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Sguardi cinesi all’Antartide

Antartide
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Sguardi cinesi all’Antartide

 

1. Gli obiettivi della pace, scienza e protezione ambientale sono da sempre al centro dell’attenzione dell’Antarctic Treaty System (ATS), fin dalla sottoscrizione del Trattato a Washington (DC) il 1° dicembre 1959 (F. Benuzzi, Il Trattato sull’Antartide, in Rivista di studi politici internazionali, 1980, p. 224 ss.; F.M. Auburn, Antarctic Law and Politics, Bloomington, IN, Indiana University Press, 1982, G.D. Triggs, Ed., The Antarctic Treaty regime. Law, environment, and resources, Cambridge, Cambridge University Press, 1987; C.C. Joyner, S.K. Chopra, Eds., The Antarctic Legal Regime, Leiden, Brill, 1988; J. Couratier, Le systeme antarctique, Bruxelles, Bruylant, 1991; più recentemente, P. Vigni, Concorrenza fra norme internazionali: il regime giuridico dell’Antartide nel contesto globale, Milano, Giuffrè, 2005; M. Haward, The Antarctic Treaty System: Challenges, Coordination and Congruity, in A.-M. Brady, Ed., The Emerging Politics of Antarctica, London-New York, Routledge, 2013, p. 13 ss.; in Italia, lo studio classico si deve a G. Battaglini, La condizione giuridica dell'Antartide nel diritto internazionale, Padova, Cedam, 1971; il Trattato è entrato in vigore il 23 giugno 1961). I profili giuridici degli studi sull’Antartide, dopo una fase (nei primi due decenni del duemila) in cui si è dato ampio spazio alle ricerche interdisciplinari e agli approcci critici, sono attualmente rivalutati (B. Arpi, J. McGee, Rediscovering the importance of Antarctic Law for the early twenty-first century, in Australian Journal of International Affairs, 2022, p. 248 ss.). Ciò anche nell’ottica della eventuale riforma di (almeno) alcuni aspetti dell’ATS, se non di una sua integrale sostituzione con un nuovo accordo internazionale (Y. Yermakova, Legitimacy of the Antarctic Treaty System: is it time for a reform?, in The Polar Journal, 2021, p. 342 ss.; J. Garrick, The Antarctic Treaty System is on thin ice—and it’s not all about climate change, Canberra, ACT, Australian Strategic Policy Institute, 2021; F. Battaglia, Il sistema di governance dell'Antartide e le prospettive di cambiamento, in Gnosis, 2016, p. 158 ss.).

Non sono mancate naturalmente, sia ora che in passato, le dichiarazioni unilaterali di sovranità (P. Vigni, Le rivendicazioni cilene di sovranità sull’Antartide alla luce delle nuove sfide globali, in Diritto pubblico comparato ed europeo online, 2022, p. 1227 ss.; in epoca risalente, v. G. Battaglini, I diritti degli Stati nelle zone polari, Torino, Utet, 1974). Diritti di sovranità in Antartide sono, ancora oggi, rivendicati da sette Stati (c.d. Claimant States: Argentina, Australia, Cile, Francia, Norvegia, Nuova Zelanda e Regno Unito; sul tema, vedasi: B. Conforti, Territorial Claims in Antarctica: A Modern Way to Deal with an Old Problem, in Cornell International Law Journal, 1986, p. 249 ss.; G. Tamburelli, Regioni polari, 2, Questioni relative alla sovranità, 3, Il sistema giuridico antartico, in Enciclopedia giuridica Treccani, XXX, Roma, IPZS, 1993, Aggiornamento, 2009, pp. 1-7, spec. pp. 1-3; D.R. Rothwell, Sovereignty and the Antarctic Treaty, in Polar Record, 2010, p. 17 ss.; K.J. Dodds, Sovereignty watch: claimant states, resources, and territory in contemporary Antarctica, ivi, 2011, p. 233 ss.). Le rivendicazioni/pretese di sovranità sui territori antartici – che costituiscono, come è stato metaforicamente osservato (T. Scovazzi, Zone polari, in Enciclopedia del diritto, XLVI, Milano, Giuffrè, 1993, p. 1213 ss., sub 6, L’Antartide, A) la sovranità territoriale, spec. p. 1219), un «vaso di Pandora» – sono state “congelate” dall’art. IV, c. 1, del Trattato sull’Antartide, il quale non nega la legittimità di tali rivendicazioni, ma neppure le riconosce (c.d. accordo di non essere d’accordo; cfr. T. Scovazzi, op. loc. ult. cit.). Le rivendicazioni stesse, da cui emerge che le zone polari rappresentano inter alia un interessante banco di prova delle teorie della sovranità territoriale (cfr. G. Battaglini, Zone polari. Diritto internazionale, in Novissimo Digesto Italiano, XX, Torino, Utet, 1975, p. 1152 ss.), hanno d’altro canto rilevanti implicazioni sul piano della protezione dell’ambiente antartico, dal momento che un’interpretazione “vestfaliana” della sovranità, con gli Stati che dispongono di un potere assoluto sullo sfruttamento delle rispettive risorse naturali, non bene si armonizza con l’obiettivo della tutela delle risorse naturali del Polo Sud (C. Flores, An Ecological Reading of Sovereignty Claims in Antarctica, in Yearbook of Polar Law, 2022, p. 210 ss.).

