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Sicurezza sul lavoro: rafforzamento della disciplina e potenziamento dei controlli

USA Monument Valley al tramonto
Ph. Antonio Capodieci / USA Monument Valley al tramonto

In materia di sicurezza sul lavoro il Consiglio dei Ministri con deliberazione del 15 ottobre 2021, ha adottato il decreto-legge n. 146 recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 ottobre 2021 ed entrato in vigore il giorno successivo.

Avviato l’esame del disegno di legge di conversione avanti alle Commissioni riunite Finanze e Lavoro, il 17 dicembre 2021 il Parlamento ha approvato la Legge di conversione n. 215, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 20 dicembre 2021.

Le nuove misure in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono state ritenute dal Governo Draghi straordinariamente necessarie ed urgenti, a fronte di esigenze fiscali e finanziarie indifferibili, anche in considerazione della recrudescenza dell’epidemia da Covid-19.

Il Decreto risponde alla necessità di dare urgentemente attuazione agli obblighi internazionali assunti dall’Italia, in particolare in seno all’Unione Europea. È di giugno 2021 la Comunicazione della Commissione Europea avente ad oggetto un quadro strategico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro per il periodo 2021-2027.[1]

La Commissione evidenzia in particolare come la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, sancita dai Trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali, sia l’elemento fondante di un’economia al servizio dei cittadini. La pandemia da Covid-19 ha messo in risalto la fragilità e l’importanza della sicurezza sul lavoro, fondamentale per proteggere la salute dei lavoratori e per la continuità di attività sociali ed economiche. Per questo, nell’ottica delle istituzioni sovranazionali, la strada per la ripresa e la riattivazione delle economie nazionali deve passare attraverso un rinnovato impegno nel mantenere la sicurezza sul lavoro in prima linea.

Inoltre, nell’intento del Governo Draghi, il Decreto persegue l’obiettivo di incentivare e semplificare l’attività di vigilanza e il coordinamento dei soggetti competenti a presidiare il rispetto delle norme prevenzionistiche. A tal fine, il provvedimento interviene con modifiche al Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Le norme approvate dovrebbero consentire di intervenire con maggiore efficacia sulle imprese che non rispettano le misure di prevenzione o che si avvantaggiano del lavoro sommerso.[2]

Il capo III del decreto-legge, come emendato dalla legge di conversione, contiene le modifiche di maggior interesse in punto di rafforzamento della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Fra le aree di intervento più rilevanti vi sono:

(1) modifiche alle condizioni per la sospensione dell’attività imprenditoriale;

(2) nuovi obblighi per il datore di lavoro e il preposto;

(3) estensione delle competenze di vigilanza e coordinamento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro negli ambiti della salute e sicurezza del lavoro.

 

Sicurezza: novità in materia di sospensione dell’attività imprenditoriale

Lavoro nero: più bassa la soglia per il provvedimento cautelare di sospensione

Il decreto-legge e la successiva legge di conversione intervengono in misura massiccia sull’articolo 14 del Testo Unico Sicurezza sul Lavoro, prima rubricato “Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”, sostituendolo integralmente con un nuovo articolato dedicato ai “Provvedimenti degli organi di vigilanza per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”.

Nella nuova formulazione, le condizioni necessarie per l’adozione del provvedimento cautelare di sospensione dell’attività imprenditoriale sono: (i) l’impiego di personale in nero in misura pari o superiore al 10% ovvero (ii) violazioni gravi in materia di salute e sicurezza del lavoro, tassativamente indicate all’allegato I del medesimo Testo Unico.

Quanto alla prima condizione, la norma neo-introdotta abbassa dal 20 al 10 per cento la soglia dei rapporti di lavoro irregolari oltre la quale scatta il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale. Nello specifico, la riforma chiarisce che, qualora almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (I.N.L.) adotta il provvedimento di sospensione.

I lavoratori per i quali non è richiesta la comunicazione, quindi, non potranno essere considerati ai fini della sospensione. Tale è il caso dei coadiuvanti familiari ovvero dei soci, per i quali è prevista unicamente la comunicazione all’INAIL ex art. 23 D.P.R. n. 1124/1965.[3]

Sul punto, in sede di conversione, il legislatore ha aggiunto un inciso al novellato comma 1, che include tra i lavoratori il cui impiego rileva ai fini della adozione del provvedimento cautelare anche coloro che risultano inquadrati come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa.

