La Repubblica popolare cinese e le regioni polari: il caso dell’Artico

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La Repubblica popolare cinese e le regioni polari: il caso dell’Artico

 

 

1. L’interesse della Cina popolare per il Polo Nord e il Polo Sud è crescente, con rilevanti implicazioni per molteplici aspetti giuridici, politici, economici e concernenti le strategie globali[i]. L’Artico rappresenta, inoltre, una regione “nuova” per le relazioni internazionali, ma è sulla via di diventare un teatro molto rilevante per la definizione del nuovo ordine internazionale[ii], in un contesto che ormai da tempo è diventato sempre più conflittuale[iii]. Gli interessi rilevanti nell’Artico sono, infatti, sia nazionali che circumpolari e globali.

In via preliminare e come osservazione generale, si rileva che la Cina è di fronte a una sorta di paradosso. Da un lato, l’attuale Presidente della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, ispira la sua azione sia politica che economica, sotto diverse forme, al perseguimento della sicurezza tanto interna quanto esterna. Dall’altro lato, però, la Cina che si rafforza e rivendica territori in alcuni quadranti, determina una percezione di insicurezza da parte degli altri attori internazionali. Si ha, così, un conflitto tra domande di sicurezza, rispettivamente della Cina e degli altri attori. In altri termini, il bisogno di sicurezza della Cina diventa, a livello globale, un fattorie di insicurezza[iv].

Sebbene, dunque, la Repubblica popolare cinese non possieda alcun territorio oltre il circolo polare artico[v], la presenza politico-diplomatica e l’attività di ricerca scientifica, nonché le relative dimensioni giuridiche, della Cina popolare nelle regioni polari contribuiscono alla globalizzazione delle regioni medesime[vi]. La Cina – come è noto – sostiene la creazione di un ordine multipolare (o pluripolare) e post-Western-centric[vii]; in questa strategia si inserisce l’interesse per l’Artico.

Nel White Paper pubblicato dal Consiglio di Stato (denominazione del Governo centrale)[viii] della Repubblica popolare cinese il 26 gennaio 2018, dal titolo China’s Arctic Policy, la RPC si autodefinisce quale near-Arctic state[ix]. Per la Cina popolare, l’Artico rappresenta sia «interesse marittimo importante» che «nuova frontiera strategica»[x]. Secondo quanto affermato nel 2014 da Liu Cigui, nella qualità di direttore della State Oceanic Administration[xi] (SOA) della RPC, la Cina popolare diventerà entro il 2035 un «polar great power»[xii]. Si è, quindi, osservato che «China has set its cap to be a great polar power within the next decade»[xiii].

Da ultimo, l’11 marzo 2021, l’Assemblea nazionale popolare (Parlamento nazionale)[xiv] della Repubblica popolare cinese ha pubblicato il XIV Piano quinquennale (cin. 五年计划), che copre il periodo 2021-2025, relativamente allo sviluppo economico e sociale, come pure agli obiettivi c.d. di lungo termine fino al 2035[xv]. Si tratta di un documento di grande importanza, con carattere vincolante per le autorità cinesi così come per gli operatori economici, inclusi quelli stranieri attivi nella RPC. Esso contiene, per la prima volta (nella storia della pianificazione quinquennale cinese[xvi]), riferimenti espliciti alle regioni polari (artiche e antartiche)[xvii]. L’interesse cinese-popolare si manifesta in due direzioni. Per un verso, la protezione dell’Antartide; per altro verso, la cooperazione pragmatica nell’Artico, finalizzata alla creazione della c.d. Ice/Polar Silk Road (ISR/PSR)[xviii]. Le regioni polari, in tale contesto, rappresentano una delle possibili chiavi di volta per l’affermazione della Repubblica popolare cinese come una potenza marittima. I provvedimenti di pianificazione subnazionale, specialmente quelli adottati a livello provinciale, hanno ulteriormente dettagliato, per i singoli comparti, gli obiettivi di rilevanza artica dei subnational actors (tra cui anche ministeri e gruppi industriali/state-owned companies). Alcune Province hanno approvato piani quinquennali con riferimento all’Artico; ciò è avvenuto sia per Province costiere, naturalmente interessate alla Ice/Polar Silk Road, che per Province settentrionali, per le quali è più agevole sostenere la propria “near-Arctic-ness[xix]. Tra le prime, vi sono le Province di Zhejiang e Guangdong; tra le seconde, le Province di Heilongjiang, Jilin e Liaoning. La (mega-)municipalità di Shanghai, a sua volta, ha adottato un piano quinquennale che contempla iniziative relative all’Artico, con riguardo soprattutto alla ricerca scientifica e alla cantieristica navale.

La Cina popolare ha fondato il suo approccio alle regioni polari secondo il principio del bilanciamento tra protezione e utilizzo delle risorse sia del Polo Nord che del Polo Sud. Tale impostazione è stata per la prima volta enunciata, in un discorso tenuto dal vice-ambasciatore della Repubblica popolare cinese presso le Nazioni Unite il 9 dicembre 2020 (ormai in prossimità, quindi, dell’approvazione del XIV Piano quinquennale menzionato sopra), nel quale il diplomatico cinese ha fatto riferimento all’esigenza di trovare un giusto punto di equilibrio tra la conservazione e l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali ed energetiche delle regioni polari, al fine inoltre di trovare l’intesa necessaria per approvare strumenti giuridici vincolanti sul piano internazionale. In altri termini, per la Cina è ineludibile la ricerca del bilanciamento tra tutela e uso razionale delle risorse polari.

Due recenti esempi possono illustrare, forse meglio di argomentazioni teoriche[xx], la posizione della Repubblica popolare cinese al riguardo[xxi]. Da un lato, la Cina popolare ha evidenziato nel 2018 che le discussioni sulla creazione delle aree marine protette nella regione polare antartica devono tenere conto dell’utilizzo «ragionevole» delle risorse ittiche, secondo le modalità da fissare, con cadenza annuale, nel corso delle riunioni della apposita Commissione per la conservazione delle risorse biologiche marine dell’Antartide[xxii]. Dall’atro lato, e ancora più significativamente, durante il 40° Antarctic Treaty Consultative Meeting (ATCM XL) tenutosi a Pechino dal 23 maggio al 1° giugno 2017, su invito del ministero degli Esteri della Repubblica popolare cinese[xxiii], la delegazione della RPC ha sottolineato che, per la piena operatività dell’Antarctic Treaty System (ATS), bisogna garantire un adeguato bilanciamento tra i concetti di «protezione» e «uso».

 

2. Nella consapevolezza che la parola «bilanciamento» implica una dose di “vaghezza” (o, quantomeno, di intrinseca soggettività di giudizio), si intende qui offrire qualche esempio concreto di cosa intenda la Repubblica popolare cinese – a proposito della quale si è fatto riferimento a un «energy hungry country behaviour»[xxiv] – in tema di confini tra protezione e uso delle risorse naturali. Si prenderà in esame, in particolare, il caso dell’Artico. Il tema è di sicuro interesse; lo dimostra, inter alia, il fatto che il prof. Ronán Long[xxv] terrà, quale keynote speaker, la lectio Governance, resources, security, and jurisdictional issues in the circumpolar area, al 17th Polar Law Symposium 2024 in programma presso l’Università di Östersund (Svezia) dal 23 al 25 settembre 2024. Ancora prima, il 23 aprile 2024 si svolge (su queste tematiche) presso l’Università di Tromsø (Norvegia, UiT The Arctic University of Norway) il Future of Arctic Law and Governance Workshop (FALG)[xxvi]. Tra i due eventi, si inserisce l’Arctic Congress Bodø 2024, programmato (dal 29 maggio al 3 giugno) alla Nord University di Bodø (Norvegia), dedicato allo sviluppo sostenibile dell’Artico[xxvii].

