, Vance alla conquista della Groenlandia, Nuuk si difende dagli Usa con un nuovo governo, in Domani, 28-3-2025; Groenlandia, Vance sbarca e viene accolto dal nuovo governo anti-Trump: l’intesa per resistere alle mire Usa, in L’Unità, 28-3-2025. Secondo il Vice-Presidente degli States, James David Vance (il primo a visitare la Groenlandia), «I groenlandesi sceglieranno di essere parte degli Usa». Trump ha quindi aggiunto: «L'isola a noi per la pace nel mondo» (per Trump, infatti, «Danimarca e Unione europea capiranno, altrimenti glielo spiegheremo […] Non è una questione di “possiamo farne a meno?” Non possiamo […] Se guardiamo alle acque attorno alla Groenlandia, ci sono ovunque navi cinesi e russe. Non possiamo affidarci alla Danimarca o altri per affrontare la situazione»). Vance ha, infine, ribadito: «Quando il presidente dice “Dobbiamo avere la Groenlandia”, sta dicendo che quest’isola non è al sicuro».

[xxxiv] Id est, unity government, governo di larghe intese, “grande coalizione”, governo di unità nazionale; v. P. Szymański, Greenland: a unity government in Nuuk and the American dream of the Arctic, nel website del Ośrodek Studiów Wschodnich (OSW, Centre for Eastern Studies) di Varsavia, aprile 2025 (www.osw.waw.pl).

[xxxv] Il cui slogan è «Greenland First».

[xxxvi] In tal senso, muovendo dalla (esatta) considerazione dell’isola artica contesa, v. Groenlandia, eletto governo di ampia coalizione contro “pressioni esterne”, in Il Sole 24 Ore, 28-3-2025. V., inoltre, P. Szymański, Greenland: a unity government in Nuuk and the American dream of the Arctic, cit., e ivi «The formation of a broad coalition in Greenland is intended to demonstrate unity in the face of US pressure and to strengthen the message of the island’s right to self-determination».

[xxxvii] Sulla distinzione tra annessione de facto e de jure, v. P. Gragl, The Oxymoron of Annexation: An Illegal Act of Law, In 50(1-2) Rev. Cent. E. Eur. L.aw 8 (2025). L’ossimoro, nel pensiero dell’autore, deriva dalla necessità di conciliare il concetto di annessione come atto giuridico con la sua intrinseca illegalità.

[xxxviii] Vedasi A. Gaiardoni, La Groenlandia svolta a destra, ma senza cadere tra le braccia di Trump, in Il Bo Live. Testata giornalistica online dell’Università di Padova, 13-3-2025.

[xxxix] Mediante un post su Facebook. Anche la Premier danese ha affidato a Facebook il suo messaggio agli USA, in cui respinge «qualsiasi idea che la Groenlandia possa essere oggetto di acquisizione da parte degli Stati Uniti» (cfr. E. Thorsson, Danish PM to U.S.: ‘You cannot annex another country’ in blunt Facebook message, in Arctic Today, 4-4-2025).

[xl] Greenland’s new PM rejects Trump’s latest threat: ‘We do not belong to anyone else’, in The Guardian, 31-3-2025; Greenland’s Prime Minister Says the U.S. Will Not ‘Get’ the Island, in New York Times, 31-3-2025. Nielsen, ex ministro dell’Industria e dei Minerali dell’età di 33 anni, ha prestato giuramento il 28 marzo 2025 come il più giovane Primo ministro della Groenlandia.

[xli] H.-G. Bye, Greenland’s Incoming PM Stresses Building Stronger Partnership with Denmark, in High North News, 1-4-2025.

[xlii] A. Lorenzen, Jens-Frederik Nielsen: The man tasked with countering Trump’s Greenland ambition, in Arctic Today, 31-3-2025. Nielsen, laureato in Scienze sociali all’Università della Groenlandia, ha in passato esercitato l’attività di agente immobiliare. Il programma di governo appare un poco vago, incentrato soprattutto sulla riduzione del carico fiscale. Alle elezioni politiche generali dell’11 marzo 2025, Nielsen ha ottenuto 4.850 voti personali, contro i 3.276 del Premier uscente Egede.

[xliii] N. Butler, Greenland’s New Governing Coalition Signals Consensus, nel sito Internet del Wilson Center - Polar Institute di Washington (DC), 2-4-2025, www.wilsoncenter.org.

[xliv] Cfr. A. De Luca, L'ossessione di Trump per la Groenlandia, in www.ispionline.it, 26 marzo 2025; Groenlandia, Trump rilancia: “Ci serve, dobbiamo «prendercela”, in Il Fatto Quotidiano, 26-3-2025; R. Pietrobon, Groenlandia: gli Usa, indesiderati, insistono, in Il manifesto, 27-3-2025; Perché Trump vuole la Groenlandia? L’isola del Regno di Danimarca per gli Usa è strategica, in Italia Oggi, 31-3-2025.

[xlv] V. G. Micalessin, Groenlandia, l’assist di Putin a Trump, in Il Giornale, 28-3-2025; A. Roth, Putin’s endorsement of Trump’s Greenland takeover reflects their vision of a new world order, in The Guardian, 28-3-2025. Adde M. Flammini, La rotta artica di Putin e Trump, in Il Foglio, 29-3-2025, e, in norvegese, A. Østhagen, Trump har misforstått Grønlands betydning [Trump ha frainteso l'importanza della Groenlandia], in Aftenposten, 28-3-2025, per il quale «L’ossessione di Trump per la Groenlandia fa il gioco della Russia», cosicché «Il vero vincitore nel dramma della Groenlandia è la Russia». Nell’opinione dell’autore, «È improbabile che gli Stati Uniti facciano ricorso alle forze militari per tentare di ottenere il controllo totale della Groenlandia»; ma v. Groenlandia, Trump minaccia: «Non escludo l’uso della forza per prenderla». E la Danimarca: «Toni che non ci piacciono», in Corriere della Sera, 30-3-2025; Trump says U.S. must control Greenland, in CBS News, 30 marzo 2025; Trump doesn’t rule out military intervention in Greenland — again, in Politico, 30-3-2025, dove si riferisce che il Presidente USA, in una intervista a Nbc News, ha dichiarato: «La otterremo al 100 per cento [scil., la Groenlandia]. Ci sono possibilità che gli Stati Uniti la prendano senza la forza militare, ma nulla è escluso»). Un documento interno del Pentagono (c.d. Secret Pentagon memo), risalente alla metà del mese di marzo 2025 e firmato dal Defense Secretary USA Pete Hegseth, il cui contenuto è stato rivelato dal Washington Post e, subito dopo, ripreso anche dalla stampa italiana, indicherebbe come priorità dell’Esercito statunitense la prevenzione dell’occupazione militare cinopopolare di Taiwan, nonché le questioni concernenti Groenlandia e Canala di Panama; cfr., brevemente, Donald Trump, diffuso il piano militare per la Groenlandia: “Nostra al 100 per cento”, in Libero, 31-3-2025, e, per un esame nel dettaglio, V. Robecco, Donald all’attacco (con il Pentagono) sulla Groenlandia. “Pronti a prenderla anche con la forza”, in Il Giornale, 31-3-2025. Da indiscrezioni emerge che l’amministrazione Trump starebbe valutando i costi dell’ipotetica annessione della Groenlandia; v. L. Rein et al., White House studying cost of Greenland takeover, long in Trump’s sights, in The Washington Post, 1-4-2025; Can US fund Trump’s expansionist ambitions in Greenland? White House does cost analysis, in The Indian Express (edito a Mumbai, in precedenza Bombay), 2-4-2025. Il Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti starebbe lavorando a un piano per persuadere, e non invece per invadere, la Groenlandia (cfr. Trump e la Groenlandia: non invadere, ma persuadere, in www.tio.ch, 11-4-2025). Inoltre, è opinione diffusa che nel Congresso USA non vi sia sostegno bipartisan all’uso della forza; v. US Congress unlikely to back a Greenland invasion, top Democrat says, in Arctic Today, 25-4-2025. Come osserva F. Petroni, La Groenlandia e la forza del destino, in Limes. Riv. it. di geopolitica, 2025, n. 1, 137 ss., è, però, evidente che «Gli Stati Uniti vogliono stringere a sé l’isola più grande del mondo […] per sogno e necessità».