Allo scopo di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale, è stabilito che anche l’avvio dell’attività dei lavoratori autonomi occasionali è oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, secondo le modalità stabilite dall’articolo 15, comma 3, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. Ciò significa che prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata all’autorità competente mediante sms o posta elettronica.[4]

In caso di violazione di tali obblighi di comunicazione per i lavoratori autonomi occasionali, si applica la sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica, invece, la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, secondo la quale il personale ispettivo, in caso di inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, avrebbe il potere di diffidare il trasgressore alla regolarizzazione delle inosservanze materialmente sanabili. Una simile esclusione determina l’inapplicabilità del relativo regime premiale, dato dalla possibilità di pagare una somma ridotta rispetto alla sanzione stabilita in origine, estinguendo così il procedimento sanzionatorio. Traspare quindi l’intenzione del legislatore di scoraggiare ogni forma di sfruttamento del lavoro sommerso.

La percentuale di lavoratori irregolari continuerà ad essere calcolata sul numero di lavoratori presenti sul luogo di lavoro al momento dell’accesso ispettivo, avuto riguardo alla nozione di lavoratore di cui all’art. 2 del Testo Unico. Secondo tale definizione, è considerato lavoratore ogni persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito di un’organizzazione di natura pubblica o privata, con o senza retribuzione, anche a meri fini di apprendimento. La norma, inoltre, considera il socio lavoratore di cooperativa o di società, l’associato in partecipazione e il tirocinante. Quanto alla base numerica su cui calcolare il totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, il Ministero del lavoro aveva già chiarito in passato che è necessario includervi anche i lavoratori che effettuano una prestazione non ricorrente, ossia i lavoratori non soggetti ad assicurazione INAIL.

Gli stessi, tuttavia, non saranno computati ai fini dell’individuazione della quota del 10 per cento, necessaria per l’adozione del provvedimento. A titolo esemplificativo, dovranno essere presi in considerazione all’interno del conteggio sia i collaboratori familiari, anche impegnati per periodi inferiori alle dieci giornate di lavoro[5], sia i soci lavoratori cui non spetta l’amministrazione o la gestione della società.[6]

Il riferimento all’accesso ispettivo, quale momento in cui va valutata la sussistenza dei presupposti di adozione del provvedimento, rappresenta un’ulteriore novità della riforma in commento.[7] L’eventuale regolarizzazione dei lavoratori nel corso dell’accesso, quindi, sarà del tutto irrilevante e il provvedimento sarà comunque adottato, sia che ciò avvenga per il tramite dei propri ispettori nell’immediatezza degli accertamenti, sia su segnalazione di altre amministrazioni nell’arco di tempo di sette giorni previsto dal nuovo comma 3.

Infine, il riformato articolo 14, comma 4, mantiene l’impossibilità di adottare il provvedimento di sospensione nel caso delle c.d. microimprese, in cui il lavoratore irregolare risulti l’unico occupato.

 

Violazioni gravi ma non necessariamente reiterate

Quanto alla seconda condizione che legittima l’adozione del provvedimento di sospensione, la nuova norma non richiede più alcuna recidiva da parte del trasgressore, considerando invece sufficiente la constatazione di gravi violazioni prevenzionistiche.

In particolare, il legislatore della riforma ha previsto che, anche alla prima violazione grave in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro, rientrante nelle fattispecie tassativamente elencate al riformato allegato I, gli Ufficiali dell’I.N.L. possano adottare il provvedimento di sospensione. Le violazioni rilevanti, pertanto, sono violazioni gravi, ma non più necessariamente reiterate.

Il nuovo Allegato I al D.Lgs. n. 81/2008, prevede le seguenti fattispecie ritenute a priori gravi dal legislatore, con contestuale importo della somma aggiuntiva da corrispondere ai fini della revoca del provvedimento:

1. mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi (euro 2.500,00);

2. mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed evacuazione (euro 2.500,00);

3. mancata formazione ed addestramento (euro 300,00 per ciascun lavoratore interessato);

4. mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile (euro 3.000,00);

5. mancata elaborazione piano operativo di sicurezza - POS (euro 2.500,00);

6. mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto (euro 300,00 per ciascun lavoratore interessato);

7. mancanza di protezioni verso il vuoto (euro 3.000,00);

8. mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno (euro 3.000,00);

9. lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi (euro 3.000,00);

10. presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi (euro 3.000,00);

11. mancanza di protezione contro i contatti diretti ed indiretti: impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale (euro 3.000,00);

12. omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo (euro 3.000,00);

12-bis. mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione all’amianto (euro 3.000,00).