Come prima mossa “esterna”, preceduta però dall’avvio della pubblicazione, nel 1988, da parte dell’Accademia delle scienze della RPC, della rivista trimestrale (interamente dedicata alle problematiche legate all’Artico e all’Antartico) dal titolo Chinese Journal of Polar Research (acr. CJPR[xxviii], cin. 极地研究, lett. «Ricerca polare»)[xxix], la Cina ha avviato esplorazioni scientifiche artiche, intorno alla metà degli anni novanta del secolo scorso. La spedizione di esordio, effettuata mediante la nave rompighiaccio Xue Long 1 (di fabbricazione ucraina), è avvenuta nel 1994. Dal 2019, la Cina popolare dispone, per lo svolgimento delle proprie operazioni scientifiche nell’Artico, della nave rompighiaccio Xue Long 2[xxx], realizzata questa volta nei cantieri navali cinesi (su disegno, tuttavia, della ditta finlandese Aker Artic). La tredicesima spedizione scientifica cinese nell’Oceano Artico, a bordo dello Xue Long 2, è iniziata a Shanghai il 12 luglio 2023[xxxi]. Ha quindi fatto seguito la quarantesima spedizione cinese in Antartide[xxxii], al ritorno della quale, l’8 aprile 2024, Xue Long 2 ha fatto tappa a Hong Kong[xxxiii], accolta dal Chief Executive della ex colonia britannica, John Lee, che ha auspicato nel futuro una partecipazione hongkonghese alle missioni (bi-)polari della Repubblica popolare cinese[xxxiv]. Una terza nave polare, dopo Xue Long 1 e Xue Long 2, è in costruzione a Guangzhou (id est, Canton), da parte di una società cinese[xxxv] (che ha collaborato, in passato, con Aker Arctic); non si tratta, tuttavia, di un terzo rompighiaccio, bensì di un up-to-date vascello multifunzionale, c.d. ice-going o polar-going (ossia, polar-capable research vessel)[xxxvi]. La cantieristica e la tecnologia polari della RPC sono, insomma, ormai all’avanguardia mondiale. Nel 2004, inoltre, la Repubblica popolare cinese ha edificato la sua prima stazione permanente artica, situata a Ny-Ålesund, che si trova nell’isola Spitsbergen, arcipelago delle Svalbard[xxxvii]. La base cinese di ricerca in questione è denominata Yellow River Station (cin. 黄河站)[xxxviii].

Sembra, altresì, che la partecipazione cinese alla cooperazione scientifica artica sia stata vista con generale favore dagli Stati artici. Ciò vale sia per i Paesi occidentali che per la Russia. Nel 2013, infatti, è stato creato il China-Nordic Arctic Research Centre (CNARC), che ha come partner istituzionale il Polar Research Institute of China (PRIC) (cin. 中国极地研究中心)[xxxix] con sede a Shanghai; il CNARC ha, da ultimo, organizzato il 9° China-Nordic Arctic Cooperation Symposium (CNACS) presso l’Università di Studi Internazionali (lett. Università degli Studi Esteri, Guangdong University of Foreign Studies-GDUFS, cin. 广东外语外贸大学) di Guangzhou/Canton (nella Provincia del Guangdong)[xl], tenutosi dal 3 al 6 dicembre 2023[xli], nonché successivamente il 10° CNACS, in programma all’Icelandic Centre for Research (isl. Rannsóknamiðstöð Íslands, RANNÍS) di Reykjavík dal 13 al 16 ottobre 2024. Un accordo sino-russo del 10 aprile 2019, inoltre, ha previsto l’istituzione del China-Russia Arctic Research Centre, frutto della collaborazione tra le accademie delle scienze della Federazione di Russia e della Repubblica popolare cinese[xlii]. Quest’ultimo accordo[xliii], peraltro, ha una portata più ristretta rispetto al primo, essendo dedicato esclusivamente alle risorse biologiche e minerali del Mar Glaciale Artico. Un anno prima, nel 2018, è entrato in funzione il China-Iceland Arctic Observatory (CIAO), che ha sede nei pressi della città nord-islandese di Akureyri[xliv]. È da rilevare che, rispetto all’obiettivo originario di CIAO, limitato all’osservazione delle aurore boreali, il progetto di ricerca sino-islandese si è successivamente esteso a una molteplicità di discipline, che includono biologia, ecologia, climatologia, glaciologia, vulcanologia, oceanografia, meteorologia, ecc. Neppure è mancata, nel 2016, la realizzazione da parte della Cina popolare di una stazione (di terra) finalizzata allo studio satellitare dell’atmosfera, con sede in Svezia, vicino a Kiruna (nell’ambito dello Esrange Space Center, situato circa 200 chilometri a nord del circolo polare artico)[xlv].

Quest’ultima iniziativa è la più problematica, in quanto nel 2020 la Swedish Space Corporation (SSC, sved. Svenska rymdaktiebolaget), che gestisce il sito dove è stata realizzata la stazione di ricerca, non ha rinnovato il contratto con il partner cinese, perché vi è il sospetto che la stazione medesima venga utilizzata per attività di intelligence militare, raccolta di dati sensibili e “sorveglianza”[xlvi]. La (rigida) presa di posizione è significativa, poiché la SSC è l’azienda statale incaricata di attuare il programma spaziale svedese, in collaborazione con la Swedish National Space Agency (SNSA, sved. Rymdstyrelsen). Tuttavia, la situazione è ancora fluida, poiché la Cina ha mosso contestazioni legali sulla effettiva cessazione del contratto, mantenendo, almeno finora, l’accesso alle strutture dello Esrange Space Center. Si tratterebbe dunque, se (adeguatamente) provata, della c.d. dual-use research, vale a dire l’utilizzo della ricerca scientifica per scopi civili che, però, ha anche applicazioni militari o di intelligence (c.d. military-civilian mixing). La Swedish Defence Research Agency (sved. Totalförsvarets forskningsinstitut, FOI)[xlvii], che ha lanciato l’allarme nel gennaio 2019, ritiene che la collaborazione con la Cina, nel caso in esame, non sia «appropriata», perché la Repubblica popolare cinese usa la stazione di ricerca for military purposes. FOI sostiene, in particolare, che non è attualmente possibile stabilire, nell’ambito delle attività spaziali della Cina[xlviii], quali di esse siano civili e quali, invece, militari[xlix]. Come è stato osservato, «la Cina a volte parla con due voci [“two voices”] sull’Artico: una esterna rivolta al pubblico straniero e una interna più cinica che sottolinea la concorrenza e le ambizioni artiche di Pechino»[l].

Del resto, nel documento pubblicato a Pechino dalla National Defence University (College dell’Esercito popolare di liberazione) nel 2020 intitolato Science of Military Strategy, consultabile nella versione inglese, a cura del China Aerospace Studies Institute (CASI) della Air University (AU) di Montgomery, in Alabama (USA), si afferma espressamente che «Military-civilian mixing is the main way for great powers to achieve a polar military presence», nel senso che «Due to various restrictions, major powers mainly achieve a polar military presence through a mixture of military and civilians». Ne deriva – secondo il documento cinese-popolare – che «Through this mixed military-civilian approach, the great powers not only realized their military presence in the polar regions, but also avoided international disputes to a large extent, and provided strong support for their own polar interests».[li].

 

3. Sul piano più propriamente politico-istituzionale, la Repubblica popolare cinese ha inviato propri rappresentati al Consiglio artico fin dal 2007, per poi acquisire lo status di osservatore permanente, presso il Consiglio medesimo, nel 2013. Sebbene le decisioni che vengono assunte dal Consiglio artico non siano condizionate dalla preventiva adesione da parte degli osservatori permanenti, lo status da ultimo menzionato consente di partecipare ai gruppi di lavoro, nonché di avere accesso alla documentazione di tutti gli organismi creati all’interno del Consiglio artico. Tra le varie prese di posizione assunte dalla delegazione cinese presso il Consiglio artico, emerge quella manifestata nel gruppo di lavoro sulla protezione dell’ambiente marino artico del febbraio 2019, allorché la Repubblica popolare cinese ha fatto presente l’esigenza di coordinare la tutela con l’utilizzo delle risorse marine, tra cui anche la navigazione nelle acque artiche. In questo modo, il peculiare punto di vista cinese, già espresso in seno all’Organizzazione marittima internazionale e nel contesto dell’elaborazione del c.d. Codice polare, vale a dire l’International Code for Ships Operating in Polar Waters (entrato in vigore il 1° gennaio 2017)[lii], ne esce indubbiamente rafforzata. Orbene, la Cina popolare, pur ribadendo il suo impegno a ridurre le emissioni nell’atmosfera di gas serra[liii], secondo gli impegni internazionali da essa sottoscritti prima con l’adesione alla United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) del 9 maggio 1992 (in vigore dal 21 marzo 1994)[liv], e quindi al Protocollo di Kyoto dell’11 dicembre 1997 (vigente dal 16 febbraio 2005), come pure al successivo Accordo di Parigi del 12 dicembre 2015, (vig. dal 4 novembre 2016), tuttavia ha nel contempo evidenziato l’opportunità, offerta dal parziale (ma, fino ad ora, continuo) ritirarsi della coltre di ghiaccio che ricopre l’Oceano Artico[lv], di sviluppare nuove vie di navigazione[lvi] (c.d. Ice/Polar Silk Road, ISR/PSR, menzionata supra[lvii]), con finalità sia scientifiche che, soprattutto, commerciali[lviii], alle quali si aggiungono le ambizioni militari[lix], nonché nuove attività, come potrebbe avvenire in futuro per l’estrazione mineraria dai fondali profondi (deep-seabed mining, DSM)[lx], ovvero dalle “miniere di profondità”, la cui attivazione è stata recentemente consentita della risoluzione del Parlamento norvegese (Storting) adottata il 9 gennaio 2024 (nonostante le proteste: Stop Deep See Mining in Arctic Waters)[lxi].