[xlvi] S. Poli, Il fascino di Donald. Comprendere e capire come procedere, in La Fionda, 28-4-2025.

[xlvii] Per A. Colombo, Meloni a Washington, un ponte sbilanciato, in Il manifesto, 12-4-2025, «Con Donald Trump non si è mai sicuri di niente». R. Chiarini, Convivere con Trump e gestire i suoi flop, in L’Eco di Bergamo, 16-4-2025, parla di un «modo di agire erratico e quindi imprevedibile». Secondo l’ex presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti (ospite a La7, 13-4-2025), Trump è il «luogo massimo di potere nel mondo in questo momento, ma sta perdendo credibilità». A. Giovagnoli, Dazi. Il viaggio di Meloni a Washington: ecco come l’Italia potrà essere decisiva, in Avvenire, 16-4-2025, rileva le «vistose oscillazioni della politica americana». Controcorrente, però, il filosofo Massimo Cacciari (Perché Donald Trump ha ragione, in Libero, 17-4-2025; Trump ha ragione, in La Stampa, 17-4-2025). Interessante la riflessione di Sabino Cassese (ospite di La7, 14-4-2025): «Trump sta esercitando tutto il potere anti-globalizzazione che gli è stato conferito allo scopo di globalizzare» (con riferimento al Trade Act del 1974).

[xlviii] Si è parlato di old-school imperialism; v. T. Nichols, Take Trump Seriously About Greenland, in The Atlantic, 5-4-2025, e prima M.D. Toft, Trump’s threats on Greenland, Gaza, Ukraine and Panama revive old-school US imperialism of dominating other nations by force, after decades of nuclear deterrence, in The Conversation, 20-2-2025 (ivi: «Imperialist rhetoric is becoming a mark of President Donald Trump’s second term»); A. Leparmentier, Groenland, Panama: Donald Trump renoue avec l’impérialisme de Theodore Roosevelt, in Le Monde, 14-1-2025, il quale attribuisce al trumpismo «Un air de déjà-vu»; S. Cassese, Il metodo imperiale di Trump, in Corriere della Sera, 19-2-2025, che afferma: «In questo modo di governare c’è qualcosa di antico e molto di nuovo, ma destinato a restare». Più severi sono i giudizi espressi da M. Mellino, Groenlandia, terra di avide conquiste, in Il manifesto, 6-4-2025, che fa riferimento all’«arroganza imperiale di Trump», e A.O. Holm, No One Can Trust the US Anymore, in High North News, 4-4-2025 (ivi, infatti, si legge che «With open eyes, American voters have said goodbye to democracy and provided Trump with near-dictatorial power. Power to replace truth with lie», corsivo aggiunto). Sull’ideologia politica del c.d. trumpismo, v.: A. Somma, Trumpismo, fascismo e populismo, in MicroMega, 15-11-2016; M. Mazza, L’onda populista: dalla Brexit a Trump fino al cuore dell’Europa, in DPCE online, 2017, n. 2, 215 ss.; M. Patrono, A. Vedaschi, Donald Trump e il futuro della democrazia americana, Milano, 2022; M. Martelli, Il trumpismo fase suprema dell’americanismo, in MicroMega, 3-2-2025; M. Molinari, A. Cuzzocrea, L’America di Trump, Torino, 2025, spec. sub Dal conservatorismo all’estremismo Maga, 23 ss.; S. Rosefielde, Trump’s Populist America, Hackensack (NJ), 2017; P. Norris, R. Inglehart, Cultural Backlash. Trump, Brexit, and Authoritarian Populism, Cambridge, 2019; R.S. Conley, Donald Trump and American Populism, Edinburgh, 2020; A. Kolin, Trump and Trumpism, Lanham (MD), 2024; T. Aiolfi, The Populist Style. Trump, Le Pen and Performances of the Far Right, Edinburgh, 2025; A. Golanski, Sliding into Quasi-Fascism?: Trump’s Embrace of decisionist Rule, in VerfBlog, 20-3-2025. Per una comparazione con le posizioni dei democratici USA, v. S.A. Renshon, P. Suedfeld (Eds), The Trump and Harris Doctrines. Preservationism versus Progressivism in the 2024 Presidential Election, Cham, 2024. Sul rapporto tra torsione autoritaria e influenza del cattolicesimo postliberale nordamericano, v. F. Strazzari, Gli Usa di Trump esportano la teologia della guerra, in Il manifesto, 23-4-2025.

[xlix] Sulle modalità storiche di acquisizione territoriale (vale a dire: scoperta, occupazione, conquista, cessione e annessione), v. J. Vidmar, Greenland and Territorial Acquisition under International Law, in Greenland and Territorial Acquisition under International Law, in EJIL:Talk! Blog of the Eur. J. Int’l L. 6-2-2025. Dello stesso autore v. altresì, ampiamente, Territorial Status in International Law, Oxford, 2024.

[l] N. Urbinati, Trump vuole un nuovo Occidente: egoista, crudele e repressivo, in Domani, 28-4-2025.

[li] F. de Bortoli, Groenlandia, così affonda il diritto internazionale, in Corriere della Sera, -4-2025, dove viene riportato il pensiero di Micaela Frulli, docente di Diritto internazionale all’Università di Firenze. Nello stesso senso, si segnala A. de Guttry, Tra nuove guerre e dazi: quale futuro per il diritto internazionale nell’era dei sovranismi?, lectio magistralis tenuta il 5 maggio 2025 presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa.

[lii] F. de Bortoli, op. cit.

[liii] G. Gatta, Quando il diritto arretra, nel sito www.unibocconi.it, 18-4-2025.

[liv] M. Cacciari, intervista di M. Carrara nel programma televisivo Timeline (Rai), 20-4-2025.

[lv] M. Molinari, A. Cuzzocrea, L’America di Trump, cit., 7.

[lvi] Così V. Mazza, La dottrina Trump: addio all'interventismo neocon, sì alla politica degli affari, in Corriere della Sera, 15-5-2025.

[lvii] In tal senso, vedasi W. Russell Mead, Trump’s Greenland Gambit. U.S. history gives the president reason to believe the public will come around in time, in Wall Street Journal, 31-3-2025. In Italia, v. per esempio L. Reichlin, Politica e monete: i disegni (criptici) di Trump, in Corriere della Sera, 1-2-2025.

[lviii] P. Benassi, ‘Come negoziare con Trump’ (conversazione con l’ambasciatore P. Benassi, a cura di L. Caracciolo e M. Genone), in Limes. Riv. it. di geoplitica, 2024, n. 12, 287 ss.

[lix] M. Morini, U.S. democracy under stress, conferenza tenuta l’8 maggio 2025 al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Pavia.

[lx] G. Micalessin, I dietrofront di Donald? Errori diplomatici. Chi potrebbe approfittarne è la Cina di Xi, in Il Giornale, 6-5-2025.

[lxi] Per la Groenlandia, cfr. tra i molti V. Feltri, Così la triste Groenlandia è la nuova isola del tesoro, in Il Giornale, 7-4-2025 (ivi: «Sotto la calotta artica la Groenlandia custodisce l’Eldorado», con la precisazione che – secondo l’editorialista – da parte di Obama e Biden «c’è stata una clamorosa sottovalutazione dell’importanza strategica di questa porzione di mondo»).

[lxii] F. Basso, V. Mazza, Trump e il cortocircuito sulla Groenlandia (ovvero quello che i danesi proprio non capiscono), in Corriere della Sera, 6-4-2025.

