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Un proverbio cinese

Al mondo tutti gli uomini sono fratelli
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Un proverbio cinese

La città di Xian, nella provincia dello Shaanxi, ha ricoperto un ruolo fondamentale nella civiltà cinese.

 

Anticamente il suo nome era Chang’an (Eterna pace) e fu la capitale di svariate dinastie. Duemila anni orsono era il punto di partenza della famosa “Via della Seta”, che attraverso migliaia di chilometri portava merci cinesi a Roma. Lo sviluppo di tale commercio avvenne soprattutto durante la grandiosa dinastia Tang (VII-X secolo d.C.). La Cina esportava, oltre alla seta, soprattutto porcellane, tè e piante medicamentose quali il rabarbaro, mentre a sua volta era interessata soprattutto ai cavalli (che le permettevano di contrastare le scorrerie delle genti nomadi a Nord).

 

Come sempre avviene in questi casi, oltre alle merci circolavano idee religiose e cultura. In questo modo, ad esempio, l’islam arrivò nell’impero cinese, così come pure precedentemente si era ampiamente diffuso il buddhismo.

 

A Xian si trovano alcune interessanti pagode buddhiste, una grande moschea, un museo provinciale che ospita una stele commemorativa dell’arrivo in Cina del cristianesimo nestoriano (VII secolo) e tanto altro. Nei dintorni, poi, sono localizzate tombe di epoca han (III secolo a.C - III secolo d.C.), di epoca Tang (con bellissimi affreschi in ambienti ipogei), e il celeberrimo “Esercito di terracotta” (circa 6 mila guerrieri a guardia della tomba di Shi Huangdi, l’imperatore che unificò il Paese nel III secolo a.C.).

 

Certamente, dunque, merita venire sin qui a scoprire tutte queste meraviglie ed altre ancora. Non ricordo più quante volte ci sono stato. Questa volta ho deciso di venirci con alcuni amici ignari, ma curiosi delle cose cinesi.

 

Tramite un famoso sito di prenotazioni online ho scelto come alloggio un piccolo albergo nella città vecchia, per la sua posizione e perché economico, ma pulito.

 

Il piccolo atrio è semplice, ma il personale è gentile e io prediligo la semplicità. Stiamo per uscire a gustare tutto quello che la città offre quando accade un episodio increscioso: entra una pattuglia della gonganju (la polizia) e con fare brusco e sgarbato si rivolge ai ragazzi della portineria dicendo loro che l’albergo non ha il permesso di ospitare stranieri (noi) e che la cosa è pertanto irregolare.

 

Uno di loro inizia a scattare foto alle prove del crimine (sempre noi). Raduno i miei amici in cerchio e dico loro di far finta di guardare una mappa che stendo su un tavolo, così che le foto dei visi non vengano chiare. Nel frattempo traduco per loro lo scambio di frasi, che poi scambio non è dato che a parlare sono solo i poliziotti. Mi appare subito chiaro quello che vogliono: una tangente per mettere la cosa a tacere. Dico ai miei di non muoversi e di far finta di niente.

 

Arriva infine il momento in cui le “forze dell’ordine” lasciano l’albergo. Adesso è il mio turno di parlare con quei ragazzi. Chiedo loro se preferirebbero che ci trasferissimo in un altro albergo. Mi rispondono negativamente (tanto la tangente non verrebbe annullata).

 

“La Cina è famosa per i suoi proverbi”, dico loro, “ ne conosco uno molto bello: Si haizhe nei jie xiongdi (Al mondo tutti gli uomini sono fratelli). A quanto pare, però, noi non siamo da considerarsi uomini”.

 

Appena pronunciate queste parole me ne pento amaramente. Il loro imbarazzo, infatti, si taglia con il coltello. Sono ben consci dello squallore della situazione, sentono di avere perso la faccia.

 

Penso che certamente non hanno causato loro quanto successo, non meritano davvero di essere ulteriormente mortificati. Inoltre, la corruzione non è certo appannaggio della Cina, in questo campo anche altri Paesi hanno parecchio da dire (e il nostro forse non fa eccezione).

 

Mi scuso e sorrido loro. Forza, è tempo di visite e la vita è bella.