Fermo restando che la questione delle vie di navigazione, con l’Oceano Artico che non sarà più coperto per l’intero anno dai ghiacci entro la fine di questo secolo, è centrale nonché oggetto di una pluralità di regolamentazioni sia internazionali che regionali (di soft law) come anche di attori privati[lxii], è plausibile ritenere che gli interessi (finora) scientifici e/o commerciali potrebbero essere una “premonizione” rispetto a una futura presenza militare della Repubblica popolare cinese nell’Artico. Durante l’Arctic Circle Assembly[lxiii] tenutasi a Reykjavík (Islanda) dal 19 al 21 ottobre 2023, infatti, il rappresentante della NATO[lxiv], Rob Bauer[lxv], ha affermato che a bordo delle navi cinesi che transitano nell’Artico vi sono anche (scienziati) militari, le cui intenzioni restano – almeno a parere dell’alto ufficiale dell’alleanza nord-atlantica – «opache»; tuttavia, il delegato cinese alla medesima conferenza del Circolo (polare) artico, Gao Feng, che ricopre la carica di rappresentante speciale della Cina per gli affari artici[lxvi], ha replicato sostenendo (piuttosto in generale) che «La Cina popolare può svolgere un ruolo importante nella protezione, nella ricerca, nello sviluppo e nella governance dell’Artico», nonché aggiungendo (più in particolare) che «La tensione nell’Artico non solo renderà difficile portare avanti la nostra cooperazione, ma influenzerà anche la stabilità globale». Rob Bauer ha, al riguardo, a sua volta replicato che «Non possiamo essere ingenui e aspettarci che queste nuove rotte siano utilizzate esclusivamente da navi commerciali»[lxvii]. Prima ancora, durante il vertice della NATO tenutosi a Vilnius (Lituania) dall’11 al 12 luglio 2023, la “proiezione” della Cina (insieme, ovviamente, a quella della Russia) nell’Artico era stata oggetto di particolare attenzione per quanto riguarda sicurezza, strategie e nuovi equilibri nella regione polare nordica[lxviii]. Le rotte artiche di navigazione hanno, insomma, creato tensioni marittime[lxix]. Non a caso, nel marzo 2024 è stata avanzata, riprendendo iniziative rimaste senza esito nel 2019[lxx], la proposta di approvare un apposito Arctic Military Code of Conduct (AMCC)[lxxi]. La NATO, del resto, è ampiamente presente nell’Artico, come dimostra la recente (e imponente) operazione militare denominata Nordic Response (NR) 2024, alla quale ha partecipato anche l’Italia[lxxii] (con mezzi della Marina militare e truppe alpine)[lxxiii], oltre alle “newcomers” Finlandia e Svezia[lxxiv]. L’Artico è scenario di conflitto (simulato) anche nel versante alaskano, come confermano le esercitazioni militari svoltesi dal 18 aprile al 3 maggio 2024 (con partecipazione di aerei militari italiani)[lxxv].

 

4. In definitiva, la narrativa cinese sul «bilanciamento tra protezione e uso delle risorse artiche», ossia – come è stato detto – «contemporaneamente allo sviluppo dell’Artico e all’uso delle sue risorse possiamo anche proteggerlo»[lxxvi], è funzionale all’obiettivo della Repubblica popolare cinese della utilizzazione razionale delle risorse naturali del Polo Nord, un obiettivo che è sì prevalentemente economico ma diventa altresì geopolitico e strategico, al fine di dimostrare, sul piano internazionale, il definitivo ritorno della nazione cinese al suo ruolo storico di “grande potenza”[lxxvii], affermandosi dunque come «important stakeholder in Arctic affairs» (cin. 北极利益攸关者)[lxxviii]. In particolare, la Cina popolare si (auto)qualifica polar power (cin. 极地大国), destinato a diventare, entro il 2030, polar great power (cin. 极地 )[lxxix]. Si tratta, in sostanza, di una (alquanto abile) strategia discorsiva cinese, volta ad affermare il diritto di uno Stato non-artico di partecipare agli “affari” artici[lxxx].

Su un piano più generale, muovendo dal sopra esaminato interesse cinese per l’Artico, dilemmi di governance, potenziali conflitti geopolitici nonché crisi sociali e ambientali, nell’interazione tra regimi giuridici nazionali, diritto internazionale e giustizia globale, portano a chiedersi se nei contesti polari non sia ormai giunto il momento di transitare dal diritto polare alla giustizia polare, ossia se più leggi siano sempre la soluzione (e non, invece, parte del problema), ovvero se si debba seguire altre vie, e così analizzare l’efficacia del diritto polare nell’ottica specifica del perseguimento della giustizia, allo scopo ultimo di raggiungere una governance più giusta ed equa[lxxxi]. Occorrono forse, ormai, nuovi approcci per comprendere la complessità dei processi nell'Artico, nella direzione tracciata dai c.d. critical Arctic studies[lxxxii], che propongono una prospettiva alternativa su legal processes, indigenous rights e international relations nella regione polare artica[lxxxiii], che sia aggiornata per sfidare le concezioni tradizionali, semplificate e stereotipate (c.d. cliché) dell’Artico.

 

[i] B.R. Rashmi, China in the Arctic: Interests, Strategy and Implications, ICS (Institute of Chinese Studies) Occasional Papers (Dehli, India), n. 27, marzo 2019; L. Kauppila, S. Kopra, China’s Rise and the Arctic Region up to 2049 – Three scenarios for regional futures in an era of climate change and power transition, in The Polar Journal, 2022, p. 148 ss.; M.P. Funaiole et alii, Frozen Frontiers. China’s Great Power Ambitions in the Polar Regions, Washington (DC), Center for Strategic and International Studies (CSIS), aprile 2023.

[ii] M. Dordoni, L’Artico, tra storia e nuova centralità geopolitica, in Le Sfide - Non c’è futuro senza memoria (periodico edito dalla «Fondazione Craxi», con sede a Roma), v. 10, n. 13 (L’architettura multilaterale. Traiettorie storiche della governance mondiale), 2023, p. 126 ss. Dello stesso autore, v. l’interessante saggio intitolato Geopolitica dell’Artico o Geopolitiche artiche?, in Geopolitica - Rivista di politica internazionale (periodico online della «Società Italiana di Geopolitica»), v. XII, n. 2 (Lo sviluppo costiero e le zone economiche esclusive), 2023, dove si osserva che, per la prima volta nella storia delle relazioni internazionali, siamo di fronte a un fenomeno che sta ridisegnando l’ordine mondiale e rispetto cui gli Stati non possono fare altro che subirne le conseguenze, ovvero tentare strategie lungimiranti per farsi trovare pronti. Questo fenomeno è il cambiamento climatico. Ne deriva – sempre secondo l’impostazione dell’autore – l’attuale concezione “pluralistica” della geopolitica, poiché gli Stati (sia artici che non-artici) perseguono nell’Artico i propri interessi.

[iii] M.R. Olesen, Comprendre les rivalités arctiques, in Politique étrangère, 2017, n. 3, p. 15 ss.