[lxiii] V. all’indirizzo https://www.nbcnews.com e, per commenti: Trump a Nbc: «Forse non è possibile accordo di pace tra Mosca e Kiev». E poi: «Non escludo forza militare per annettere Groenlandia», in Il Sole 24 Ore, 4-5-2025; G. Iorlano, V. Simonella, Trump: non escludo l’uso della forza per annettere la Groenlandia, in Milano Finanza, 5-5-2025; Trump torna a minacciare l'uso della forza per annettere la Groenlandia, L’Espresso, 5-5-2025; E. Helmore, Trump says he ‘doesn’t rule out’ using military force to control Greenland, in The Guardian, 4-5-2025; E. Thorsson, Trump refuses to rule out using military force to take Greenland, again, in Arctic Today, 4-5-2025.

[lxiv] Nella dichiarazione presidenziale, Trump ha precisato che: «La Groenlandia è composta da una popolazione molto piccola, di cui ci prenderemo cura, e la ameremo, e tutto il resto. Ma ne abbiamo bisogno per la sicurezza internazionale».

[lxv] Cfr. Trump, la Groenlandia e la Nato tra fantapolitica e Realpolitik, in Il Foglio, 9-4-2025.

[lxvi] F. Maronta, I dazi come specchio dei tempi, in Limes. Riv. it. di geopolitica, 2025, n. 3, 81 ss.

[lxvii] G. Pompili, La punizione di Trump alla Cina, in Il Foglio, 9-4-2025, secondo la quale «La guerra commerciale tra le prime due potenze economiche è iniziata». Adde l’analisi di M. Ferraresi, Trump “il madman” prova a rassicurare l’America. Ma rilancia sui dazi alla Cina, in Domani, 10-4-2025. All’ultimo momento sono state introdotte alcune (importanti) deroghe, su cui v. P. Ottolina, Trump esenta smartphone e computer dai super-dazi alla Cina: Apple tira un sospiro di sollievo, in Corriere della Sera, 12-4-2025; Trump salva gli iPhone: esenzione dai dazi per smartphone, chip e computer, in La Repubblica, 12-4-2025; M. Catucci, Regalo alle big tech, Trump salva Iphone e computer dai dazi, in Il manifesto, 13-4-2025: L. Fontana, Trump è uno «sfasciatutto»? No, se sono in ballo i suoi amici, in Corriere della Sera, 14-4-2025. Pechino ha chiesto di aprire un negoziato; v. F. Santelli, Dazi, la Cina apre a Trump: “Esenzioni sull’elettronica un piccolo passo, ma ne serve uno grande”, in La Repubblica, 13-4-2025; nella dottrina sinologica italiana, I. Cardillo, Cooperazione e non Confronto, in Italy-China Business Development Forum/Istituto di Diritto Cinese, 15-4-2025, e sono allo studio varie contro-misure: v. G. Pompili, Trump smentito da Xi sui negoziati. Le ragioni dietro al muro di Pechino, in Il Foglio, 25-4-2025; L. Lamperti, La Cina gela Washington: «Non c’è alcun negoziato», in Il manifesto, 25-4-2025; G.M. De Francesco, Pechino gela Trump sul dossier dazi, in Il Giornale, 25-4-2025; ma v. Spiragli di tregua Usa-Cina, mercati positivi, in La Repubblica, 25-4-2025; M. Zhong, Beijing urges Washington to remove latest tariffs, in China Daily, 25-4-2025; China steps up to oppose US tariff hegemony with justified countermeasures to uphold international justice, in Global Times, 28-4-2025, e prima F. Giuliani, Il piano di Xi e la strategia dei tre anelli: cosa succede alla guerra dei dazi Usa-Cina, in Il Giornale, 22-4-2025 (i c.d. tre livelli di risposta sarebbero: rafforzare il fronte interno, rafforzare la pressione sugli Stati Uniti e riposizionarsi sulla scena mondiale); China Denies Tariffs Talks, in Caixin Global, 24-4-2025. La situazione è in costante divenire; v.: Usa, Trump apre su una sospensione dei dazi sulle auto, ma è pronto a colpire chip e farmaci, in Domani, 15-4-2025; Trump: “Avremo un accordo con l’Ue sui dazi”, in La Stampa, 21-4-2025; F. Santelli, Trump allenta la tensione con Pechino: “Ridurrò i dazi, ma non li porto a zero”, in La Repubblica, 23-4-2025; L. Sebastiani, Dazi, un’altra giravolta di Trump: «Accordo equo con la Cina». E i mercati tornano a salire, in Domani, 23-4-2025; S. Cingolani, Dazi, indietro tutta? Trump calma i mercati su Fed e de-escalation con la Cina, ma tutto è ancora possibile, in Il Foglio, 24-4-2025; G.M. De Francesco, Trump: “Avremo l'intesa con Pechino”, in Il Giornale, 24-4-2025; M. Jattoni Dall’Asén, Trump esonera le case automobilistiche da alcuni dazi, in Corriere della Sera, 24-4-2025; T. Ferraro, Dazi, disgelo Trump-von der Leyen, in Il Giornale, 27-4-2025; L. Castellani, Giravolta Trump: ha cominciato a fare i conti con la realtà, in Domani, 27-4-2025; T. Ferraro, Dazi, la Cina va in cortocircuito, in Il Giornale, 28-4-2025; V. Mazza, Trump: «Sui dazi siamo flessibili. Forse abbiamo un pochino sbagliato». Nel fine settimana incontro Usa-Cina in Svizzera, in Corriere della Sera, 7-5-2025; E. Campisi, Il dialogo. Dazi, ci sarà un incontro tra Usa e Cina, in Avvenire, 7-5-2025; Dazi, ultime notizie in diretta|C’è l’intesa Usa-Regno Unito, Trump: «Ora accordo con l’Europa», in Corriere della Sera, 8-5-2025; S. Cingolani, Il primo “deal” di Trump è con il Regno Unito, l’Ue si prepara, in Il Foglio, 9-5-2025; C. Tito, Dazi, lo sconto di Trump alla Cina: “Scendiamo all’80%”. L’Ue frena sui negoziati, in La Repubblica, 10-5-2025; L. Capone, I dazi del secolo scorso. La lezione dimenticata da Trump, in Il Foglio, 10-5-2025; L. Castellani, Guerra e dazi, la svolta realista di Donald Trump, in Domani, 11-5-2025; R. Ricciardi, Usa-Cina, primo accordo sui dazi. “A Ginevra progressi importanti”, in La Repubblica, 12-5-2025; C. Conti, Dazi, armistizio Usa-Cina. “Raggiunto un accordo”, in Il Giornale, 12-5-2025; L. Lamperti, Dazi, la Cina celebra l’armistizio e entra nel “cortile di casa” Usa, in Il manifesto, 14-5-2025; K. Wang, H. Zhao, China, US scheduled to hold trade talks, in China Daily, 8-5-2025; China, U.S. high-level economic, trade meeting starts in Geneva, in Beijing Review, 10-5-2025; J. Zeng, J. Denise, Trump Floats Tariff Cut on Chinese Goods to 80% Ahead of Swiss Trade Talks, in Caixin Global, 10-5-2025; W. Chen, China-US trade talks make substantial progress, in China Daily, 12-5-2025; W. Chen, Beginning of the end of trade war good for all, ivi, 16-5-2025; W. Zhao, China and the U.S. roll back tariffs in Geneva agreement but questions remain about their future ties and global impact, in Beijing Review, n. 21, 22-5-2025); tra l’altro, a causa dei dazi, la RPC ha ordinato alle proprie aerolinee di rifiutare apparecchi Boeing già ordinati e in via di consegna (v. La guerra Usa-Cina ora colpisce Boeing, in Il manifesto, 16-4-2025; Dazi, ora la Cina rispedisce negli Usa gli aerei Boeing, in La Repubblica, 21-4-2025). Per l’ex ministro delle Finanze e attuale presidente della Commissione Esteri della Camera dei deputati, Giulio Tremonti, «lo scontro Usa-Cina è allarmante» (v. nel website del quotidiano La Repubblica, 11-4-2025). Si andrà forse verso una ripetizione del bipolarismo, con la Cina da una parte e gli Stati Uniti dall’altra? In tale senso, cfr. il panel dal titolo Scontro tra imperi o nuova Guerra fredda? Stati Uniti e Cina nel mondo di oggi, al «Festival di Politica Internazionale» (NOI, «Napoli Osservatorio Internazionale») organizzato dall’Università di Napoli «L’Orientale» dal 14 al 16 maggio 2025.  