Le norme del Trattato Antartico si prestano, comunque, anche a esiti paradossali. È stato, al riguardo, rilevato che «Chi formuli dichiarazioni di sovranità inammissibili in base al Trattato [] avrebbe manifestato ugualmente ed anzi più insistentemente il suo animus sul valore dei propri titoli – per quanto discutibili – e sulla propria situazione giuridica soggettiva che, secondo la sua pretesa, ne conseguirebbe con riferimento all’Antartide: ed è evidente che quest’animo – e la sua priorità – egli potrebbe far valere ad ogni buon fine, nell’affermare la propria sovranità in terra polare, dopo la estinzione o la revisione del Trattato (o del suo art. IV) e il proprio recesso, se la revisione (o la mancata revisione) non gli convenga» (ex art. XII del Trattato; cfr., sul punto, G. Battaglini, Zone polari, cit., pp. 1193-1194). Si consideri, inoltre, che alcune rivendicazioni territoriali si sovrappongono, ossia si riferiscono a pretese di Stati diversi sugli stessi territori, mentre esiste un settore del continente antartico – il c.d. 7° continente – che non è rivendicato da alcuno Stato (unclaimed sector), costituendo l’unica terra nullius rimasta sulla Terra. Il problema della sovranità sul territorio antartico (nonché sulle acque prospicenti le coste del territorio medesimo) è, ad ogni modo, molto risalente (v.: G. Smedal, De l’acquisition de souveraineté sur les territoires polaires, Paris, Librairie A. Rousseau, 1932; C.C. Hyde, Acquisition of Sovereignty Over Polar Areas, in Iowa Law Review, 1934, p. 286 ss.; T.E.M. McKitterick, The Validity of Territorial and Other Claims in Polar Regions, in Journal of Comparative Legislation and International Law, 1939, p. 89 ss.; G. Gidel, Aspects juridiques de la lutte pour l’Antarctique, Parsi, Académie de Marine, 1948). Lo stesso Trattato di Washington del 1959, si è detto (P. Lébano, Sullo Status Giuridico dell’Antartide, in Rassegna di diritto pubblico, 1963, spec. p. 472), «ha segnato una nuova tappa nella non breve storia della questione dell’Antartide».

 

2. Sebbene sia comunemente sottolineata la “unicità” dell’Antartide (ovvero, del c.d. continente bianco, oppure “deserto bianco”; v. F.M. Auburn, The White Desert, in International and Comparative Law Quarterly, 1970, p. 229 ss.), tuttavia le politiche della global governance si interessano ormai anche del Polo Sud, soprattutto dai punti di vista del cambiamento climatico e della geopolitica. Tale impostazione implica la necessaria presa in considerazione anche della Repubblica popolare cinese, di cui è nota l’ascesa come potenza economica e militare (v., per es., C. Cai, The Rise of China and International Law. Taking Chinese Exceptionalism Seriously, Oxford, Oxford University Press, 2019) con riguardo, altresì, al Polo Sud (v. A.-M. Brady, China’s Rise in Antarctica?, in Asian Survey, 2010, p. 759 ss.; A.J. Press, A. Bergin, Coming into the Cold: China’s interests in the Antarctic, in Australian Journal of International Affairs, 2022, p. 340 ss.).