[iv] Sul punto v., amplius, F. Fasulo, F. Frassineti, Garantire il futuro: le paure interne ed esterne della Cina, in A. Colombo, P. Magri (cur.), L’Europa nell’età dell’insicurezza. Le sfide di un continente fragile, Milano, Mondadori-ISPI, 2024, p.87 ss.

[v] La Cina, infatti, è geograficamente collocata 1.500 chilometri a sud del circolo polare artico.

[vi] Per le (numerose) implicazioni, sulla governance globale, dell’interesse cinese per le regioni polari, v. A.M. Brady, China as a Polar Great Power, Cambridge, Cambridge University Press, 2017, p. 220 ss.; F. Wu, China’s Ascent in Global Governance and the Arctic, in Vestnik of Saint Petersburg University, Series 6, Political Science. International Relations, n. 2, giugno 2016, p. 118 ss.

[vii] S. Menegazzi, La visione cinese dell’ordine internazionale: politica estera e pensiero tradizionale, In M. Dian, E. Diodato (cur.), Geopolitica dell’Asia orientale. Sicurezza, economia, ideologia, Roma, Carocci, 2024, p. 257 ss. Secondo l’autrice, «per comprendere la visione dell’ordine internazionale della Cina contemporanea, se da un lato appare fondamentale l’utilità del pensiero tradizionale cinese, dall’altro è sempre più evidente la necessità di considerare quanto la visione cinese dell’ordine e le relazioni esterne della RPC siano di fatto influenzate anche (e soprattutto) dagli interessi del PCC e della leadership politica» (cfr. p. 270).

[viii] M. Mazza (cur.), I sistemi del lontano Oriente, Trattato di Diritto pubblico comparato, fondato e diretto da G.F. Ferrari, Milano, Wolters Kluwer-Cedam, 2019, p. 96 ss.

[ix] In cinese, 近北极国家. V. il primo periodo sub Parte III, dove si afferma che «China is an important stakeholder in Arctic affairs. Geographically, China is a “Near-Arctic State”, one of the continental States that are closest to the Arctic Circle. The natural conditions of the Arctic and their changes have a direct impact on China’s climate system and ecological environment, and, in turn, on its economic interests in agriculture, forestry, fishery, marine industry and other sectors». Il 2018 White Paper è consultabile online, nel sito www.gov.cn. V. le analisi di M. Biagioni, China’s Push-in Strategy in the Arctic and Its Impact on Regional Governance, in www.iai.it, 5 settembre 2023, e M. Puranen, S. Kopra, China’s Arctic Strategy – a Comprehensive Approach in Times of Great Power Rivalry, in Scandinavian Journal of Military Studies, 2023, p. 239 ss. Si è trattato del primo White Paper cinese dedicato all’Artico; cfr., per commenti “a caldo”, C. Gao, China Issues Its Arctic Policy. China vows to actively participate in Arctic affairs and pursue economic interests, in The Diplomat, 26 gennaio 2018; M. Humpert, China Publishes First Ever Comprehensive Arctic Policy, in High North News, 29 gennaio 2018. Il documento ufficiale cinese precedente, rilevante in subiecta materia, è quello elaborato da Ministry of Foreign Affairs of the PRC, China’s View on Arctic Cooperation, 30 luglio 2010 (online nel sito Web www.mfa.gov.cn). L’idea del near-Arctic state, originariamente formulata nella 2018 Arctic Policy della RPC, sembra affermarsi nel contesto internazionale; v., infatti, R. Chuffart, Is Belgium the Next Near-Arctic State?, in www.thearcticinstitute.org, 30 novembre 2021, dove si parla, appunto, di «Belgium as a Polar Nation», ricordando tra l’altro la prima spedizione antartica, guidata dal barone Adrien de Gerlache, ufficiale di marina proveniente da Hasselt (città capoluogo della Provincia belga del Limburgo) sulla nave RV Belgica, svoltasi tra il 1897 e il 1899 (motivo per cui, conclude l’autore dello scritto ult. cit., «For Antarctic legal experts, the idea that Belgium is not a polar nation might sound ludicrous»). Adrien de Gerlache, esploratore del c.d. settimo continente (Antartide), raccolse le sue memorie nel libro dal titolo Le Voyage de la Belgica: Quinze mois dans l’Antarctique, Bruxelles, 1902.

[x] P. Andersson, The Arctic as a “Strategic” and “Important” Chinese Foreign Policy Interest: Exploring the Role of Labels and Hierarchies in China’s Arctic Discourses, in Journal of Current Chinese Affairs, 2021, pp. 1-27.

[xi] Cin. 国家海洋局. La SOA è stata incorporata, dal 2018, nel ministero delle Risorse naturali, ma le sue funzioni istituzionali continuano a essere svolte. 

[xii] State Oceanic Administration Director: Moving from a major polar country into a Polar great power, in www.gov.cn, 14 novembre 2014.

[xiii] Così C. Buchanan Ponczek, Arctic Ambitions: The Role of Russia in China’s Polar Strategy, in www.ispionline.it, 17 luglio 2023 (contributo pubblicato nel Dossier, a cura di G. Sciorati ed E. Tafuro Ambrosetti, dal titolo Russia and China: How Close?).

[xiv] M. Mazza (cur.), I sistemi del lontano Oriente, cit., p. 60 ss.

[xv] Sulla rilevanza (attuale) dei processi della pianificazione nel “socialismo di mercato” cinese, v. G. Sabatino, I paradigmi giuridici della pianificazione per lo sviluppo. Un’indagine di diritto comparato dell’economia, Trento, Università degli Studi di Trento, 2022, passim. La pianificazione cinese contiene anche aspetti propagandistici e mediatici, su cui v. per esempio S. Wang, Y. Yan, 中国民主决策模式, 以五年规划制定为例 [A Democratic Way of Decision-Making: Five Year Plan Process in China], Pechino, 2016.

[xvi] Il primo Piano quinquennale cinese è stato varato nel 1953. I relativi lavori preparatori iniziarono nel 1951. Nel 1950 era stato creato un ufficio centrale per la pianificazione, mentre nel 1952 fu istituita la Commissione Nazionale per la Pianificazione. Quest’ultima nel 1998 è stata sostituita dalla Commissione Nazionale per la Pianificazione dello Sviluppo, a sua volta infine rimpiazzata, nel 2003, dalla Commissione Nazionale per le Riforme e lo Sviluppo. A differenza di quanto avvenuto in altri Paesi (ex) socialisti, la Cina popolare ha combinato il Piano con il Mercato, riformando ma non abbandonando il meccanismo della pianificazione; v. A. Hu, The Distinctive Transition of China’s Five-Year Plans, in Modern China, 2013, p. 629 ss.

[xvii] Nella Parte IX, capitolo XXIII (www.gov.cn).