[lxviii] Si veda l’intervista rilasciata all’emittente televisiva La7 il 9-4-2025.

[lxix] M. Jattoni Dall’Asén, S. Tirrito (a cura di), Dodici stati Usa fanno causa a Trump per i dazi, in Corriere della Sera, 24-4-2025. Secondo il procuratore generale dell’Arizona, Kris Mayes «Il folle schema tariffario del presidente Trump non è solo economicamente sconsiderato, ma è anche illegale». Allo stato sudoccidentale si sono uniti il Minnesota (a guida democratica), New York, l’Oregon e altri Stati. In precedenza, la California aveva intentato separatamente una causa simile.

[lxx] C. Favero, Tutte le conseguenze dei dazi di Trump sull’Europa, in Eco. Mensile di economia (diretto da T. Boeri), 2025, n. 4, 72 ss., spec. 74-75.

[lxxi] F. Pigliaru, Dazi ed economia: come (s)ragiona Trump, in Il Mulino, 9-4-2025.

[lxxii] R. Amato, Pechino risponde alla sfida Usa: “Pronti alla guerra delle tariffe”, in La Repubblica, 10-4-2025; L. Lamperti, Colpo su colpo, la Cina triplica le sue contro tariffe, in Il manifesto, 10-4-2025. che definisce nel seguente modo la posizione di Pechino: «Non vogliamo una guerra commerciale, ma siamo costretti a combattere»; R. Fabbri, Xi “incassa” i dazi al 145% e prepara la guerra d’attrito, in Il Giornale, 11-4-2025 (le contro-tariffe della RPC sono state inizialmente fissate all’84 per cento e poi rialzate al 125 per cento; v. R. Fabbri, Xi alza i dazi al 125% e rispolvera Mao: “Usa, tigre di carta non cederemo mai”, in Il Giornale, 12-4-2025). Per le fonti cinesi, v. K. Wang et al., China takes firm countermeasures against U.S. tariff bullying, in China Daily, 10-4-2025; D. Cao, Xi: No winner in a tariff war, ivi, 11-4-2025. Le autorità della RPC minacciano anche di fare vendite di massa dei titoli di Stato del Tesoro USA; v. G. Sapelli, La posta in gioco è il potere mondiale, per questo Trump usa la minaccia dei dazi, in La7, 10-4-2025. Come risposta, la Casa Bianca studia dunque una norma per aiutare le banche a comprare i Treasury; v. M. Marchesano, I trumpiani non sono affatto tranquilli sui loro titoli di stato, in Il Foglio, 17-4-2025. Ma vi sono pericoli: v. L. Bini Smaghi, Tre motivi per cui nessuno si fida più dei titoli di stato americani. I rischi sono globali, in Il Foglio, 19-4-2025; L. Pandolfi, Oro e titoli di Stato: l’America di Trump non è più un porto sicuro, in Il manifesto, 20-4-2025.

[lxxiii] Cfr. B. Bréville, Un autre protectionnisme est toujours possible, in Le Monde diplomatique, maggio 2025, 1 e 10; R. Lambert, La Chine prend la barre de la mondialisation, ivi, maggio 2025, 1 e 8-9.

[lxxiv] A. Prina Cerai, Le materie prime dell’Ucraina fanno gola, e non solo a Trump, in www.ispionline.it, 11-2-2025, e poi G. Di Feo, Firmato l’accordo sulle terre rare: svolta nei rapporti Usa-Ucraina, in La Repubblica, 1-5-2025; M. Balsamo, Terre rare, firmato l'accordo Usa-Ucraina: cosa prevede, in Il Giornale, 1-5-2025; M. Flammini, C’è l'accordo tra Stati Uniti e Ucraina sui minerali, in Il Foglio, 1-5-2025; F. Brusa, Accordo firmato, Washington prende i minerali dell’Ucraina, in Il manifesto, 3-5-2025. A margine dell’accordo USA-Ucraina sottoscritto il 1° maggio 2025, v. inoltre L. Longo, Terre rare, la competizione globale che cambia le alleanze mondiali, in Il Riformista, 3-5-2025; M. Dassù, Stati Uniti e Ucraina: la politica estera delle risorse strategiche, in Aspenia online, 5-5-2025.

[lxxv] L. Angelini, Perché la Cina pensa di vincere (comunque) la sfida dei dazi con gli Usa, in Corriere della Sera, 9-4-2025. Per le fonti interne della Repubblica Popolare Cinese, v. le note intitolate China reaffirms will and means for countermeasures against U.S. further restrictions, in Beijing Rev. 9-4-2025, e China takes firm countermeasures against U.S. tariff bullying, ivi, 10-4-2025. La posizione ufficiale cinese è esposta nel recentissimo White Paper pubblicato il 9 aprile 2025 dall’Ufficio informazione del Consiglio di Stato (Governo centrale) della RPC, dal titolo China’s Position on Some Issues Concerning China-US Economic and Trade Relations. Il testo è consultabile nell’edizione online del Quotidiano del Popolo (in lingua inglese), 9-4-2025. Per l’osservazione che «L’amministrazione Trump è a caccia di minerali essenziali»., cfr. S. Hvinden, Er havbunnen neste stopp for Trump? [Il fondale marino sarà la prossima tappa di Trump?], in Dagens Næringsliv, 9-4-2025 (in norvegese).

[lxxvi] V. P. Ottino, Terre rare: Trump svela la posta in gioco dei conflitti globali, in Krisis. Riv. di politica globale, 2025 (online all'indirizzo Internet https://krisis.info), e ivi ulteriori rinvii bibliografici. L’autrice rileva che «Le risorse naturali non sono più solo beni economici, ma strumenti di potere che ridefiniscono gli equilibri globali e pongono nuove sfide per il futuro».

[lxxvii] Cina, stop all’export delle terre rare: le conseguenze, in Libero, 14-4-2025; Terre rare, la Cina sospende l’esportazione: danneggiate decine di produzioni tecnologiche, dalle auto (non solo elettriche) ai chip, in Corriere della Sera, 14-4-2025.

[lxxviii] K. Brown, The Taiwan Story. How a Small Island Will Dictate the Global Future, London, 2024, trad. it., Perché Taiwan conta. Breve storia di una piccola isola che decide il nostro futuro, Torino, 2025.

[lxxix] In realtà, vengono erroneamente indicate come “terre rare” l’insieme di materie prime critiche e strategiche che, tuttavia, appartengono a diversi minerali o metalli. Le terre rare rappresentano la famiglia dei lantanidi, una serie di 17 elementi della tavola periodica.

