Tutela penale dell’ambiente: nuove imposizioni in arrivo dall’U.E.

Analisi della proposta di Direttiva presentata dalla Commissione Europea per reprimere la criminalità ambientale
Tutela penale dell’ambiente
Tutela penale dell’ambiente

Tutela penale dell’ambiente: nuove imposizioni in arrivo dall’U.E.


Indice

  1. La proposta di Direttiva avanzata dalla Commissione
  2. La potestà penale delle istituzioni europee e l’accessorietà del diritto penale ambientale
  3. I punti chiave della Proposta di Direttiva
  4. Conclusioni


Si è chiusa il 21 aprile la fase di consultazione pubblica della proposta di Direttiva presentata dalla Commissione Europea per reprimere la criminalità ambientale, onorando uno degli impegni del Green Deal europeo.

La proposta intende rendere più efficace la tutela dell’ambiente obbligando gli Stati membri ad adottare nuove misure di diritto penale. A tal fine definisce nuovi reati ambientali, fissa un livello minimo di sanzioni e rafforza gli strumenti investigativi.


1. La proposta di Direttiva avanzata dalla Commissione

Il provvedimento in itinere presentato dall’esecutivo il 15 dicembre 2021 [1] al Parlamento Europeo e al Consiglio mira a sostituire la precedente Direttiva 2008/99/CE in materia di tutela penale dell’ambiente. Lo scopo principale perseguito dalla Commissione è di intensificare la protezione delle matrici ambientali e della salute pubblica attraverso l’inasprimento delle sanzioni e l’ampliamento della sfera di punibilità penale.


1.1 Perché una nuova Direttiva sulla tutela penale dell’ambiente?

La criminalità ambientale costituisce la quarta attività criminale al mondo per dimensioni dopo il traffico di stupefacenti, la tratta di esseri umani e la contraffazione, crescendo ogni anno del 5-7%, a un ritmo doppio o triplo rispetto alla crescita economica mondiale [2].

Tale crescita esponenziale del fenomeno criminale ambientale ha indotto la Commissione Europea a valutare l’efficacia delle norme attualmente in vigore in materia di tutela penale dell’ambiente. In particolare, lo studio condotto tra il 2019 e il 2020 [3] sull’efficacia della Direttiva del 2008 ha evidenziato un numero esiguo di reati ambientali indagati, perseguiti e puniti con successo, uno scarso effetto dissuasivo delle sanzioni imposte, e una cooperazione poco efficace e sistematica all’interno degli Stati membri e tra di essi.

Pertanto, nelle intenzioni della Commissione Europea, l’obiettivo è di migliorare la risposta della autorità statali ai reati ambientali, definendo più chiaramente il contenuto delle fattispecie incriminatrici già esistenti e introducendo nuovi eco-reati. Al contempo, poiché gli effetti devastanti del cambiamento climatico, perdita di biodiversità e degrado ambientale si esplicano soprattutto in danno delle generazioni future, l’obiettivo delle istituzioni europee è quello di costruire strumenti legislativi elastici, capaci di adattarsi a tali esigenze, ma anche più precisi ed efficaci, in grado di assicurare maggiore certezza giuridica.


1.2 Cosa propone in concreto la Commissione?

La revisione legislativa prevede un elenco aggiornato ed esteso di reati ambientali e una maggiore chiarezza nella formulazione della fattispecie incriminatrice.

Tra le nuove categorie di reati proposte nella revisione della Direttiva sulla tutela penale dell’ambiente figurano:

  • il commercio illegale di legname,
  • il riciclaggio illegale delle navi,
  • l’estrazione illegale di acqua da fonti sotterranee o superficiali,
  • gravi violazioni della normativa in materia di sostanze chimiche,
  • gravi violazioni connesse alla gestione dei gas fluorurati a effetto serra,
  • gravi violazioni della normativa sulle specie esotiche invasive,
  • l’elusione degli obblighi di autorizzazione e di valutazione dell’impatto ambientale che provocano danni rilevanti,
  • lo scarico di sostanze inquinanti effettuato dalle navi.