[xviii] A. Scott, È il Polo Nord la nuova Via della Seta della Cina, in Il Sole 24 Ore, 27 gennaio 2018; F. Santoro, La Polar Silk Road: un riflesso dell’ambizione di Pechino nella conquista della leadership globale, nel sito Web del Centro studi internazionali di Roma, 15 gennaio 2020 (www.cesi-italia.org); P. Mecarozzi, La nuova via della seta è bianca: adesso Pechino punta sul Grande Nord, in Il Fatto Quotidiano, 5 gennaio 2021; P. Acquistapace, La Via della seta polare, la Cina nell'Artico?, in East Journal, 18 maggio 2023 (il quale si chiede: «Vedremo se il riscaldamento globale sarà causa di una nuova guerra fredda, anzi gelida»); K.S. Lim, China’s Arctic Policy & the Polar Silk Road Vision, in J. Barnes et al. (Eds), Selected Articles from the Arctic Yearbook, Peterborough (Canada, Ontario), North American and Arctic Defence and Security Network (NAADSN), 2021, p. 38 ss.; A. Sharma, China’s Polar Silk Road: Implications for the Arctic Region, in Journal of Indo-Pacific Affairs (Air University Press), 25 ottobre 2021;- T. Eiterjord, What Does Russia’s Invasion of Ukraine Mean for China in the Arctic?, in The Diplomat, 25 marzo 2022M. Lanteigne, The Rise (and Fall?) of the Polar Silk Road, ivi, 29 agosto 2022, dove l’autore osserva che l’invasione russa dell’Ucraina ha reso più complicata la realizzazione delle ambizioni cinesi sull’Artico. Poiché, infatti, la Russia ha preso le distanze dai Paesi occidentali “artici” (ovvero, meglio, è stata da questi emarginata), essa sarà presto o tardi indotta ad avvicinarsi maggiormente alla Cina popolare, anche in relazione all’influenza nelle regioni polari. Per la Cina, ciò non costituirebbe però un vantaggio, dal momento che allontanerebbe la RPC dagli altri Stati artici. In tal senso, cfr. B.A. Myklebost, M. Lanteigne, A Sino-Russian Arctic alliance?, in The Barents Observer, 6 febbraio 2024; M. Lanteigne, A China-Russia Arctic Alliance? Not So Fast, in The Diplomat, 21 febbraio 2024, il quale rileva «ambiguità» nella cooperazione sino-russa nell’Artico. Non sembra da escludere, comunque, il consolidarsi nel medio periodo di una sorta di contro-coalizione russo-cinese nella regione polare artica, talvolta percepita come una “minaccia” da parte dell’Occidente (id est, dalla NATO, e inoltre da UE e USA); si vedano: C. Sørensen, E. Klimenko, Emerging Chinese-Russian Cooperation in the Arctic. Possibilities and Constraints, SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) Working Paper, 2017; O. Alexeeva, F. Lasserre, An Analysis on Sino-Russian Cooperation in the Arctic in the BRI Era, in Advances in Polar Sciences, 2018, p. 269 ss.; C.W. Hsiung, T. Røseth, The Arctic Dimension in Sino-Russian Relations, in J.I. Bekkevold, B. Lo (Eds.), Sino-Russian Relations in the 21st Century, Cham, Springer, 2019, p. 167 ss.; K. Spohr, Russia and China are opening a new anti-western front in the Arctic, in Financial Times, 9 novembre 2023; M.A. Kuo, Assessing China’s and Russia’s Arctic Ambitions, in The Diplomat, 23 dicembre 2023; P. Le Corre, L’axe Pékin-Moscou, vu d’Europe, in Études - Revue de culture contemporaine, 2024, n. 3, p. 19 ss.; L.B. Wahden, Große Worte, kleine Taten. Russland und China in der Arktis, in Osteuropa, 2023, n. 7-9, p. 297 ss. (per il quale investimenti e cooperazione sino-cinese restano a un livello modesto); P. Valentino, Così Russia, Cina e America si contendono l’Artico, in Il Foglio, 6 gennaio 2024. Del tema si occupa il progetto di ricerca European Union’s policy and NATO role in the future Arctic Scenario, attivato per il periodo 2022-2025 presso il Dipartimento di Scienze umane e sociali internazionali dell’Università per Stranieri di Perugia. La partnership strategica sino-russa nell’Artico è dettata, una volta messa in disparte la retorica, da considerazioni pragmatiche, strumentali e largamente opportunistiche, secondo la (condivisibile) riflessione di A. Passeri, A. Fiori, Beyond the ‘Win-Win’ Rhetoric: Drivers and Limits of the Sino-Russian Partnership in the Arctic, in Interdisciplinary Political Studies, 2019, p. 443 ss. Infine, una mappa dettagliata, relativa alla “visione” cinese delle vie marittime nell’Artico, è disponibile nel sito Internet del China Center dell’Università di Macerata, e ivi v. sub Dossier: La Cina e l’Artico.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022 ha posto fine al c.d. eccezionalismo Artico, espressione con la quale si indicava che le tensioni geopolitiche diffuse nel mondo contemporaneo erano invece estranee alla regione polare artica, caratterizzata da cooperazione e relazioni pacifiche tra tutti gli otto Stati artici, secondo la formula High North, Low Tension. La nozione di c.d. Arctic exceptionalism è stata introdotta e, nello stesso tempo, sottoposta a critica, dallo studio seminale di G. Osherenko, O. Young, The Age of the Arctic. Hot Conflicts and Cold Realities, New York, Cambridge University Press, 1989. Appropriata mi pare, in particolare, la critica recentemente mossa all’“eccezionalismo Artico”, secondo cui la cooperazione si raggiunge facilmente quando si tratta di questioni ambientali o scientifiche, poiché gli interessi sono condivisi, mentre è molto più problematica per esempio in una materia altamente conflittuale, come avviene per la sicurezza militare; per tale argomentazione, cfr. G. Hoogensen Gjorv, K.K. Hodgson, "Arctic Exceptionalism” or “comprehensive security”? Understanding security in the Arctic, in Arctic Yearbook 2019, www.arcticyearbook.com. Il fatto è che la narrativa, ovvero retorica politica, del c.d. eccezionalismo artico prende spunto dal discorso dell’allora Presidente sovietico Michail Gorbačëv pronunciato a Murmansk (città nella Penisola di Kola, Russia nord-occidentale) nel 1987, dove si definiva l’Artico come «zona di pace». In seguito, tuttavia, l’impostazione della dirigenza russa è profondamente cambiata, cosicché si può parlare dell’“Arctic exceptionalism” come un concetto (se non addirittura “morto”, id estmelted away) notevolmente alterato; questa, infatti, è la conclusione cui perviene l’analisi di P. Devyatkin, Arctic exceptionalism: a narrative of cooperation and conflict from Gorbachev to Medvedev and Putin, in The Polar Journal, 2023, p. 336 ss.

[xix] Una disamina completa è stata effettuata da T. Eiterjord, The Arctic in China’s Subnational 14th Five-Year Plans, nel sito dell’Arctic Institute - Center for Circumpolar Security Studies di Washington (DC), www.thearcticinstitute.org, novembre 2023.

[xx] Per i profili (più) teorici della questione artica, con riguardo alla Cina popolare, v. N. Liu, Q. Xi, The Predicates of Chinese Legal Philosophy in the Polar Regions, in D. Bunikowski, A.D. Hemmings (Eds.), Philosophies of Polar Law, London. Rotlledge, 2021, p. 131 ss.

[xxi] Sul tema, ampiamente, v. T. Koivurova, S. Kopra (Eds.), Chinese Policy and Presence in the Arctic, Leiden, Brill, 2020.

[xxii] Commission for Conservation of Antarctic Marine Living Resources, CCAMLR.

[xxiii] Il meeting è stato presieduto da Liu Zhenmin, vice-ministro degli Esteri della RPC. Liu, attualmente (dal gennaio 2024), è inviato speciale della RPC per gli aspetti concernenti il cambiamento climatico.

[xxiv] S. Cassotta et al., Climate Change and China as a Global Emerging Regulatory Sea Power in the Arctic Ocean: Is China a Threat for Arctic Ocean Security?, in Beijing Law Review, 2015, p. 199 ss. La conclusione degli autori è che la Cina non costituisce una “minaccia” per la sicurezza dell’Artico.

[xxv] Docente alla World Maritime University (WMU) di Malmö (Svezia), dove dirige il WMU-Sasakawa Global Ocean Institute. Ivi il prof. Long è titolare della Nippon Foundation Professorial Chair in Ocean Governance and the Law of the Sea.

[xxvi] V. all’indirizzo Internet https://uit.no/research/falg.

[xxvii] V. nel sito Web www.arcticcongress.com. Sullo sviluppo (economico) sostenibile della regione polare artica, cfr. D.C. Natcher, T. Koivurona (Eds.), Renewable Economies in the Arctic, London-New York, Routledge, 2023.

[xxviii] Online nel sito all’indirizzo https://www.sciengine.com/CJPR/home.

[xxix] F. Lasserre et alii, La stratégie de la Chine en Arctique: agressive ou opportuniste?, in Norois, n. 236, 2015, p. 7 ss.

[xxx] Per esteso, MV Xue Long 2. Xue Long (ovvero, utilizzando gli ideogrammi cinesi, ) significa letteralmente «drago di neve» (ingl. Snow Dragon).

[xxxi] La spedizione scientifica cinese inizia la ricerca al Polo Nord, in Quotidiano del Popolo (online), 8 settembre 2023.

[xxxii] La spedizione polare de quo ha avuto la durata di (oltre) cinque mesi; v. China’s 40th Antarctic expedition sets sail to build new base by February 2024, in Global Times, 1° novembre 2023.

[xxxiii] Dove sosterà fino al 12 aprile 2024.

[xxxiv] E. Lin, J. Ma, Chinese icebreaker Xue Long 2’s expedition team hopeful of Hong Kong role in future polar missions, as vessel arrives on 5-day visit, in South China Morning Post, 8 aprile 2024.