Riprendendo le riflessioni già svolte altrove (M. Mazza, La Repubblica popolare cinese e le regioni polari: il caso dell’Artico, in Filodiritto, aprile 2024), si tratta dunque ora di esaminare la posizione della Cina popolare con riferimento all’Antartide. Come si è visto in precedenza per il Polo Nord, anche in relazione al Polo Sud la Repubblica popolare cinese afferma di volere bilanciare la tutela dell’ambiente con l’uso «razionale» delle risorse naturali.

Questo approccio non costituisce una novità assoluta. Al tempo della negoziazione del Trattato sull’Antartide si discusse, infatti, anche delle questioni concernenti l’eventuale sfruttamento delle risorse naturali ed energetiche del Polo Sud, sia pure nel contesto della prevalente esigenza di salvaguardare l’ambiente (L. Pineschi, La protezione dell’ambiente in Antartide, Padova, Cedam, 1993). Negli anni settanta del secolo scorso l’approccio “economicistico” alle risorse del Polo Sud si intensificò, mentre nei successivi anni ottanta la (allora) Unione sovietica iniziò a sfruttare le risorse marine del Polo meridionale, avviando la pesca dei crostacei (krill antartico, nome scientifico Euphausia Superba; v. L.G. Maklygin, Distribution and fishery of krill in the Atlantic Sector of the Antarctic, Moscow, Shirshov Institute of Oceanology of Academy of Sciences of the USSR, 1987; sulla posizione sovietica, relativamente alle molteplici questioni derivanti dal regime antartico, v. B.A. Boczek, The Soviet Union and the Antarctic Regime, in American Journal of International Law, 1984, p. 834 ss.) e suscitando non poco vivaci (quanto preoccupate) reazioni sul piano internazionale (cfr., inter alia, J.N. Barnes, Let’s Save Antarctica!, Richmond, VIC, Greenhouse, 1982; la pesca sovietica del krill si svolse per oltre un decennio, tra il 1977 e il 1992). Tuttavia, in base al Protocollo di Madrid sulla protezione dell’ambiente antartico del 4 ottobre 1991, diventato vigente nel 1998, la situazione normativa del Polo Sud è stata profondamente innovata (v., ampiamente, S. Marchisio, G. Tamburelli, cur., L'evoluzione del sistema antartico. L'attuazione in Italia del Protocollo di Madrid sulla tutela dell'ambiente antartico, Milano, Giuffrè, 2001; L. Pineschi, The Madrid Protocol on the Protection of the Antarctic Environment and Its Effectiveness, in F. Francioni, T. Scovazzi, Eds., International Law for Antarctica, The Hague, Kluwer Law International, 1996, 2ª ed., p. 261 ss.). Questo perché il Protocollo medesimo è sicuramente focalizzato sulla tutela ambientale. In particolare, l’art. 7 del Protocollo di Madrid stabilisce che sono vietate le attività relative alle risorse minerarie dell’Antartide, con la sola eccezione delle operazioni che hanno carattere scientifico, e inoltre l’art. 11 del Protocollo stesso istituisce (dal 1998) il Comitato per la protezione ambientale, con compiti consultivi rispetto all’attuazione dell’Antarctic Treaty System (v. R.A. Sánchez, E. McIvor, The Antarctic Committee for Environmental Protection: past, present, and future, in Polar Record, 2007, p. 239 ss.). Il Protocollo di Madrid contiene, altresì, formulazioni di carattere generale, come quella dell’art. 2 dove si afferma che l’Antartide costituisce una riserva naturale, dedicata alla pace e alla scienza, ovvero ancora quella dell’art. 3, sulla protezione dell’ambiente antartico che ha un valore sia estetico (v., per es., P. Shepherd, Artists in Antarctica, Auckland, New Zealand, Massey University Press, 2023) che scientifico. Ciononostante, proposte volte a riformare il sistema normativo antartico, in maniera da permettere lo sfruttamento delle risorse naturali, specialmente con riguardo alla pesca e all’estrazione dei minerali, non sono mai mancate del tutto (cfr. Reform the Antarctic Treaty, Editoriale di Nature, n. 558, 2018, p. 161 ss., secondo cui il Trattato sull’Antartide «is showing its age»).