Inoltre, la proposta chiarisce alcuni termini giuridici che rimangono nebulosi nell’attuale Direttiva e prevede inediti strumenti sanzionatori e investigativi.


2. La potestà penale delle istituzioni europee e l’accessorietà del diritto penale ambientale

In via preliminare, appare utile fornire una chiave di lettura critica alla proliferazione di fattispecie incriminatrici poste a tutela del bene ambiente, richiamando l’attenzione sulla funzione accessoria del diritto penale e sul potere legislativo delle istituzioni europee in materia.

Il diritto penale e, in particolare, il diritto penale ambientale, è interessato da una tendenza espansiva che si traduce in un numero sempre crescente di fattispecie incriminatrici e in un ampliamento della sfera di protezione delle stesse verso beni collettivi e universali. Questa inclinazione legislativa all’espansione del penalmente rilevante rende più difficile distinguere ciò che è effettivamente meritevole di tutela penale da ciò che non lo è, determinando altresì la costruzione di fattispecie incriminatrici di pericolo astratto o, addirittura, presunto, cui si affida il compito diabolico di prevenire il rischio di inquinamento degli ecosistemi, di corruzione della salute e pubblica e, in ultima istanza, di distruzione dell’umanità intera.

Un quadro simile implica un pericoloso travisamento della funzione di extrema ratio del diritto penale, che si trasforma in diritto simbolico e preventivo, a discapito della sua stessa attitudine dissuasiva e della certezza giuridica.

Allo stesso tempo, non va dimenticato che il processo di riforma cui è stato progressivamente sottoposto il diritto penale ambientale è stato indotto anche dalla necessità di uniformarsi agli standard di tutela imposti dal legislatore comunitario, sia in termini di adeguamento della produzione normativa interna sia di interpretazione delle norme già esistenti.

In materia penale, tuttavia, le istituzioni dell’Unione Europea sono prive della competenza ad emanare direttamente norme incriminatrici, stante l’assenza di disposizioni nei Trattati istitutivi che prevedano un tale potere. Solo a seguito di un travagliato conflitto istituzionale tra Commissione e Consiglio sul punto, e della dirimente pronuncia della Corte di Giustizia del 13 settembre 2005 C-176/03, è stata individuata una competenza penale indiretta dell’Unione, che consente di imporre agli Stati membri obblighi sanzionatori di natura penale.

Sulla scorta di tali premesse sono state successivamente adottate le direttive 2008/99/CE in materia di tutela penale dell’ambiente e 2009/123/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi, che hanno trovato esecuzione nell’ordinamento italiano dapprima con il d.lgs. 7 luglio 2011, n. 121 e, più compiutamente, con la c.d., legge sugli ecoreati, n. 68 del 2015.

In particolare, la Direttiva del 2008 ha rappresentato una svolta storica: per la prima volta, un atto comunitario di natura vincolante ha imposto specifici obblighi di incriminazione in capo agli Stati Membri, in luogo di generici obblighi di tutela. Sulla scorta di una dichiarata preoccupazione per l’aumento dei reati ambientali, le istituzioni comunitarie imponevano di sanzionare una serie di condotte pregiudizievoli per il bene ambiente, che provocano o possono provocare danni alle persone ovvero alla qualità dell’aria, delle acque o del suolo, della fauna e della flora.

Nonostante il chiaro monito volto all’introduzione di fattispecie di pericolo concreto o di danno, è stata complessivamente riscontrata una scarna implementazione della normativa europea, dovuta ad alcuni problemi principali, tra cui figurano un ambito di applicazione oscuro e obsoleto della Direttiva, la scarsa chiarezza della definizione di reato ambientale e livelli sanzionatori poco efficaci e dissuasivi.

Per tali ragioni, il 15 dicembre 2021, la Commissione rende nota la propria proposta al Parlamento Europeo e al Consiglio, di una Direttiva sulla protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale, che sostituisce la Direttiva 2008/99/CE.