[xxxv] Guangzhou Shipyard International Co., Ltd (GSI).

[xxxvi] La terza nave polare non soltanto è prodotta in Cina, ma utilizza esclusivamente materiali cinesi. La nuova nave polare della RPC è più potente di Xue Long 2; essendo classificata Polar class 4 (abbr. PC4), rispetto a Xue Long 2 che è, invece, Polar class 3.

[xxxvii] La Cina ha sottoscritto nel 1925 il Trattato (internazionale) delle isole Svalbard, stipulato a Parigi nel 1920. Cfr., ampiamente, E. Morelli, Il regime giuridico dello Svalbard e il nuovo diritto del mare, Milano, Giuffrè, 1988. Sulle (complesse) vicende storiche che portarono alla stipula del Trattato, v. R. Berg, The Genesis of the Spitsbergen/Svalbard Treaty, 1871–1920, in A. Howkins, P. Roberts (Eds.), The Cambridge History of the Polar Regions, Cambridge, Cambridge University Press, 2023, p. 354 ss., nonché prima T.B. Arlov, Svalbards historie, 1596-1996, Oslo, Aschehoug, 1996; E.S. Singh, The Spitzbergen question. United States foreign Policy, 1907-1935, Oslo, Universitetsforlaget, 1980. In sintesi, le isole Svalbard (allora chiamate Spitsbergen; v. R. Berg, From “Spitsbergen” to “Svalbard”. Norwegianization in Norway and in the “Norwegian Sea”, 1820-1925, in Acta Borealia. A Nordic Journal of Circumpolar Societies, 2013, p. 154 ss.) divennero, da terra nullius (così R. Dollot, Le Droit International des espaces polaires. Recueil des cours de l’Académie de Droit international, 1944-II, t. 75, p. 148; L.D. Timchenko, Quo vadis, Arcticum? The International law regime of the Arctic and trends in its development, Kharkov, State University Press, 1996, p. 40), soggette alla sovranità della Norvegia, ma con il contestuale riconoscimento dei diritti economici e di accesso alle risorse naturali delle isole medesime da parte dei cittadini degli altri Stati firmatari del Trattato. Inoltre, il Trattato tutelava gli utilizzatori delle risorse naturali delle isole rispetto agli oneri fiscali, dal momento che limitava l’imposizione tributaria alla copertura dei soli costi di governo delle Svalbard/Spitsbergen. Il primo contenzioso territoriale artico fu, perciò, regolato mediante un trattato internazionale, che delegava la sovranità a uno Stato (id est, la Norvegia) da parte delle altre potenze firmatarie. Il Trattato proteggeva la biodiversità dell’arcipelago delle Svalbard; ai sensi del comma 2 dell’art. 2, infatti, «La Norvegia sarà libera di mantenere, adottare o decretare misure adeguate per garantire la conservazione e, se necessario, la ricostituzione della fauna e della flora di dette regioni e delle loro acque territoriali; fermo restando che tali misure saranno sempre applicabili equamente ai cittadini di tutte le Alte Parti Contraenti senza alcuna esenzione, privilegio o favore di sorta, diretto o indiretto a vantaggio di alcuna di esse» (a commento, v. U. Wråberg, Nature conservatism and the Arctic Commons of Spitsbergen 1900-1920, in Acta Borealia: A Nordic Journal of Circumpolar Societies, 2006, p. 1 ss.). Nel complesso scacchiere geopolitico artico non mancano, peraltro, recenti contestazioni legali, con in particolare la Russia che accusa la Norvegia di avere infranto il Trattato delle Svalbard; v. G. De Franceschi, Le faide alle isole Svalbald, il nuovo fronte tra Russia e Norvegia, in Il Foglio, 2 luglio 2022.

[xxxviii] Il centro di ricerca scientifica artica della RPC venne inaugurato il 28 luglio 2004 (v. China opens first research station in Arctic, in China Daily, 28 luglio 2004).

[xxxix] Che significa, letteralmente, «Centro di ricerca polare cinese». Per un bilancio, a dieci anni dalla istituzione del CNARC, v. E.T. Nielsson, The China-Nordic Arctic Research Center: One decade in, in Arctic Yearbook 2023, www.arcticyearbook.com; in precedenza, E.T. Nielsson, China-Nordic Arctic Research Center, in A.B. Forsby (Ed.), Nordic-China Cooperation: Challenges and Opportunities, Copenhagen, Nordic Institute of Asian Studies, 2019 (NIAS Reports, n. 52), p. 59 ss. Il PRIC (Istituto cinese di ricerche polari) è stato creato nel 1989. Esso si occupa, prevalentemente, di ricerche biologiche, glaciologiche e ambientali. Specificatamente per le indagini di diritto, politica, economia e sociologia, riferite all’Artico, si segnala il Tongji Center for Polar and Ocean Studies (CPOS), istituito nel 2009 presso la Tongji University (School of Political Science & International Relations) di Shanghai.

[xl] La GDUFS è stata fondata nel maggio 1995, mediante incorporazione di Guangzhou Institute of Foreign Languages (GIFL) e Guangzhou Institute of Foreign Trade (GIFT). L’Ateneo è conosciuto anche come Guangdong Foreign Languages and Foreign Trade University. Il Guangzhou Institute of Foreign Languages era stato fondato nel novembre 1964, il Guangzhou Institute of Foreign Trade nel dicembre 1980. Nel 1964, vi erano in Cina soltanto tre Istituti superiori/universitari per lo studio delle lingue estere (oltre a quello appena menzionato di Canton/Guangzhou, il Beijing Institute of Foreign Languages e lo Shanghai Institute of Foreign Languages). A Canton/Guangzhou vi sono ben ventuno università.

[xli] M. Volpe, Un nuovo impulso per la ricerca cinese in Artico, in www.osservatorioartico.it, 15 gennaio 2024.

[xlii] Per la Cina, il partner è stato individuato nel Qingdao National Oceanography Laboratory (QNOL), creato da varie istituzioni con il coordinamento dell’Accademia cinese delle scienze.

[xliii] Sottoscritto al 5° International Arctic Forum, svoltosi a San Pietroburgo (Russia) nella data indicata nel etsto. L’agreement venne siglato dai rappresentanti degli Istituti di oceanologia delle due accademie delle scienze. Il relativo testo (in lingua russa) è disponibile online, nel sito all’indirizzo https://ocean.ru. (Shirshov Institute of Oceanology, Russian Academy of Sciences). Per un (breve) commento, v. P. Devyatkin, Russian and Chinese Scientists to Establish Arctic Research Center, in High North News (pubblicato dalla Nord University di Bodø, in Norvegia), 15 aprile 2019.

[xliv] Per l’esattezza, CIAO si trova a Kárhóll, circa 60 chilometri a est di Akureyri.

[xlv] La stazione cinese, il cui nome per esteso è China Remote Sensing Satellite North Polar Ground Station (CNPGS), si deve a una iniziativa dell’Institute of Remote Sensing and Digital Earth (RADI) dell’Accademia cinese delle scienze, ed è stata inaugurata il 15 dicembre 2016. Ulteriori notizie sulla c.d. Kiruna North Polar Ground Station della RPC sono disponibili nel website dell’Accademia ult. cit., www.cas.cn. Nella stampa cinese, v. Y. Cheng, China’s overseas remote sensing satellite station starts operation, in China Daily (中国日), 16 dicembre 2016.

[xlvi] M.P. Funaiole et alii, Frozen Frontiers. China’s Great Power Ambitions in the Polar Regions, cit.

[xlvii] Il FOI è posto sotto la vigilanza del ministero della Difesa del Regno di Svezia. Dispone del sito Internet www.foi.se.

[xlviii] Su cui v., ampiamente, T. Savina, Tra storia e narrazione. Il programma spaziale della Repubblica popolare cinese, Padova, Libreriauniveristaria.it, 2023.

[xlix] Swedish Security Experts: We’re too naive about China, in www.svt.se, 15 gennaio 2019. V., altresì, J. Robinson, Arctic Space Challenge for NATO Emerging from China’s Economic and Financial Assertiveness, in The Journal of the JAPCC (Joint Air Power Competence Centre), n. 30, settembre 2020, www.japcc.org. (l'autrice è affiliata al Prague Security Studies Institute, PSSI).