 

3. La Repubblica popolare cinese ha progressivamente “rafforzato” la sua presenza nell’Antartico. Come prima mossa, dopo l’adesione all’ATS nel 1983, essa è diventata, nel 1985, membro consultivo presso l’Antarctic Treaty Consultative Meeting (ATCM, forum previsto dall’art. IX del Trattato sull’Antartide; esso si riunisce annualmente dal 1994, in precedenza invece ogni due anni). Da allora, e fino a tutto il 2024, la Cina popolare ha presentato in totale 113 documenti, richieste, ecc., sia all’ATCM che al Comitato per la protezione ambientale (v. sopra, nel par. che precede).

Il proposito originario della RPC di “usare” le risorse naturali del Polo Sud non è mai venuto meno. Facendo leva sulle potenzialità offerte dall’Allegato V del Protocollo di Madrid, dal titolo Area Protection and Management, la Cina popolare ha proposto, nel. 2005, la creazione, congiuntamente con la Federazione Russa e l’Australia, di una Antarctic Specially Managed Area (ASMA) nella parte orientale del Polo Sud. Nuovamente, nel 2007, la RPC ha formulato, insieme all’Australia, la proposta della istituzione di una Antarctic Specially Protected Area (ASPA), sempre nell’Antartide dell’Est. Nello stesso anno, la RPC ha da sola avanzato la richiesta di creare una distinta ASPA nell’Antartide orientale (ASMA e ASPA sono entrambe contemplate dall’art. 4 dell’Allegato V cit.; ai sensi del c. 4 dell’art. 4, un’area antartica a gestione speciale può contenere una o più aree antartiche specialmente protette).

Prima di una nuova richiesta di istituzione di ASPA nel 2013, la Repubblica popolare cinese ha aperto ufficialmente, il 27 gennaio 2009, una sua stazione antartica, che ha lo scopo principale di compiere indagini astronomiche, ma anche la finalità (meno ufficialmente dichiarata) di effettuare (ipotesi di) perforazione del ghiaccio antartico per la ricerca di minerali.

La strategia cinese per ottenere il “via libera” alla creazione della ASMA è duplice. Per un verso, la RPC fa leva sull’art. 4 dell’Allegato V al Protocollo di Madrid, dove si parla della cooperazione tra le Parti nella Antarctic Specially Managed Area. Siccome, però, sono decisamente poche le attività di questo tipo svolte dagli altri Paesi, non è semplice per la Cina convincere l’ATCM che occorre coordinare le iniziative della Parti. Per questo motivo, dunque, la RPC opta preferibilmente per l’altro argomento, desumibile ugualmente dall’art. 4 dell’Allegato da ultimo menzionato, consistente nel sostenere che le attività in questione sono consentite (alla Cina) al fine di minimizzare gli impatti ambientali. Dopo una serie di negoziati con le altre Parti, avviato nel 2013, sembrava che si fosse vicini al raggiungimento del consenso sulla proposta cinese. Ciò specialmente dopo che, nel 2017, la RPC avanzò l’ulteriore proposta di adottate uno specifico Code of Conduct (COC) for the Protection and Management. Tuttavia, a seguito di riunioni (formali e informali) tra le Parti avvenute nel 2018 e 2019 si è convenuto, soprattutto per l’opposizione manifestata dai rappresentanti di Stati Uniti d’America, Germania e Norvegia, di non accordare alla Cina popolare il permesso di avviare lo sfruttamento delle risorse antartiche, sia pure negli stretti limiti consentiti dall’Allegato V del Protocollo di Madrid, ma di “tollerare” soltanto l’uso delle risorse nelle immediate vicinanze della stazione cinese al Polo Sud. Ad ogni modo, uno studio accademico condotto presso la Shanghai Ocean University (SHOU, cin. 上海海洋大学) è giunto alla (prevedibile) conclusione che la proposta di ASMA, avanzata dalla Cina popolare, era «pienamente conforme» al sistema normativo antartico (cfr. M. Jiang, J. Tang, Revisiting debates over China’s proposed Antarctic specially managed area at Dome A: a test of consistency for the Antarctic Treaty System, in Marine Development, 2023, doi.org/10.1007/s44312-023-00006-x).