[lxxx] V. nel sito www.heritage.org e ivi cfr., altresì, W.J. Pearson, Project 2025 Heritage Foundation. Innovative Strategies For National Success, Washinton (DC), 2024 (il Project 2025., pubblicato nell’aprile del 2023, consta di ben 922 pagg.). La Heritage Foundation, fondata nel 1973 (durante la presidenza Nixon) e con sede a Washington (DC), promuove i tradizionali valori conservatori, basati su libero mercato, governo limitato e libertà individuale. I think tanks neoconservatori assegnano alla Cina il ruolo di modello (e “spauracchio”) della categoria delle autocrazie, contrapposte alle democrazie liberali. A commento (molto) critico, nell’ottica cioè della resistenza alle proposte di cui al Project 2025, v. R. Houghton, A. O’Donoghue, Reading Project 2025 as a Manifesto, in VerfBlog, 26-2-2025. Con riguardo alle più recenti politiche, attuate dopo il ritorno di Donald Trump al numero 1600 di Pennsylvania Avenue, v. N. Popli, Trump’s Early Actions Mirror Project 2025, the Blueprint He Once Dismissed, in Time Magazine, 24-1-2025. Nell’ottica comparativa, v. ora C. Delsol et al., Les droites conquérantes : conservatrice, libérale, réactionnaire, populiste..., in Revue des deux mondes, n. 3854, marzo 2025.

[lxxxi] Alcuni pensano addirittura a promuovere l’isola ghiacciata come sede per una cosiddetta “città della libertà”, un’utopia libertaria con una regolamentazione minima (i.e. stateless city with minimal corporate regulation); cfr. R. Levy et al., Greenland ‘Freedom City’? Rich donors push Trump for a tech hub up north, in Arctic Today, 10-4-2025; Silicon Valley is pushing Trump to make Greenland a ‘Freedom City’, in Fast Company, 10-4-2025; S. Matteis, “Freedom City”, l’ultima mossa di Trump per annettere la Groenlandia, in La Stampa, 12-4-2025.

[lxxxii] Howery è stato inter alia uno dei co-fondatori di PayPal.

[lxxxiii] Una complicazione, nell’ottica di Trump, deriva dal fatto che, nell’ultimo giorno del suo mandato presidenziale, Biden ha nominato Jennifer Hall Godfrey come ambasciatrice USA in Danimarca. Sulla presidenza Biden v., ampiamente, G.F. Ferrari et al., The American Presidency After Four Years of President Biden, in Diritto pubblico comparato ed europeo online, 2024, Sp-3.

[lxxxiv] M. Basile, Mini reattori nucleari, IA e auto robot. Ecco “Freedom City”, l’utopia Usa per la Groenlandia, in La Repubblica, 11-4-2025.

[lxxxv] R. Burke et al., Trump 2.0’s Arctic Opportunity: Thawing Frozen Dialogue, nel sito Web del Wilson Center - Polar Institute di Washington (DC), 11-3-2025, www.wilsoncenter.org.

[lxxxvi] V. nel sito www.valeursactuelles.com, e ivi T. Denis, Trump, Poutine, Macron, la droite, 2027… les vérités de François Fillon.

[lxxxvii] O. Moscatelli (a cura di), ‘Russi e americani continueranno a parlarsi’, conversazione con Fëdor Luk’janov, in Limes. Riv. it.  geopolitica, 2025, n. 3, 107 ss.

[lxxxviii] Ibidem, 109.

[lxxxix] A. Sokolov, 2025 Russian International Arctic Forum: ‘the Arctic territory of dialogue’, in The Polar Journal, 2025, https://doi.org/10.1080/2154896X.2025.2494911.

[xc] P. Bargiacchi, Possibili ripercussioni per l’ordine giuridico-valoriale internazionale della seconda presidenza Trump, Editoriale in DPCE online, 2025, spec. XIII.

[xci] Lo ha ricordato, da ultimo, J. Fischer, Il suicidio americano: l’imperialismo trumpiano indebolisce gli Usa, in Domani, 12-4-2025.

[xcii] G. Cacciotti, op. cit.

[xciii] V. quanto riportato nel sito del Forum di Murmansk, all’indirizzo https://forumarctica.ru.

[xciv] V. nel sito dell’Arctic Portal di Akureyri (Islanda), all’indirizzo https://arcticportal.org.

[xcv] B. Koutsenko, Russia’s Bifurcated Foreign Policy: International Arctic Forum and Reputation Laundering, nel sito dell'Institute of European, Russian and Eurasian Studies (EURUS) della Carleton University di Ottawa (ON).

[xcvi] H. Blewett-Mundy, Russia’s Looming Threat in Northern Europe, Washington (DC), The Arctic Institute Commetary, 17-4-2025.

[xcvii] Tematica dibattuta, recentemente, nel corso della conferenza organizzata a Bologna il 23 febbraio 2025 dall’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISP-CNR), dal titolo L’Artico al crocevia: tra risorse, politiche e futuro globale. Per la Groenlandia, v. ad esempio D.R. Menezes, The Global Kingmaker: Greenland in The Arctic Century, in The Polar Connection, 20 febbraio 2025.

[xcviii] Sulla militarizzazione dell’Artico, con riferimento al ruolo di Russia, Cina e Stati Uniti d’America, v. G. Pompili, La rotta artica è già compromessa, in Il Foglio, 7-2-2025. Circa il ruolo dei servizi di informazione e sicurezza, v. Osservatorio di Intelligence sull'Artico (a cura di), Le dinamiche artiche sotto la lente dell’Intelligence, prefazione di A. Somalvico, Arcavacata di Rende (CS), 2025.

[xcix] G.A. de Almeida Neto, Security cooperation in the Arctic after Ukraine: how the war affected the security dilemma in the polar region, in The Polar Journal, 2025, 1-20, doi.org/10.1080/2154896X.2025.2492485

[c] I.A. Strelnikova, M.N. Chistikov, A.A. Chistikova, Will the Arctic Cooperation System Accommodate Global Geopolitical Changes?, in 23(2) Russia in Global Affairs 23 (2025).

[ci] M. Dervocic et al. (Eds), Arctic Policies of Non-Arctic States, Leiden, 2025 (Studies in Polar Law, n. 4).

[cii] M. Pan, H.P. Huntington, A new Arctic exceptionalism?, in The Polar Connection, 10-2-2025; Id., China-U.S. cooperation in the Arctic Ocean: Prospects for a new Arctic exceptionalism?, in Marine Policy 168 (2024) 106294; Y. Ren, U.S.-China Arctic Cooperation in a New Era of Great Power Competition: Opportunities and Challenges, in 14(1) Yearbook of Polar Law, 98 (2023).

[ciii] K. Kornhuber et al., The Disruption of Arctic Exceptionalism, Berlin, 2023 (rapporto a cura del Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik-DGAP).

[civ] Così M. Pan, H.P. Huntington, A new Arctic exceptionalism?, cit.

[cv] B.A. Hansen, The Geopolitical Development in the Arctic Reflects the World Order, Says Researcher, in High North News, 18-3-2025.

[cvi] Sui Paesi membri BRICS+ o BRICS Plus, v. L. Scaffardi, Dal BRICS al BRICS+. Alla ricerca di una diversa e forte modernità, in DPCE online, 2024, 2843 ss.

[cvii] R.G. Bertelsen, Divided Arctic in a Divided World Order, in Strateg. Anal., 2025, 1-10, https://doi.org/10.1080/09700161.2025.2453322.

[cviii] P. Devyatkin, Arctic exceptionalism: a narrative of cooperation and conflict from Gorbachev to Medvedev and Putin, in 13(2) Pol. J. 336 (2023).

[cix] Il titolo per esteso è: Greenland in the World - Nothing about us without us. Greenland’s Foreign, Security and Defense Policy 2024-2033 – an Arctic Strategy. Il testo medesimo, in lingua inglese, è reperibile al seguente link: https://paartoq.gl/wp-content/uploads/2024/03/Greenlands_Foreign_-Security_and_Defense_Policy_2024_2033.pdf. A commento, v. N. Bianco, op. cit., 492 ss.

[cx] Insieme, appunto, alla Groenlandia, nonché alle Isole Fær Øer. In dottrina, v. U.P. Gad, Greenland, the Faroe Islands, and Denmark: Unity or Community?, in P.M. Christiansen et al. (Eds), The Oxford Handbook of Danish Politics, New York, 2020, 28 ss.