[l] R. Doshi et alii, Northern expedition: China’s Arctic activities and ambitions, Washington (DC), Brookings Institution, aprile 2021, p. 1 (il concetto de quo viene ripreso e sviluppato a p. 4).

[li] V. la trad. ingl., del documento citato nel testo, nel sito online www.airuniversity.af.edu. (ivi nella serie In Their Own Words). Il passo virgolettato si trova sub Parte I, cap. 9, Military Conflict in New Domains, sez. 4, Polar Military conflict, p. 162 ss., spec. p. 165.

[lii] Sulla (lunga) fase di gestazione del testo codicistico, v. A. Scassola, An International Polar Code of Navigation: Consequences and Opportunities for the Arctic, in Yearbook of Polar Law, 2013, p. 271 ss., e prima ancora L. Parigi, La navigazione dell’artico sarà regolata dal Polar Code, nel website dell’Osservatorio Artico, che ha sede a Genova, (www.osservatorioartico.it), 5 settembre 2018. Lo status del “Codice polare” è quello di Generally accepted international rules and standard (GAIRAS) for shipping. Esso, dunque, non sostituisce le discipline nazionali adottate dagli Stati artici. Il Codice Polare è stato adottato a Londra nel novembre 2014, durante la 94ª sessione (dal 17 al 21 novembre 2014) del Maritime Safety Committee (MSC) della International Marine Organization (IMO). Si segnala che l’Osservatorio Artico ha organizzato, in partnership con l’Istituto Affari Internazionale (IAI), il 30 novembre 2023, l’edizione annuale di «Italia chiama Artico», evento svoltosi presso il Galata – Museo del Mare; ivi si è discusso anche dell’interesse cinese per l’Artico, interesse che si muove lungo il delicato crinale tra conflitto (o competizione) e cooperazione, tema quest’ultimo ora esaminato da E. Riddell-Dixon, K. Middleton (Eds.), Cooperation, Stability and Security in the Arctic? Strategies for Moving Forward, Toronto, Massey College, 2024, e S. Andreeva et al., New Arctic Realities: Between Conflicting Interests and Avenues for Cooperation, Berlin, Zentrum für Osteuropa- und internationale Studien, 2024 (ZOiS Report 1/2024). L’edizione del (5 aprile) 2022 di «Italia chiama Artico» si era svolta sempre a Genova sul tema Nuove rotte artiche: rischio o opportunità? (la 1ª edizione si è tenuta online, con 15.000 utenti connessi durante 4 giornate digitali; la 2ª e 3ª edizione si sono svolte in modalità ibrida).

[liii] Fino ad azzerarle entro il 2060, come affermato dal Presidente della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, il 20 settembre 2020, nel corso della 75ª sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (v. nel sito del ministero degli Esteri della Cina popolare, www.fmprc.gov.cn). Per le direttrici contenute nel XIV Piano quinquennale della RPC, v. G.D. Giacconi, Il 14° Piano quinquennale cinese e il percorso verso la decarbonizzazione, in Milano Finanza, 18 maggio 2021. Sulle emissioni cinesi di CO2, v. Y. Yamineva, Reducing China’s Black Carbon Emissions: An Arctic Dimension, in S. Kopra (Ed.), The Arctic Institute’s China series 2020, Washington (DC), 2020, pp. 34-35.

[liv] Su cui v., in relazione al peculiare ecosistema polare artico, M. Mazza, Cambiamento climatico e protezione della biodiversità nella regione polare artica, in Id., Aurora borealis. Diritto polare e comparazione giuridica, Bologna, Filodiritto, 2014, p. 27 ss.

[lv] V., inter alia, il documentato studio monografico del ricercatore polare (dal 1970) P. Wadhams, Addio ai ghiacci. Rapporto dall’Artico, (2017), trad. it. con prefazione di W. Munk e una postfazione dell’autore, Torino, 2019, 2ª ed. Il prof. Peter Wadhams, già direttore dello Scott Polar Research Institute (SPRI) dell’Università di Cambridge, è tra i massimi esperti, a livello mondiale, di ghiaccio artico e degli oceani polari. A testimoniare la gravità della situazione artica (e mondiale), l’Assemblea generale dell’ONU, nella settantasettesima sessione ordinaria, ha dichiarato il 21 marzo «Giornata mondiale dei ghiacciai», nonché il 2025 «Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai» (v. 2025 declared as the International Year of Glaciers’ Preservation, nel sito Web della Water & Climate Coalition-WCC di Ginevra, www.water-climate-coalition.org). Sulla base delle proiezioni climatiche, i cambiamenti sono destinati a continuare e l’Oceano Artico potrebbe diventare stagionalmente privo di ghiacci già nel 2050. Cfr. K. Findlater, S. Webber, M. Kandlikar, S. Donner, Climate services promise better decisions but mainly focus on better data, in Nature Climate Change, 2021, p. 731 ss. In definitiva, i posti più freddi della terra sono quelli che si stanno riscaldando più in fretta.

[lvi] Il ritiro del ghiaccio marino apre potenzialmente nuove waterways, attraverso i c.d. passaggi a Nord-Ovest e a Nord-Est (“scorciatoie marittime globali”); cfr. N. Melia et al., Sea ice decline and 21st century trans-Arctic shipping routes, in Geophysical Research Letters, v. 43, n. 18, 2016, p. 9720 ss.

[lvii] Nel par. 1.

[lviii] Lo ha rilevato, esattamente, T.E. Eiterjord, The Growing Institutionalization of China’s Polar Silk Road, in The Diplomat, 7 ottobre 2018.

[lix] Cfr. K. Spohr, Russia and China are opening a new anti-western front in the Arctic, cit. Le ambizioni cinesi (e russe) hanno suscitato la preoccupata attenzione statunitense: v. D. Cusick, Are Russia and China Teaming Up to Control the Arctic?, in Scientific American, 3 gennaio 2024, dove si legge che «More aggressive posturing by Russia and China in the fast-melting Arctic is raising red flags for the Pentagon». Cfr. anche retro, nota xviii e testo corrispondente. Le tematiche militari sono sempre più attuali nell’Artico, come dimostra tra l’altro il progetto internazionale (2023-2024) denominato Climate Change and Arctic Security – Military Implications (CLIMARSEC), a guida del ministero della Difesa della Norvegia e dell’Istituto norvegese per gli affari internazionali (l’ultimo meeting di CLIMARSEC si è svolto all’Arctic Centre dell’Università della Lapponia a Rovaniemi, Finlandia, nel febbraio 2024; cfr. W.D. Spoon, T. Etzold, Climate Change in the Arctic, the Military Consequences and Security Implications, in www.arcticcentre.org, 26 marzo 2024). Al progetto de quo partecipano rappresentanti di numerosi Paesi (Austria, Canada, Finlandia, Francia, Germania, Polonia, Romania, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti d’America), nonché, in qualità di osservatore, l’Unione europea. Il progetto intende coinvolgere autorità sia militari che civili, unitamente a esperti accademici.

[lx] S. Cassotta, M.E. Goodsite, Deep-seabed mining: an environmental concern and a holistic social environmental issue, in Frontiers in Sustainability, 2024, www.frontiersin.org.

[lxi] F. Cotugno, Miniere oceaniche, dalla Norvegia parte la nuova corsa all’oro, in Domani, 14 gennaio 2024.

[lxii] L.L. Wanner, In Search of Collective Action. The Case of Shipping in the Arctic Ocean, Baden-Baden, Nomos, 2024, nonché prima, della stessa autrice, The Regulatory Framework for Shipping in the Arctic Ocean, Göttingen, Universitätsverlag Göttingen, 2021.

[lxiii] L’Arctic Circle è un’organizzazione internazionale, con sede a Reykjavík, che ha lo scopo di facilitare il dialogo tra esponenti politici e del mondo degli affari, nonché scienziati, ambientalisti e rappresentanti dei popoli indigeni, in relazione alle questioni dell’Artico (in primis, ma non soltanto, il cambiamento climatico).

[lxiv] Di cui fanno parte attualmente 32 Paesi, a fronte di una membership originaria di 12 membri); cfr. A. Colli, La Nato compie 75 anni. Ma avrà un futuro?, in www.viasarfatti25.unibocconi.it, 2 aprile 2024.

