x

x

Cina. Gli ideogrammi

Cina
Cina

Cina. Gli ideogrammi

Se chiudo gli occhi lo vedo ancora chiaramente davanti a me: non è più giovane, potrebbe avere intorno ai 75 anni, e sta comodamente accoccolato secondo l’usanza cinese (che gli occidentali stentano a praticare), con tutta la pianta del piede a terra.

In mano impugna un grosso pennello da calligrafia dai peli candidi e vicino a sé ha una semplice bacinella d’acqua.

Non vede ciò che avviene intorno a lui, è completamente assorto in quello che sta facendo. Del resto, trovandoci in un giardino accanto al Tempio del Cielo di Pechino, il luogo è tranquillo e rilassante.

I cinesi ci vengono di mattina a praticare il Tai ji quan, la lenta danza che riproduce la lotta contro le ombre, o ad ascoltare il canto dei propri uccelli tenuti con tutte le premure in magnifiche gabbiette di bambù (gabbiette che a volte vengono fatte dondolare per stimolare gli uccellini ad una sorta di ginnastica).

Lui no, lui trae il suo piacere e la sua realizzazione dal tracciare grandi ideogrammi sul selciato grigio.

Sicuramente, utilizzando le antiche tecniche del Qi gong, ha concentrato il proprio Qi, l’energia vitale, nel polso e nella mano che impugna il pennello. Il suo strumento sembra danzare agilmente e gli antichi caratteri cinesi, dipinti come fossero un fluido, come fossero acqua che scorre direbbero i taoisti, vengono accolti con riconoscenza dalle pietre e dai miei occhi.

Esprimono equilibrio, vigore, armonia, ma non è solo questo a renderli preziosi. Gli antichi versi poetici, infatti, contengono sempre un insegnamento, aiutano l’uomo a ritrovare il suo posto nell’Universo, a dare un senso alla propria vita.

I più antichi caratteri cinesi a noi giunti (risalenti a circa 3.500 anni fa) furono incisi su carapaci di tartaruga (la tartaruga è animale che simboleggia il collegamento tra Cielo, rotondo, e Terra, quadrata). Contengono responsi su questioni importanti che il sovrano doveva ottenere per prendere le giuste decisioni (riguardo a guerre, amministrazione, soluzione di problemi, etc.).

Un ferro rovente veniva applicato sul guscio di tartaruga e dalle spaccature che si creavano gli aruspici traevano risposte.

La lingua scritta non era diffusa fra la popolazione, ma limitata ad una ristretta cerchia di persone oltre al sovrano stesso.

La sacralità degli ideogrammi fece sì per secoli che ogni parola scritta andasse da tutti rispettata e venerata anche ignorandone il significato (tale usanza, tuttavia, non venne rispettata da Qin Shi Huangdi, il primo imperatore cinese, che fece un rogo dei testi confuciani in quanto questi imponevano al sovrano norme di comportamento etiche che ne limitavano il potere assoluto).

Nei secoli i caratteri ideografici andarono stilizzandosi e la loro conoscenza divenne dominio comune, anche se gli strati contadini più poveri spesso erano analfabeti. Divennero anche uno strumento unificante tra le popolazioni dell’Asia orientale: un cinese, un vietnamita, un coreano, un giapponese li pronunciavano diversamente, ma li scrivevano tutti nello stesso modo.

Per tutti questi motivi la pittura ideografica viene considerata dai cinesi l’arte eccelsa, superiore a tutte le altre.

Davanti a me, lui continua a dipingere con l’acqua sul selciato il suo mondo di poesia e filosofia. Il sole si incarica di farlo evaporare, così come impermanenti sono tutte le cose umane.