[cxi] Su questi aspetti si è recentemente soffermata F. Borgia, Regionalismo artico e governance multilivello, 1° webinar organizzato dal Gruppo Latino di Scienze Polari - Grupo Latino de Ciências Polares in partnership con: Osservatorio Artico; Polar Research and Policy Initiative; Atlantic Centre; Escola Superior de Defesa; Apecs (Associação de Pesquisadores Polares em Início de Carreira) Brasil, 2 aprile 2025.

[cxii] V., ampiamente, K. Høegh, Greenland’s Foreign Policy, Past and Present: From the Merchants' Message to Bilateral Agreements, in 29 Ocean & Coast. L.J. 181 (2024); M. Ackrén, Foreign Policy in Greenland. 20 Years of Development, London-New York, 2025.

[cxiii] Ridenominato, nel 2023, ministero dell’Indipendenza e degli Affari esteri.

[cxiv] Fa eccezione il partito Naleraq, di orientamento centrista e con ideologia populista, che disponeva, al tempo dell’adozione della strategia artica, di quattro seggi nel Parlamento locale groenlandese (formato complessivamente da trentuno deputati). Dopo le elezioni anticipate dell’11 marzo 2025, Narelaq ha raddoppiato i propri seggi (che sono ora otto).

[cxv] L’Arctic policy danese era valida per il periodo 2011-2020.

[cxvi] Territorio comparativamente meno conosciuto; su di esso, sia consentito rinviare a M. Mazza, Verso il governo autonomo del Nunavik (Québec, Canada)?, in Id., Aurora borealis. Diritto polare e comparazione giuridica, Bologna, 2014, 108 ss., e poi, (molto) ampiamente, M. Rousseau, Les Inuits du Nunavik. Territoire, histoire et société, Paris, 2021 (610 pagg.). Il Nunavik, in sostanza, è la “patria” degli Inuit del Québec settentrionale

[cxvii] La cui presidenza, dal mese di maggio 2025 (v. E. Quinn, Arctic Council to hold virtual chairmanship handover from Norway to Denmark on May 12, in The Barents Observer, 11-4-2025), spetta alla Danimarca. La Groenlandia detiene la presidenza del Consiglio artico in rappresentanza del Regno, ma anche le Isole Fær Øer e la Danimarca hanno un ruolo importante da svolgere. In altri termini, vi sono (buone) ragioni per uno sforzo congiunto tra le regioni, affinché l’Artico e il Consiglio artico svolgano un ruolo internazionale sempre più rilevante; cfr., in tal senso, C. Pip, Grønland i førersædet for Arktisk Råd – trods alt [La Groenlandia guiderà il Consiglio artico – nonostante tutto], in Nordiske, gennaio 2025, 24 ss. (testo in danese). Il programma della presidenza danese del Consiglio artico (per il periodo 2025-20227) è stato presentato l’11 aprile 2024 a Nuuk, capoluogo della Groenlandia (v. infra, in questa nt.). Nel dettaglio, il Regno danese gestirà la presidenza del Consiglio artico sulla base di un assetto tripartito, nel quale la posizione preminente di «Ambasciatore artico» presso il Consiglio stesso sarà affidata ad un groenlandese (di cui è attesa la nomina; alla fine, però, è stato invece designato l’11 aprile 2025 un danese, Kenneth Høegh, laureato all’Università di Copenaghen, di professione agronomo e già alla guida della Rappresentanza groenlandese a Washington, DC), assistito da un esponente danese (a questo punto, groenlandese) e un altro faroese. Tale scelta (eminentemente politica) mira(va) a porre tra i motivi conduttori della prossima presidenza i bisogni e/o le aspirazioni della popolazione indigena Inuit (della Groenlandia). La presidenza del Consiglio artico è rotativa biennale tra gli otto Stati artici. Il programma della presidenza danese/groenlandese prevede cinque priorità: a) popolazioni e comunità indigene nell’Artico; b) soluzioni per lo sviluppo economico sostenibile e la transizione energetica; c) Oceani; d) cambiamenti climatici nell’Artico; e) biodiversità. Cfr. E. Quinn, Denmark sets Arctic Council leadership agenda amid intensifying global Greenland focus, in Eye on the Arctic, 11-4-2025. La direttrice del WWF Global Arctic Programme, Vicki Lee Wallgren, ha espresso apprezzamento per tali priorità, specialmente quelle concernenti l’azione climatica, la biodiversità e i popoli indigeni artici (cfr. WWF congratulates the Kingdom of Denmark on its upcoming Chairship of the Arctic Council, in www.arcticwwf.org, 11-4-2025). Positiva è stata anche la valutazione di Sara Olsvig, presidente dell’Inuit Circumpolar Council (2022-2026), già membro del Parlamento danese (2011-2015) e di quello groenlandese (2013-2018), keynote speaker al 18th Polar Law Symposium programmato dal 22 al 24 ottobre 2025 presso l’Università della Groenlandia a Nuuk (v. T. Jonassen, ICC Welcomes Strong Emphasis on Indigenous Peoples in Arctic Council Chairship Programme, in High North News, 14-4-2025). Un giudizio favorevole è venuto sia dalla “voce” del settore privato artico (Arctic Economic Council, AEC) che dalla principale organizzazione delle municipalità dei Paesi nordici (Arctic Mayor’s Forum, AEF) (v. M.Q. Frederiksen, P. Bruns, Arctic Economic Council and Arctic Mayors’ Forum Welcomes the New Chairship Programme From the Kingdom of Denmark, in High North News, 15-4-2025). La Groenlandia, invece ha protestato, sostenendo che, siccome il Regno di Danimarca è uno Stato artico grazie proprio alla Groenlandia, spetterebbe a quest’ultima designare il principale rappresentate nel Consiglio artico (D.R. Menezes, Statement on the Kingdom of Denmark’s appointment of a new Arctic Ambassador: Commentary, in Arctic Today, 14-4-2025). Si afferma che popoli indigeni e Groenlandia sono al centro del programma danese; v. A. Edvardsen, The Kingdom of Denmark's Upcoming Arctic Council Chairship: Indigenous and Arctic People at the Top of the Agenda, in High North News, 16-4-2025. Sul programma della presidenza danese non pare agevole ottenere il sostegno dell’amministrazione Trump; v. T. Jonassen, An Uncertain Future, in High North News, 2-5-2025; anche per questo motivo, il futuro del Consiglio artico appare incerto: v. A.O. Holm, The Arctic Council: On the Brink of Collapse or Still a Hope for Cooperation?, in High North News, 9-5-2025; Id., The Arctic Council Survives Both Vladimir Putin and Donald Trump, ivi, 14-5-2025. Dal 12 maggio 2025, la Groenlandia ha assunto ufficialmente la presidenza del Consiglio artico (in rappresentanza del Regno di Danimarca); v. E. Thorsson, Greenland assumes Arctic Council chairmanship during challenging times, in Arctic Today, 12-5-2025. Sulle ragioni della perdurante attualità del Consiglio artico, v. M. Jacobsen, S.V. Rottem, The Arctic Council in the Shadow of Geopolitics, Washington (DC), maggio 2025.

[cxviii] L’Inuit Circumpolar Council (ICI) rappresenta gli Inuit alaskani, canadesi, groenlandesi e russi. Si veda G.N. Wilson, H.A. Smith, The Inuit Circumpolar Council in an Era of Global and Local Change, in 66(4) Int’l J. 909 (2011).