Secondo una differente valutazione, la Cina avrebbe, invece, progettato attività che costituiscono violazione del Trattato sull’Antartide (v. P. Zoll, Chinas Aktivitäten in der Antarktis lösen Besorgnis aus – was steckt dahinter, in Neue Zürcher Zeitung, 1° giugno 2023). In particolare, si afferma che «La Cina vuole sfruttare maggiormente le risorse dell’Antartide» (cfr. ivi, mia la traduzione). Preoccupazioni e sospetti si alimentano così reciprocamente, nel timore che la Cina popolare voglia agire senza attendere il consenso degli altri Paesi (v. A. Bergin, Why we should pay attention to China’s Antarctic moves, Canberra, ACT, Australian National University, National Security College, aprile 2024; N. Smith, China playing long game for vital resources and military advantage in Antarctica, in The Daily Telegraph, 9 marzo 2024; I. Bremmer, China’s Ambitious Plans in Antarctica have Raised New Suspicions, in Time, 28 aprile 2023; M. Ernoult, La Chine s’impose en Antarctique, in Libération, 15 febbraio 2018). Come pure è stato (efficacemente) detto, «Sebbene tutti vorremmo credere che il sistema del Trattato Antartico sia sufficiente per evitare che il continente meridionale diventi un teatro di competizione internazionale, la speranza non è una strategia» (in tal senso, cfr. H. Klinck, New Arctic strategy? Good. Now do one for the Antarctic, in Defence One, 20 marzo 2024; ivi, dal punto di vista statunitense: «La nostra competizione globale con Russia e Cina rimarrà una componente centrale delle nostre politiche estere e di difesa. Non possiamo ignorare le intenzioni maligne dei nostri avversari nei confronti dell’Antartide. Riconoscendo le attuali implicazioni per la sicurezza nazionale dell’Antartide e ponendovi un’adeguata enfasi da parte del Pentagono, possiamo evitare di restare indietro rispetto alla Russia e alla Cina nella regione e rafforzare la necessaria stabilità e deterrenza dell’ordine globale»; l’autore è stato vice-segretario alla Difesa, nonché responsabile per l’Antartide, tra il 2019 e il 2021). Ancora, si è osservato che, per la Cina (la quale è «arrivata tardi in Antartide»), «La scienza è un buon modo per far avanzare le sue pedine», mentre sta lavorando per investire in quest’area del mondo di fondamentale importanza geopolitica (si cfr. L. Noualhat, Le «gigantesque raid» de la Chine sur l’Antarctique, in Reporterre. Le média de l'écologie, 19 dicembre 2022).

 