Se da un lato, il dichiarato intento dell’esecutivo è di apportare maggiore chiarezza e certezza al diritto penale dell’ambiente degli Stati membri, d’altro canto anche la presente proposta di Direttiva si muove nella direzione di ampliare l’area del penalmente rilevante, rimanendo peraltro disancorata dai principi di proporzionalità e legalità e prestando il fianco ad alcune critiche. Invero, nel corso della consultazione pubblica chiusa il 21 aprile scorso, sono giunti all’attenzione della Commissione alcuni commenti che evidenziano la permanenza di una carenza definitoria e, soprattutto, di un impiego eccessivo della sanzione penale. [4] Conseguentemente, se l’impianto dell’adottanda Direttiva rimanesse inalterato, il compito di colmare tali lacune resterà nelle mani degli Stati membri chiamati a dare esecuzione alle norme sovranazionali.

L’emanazione della Direttiva e il successivo recepimento nell’ordinamento interno potrebbero quindi tradursi in una scelta legislativa bifronte: attuare il rischio di alimentare ulteriormente la deriva espansionistica del diritto penale ambientale, oppure – ed è naturalmente la scelta auspicata – adottare un intervento sistematico di revisione e sistematizzazione delle numerose fattispecie incriminatrici già esistenti, che possa recuperare maggiore chiarezza e coerenza complessiva del diritto ambientale italiano, assicurando al contempo la funzione di extrema ratio che è propria del diritto penale.


3. I punti chiave della Proposta di Direttiva


3.1 Il nuovo catalogo di ecoreati.

Nel preambolo della proposta, la Commissione prevede, invero alquanto genericamente, che una determinata condotta possa costituire un reato ambientale ai sensi della Direttiva se è considerata illecita dal diritto unionale ovvero dal diritto interno a tutela dell’ambiente e se è stata commessa con dolo o colpa grave. Inoltre, potrà considerarsi reato ambientale anche un comportamento autorizzato dall’autorità, quando tale autorizzazione è ottenuta in modo in modo fraudolento o mediante corruzione, estorsione o coercizione.

Tra le figure di reato contemplate dalla proposta emergono sia versioni aggiornate di quelle esistenti sia nuove fattispecie incriminatrici. Di seguito si segnalano le novità più rilevanti con particolare riferimento ai nuovi obblighi di incriminazione.

In materia di aria

  • Gravi violazioni connesse alla gestione dei gas fluorurati a effetto serra: produzione, immissione sul mercato, importazione, esportazione, uso, emissione o rilascio di gas fluorurati a effetto serra, quali ad esempio gli idrofluorocarburi, i perfluorocarburi, l’esafluoruro di zolfo o miscele contenenti tali sostanze. [5]

In materia di acqua

  • Estrazione illegale di acqua: estrazione di acque superficiali o sotterranee che provochi o possa provocare danni rilevanti allo stato o al potenziale ecologico dei corpi idrici superficiali o allo stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei; [6]
  • scarico di sostanze inquinanti effettuato dalle navi, sia in caso di scarichi effettuati ripetutamente dallo stesso autore e in grado di provocare, nel loro insieme, un deterioramento della qualità dell’acqua, sia in caso di condotta isolata in grado di provocare da sé un deterioramento della qualità dell’acqua. [7]

In materia di rifiuti

  • Gestione illecita di rifiuti pericolosi: raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio o intermediazione dei rifiuti, se l’azione illecita riguarda i rifiuti pericolosi e concerne quantità non trascurabili, a prescindere dalla capacità di tali attività di provocare danni alle matrici ambientali o alla salute umana; [8]
  • riciclaggio illegale delle navi: riciclaggio delle navi [9] che rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 1257/2013 in violazione dell’obbligo di effettuare tali operazioni negli impianti inclusi nell’elenco europeo. [10]

In materia di autorizzazioni

  • Elusione grave degli obblighi di autorizzazione e di valutazione dell’impatto ambientale: realizzazione di progetti – quali lavori di costruzione o di altri impianti od opere e altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo – senza autorizzazione o valutazione del loro impatto ambientale, che provochi o possa provocare danni rilevanti all’uomo, alla fauna e alla flora, alle matrici ambientali – suolo, acqua, aria, clima e paesaggio – nonché ai beni materiali e al patrimonio culturale. [11]