Se da un lato, la previsione di automaticità del provvedimento alla prima violazione grave è sicuramente più impattante per il Datore di Lavoro, che si trova immediatamente esposto al rischio di sospensione dell’attività, d’altro canto consente di superare il problema della mancanza di un ‘casellario’ di questi verbali.

Nella vigenza del precedente comma 1, infatti, il provvedimento scattava non solo in caso di violazione grave, ma anche reiterata. Occorreva cioè avere riguardo ai cinque anni successivi alla commissione della violazione oggetto di prescrizione da parte dell’organo di vigilanza ovvero all’accertamento con sentenza definitiva, per determinare se lo stesso soggetto commetteva nuove violazioni della stessa indole. Oggi il problema appare superato dal momento che tale inciso viene espunto dall’articolo 14.

Il concetto di violazione grave rimane comunque ancorato all’elenco di fattispecie tassativamente individuate nell’allegato I, al quale vengono apportate minimali modifiche.

Oltre ad essere previsto un importo a titolo di somma aggiuntiva, utile ai fini delle condizioni di revoca del provvedimento, nell’elenco viene ripristinato in sede di conversione il riferimento al rischio d’amianto, che era stato eliminato dal D.L. n. 146/2021, per cui si conferma la gravità della mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione all’amianto. Viene invece introdotta ex novo la violazione di omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo.

Scompare anche il riferimento alle categorie delle violazioni, sebbene rimangano sostanzialmente riconducibili ai già previsti rischi di carattere generale, rischio di caduta dall’alto, rischio di seppellimento e rischio di elettrocuzione. In ogni caso, tutte le fattispecie mantengono una formulazione in termini omissivi e, in particolare, di omissione in termini assoluti.[8]  Per integrare la relativa violazione grave cioè, il personale ispettivo dovrà riscontrare la totale mancanza del documento di valutazione dei rischi, ovvero del piano di emergenza e di evacuazione, ovvero ancora del piano operativo di sicurezza. Tuttavia, qualora il piano o il documento risulti mancante perché custodito altrove, ferma la contestazione dei relativi illeciti, gli ispettori del lavoro potranno differire la decorrenza del provvedimento di sospensione al giorno successivo per consentire al datore di lavoro di esibire la documentazione mancante.

Parimenti, la mancata fornitura dei dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto, contro i rischi di elettrocuzione ovvero l’omessa predisposizione di protezioni verso il vuoto e di armature di sostegno, deve consistere in un’omissione totale, perché il lavoratore non ha mai ricevuto i dispositivi di protezione specificamente richiesti per quella tipologia di lavorazioni ovvero perché tali cautele risultino talmente insufficienti o malfunzionanti da essere considerate concretamente assenti.

Quanto alla mancata formazione ed addestramento, la fattispecie scatta quando è richiesta la partecipazione del lavoratore sia ai corsi di formazione, sia all’addestramento. Secondo i chiarimenti dell’I.N.L., tale circostanza si rinviene nei seguenti casi di cui al Testo Unico Sicurezza: articolo 73, in combinato disposto con articolo 37, nei casi disciplinati dall’accordo Stato-Regioni del 22.2.2012 (utilizzo di attrezzatura da lavoro); articolo 77, comma 5 (utilizzo di DPI appartenenti alla III categoria e dispositivi di protezione dell’udito); articolo 116, comma 4 (sistemi di accesso e posizionamento mediante funi); articolo 136, comma 6 (lavoratori e preposti addetti al montaggio, smontaggio, trasformazione di ponteggi); articolo 169 (formazione e addestramento sulla movimentazione manuale dei carichi).[9]

La novità più rilevante nell’elenco delle violazioni gravi è data senz’altro dalla previsione della omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo. Alla luce di tale fattispecie, la mera constatazione che il dispositivo è stato rimosso o modificato consente al personale ispettivo di adottare il provvedimento di sospensione, senza che sia necessario accertare a quale soggetto sia addebitabile la rimozione o la modifica.[10]

Qualora siano riscontrate più violazioni utili all’adozione del provvedimento di sospensione – perché tutte riferibili all’allegato I ovvero in parte all’allegato I e in parte alla presenza di personale irregolare – pur contestate in un unico verbale di accertamento da parte del personale ispettivo, la revoca del provvedimento di sospensione può essere concessa solamente in seguito alla regolarizzazione di tutte le concomitanti violazioni e dietro pagamento delle somme aggiuntive dovute ai sensi del novellato articolo 14.