[cxix] M. Mazza, Guerra in Ucraina e governance internazionale dell’Artico: effetti di lungo termine? Le reazioni degli organi di cooperazione dei Paesi nordici, in Filodiritto, giugno 2022; P.S. Hilde, F. Ohnishi, M. Petersson, Cold winds in the north: Three perspectives on the impact of Russia’s war in Ukraine on security and international relations in the Arctic, in 41 Polar Science, 13-9-2024. Lo scritto da ultimo citato è interessante perché esamina le conseguenze della full-scale invasion dell’Ucraina non soltanto nell’Europa del Nord, ma anche nelle prospettive (meno evidenti, ma non trascurabili) pan-artica circumpolare e giapponese (e v. nel sito dello Hokkaido University Arctic Research Center HU ARC, Sapporo).

[cxx] M. Delsignore, La sentenza nella causa Giudizio universale: se il contenzioso non è la strada corretta, quali altre vie pe fronteggiare il cambiamento climatico?, in Riv. giur. ambiente, 2024, spec. 1331.

[cxxi] A. Edvardsen, Greenland Joins the Paris Agreement on Climate Change, in High North News, 17-11-2023. Ivi le dichiarazioni del ministro groenlandese per l’Energia e l’Ambiente.

[cxxii] Questo, in fondo, è stato il destino del precedente documento strategico groenlandese del 2011. Ad ogni modo, la progettazione nel lungo periodo è abbastanza tipica degli studi polari; per esempio, l’International Arctic Science Committee (IASC) e il Scientific Committee on Antarctic Research (SCAR) hanno avviato i lavori preparatori in vista del 5th International Polar Year (IPY) del 2032-2033, che fa seguito all’ultimo IPY del 2007-2008, prevedendo altresì la SCAR-IASC Polar Conference nel 2030.

[cxxiii] K. Høegh, op. cit., 195.

[cxxiv] V. supra, nel par. 1.

[cxxv] Si ricordi, inter alia, che la Groenlandia ha aperto la sua rappresentanza a Washington nel 2014 e gli Stati Uniti hanno riaperto il loro consolato in Groenlandia nel 2020.

[cxxvi] Non si dimentichi che esiste un rilevante precedente storico, dal momento che Il 21 agosto 1959 il Congresso degli Stati Uniti d’America deliberò l’annessione delle Hawaii come 50° Stato federato dell'Unione. Cfr. T. Coffman, Nation Within. The Story of America’s Annexation of the Nation of Hawaii, prefazione di M.A. Meyer, Durham (NC), 2016, e prima G. Scott-Smith, From Symbol of Division to Cold War Asset: Lyndon Johnson and the Achievement of Hawaiian Statehood in 1959, in 89(2) Hist. 256 (2004); H.B. Melendy, R.E. A. Hackler, Hawaii, America’s Sugar Territory, 1898-1959, New York, 1999 (Studies in American History, v. 25). Per completezza, si precisa che il Regno delle Hawaii venne annesso agli Stati Uniti nel luglio 1898, mentre il conferimento della statualità risale al 1959. V. T.J. Osborne, The Main Reason for Hawaiian Annexation in July, 1898, in 71(2) Oreg. Hist. Quart. 161 (1970). Nella letteratura coeva, cfr. H.E. von Holst, The Annexation of Hawaii, in 60(3) Advocate Peace 63 (1898); L. Gorman, Longfield, The Administration and Hawaii, in 165(490) North Am. Rev. 379 (1897); A.C. James, Advantages of Hawaiian Annexation, in 165(493) North Am. Rev. 758 (1897); J.A. Harman, The Political Importance of Hawaii, in 160(460) North Am. Rev. 374 (1895). Vi sono tentativi di Native Hawaiians volti a restaurare il Regno delle Hawaii, ovvero quantomeno a essere giuridicamente riconosciuti come una Federal Indian Tribe; si veda W. Chang, Darkness over Hawaii: The Annexation Myth Is the Greatest Obstacle to Progress, in 16(2) Asian-Pacific L. & Pol. J. 70 (2015). Per altro verso, il ricorso alla finanza come strumento (primario) per regolare i rapporti tra Stati è stato sperimentato nel 1803, allorché gli USA acquistarono dalla Francia la Louisiana in cambio della somma di 11 milioni e 250 mila dollari, che equivalgono a circa 350 milioni attuali, così raddoppiando la propria estensione. Si vedano: E.S. Brown, Constitutional History of the Louisiana Purchase, 1803-1812, Berkeley (CA), 1920; T.J. Fleming, The Louisiana Purchase, Hoboken (NJ), 2003; J. Kukla, A Wilderness So Immense. The Louisiana Purchase and the Destiny of America, New York, 2003. Per la cartografia, cfr. K. Smith, A Map of the United States showing boundaries established after the Louisian Purchase and Florida Acquisition, Baltimore (MD), 1958. Nuovamente, gli Stati Uniti d’America acquisirono la Florida dalla Spagna nel 1819, con il Trattato di Adams-Onís, secondo cui gli USA non pagarono direttamente per lo Stato, ma accettarono di assumersi la responsabilità per 5 milioni di dollari di danni causati dai cittadini americani che si ribellarono alla Spagna. Si cfr.: H.B. Fuller, The Purchase of Florida, Its History and Diplomacy, Cleveland (OH), 1906; C.W. Arnade, The Acquisition of Florida by the United States, in Jahrbuch für Geschichte Lateinamerikas (JbLA), v. 44, 2007, 187 ss.; L. Sonneborn, The Acquisition of Florida. America’s Twenty-Seventh State, New York, 2009. Celebre fu, inoltre, l’acquisizione USA dell’Alaska dalla Russia nel 1867, dietro pagamento di 7,2 milioni di dollari. Si vedano: F.A. Golder, The Purchase of Alaska, in 25(3) Am. Hist. Rev. 411 (1920); T.A. Bailey, Why the United States Purchased Alaska, in 3(1) Pacific Hist. Rev. 39 (1934); V.J. Farrar, The Purchase of Alaska, Washington (DC), 1935 (ediz. riveduta del dattiloscritto del 1927, dal titolo originale The Acquisition of Alaska); D.K. Fremon, The Alaska Purchase in American History, Berkeley Heights (NJ), 1999; J. Cavell, Dividing the Northern World: The Arctic and the Alaska Purchase, in 47(2) Diplomatic Hist. 304 (2023); M. Mazza, Brevi notazioni di storia coloniale, in relazione ai popoli indigeni artici: la pagina (dimenticata) del diritto imperiale russo in Alaska e nelle Isole Aleutine, in Id., Aurora borealis. Diritto polare e comparazione giuridica, cit., sub VI, 3, La fine della colonizzazione russa dell’Alaska, a seguito della vendita nel 1867 del territorio medesimo agli Stati Uniti d’America, 400 ss. Cfr., altresì, C. Bassu, M. Betzu, F. Clementi, G. Coinu, Diritto costituzionale degli Stati Uniti d’America. Una introduzione, Torino, 2025, 2ª ed., Appendice 5, Il processo di federalizzazione degli Stati Uniti: elenco degli Stati per data di ammissione all’Unione, 182 ss.

Donald Trump è un ammiratore del Presidente USA (dal 1845 al 1849) James Polk, fautore di una politica espansionistica (cfr. P. Valentino, Perché Trump ha voluto nello Studio Ovale il ritratto di James Polk, l’oscuro 11esimo presidente degli Usa, in Corriere della Sera, 5 aprile 2025). Ecco, dunque, che Trump vuole la Groenlandia e potrebbe averla. Washington voleva il Canada, Jefferson comprò la Louisiana, Roosevelt prese Panama e ora The Donald potrebbe fare quello che non riuscì a Truman, in Il Foglio, 7-4-2025. Le opinioni fortemente critiche sono, al riguardo, abbondanti; v., per esempio, F. Tonello, La storia americana che mette a tappeto l’Europa e il mondo, in Il manifesto, 8-4-2025, il quale definisce il Presidente Trump «Gangster-in-Chief» (parodia di commander-in-chief), e G. Chinappi, In Groenlandia un governo di unità nazionale contro le pretese imperialiste di Trump, nel sito Internet di «Marx21. Associazione politico culturale», 8-4-2025 (www.marx21.it), dove riferimento alle «pretese espansionistiche di Trump che, non contento di minacciare la Groenlandia, ha persino proposto una surreale annessione del Canada» (i.e. tutto il Nord America, Canada e Groenlandia compresi, nella sfera di influenza degli Stati Uniti, anzi negli Stati Uniti). In particolare, vi è un forte interessamento degli Stati Uniti per l’Artico canadese; v. S. Gandolfi, Trump già studia la «vendetta» sul Canada: ecco perché passerà per l'Artico, in Corriere della Sera, 2-5-2025 (dopo le elezioni politiche canadesi del 28 aprile 2025).