In materia di commercio

  • Gravi violazioni della normativa dell’UE in materia di sostanze chimiche: fabbricazione, immissione sul mercato o uso di sostanze, sia allo stato puro che all’interno di miscele o articoli, se provoca o può provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, alla fauna o alla flora, qualora si tratti di sostanze pericolose vietate o che prevedono restrizioni al commercio ovvero di un’attività di commercializzazione non conforme alle norme in materia di prodotti fitosanitari o di biocidi ovvero ancora di un’attività di commercializzazione vietata ai sensi della disciplina degli inquinanti organici persistenti. [12]

In materia di flora e fauna

  • Commercio illegale di legname: immissione o messa a disposizione sul mercato dell’Unione di legname o prodotti derivati di provenienza illegale, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile; [13]
  • gravi violazioni della normativa sulle specie esotiche invasive: introduzione o diffusione di specie esotiche invasive di rilevanza unionale se i) l’azione viola le restrizioni in materia di introduzione o diffusione delle stesse; ovvero ii) viola una condizione di un’autorizzazione rilasciata per attività di ricerca o conservazione ex situ  di tali esemplari e provoca o può provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, alla fauna o alla flora. [14]

Tutti i predetti reati individuati dalla Commissione potranno essere puniti anche per colpa grave, salvo i reati di riciclaggio delle navi e di introduzione o diffusione illegale di specie esotiche invasive. Tali ultime fattispecie potranno quindi prevedere unicamente la punibilità per dolo.


3.2 Precisazioni terminologiche

La proposta di Direttiva specifica il significato di alcuni elementi che devono essere presi in considerazione in sede di indagine ovvero di azione penale. In particolare, chiarisce i concetti di danno rilevante e quantità trascurabile, nonché la locuzione possono provocare danno.

Ai fini della determinazione di un danno rilevante, secondo la Commissione occorre tenere in considerazione le condizioni originarie dell’ambiente colpito, la durata del danno (lunga, media o breve), la gravità del danno, la diffusione dello stesso e la sua reversibilità.

Qualora, invece, la fattispecie incriminatrice preveda l’elemento della quantità trascurabile, la Commissione suggerisce di avere riguardo al numero di elementi oggetto del reato, in quale misura è superato il valore, la soglia regolamentare o altri parametri obbligatori cui la legislazione faccia riferimento, lo stato di conservazione della specie animale o vegetale in questione, e il costo di ripristino dei danni ambientali.

Infine, la possibilità di provocare danni alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, alla fauna o alla flora dovrà parametrarsi sull’eventuale rischiosità o pericolosità dell’attività intrapresa, sull’eventuale assenza di autorizzazione ovvero la sua violazione, sulla misura in cui sono superati valori, parametri o limiti stabiliti in atti giuridici o autorizzativi, ovvero ancora sulla classificazione della sostanza come pericolosa o nociva per l’ambiente o la salute umana.


3.3 Apparato sanzionatorio inedito: tra recidiva ambientale, collaborazione con le Autorità e confisca ambientale.

Con la Direttiva attualmente vigente, le istituzioni europee si limitano a chiedere agli Stati membri di adottare sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive.

Nella proposta di Direttiva in commento, pur rimanendo il riferimento a tali caratteristiche, si specificano ulteriormente i regimi sanzionatori, stabilendo livelli minimi di pena detentiva a carico delle persone fisiche. Per esempio, è prevista una pena massima di almeno dieci anni di reclusione se dalla commissione del reato derivano lesioni gravi o la morte delle persone.

Inoltre – ed è forse la novità più rilevante – sono previste numerose sanzioni accessorie, perché considerate più efficaci delle sanzioni pecuniarie, in particolare quando ad esserne destinatarie sono le imprese. Tra queste si annoverano l’obbligo di ripristinare gli ecosistemi corrotti, l’esclusione dall’accesso ai finanziamenti pubblici, comprese procedure di gara, sovvenzioni e concessioni, nonché il ritiro di permessi e autorizzazioni.