In punto di poteri di vigilanza e accertamento degli illeciti in materia prevenzionistica, il novellato articolo 13 del Testo Unico sicurezza sul lavoro ne attribuisce la spettanza non più solo all’Azienda Sanitaria Locale competente per territorio, ma anche all’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Tali poteri possono essere esercitati indipendentemente dal settore di intervento e comportano la possibilità di adottare i provvedimenti di prescrizione ai sensi del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758. Inoltre, ai sensi dell’articolo 8 D.P.R. n. 520/1955, gli ispettori del lavoro, nei limiti del servizio a cui sono destinati e secondo le attribuzioni ad essi conferite dalle norme di settore, sono ufficiali di polizia giudiziaria e, come tali, hanno la facoltà di visitare i locali in cui si svolge l’attività lavorativa, a qualunque ora del giorno e della notte.

Nell’ambito di tali attribuzioni, gli ispettori hanno altresì il potere di diffidare il datore di lavoro con apposite prescrizioni, fissando un termine per la regolarizzazione, secondo le modalità oggi stabilite dagli articoli 20-25 del decreto legislativo n. 758/1994, che consentono di rimuovere le irregolarità ed estinguere gli illeciti, in una logica riparatoria e premiale. Tale procedimento, tuttavia, si pone su un binario autonomo e parallelo rispetto a quello del provvedimento di sospensione, seguendo ciascuno il proprio corso.

 

Automaticità del provvedimento

In comune ad entrambe le ipotesi in cui scatta il provvedimento cautelare – violazioni gravi e lavoro irregolare – vi è la circostanza che, se prima tale provvedimento poteva essere adottato, ora, deve essere adottato.

Secondo l’attuale disciplina, quindi, manca ogni forma di discrezionalità da parte dell’Amministrazione per l’adozione del provvedimento di sospensione.

Tuttavia, l’Ispettorato può comunque valutare l’opportunità di farne decorrere gli effetti in un momento successivo, così come previsto dal comma 4 del nuovo articolo 14 secondo il quale “in ogni caso di sospensione, gli effetti della stessa possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità”.

Inoltre, il provvedimento deve essere adottato entro un termine, che è di sette giorni nel caso di intervento del personale ispettivo su segnalazione da parte di altre amministrazioni, ovvero nell’immediatezza degli accertamenti nel caso di intervento diretto dell’Ispettorato.

 

Sanzioni accessorie

Un’altra novità dell’intervento di riforma attiene all’introduzione della sanzione accessoria del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, che accompagna in automatico il provvedimento di sospensione per tutta la sua durata. In conseguenza, durante la vigenza del provvedimento cautelare, è fatto divieto all’impresa destinataria di contrattare con la pubblica amministrazione e – aggiunge la legge di conversione – con le stazioni appaltanti, come definite dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

In aggiunta, in via facoltativa, l’I.N.L. può imporre specifiche misure volte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro. In quanto organi di vigilanza, anche gli ispettori del lavoro possono quindi impartire disposizioni esecutive, ai fini dell’applicazione delle norme tecniche e buone prassi, qualora ne riscontrino la mancata adozione e salvo che il fatto non costituisca reato.

Il potere dispositivo degli organi ispettivi, già previsto dall’articolo 10 del D.P.R. n. 520/1955, che prevedeva la generica esecutività delle disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro in materia prevenzionistica, è oggi ripreso dall’articolo 302 bis del Testo Unico Sicurezza sul Lavoro. Le disposizioni, a differenza delle prescrizioni, costituiscono atti amministrativi immediatamente esecutivi. Contro di esse è ammesso ricorso gerarchico all’autorità sovraordinata a quella che ha impartito la disposizione. L’inosservanza delle disposizioni è a sua volta punita con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda a norma dell’art. 11, comma 2, dello stesso D.P.R. n. 520/1955.

Secondo lo stesso Ispettorato, infine, tale potere dispositivo potrà essere esercitato anche in tutti i casi in cui non ricorrano i presupposti per l’adozione del provvedimento di sospensione, come ad esempio in caso di allontanamento del lavoratore nelle ipotesi di microimpresa.[11]

 

Ambito di applicazione del provvedimento di sospensione e decorrenza

Il provvedimento di sospensione è adottato in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni. È quindi possibile circoscrivere gli effetti del provvedimento alla singola unità produttiva, rispetto alla quale sono stati verificati i presupposti per la sospensione.