4. Quasi quale effetto di contraccolpo rispetto all’insuccesso (esaminato ante, nel par. 3), nonché con l’intenzione di sfuggire a una sorta di isolamento internazionale (G. Sciorati (Ed.), The Global Race for Antarctica: China vs the Rest of the World?, ISPI Dossier, luglio 2019), la Repubblica popolare cinese (che, come latecomer, non manifesta alcun interesse nel mantenimento dello status quo; v. N. Liu, The Antarctic Treaty System: A Useful but Imperfect ‘Guardrail’ for China-US Relations, in The Diplomat, 27 settembre 2023, volendo in primis incrementare la sua influenza sul continente antartico; v. J. Rizo, China aumenta su presencia en la Antártida, Pamplona, Universidad de Navarra, Facultad de Derecho-Relaciones Internacionales, Center for Global Affairs & Strategic Studies-GASS, maggio 2020, per il quale «China es un nuevo jugador, y está incrementando su apuesta»), si è quindi orientata, dal 2019, verso lo sviluppo di una peculiare attività nell’Antartico, vale a dire il turismo al Polo Sud (sia consentito, sul tema, rinviare a M. Mazza, Uno sguardo ai problemi giuridico dell’Antartico: la disciplina del turismo, in Id., Aurora borealis. Diritto polare e comparazione giuridica, Bologna, Filodiritto, 2014, p. 365 ss., e prima C. Cencini, Antarctica. L’ultima frontiera del turismo, Bologna, Bologna University Press, 2012). Si tratta, al riguardo, di un settore economico che è peculiare, ma in forte espansione, regolato essenzialmente dall’International Association of Antarctica Tour Operators (IAATO) (D. Haase et al., Heading into Uncharted Territory? Exploring the Institutional Robustess of Self-regulation in the Antarctic Tourism Sector, in Journal of Sustainable Tourism, 2009, p. 411 ss.). In tale specifico settore di attività, la Repubblica popolare cinese è seconda soltanto agli Stati Uniti d’America. La IAATO, tra l’altro, dal 1994 partecipa ogni anno all’Antarctic Treaty Consultative Meeting (ATCM), nella qualità di invited Expert.

Rispetto alle tradizionali attività estrattive, effettive o potenziali, il turismo polare appare sempre più attrattivo, anche nell’Artico (v., da ultimo, T. Bontempi, Turismo o carbone? Il futuro delle Svalbard russe, in www.osservatorioartico.it, 16 aprile 2024). La scala crescente del turismo (c.d. overtourism) bi-polare pone, naturalmente, molte e delicate questioni sul piano della conservazione della natura (artica e antartica). Bene è stato osservato (si veda Wie Antarktis-Tourismus die Eisschmelze beschleunigt, in Spiegel Wissenschaft, 23 febbraio 2022) che ogni “visita” in Antartide – sia essa sulle navi da crociera ovvero nelle stazioni di ricerca – contribuisce allo scioglimento dei ghiacci (specialmente a causa del carbonio ultrafine che si deposita sulla neve e la scioglie più velocemente; per gli aspetti scientifici, cfr. R.R. Corder et al., Black carbon footprint of human presence in Antarctica, in Nature Communications, 22 febbraio 2022). Si pensi che, nella stagione 2023/2024, in particolare tra ottobre 2023 e marzo 2024, circa 100.000 persone sono sbarcate in Antartide, con un incremento del 40 per cento rispetto alla precedente stagione record 2018/2019, quando erano stati registrati 56.168 turisti antartici, aumentati dell’8 per cento rispetto al 2017/2028, allorché si ebbero 51.707 turisti, incrementati del 17 per cento rispetto al 2016/2017, con 44.367 presenze, a sua volta aumentate del 15 per cento rispetto al 2015/2016, quando i turisti furono 38.478 (in relazione al costo, per un crocierista antartico, esso è intorno ai 10.000 dollari; i dati de quibus aggiornati ad aprile 2024, sono stati desunti dal sito Internet del ministero degli Esteri dell’Argentina, sub Evolución del Turismo Antártico - cantitad pasejeros; dai dati medesimi emerge che, negli anni cinquanta del XX secolo, le navi dirette all’Antartide trasportavano poche decine di passeggeri).