Per garantire che la punizione sia efficace, proporzionata e adeguata, la Commissione propone in maniera altrettanto inedita circostanze attenuanti e aggravanti. Tra le circostanze aggravanti figurano la gravità del danno causato, il coinvolgimento della criminalità organizzata e i profitti illeciti generati o attesi, nonché una forma di recidiva ambientale. A tale ultimo proposito, l’esecutivo chiede espressamente agli Stati membri di prevedere un’aggravante per l’autore del reato che abbia già commesso in precedenza violazioni analoghe del diritto ambientale [15]. Le circostanze attenuanti comprendono, invece, il ripristino dell’ambiente naturale allo stato precedente la violazione e la condivisione con le autorità di informazioni utili all’identificazione degli altri autori del reato o all’acquisizione di elementi di prova.

Infine, è prevista una forma di sequestro e confisca ambientale, intendendo per tale l’ablazione del prodotto o profitto del reato ovvero dei mezzi utilizzati per commettere i reati contemplati dalla Direttiva. Sebbene assente nella Direttiva del 2008, il nostro ordinamento conosce già numerose ipotesi di confisca – diretta e per equivalente – in materia di reati ambientali, sia nell’ambito del Testo Unico Ambientale [16], sia nel Titolo VI-bis del codice penale in materia di eco-delitti [17].

Potrebbe quindi essere l’occasione per il legislatore italiano di ripensare le previsioni di confisca obbligatoria già esistenti nel Testo Unico e nel codice penale all’articolo 452 quaterdecies e, in particolare, di estendere la speciale causa di non confiscabilità, ispirata al principio chi inquina paga, di cui all’art. 452 undecies, ultimo comma, c.p. Tale previsione, infatti, ha posto numerosi dubbi di legittimità, in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che l’istituto della confisca possa essere disapplicato, in caso di messa in sicurezza, attività di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi, anche in relazione al delitto di traffico illecito di rifiuti di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. [18].

Invero, la misura ablatoria prevista in relazione a tale delitto ha progressivamente assunto una funzione quasi squisitamente repressiva, rappresentando una forma di rappresaglia legale nei confronti dell’autore del reato, mirando a colpire i suoi beni personali[19].


3.4 Novità per le persone giuridiche e l’impatto sulle imprese

Per quanto riguarda le persone giuridiche, la proposta in esame tiene conto di quegli ordinamenti nazionali che prevedono una forma di responsabilità amministrativa degli Enti derivante dai reati commessi nel loro interesse o vantaggio da parte di soggetti apicali. Lo scopo dichiarato dall’esecutivo è quello di garantire maggiore protezione dalla concorrenza sleale alle imprese che operano legalmente, soprattutto nei settori più colpiti da attività commerciali illecite quali la gestione dei rifiuti e la produzione di sostanze chimiche.

Allo stesso tempo, tuttavia, la preoccupazione maggiore, intercettata anche dalle istituzioni europee, è che l’aumento dei reati presupposto e delle sanzioni a carico delle imprese possa avere una pressione più elevata sulle realtà aziendali di piccole e medie dimensioni, a causa delle limitate capacità e risorse a disposizione. Pertanto, la proposta mira a collegare l’importo dell’ammenda alla situazione finanziaria dell’impresa, parametrando la sanzione al fatturato dell’esercizio finanziario precedente la decisione dell’autorità.

Inoltre, al pari di quanto previsto per le persone fisiche, anche per le imprese sono previste sanzioni accessorie che includono obblighi di ripristino delle matrici ambientali, l’esclusione da finanziamenti pubblici, il ritiro delle autorizzazioni ovvero l’interdizione – temporanea o permanente – all’esercizio di una determinata attività commerciale, fino ad arrivare allo scioglimento imposto dall’autorità.