[lxv] Ufficiale della Marina militare olandese, Bauer presiede (dal 2021) il NATO Military Committee, che ha funzioni di consulenza, in materia militare-strategica, nei confronti del North Atlantic Council, quest’ultimo contemplato dall’art. 9 del North Atlantic Treaty (sottoscritto a Washington il 4 aprile 1949).

[lxvi] Nominato nel 2016, Gao Feng è il primo Special Representative for Arctic Affairs of the Foreign Ministry of China. Gao si è laureato all’Università di Pechino in Relazioni internazionali.

[lxvii] J. Carinci, NATO preoccupata per la presenza militare cinese nell’Artico, in www.ilsussidiario.net, 23 ottobre 2023; D. Bochove, N. Drozdiak, NATO admiral says growing China-Russia ties raise risk in Arctic, in Japan Times, 22 otoobre 2023.

[lxviii] F. Del Vecchio, L’era glaciale. Come sta cambiando la lotta dell’Artico tra Nato, Russia e Cina, in www.linkiesta.it, 14 luglio 2023 (ivi: «La debolezza di Mosca presta il fianco al pressing di Pechino, anche nell’estremo nord. Una buona notizia per la Cina, un sedicente Stato “quasi artico”, e una cattiva notizia per tutti gli altri»). Amplius M. Sossai, Cinque temi di diritto internazionale al summit Nato di Vilnius, nel weblog della «Società italiana di Diritto internazionale e di Diritto dell’Unione europea» - SIDIBlog, 16 luglio 2023 (e ivi v. spec., per la RPC, nei par. 3 e 5).

[lxix] L’Otan met le cap vers l’Arctique, in Recherches Arctiques, 8 giugno 2020.

[lxx] D. Depledge et al., Why we need to talk about military activity in the Arctic: Towards an Arctic Military Code of Conduct, in Arctic Yearbook 2019, www.arcticyearbook.com.

[lxxi] Cfr. S. Andreeva et al., New Arctic Realities: Between Conflicting Interests and Avenues for Cooperation, cit., p. 9, testo e nota 13.

[lxxii] Le forze armate italiane sono dislocate anche nel Mar Baltico; v. G. Di Feo, L’Italia rafforza il fianco Est della Nato: 3mila uomini e una nave nel mar Baltico, in La Repubblica, 11 aprile 2024.

[lxxiii] T. Bontempi, Giochi di guerra nell’Artico norvegese, in www.osservatorioartico.it, 20 febbraio 2024; A. Horton, La guerra nell’estremo nord, in Il Foglio, 13 aprile 2024. L’esercitazione NATO si è svolta dal 3 al 14 marzo 2024.

[lxxiv] Fino al 2022, l’esercitazione militare biennale era chiamata Cold Response (il nuovo nome riflette l’adesione alla NATO di Finlandia e Svezia). La prima Cold Response si tenne nel 2007; vi è stata una sospensione nel periodo della pandemia da Covid-19.

[lxxv] Per i dettagli, v. E. Peschiera, Red Flag 2024, anche l’Italia all’esercitazione nei cieli d’Alaska, in www.osservatorioartico.it, 12 aprile 2024.

[lxxvi] Così si è espresso il prof. Pan Kehou, della Ocean University of China (OUC), in occasione della sottoscrizione, il 10 aprile 2019, dell’accordo sino-russo menzionato sopra, nel par. 2.

[lxxvii] P. Devyatkin, China and the Arctic in 2023: Final Remarks, Washington (DC), The Arctic Institute – Center for Circumpolar Security Studies, Commentary, 14 dicembre 2023.

[lxxviii] Secondo alcune valutazioni, però, la presenza cinese nell’Artico è (molto) più tenue di quanto pubblicizzato da Pechino; v. W. Lackenbauer et alii, Why China Is Not a Peer Competitor in the Arctic, in Journal of Indo-Pacific Affairs (Air University Press), 3 ottobre 2022.

[lxxix] Cfr. W. Lackenbauer et alii, op. ult. cit. (nella nota che precede).

[lxxx] P. Andersson, The Arctic as a “Strategic” and “Important” Chinese Foreign Policy Interest: Exploring the Role of Labels and Hierarchies in China’s Arctic Discourses, cit., 20.

[lxxxi] In tal senso muove la stimolante riflessione di R. Chuffart, Where next for Polar Law? Achieving Justice in an Age of Crises, Nansen lecture tenuta all’Università di Akureyri (Islanda) e trasmessa in streaming l’8 aprile 2024. L’autore, presidente dell’Arctic Institute – Center for Circumpolar Security Studies di Washington (DC), conosciuto anche con l’acronimo TAI (The Arctic Institute), è Nansen Professor in Arctic Studies (2024/2025) all’Università di Akureyri [si tratta di una posizione di visiting professor in polar studies, istituita annualmente per onorare la memoria dell’esploratore polare norvegese Fridtjof Nansen, che fu anche Premio Nobel per la pace nel 1922, nonché il primo ad attraversare sugli sci la Groenlandia, nel 1888-1889; v. F. Nansen, Nel cuore della Groenlandia. 1888 la prima traversata con gli sci, 1890, trad. it., Giulianova, 2011, 2018, 2ª ed., e inoltre Milano, 2017 ed. speciale per il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport, ed. orig. in lingua norvegese, Paa Ski Over Gronland, en Skildring af Den Norske Gronlands-Ekspedition 1888-89 (lett. «Sciare sulla Groenlandia, una descrizione della spedizione norvegese in Groenlandia del 1888-89»), Kristiania (odierna Oslo), H. Aschenoug & Co.s Forlag, 1890, la cit. trad. it. è condotta sulla base della prima versione norvegese tradotta in inglese e pubblicata a Londra nel 1890, per i tipi di Longmans, Green & Co]. Romain Chiffart, nel recente passato (dal 2019 al 2023) membro del Durham Arctic Research Centre for Training and Interdisciplinary Collaboration (DurhamARCTIC) nel Regno Unito, si occupa principalmente di governance artica e diritti dei popoli indigeni. Nel 2022 ha studiato, altresì, gli indirizzi della politica polare russa presso il (prestigioso) Fridtjof Nansen Institute (FNI), con sede a Lysaker (nei pressi di Oslo, Norvegia). Si aggiunga, infine, che il FNI ha lanciato, in cooperazione con il ministero degli Esteri della Norvegia e altri partners istituzionali, il progetto di ricerca triennale (2023-2025) dal titolo Arctic Geopolitics in a New Era (GEOARC), per approfondire le condizioni geopolitiche e di sicurezza dell’Artico.

[lxxxii] Cfr. M. Lindroth, H. Sinevaara-Niskanen, M. Tennberg (Eds.), Critical Arctic Studies. Unravelling the North, Cham, Springer, 2022 (adde la bella recensione di S. Kangasluoma, in Polar Record, v. 59, 2023, e17 ss.). Nel volume appena citato cfr., in particolare, il capitolo scritto da K. Dodds, C.Y. Woon, L. Xu, Critical Geopolitics, p. 77 ss., dove un'analisi approfondita del ruolo della Cina popolare nelle vicende artiche, nonché quello di R. Toivanen, Legal Anthropology, p. 143 ss., che esamina le connessioni tra diritti umani e diritti (dei popoli) indigeni nella regione polare artica. L’autrice da ultimo menzionata sostiene l’interessante tesi per cui i diritti dei popoli indigeni devono essere studiati come “concetti viaggianti”, che cambiano significato da un luogo all’altro. Ciò significa – nel pensiero dell’autrice – che i diritti degli indigeni devono essere esaminati come un corpus normativo multistrato, complesso e spesso addirittura contraddittorio.

[lxxxiii] Il primo Critical Arctic Studies Symposium si è tenuto alla University of Lapland di Rovaniemi, in Finlandia, dal 10 al 12 ottobre 2023, sul tema generale Post-Human Dialogues: Rethinking human-nature relations in and through the Arctic (con possibilità di partecipazione online); il secondo è in programma, ospitato nella medesima sede universitaria, dal 1° al 3 ottobre 2024, sul tema Thinking with water (evento anch’esso in hybrid mode). I citati incontri di studio si inseriscono nel progetto di ricerca dal titolo A Planetary Approach to Global Arctic politics (1/8/2022-31/12/2024), in corso presso l’University of Lapland.