[cxxvii] In groenlandese, Ilisimatusarfik.

[cxxviii] New agreement with China could benefit Greenlandic export, in High North News, 22-4-2025.

[cxxix] V., infatti, S. Starcevic, Greenland dangles rare earths partnership with EU as Trump looms, in www.politico.eu, 15-5-2025; E. Thorsson, Greenland seeks closer EU ties through rare earths, in Arctic Today, 16-5-2025.

[cxxx] R. Leander Nielsen, Greenland’s Previously Strong Focus Toward the US Is up for Change Moving Forward, in High North News, 28 marzo 2025. Le dichiarazioni sono state rilasciate dal prof. Leander Nielsen a margine dell’High North Dialogue, svoltosi dal 25 al 27 marzo 2025 per iniziativa dell’High North Center presso la Nord University di Bodø (Norvegia), panel New realities: security politics are reshaping the High North.

[cxxxi] T. Boeri, Trump II è molto peggio di Trump I, Editoriale in Eco. Mensile di economia (diretto da T. Boeri), 2025, n. 2, spec. 3. Per la sottolineatura delle attuali criticità della “Land of the Free” (i.e., gli USA), v. L. Celada, Il breve addio alla democrazia, in Il manifesto, 26-4-2025.

[cxxxii] In norvegese, Senter for hav og Arktis.

[cxxxiii] Su cui v. lo studio monografico, pregevole ma ormai in buona parte superato per effetto delle più recenti vicende politiche, di A. Lavorio, Guardiani del Nord. Gli Stati Uniti e la geopolitica della crisi climatica nell’Artico, Milano, 2023.

[cxxxiv] Secondo il politologo Charles Kupchan (Georgetown University di Washington, DC), ex consigliere di Barak Obama in tema di politica estera, mancherebbe una strategia globale dell’amministrazione Trump (v. A. Lombardi, Kupchan: “Trump non ha una strategia, così perderà il sostegno del Paese”, in La Repubblica, 11-4-2025).

[cxxxv] E. Bloom, US Policies in the Arctic Are Changing but the Extent Remains to Be Seen, in High North News, 10-4-2025. Ivi l’autore individua almeno due aspetti problematici: per un verso, le tensioni concernenti la Groenlandia; per altro verso, l’incertezza sul fatto che amministrazione Trump terrà conto, e nel caso affermativo in quale misura, (anche) degli interessi dei popoli indigeni artici.

[cxxxvi] United States Ambassador-at-Large for Arctic Affairs.

[cxxxvii] Il cui incarico è cessato il 20 gennaio 2025, data di inizio mandato (Inauguration Day) di Donald Trump quale 47° Presidente degli Stati Uniti. V. lo scritto di M. Sfraga, The Transarctic Alliance is Key to US National Security, in High North News, 5-5-2025, il quale evidenzia la centralità (e la criticità) dell’alleanza transartica nel contesto dell’alleanza transatlantica.

[cxxxviii] N. Herz, America’s ambassadorship for the region goes unfilled: Commentary, in Northern Journal/Arctic Today, 24-4-2025.

[cxxxix] Dal nome dello US Secretary of State Charles E. Hughes, cfr. W. Muntean, One century of US policy toward Antarctica, in Polar Record, 2025, doi: 10.1017/S0032247425000075, e prima H.R. Hall. The ‘open door’ into Antarctica: an explanation of the Hughes doctrine, in 25(153) Polar Record 137 (1989)

[cxl] Tracking the presidency: How popular is Donald Trump?, in The Economist, 23-4-2025 (41 per cento approva l’operato del Presidente, 54 per cento disapprova e il resto non sa; la flessione del gradimento è stata del 13 per cento nei primi 100 giorni dall’insediamento nella carica). I più recenti sondaggi concordano nel mostrare un basso tasso di popolarità del Presidente: per il Nytimes/Siena al 42 per cento; Nbc al 45 per cento; Fox, Gallup e Cnbc al 44 per cento. Il più basso è del Washington Post/Ipsos/Abc al 39 per cento. Secondo The Economist, 13-5-2025, 42 per cento approva, 52 per cento non approva e 6 per cento non sa (il grafico ivi riportato evidenzia che, al 112° giorno della seconda presidenza, il sostegno a Trump è sceso del 10 per cento, con una diminuzione percentuale analoga a quella che si era verificata al 112° giorno della prima presidenza dello stesso Trump). Per Trump, però, i sondaggi in questione sono «falsi», poiché «Intervistano molti più democratici che repubblicani»; cfr. V. Mazza, Trump in Michigan allenta i dazi sulle auto e rivendica i successi dei primi 100 giorni, in Corriere della Sera, 30-4-2025. Sui primi (poco più di tre) mesi del secondo mandato presidenziale di Trump è molto critico il giudizio di A. Friedman, I cento giorni di Trump: come si demolisce una democrazia, in La Stampa, 29-4-2025. Meno severa l’opinione di C. Cerasa, Cento di questi cento giorni di Trump, in Il Foglio, 30-4-2025. Con riguardo alle questioni polari, v. l’opinione critica di R.L. Johnstone, 100 Days in the Heart of Darkness, nel sito dell’Università (nord-islandese) di Akureyri, 2-5-2025. Dalla Cina, v. J. Zeng et al., Trump’s First 100 Days Back in Office Is Breaking World Order, in Caixin Global, 5-5-2025.

[cxli] Un sondaggio realizzato nel nostro Paese da Ipsos per ISPI ha dato il seguente risultato: il giudizio sull’operato di Donald Trump nei primi 100 giorni è estremamente negativo per il 41 per cento degli intervistati, più negativo che positivo per il 25 per cento, più positivo che negativo per il 12 per cento, estremamente positivo per il 4 per cento, con il rimanente 18 per cento che risponde non so. Cfr. Sondaggio speciale: cosa pensano gli italiani di Trump, 100 giorni dopo, in www.ispionline.it, 29-4-2025 (interviste condotte tra il 22 e il 23 aprile 2025).

[cxlii] A. De Luca, Trump e i 100 giorni che hanno sconvolto il mondo, in www.ispionline.it, 29-4-2025.

[cxliii] C. Bon, G. Pastori (a cura di), La politica estera americana nel mondo multipolare, Milano, 2024.

[cxliv] T. Melchiorre, Legal and Geopolitical Complexity in the Arctic. The Impact of Global Crises on Regional Competition, London-New York, 2025 (forthcoming); E. Conde, C. Wood-Donnelly (Eds), The Routledge Handbook of Arctic Governance, London-New York, 2025 (spec. sub sez. III, Arctic Security and (Geo)Political Strategies); C. Escudé, Géopolitique de l’Arctique. Mondialisation d'une région périphérique, 2024; P. Pic, M. Landriault, F. Lasserre, S. Roussel (dir.), L’Arctique et le système international. Sécurité, gouvernance et économie, Québec, 2024.

[cxlv] F. Romero, Storia globale dell’età contemporanea. Dal dominio occidentale all'insicurezza multipolare, Roma, 2025, spec. 199 e 211.

[cxlvi] K. Arha, Why the U.S. Needs European and Indo-Pacific Trade Deals to Counter China, in The National Interest, 2-5-2025.

[cxlvii] F. Romero, op. loc. ult. cit.