3.5 Strumenti investigativi più invasivi: intercettazioni e sorveglianza discreta

Da ultimo, la proposta impone l’adozione di strumenti di indagine più efficaci per garantire un’azione incisiva di contrasto alla criminalità ambientale.

Invero, il testo della proposta non contiene un elenco degli strumenti da adottare, ma solamente un riferimento a quelli previsti dalla legislazione nazionale per la lotta contro la criminalità organizzata o altri reati gravi. Tra questi, dunque, figurano l’intercettazione di comunicazioni secondo requisiti meno stringenti, e nelle parole della Commissione, la sorveglianza discreta, compresa quella elettronica, le consegne controllate, il monitoraggio dei conti bancari e altri strumenti di indagine finanziaria [20].

Oltre al fatto che il nostro ordinamento prevede ulteriori strumenti investigativi per i delitti di criminalità organizzata [21], una simile previsione potrebbe comportare una traduzione alquanto invasiva negli ordinamenti nazionali. Argine a tale enorme potere legislativo è l’invito della Commissione ad applicare simili strumenti in linea con il principio di proporzionalità – anche in relazione alla natura e alla gravità dei reati oggetto di indagine – e nel pieno rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [22]. Tra i diritti fondamentali che dovrebbero spiccare agli occhi del legislatore, perché frequentemente dimenticati nella prassi, figurano il diritto alla protezione dei dati personali e il diritto di proprietà, anche dei beni aziendali.


4. Conclusioni

L’ordinamento italiano, sebbene con un certo ritardo sui ritmi legislativi dell’Unione, ha dato ampio spazio all’aggiornamento della normativa ambientale, soprattutto a partire dal 2015. È quindi ragionevole aspettarsi che, in sede di recepimento della Direttiva, le novità più rilevanti riguarderanno soprattutto l’apparato sanzionatorio e il regime della responsabilità delle persone giuridiche.

I reati ambientali trovano frequentemente collocazione nell’ambito delle attività complesse di natura imprenditoriale. Conseguentemente, spetterà sempre più all’imprenditore il compito di organizzare i fattori produttivi e il lavoro in modo da non compromettere le matrici ambientali e, al contempo, difendersi da una facile rimproverabilità. Ciò è tanto più necessario a fronte del proliferare di fattispecie di reato che implicano l’imputazione soggettiva per colpa, nell’ambito della quale fattori esterni – guasti, condotte di terzi, eventi anomali e imprevedibili – possono incidere sulla punibilità.

In ogni caso, occorrerà attendere l’emanazione della Direttiva e la successiva trasposizione nella legislazione interna per una prospettiva più completa sulla direzione impressa dall’Unione al diritto penale ambientale. Nelle intenzioni dell’esecutivo sovranazionale, la proposta dovrebbe rendere la lotta contro la criminalità ambientale più efficace attraverso norme più precise, sanzioni più dissuasive, strumenti di indagine più efficaci.

Al netto di ogni previsione, tuttavia, l’auspicio è che il legislatore italiano intraprenda un’opera di revisione sistematica della legislazione penale ambientale, che porti chiarezza e quindi maggiore certezza giuridica, mantenendo salda la visione del diritto penale come extrema ratio ossia come strumento da utilizzare solo per le offese più gravi.

***

[1] Documento Com/2021 851 final “Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla tutela penale dell'ambiente, che sostituisce la direttiva 2008/99/CE” del 15 dicembre 2021.

[2] Fonte: European Commission, European Green Deal: Strengthening EU law to combat environmental crime, Factsheet 15 December 2021.

[3] Documento di lavoro dei servizi della Commissione, Valutazione della direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell'ambiente (direttiva sulla tutela penale dell'ambiente), del 28 ottobre 2020.

[4] Con il commento F3247972, l’Associazione francese MEDEF (acronimo di Mouvement des entreprises de France, lett. Movimento delle Imprese di Francia) ha evidenziato la necessità di riaffermare che la semplice non conformità ad una regolamentazione che ha per obiettivo la protezione dell’ambiente non può costituire de facto un atto di delinquenza ambientale, e la sanzione penale deve intervenire solamente nel momento in cui il danno o il pericolo di danno sia sufficientemente grave (traduzione libera dal francese).