Una certa ambiguità da parte cinese, comunque, permane. Nel 2018, infatti, la State Oceanic Administration (SOA, in cinese 国家海洋局, lett. «Amministrazione statale oceanica») della RPC, poi incorporata (quello stesso anno) nel ministero delle Risorse naturali, ha approvato un regolamento amministrativo (datato 10 febbraio 2018 e pubblicato sul Bollettino del Consiglio di Stato il successivo 19 febbraio; è stato uno degli ultimi provvedimenti della SOA, che venne soppressa nel marzo 2018) per la protezione ambientale (ovvero, per la cooperazione in materia ecologica) in relazione alle attività antartiche. In esso si fa riferimento alle spedizioni scientifiche (la 40ª Antarctic expedition della RPC, organizzata dal ministero delle Risorse naturali attraverso il suo organo sussidiario Chinese Arctic and Antarctic Administration-CAA, ha avuto termine, dopo cinque mesi di missione, il 10 aprile 2024, con il ritorno della nave rompighiaccio Xue Long, id est Snow Dragon, nel porto di Qingdao, città nella Provincia di Shandong; la prima missione antartica cinese risale al 1984), ma anche a turismo, sport, pesca e trasporti. Come si vede, la tematica (abitualmente cara alla Cina) dell’uso delle risorse naturali antartiche rimane, sia pure per certi versi “sottotraccia”. Il Protocollo di Madrid (sul quale v. sopra, nel par. 2), d’altro canto, vieta qualsiasi attività di sfruttamento delle risorse naturali antartiche fino (almeno) al 2048, e la Cina si sta preparando alla (pur non molto vicina) scadenza (la RPC, infatti, preme per allentare le restrizioni; cfr. I. Torneo, A. Carrabino, Ecco perché la Cina mira a conquistare l’Antartide, nel sito Lab IULM/Master di giornalismo dell’Università IULM di Milano, 19 aprile 2023, https://masterx.iulm.it).

 

5. In definitiva, rimangono al riguardo fondamentali (nonché rivelatrici) le parole del Presidente della Repubblica popolare cinese, il quale, durante una visita effettuata (a Hobart, in Tasmania, Australia) nel novembre 2014 ai ricercatori cinesi impegnati in Australia e Antartide, ha affermato che occorre «comprendere, proteggere e usare» (v. nel sito Internet www.fmprc.gov.cn; uso delle risorse e cambiamento climatico, del resto, costituisco i due «poli di criticità ambientale»; cfr. da ultimo F. de Leonardis, Lo Stato Ecologico. Approccio sistemico, economia, poteri pubblici, mercato, Torino, Giappichelli, 2024).

Permangono, probabilmente, alcuni dubbi sulla direzione da intraprendere, ferma la chiarezza del risultato finale da raggiungere. Ne è testimonianza il fatto che la XIII Commissione permanente dell’Assemblea nazionale del popolo (id est, il Parlamento monocamerale della RPC) aveva annunciato, nel 2018, che durante il suo mandato legislativo (dal 2018 al 2023) sarebbe stata approvata una apposita «Legge sulle attività antartiche e la protezione ambientale». Il proposito era stato poi confermato nel 2021, senza però che alla fine la Legge de qua (per esteso, Antarctic Activities and Environmental Protection Law of the People’s Republic of China, ovvero in ideogrammi cinesi 华人民共和国南极活动与环境保护法) sia stata effettivamente adottata.

Si potrebbe anche ipotizzare che, in parallelo alla revisione della politica artica cinese di cui al White Paper della RPC del 26 gennaio 2018, nonché in vista dell’adozione della futura Arctic Policy 2.0 della Cina (cfr. N. Liu, Why China Needs an Arctic Policy 2.0, in The Diplomat, 22 ottobre 2020), la c.d. Antarctic Law cinese (sul progetto della quale, v. X. Li, Shall the forthcoming Chinese Antarctic law be obligation-oriented?, in Geographical Journal, 2023, n. spec. Turned 60, is the Antarctic treaty system in good health?, p. 7 ss.), già annunciata come «imminente» nel 2019 (v., in tal senso, China to legislate on Antarctic operation and protection, in China Today, 9 marzo 2019), si trovi, invece, attualmente in una fase di attesa, finalizzata alla elaborazione di nuovi documenti comprensivi delle politiche cinesi sia per il Polo Nord che per il Polo Sud, nell’ottica comunque del bilanciamento – tipico dell’approccio cinese alle questioni (bi-)polari – tra protezione e uso.