Dello stesso tenore appare il più articolato commento F3247802, con il quale CEFIC (European Chemical Industry Council - Consiglio Europeo delle Federazioni dell'Industria Chimica) chiede alla Commissione di chiarire l’auspicata necessità di provare un nesso causale tra la violazione dei valori limite stabiliti a livello amministrativo e la possibilità di arrecare danno o pericolo di danno. Questo assicurerebbe che il procedimento penale sia limitato ai casi in cui la violazione della legge amministrativa o unionale (per esempio in materia di commercializzazione dei prodotti fitosanitari o dei biocidi) si traduca direttamente in un rischio di danno. In altri termini, in ossequio al principio di legalità, è richiesta maggiore precisione nella definizione di “violazione” rispetto alla legislazione settoriale in materia di sostanze chimiche (traduzione libera dall’inglese).

[5] Articolo 3 lett. r) Proposta di Direttiva.

[6] Articolo 3 lett. k) Proposta di Direttiva.

[7] Articolo 3 lett. h) Proposta di Direttiva.

[8] Articolo 3 lett. e) punto i) Proposta di Direttiva.

[9] Con “riciclaggio delle navi” il Regolamento UE 1257/2013 si riferisce all’attività di demolizione completa o parziale di una nave in un impianto di riciclaggio al fine di recuperare componenti e materiali da ritrattare, preparare per il riutilizzo o riutilizzare, garantendo nel contempo la gestione dei materiali pericolosi e di altro tipo, che comprende le operazioni connesse come lo stoccaggio e il trattamento di componenti e materiali sul sito, ma non il loro ulteriore trattamento o smaltimento in impianti separati.

[10] Articolo 3 lett. g) Proposta di Direttiva.

[11] Articolo 3 lett. d) Proposta di Direttiva.

[12] Articolo 3 lett. c) Proposta di Direttiva.

[13] Articolo 3 lett. n) Proposta di Direttiva.

[14] Articolo 3 lett. p) Proposta di Direttiva.

[15] Articolo 8 lett. f) Proposta di Direttiva.

[16] Un esempio è il reato di discarica non autorizzata di rifiuti di cui all’art. 256, comma 4, d.lgs. 152/2006, alla cui condanna o applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (c.d. patteggiamento) consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.

[17] L’articolo 452 undecies c.p. è specificamente dedicato all’istituto della confisca conseguente alla commissione dei delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività e impedimento del controllo, nonché associazione per delinquere, anche di tipo mafioso, diretta a commettere un eco-delitto. È inoltre prevista una confisca obbligatoria ad hoc per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti all’art. 452 quaterdecies, ultimo comma, c.p.

[18] Nonostante tali dubbi, anche di recente la Cassazione si è espressa in maniera favorevole all’esclusione del delitto di traffico illecito di rifiuti dalla speciale causa di non confiscabilità; esclusione ritenuta coerente con il principio di uguaglianza, trattandosi di scelta rimessa alla discrezionalità del legislatore (Cass. pen., Sez. III, sentenza 7 aprile 2020, n. 11581).

[19] RICAMATO L., Eco-delitti e confisca: parafrasi di una “soluzione incompiuta”?, in Archivio penale, vol. 2, 2020, p. 7. L’autore considera irragionevole che rispetto al delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.), in caso di messa in sicurezza, ripristino dello stato dei luoghi e/o di bonifica, possa essere applicata una riduzione di pena ma non possa essere interdetta la comminatoria della confisca, che è notoriamente particolarmente afflittiva, e ritiene costituzionalmente eterodossa la soluzione legislativa adottata.

[20] Considerando (29) della Proposta di Direttiva.

[21] Si citano, per esempio, la previsione dei colloqui investigativi racchiusa nell’articolo 18-bis dell’ordinamento penitenziario e la disciplina delle intercettazioni preventive contenuta nell’art. 226 delle Disp. Att. c.p.p.

[22] Considerando (29) della Proposta di Direttiva.