In via alternativa, il nuovo articolo 14 prevede la possibilità di adottare il provvedimento di sospensione dell’attività prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell’allegato I. In questi casi, si tratterebbe di sospendere dall’attività soltanto i lavoratori per i quali il datore di lavoro abbia omesso la formazione e l’addestramento (fattispecie n. 3), ovvero abbia omesso di fornire i necessari dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto (fattispecie n. 6), dal momento che tali violazioni possono essere agevolmente riferite alla posizione del singolo prestatore di lavoro. La sospensione, in tal caso, comporta l’impossibilità per il datore di lavoro di avvalersi del lavoratore interessato fino a quando non interverrà la revoca del provvedimento secondo le condizioni previste dal comma 9.

Trattandosi di causa non imputabile al lavoratore, il datore di lavoro rimane obbligato alla corresponsione del trattamento retributivo e al versamento della relativa contribuzione. Ciò è stato espressamente previsto in sede di conversione, laddove è stato modificato il comma 2 del novellato articolo 14, ai sensi del quale il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione e a versare i relativi contributi ai lavoratori interessati dall’effetto del provvedimento di sospensione.

Rimane invece immutata la decorrenza degli effetti sospensivi, che può iniziare dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.

Infine, contrariamente a quanto già previsto, il nuovo comma 5 dispone che i provvedimenti adottati dagli ispettori del lavoro devono essere motivati con indicazione dei presupposti di fatto e di diritto che hanno determinato la decisione, anche in riferimento all’attività istruttoria compiuta nel corso degli accertamenti.[12]

 

Nuove condizioni per la revoca del provvedimento di sospensione.

Il nuovo comma 9 dell’articolo 14, Testo Unico Sicurezza, prevede cinque ipotesi di revoca del provvedimento di sospensione.

(a) La regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza.

Con riferimento alla sospensione adottata per lavoro irregolare è necessaria non solo la regolarizzazione dei lavoratori, ma anche un allineamento sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza. In particolare, ferma l’adozione della prescrizione obbligatoria, quanto alla sorveglianza sanitaria sarà necessaria l’effettuazione della relativa visita medica, potendosi comunque ritenere sufficiente l’esibizione della prenotazione della stessa purché i lavoratori interessati non siano adibiti a mansioni lavorative per le quali debba conseguirsi il relativo giudizio di idoneità; quanto agli obblighi di formazione e informazione, si ritiene sufficiente che l’attività formativa del personale da regolarizzare sia stata programmata in modo tale da concludersi entro il termine di 60 giorni e che l’obbligo informativo sia comprovato da idonea documentazione sottoscritta dal lavoratore.[13]

(b) L’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

(c) La rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni nelle ipotesi di cui all’allegato I.

In caso di sospensione per gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro occorrerà accertare che il datore di lavoro abbia provveduto al ripristino delle regolari condizioni di lavoro, adottando il comportamento eventualmente oggetto di prescrizione obbligatoria da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria intervenuti, nei termini da questi stabiliti. Inoltre, poiché le ipotesi di gravi violazioni che giustificano il provvedimento cautelare sono tassativamente indicate nel citato allegato I, per la revoca della sospensione sarà altresì necessario rimuovere le eventuali conseguenze pericolose che permangano in seguito alle violazioni riscontrate.

(d) Nelle ipotesi di lavoro irregolare, il pagamento di una somma aggiuntiva pari a 2.500 euro fino a cinque lavoratori irregolari e pari a 5.000 euro qualora siano impiegati più di cinque lavoratori irregolari.

(e) Nelle ipotesi di cui all’allegato I, il pagamento di una somma aggiuntiva di importo pari a quanto indicato nello stesso allegato con riferimento a ciascuna fattispecie.

In entrambi i casi di cui alle lettere a) e b), il datore di lavoro dovrà altresì provvedere al pagamento di una somma aggiuntiva prevista per ciascuna fattispecie di violazione riscontrata. In particolare, nelle ipotesi di lavoro irregolare, sono previsti due differenti importi a seconda che il numero dei lavoratori irregolari sia inferiore o superiore a cinque; mentre nei casi di sospensione per motivi di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro la somma aggiuntiva è indicata nello stesso allegato in riferimento a ciascuna violazione.

Inoltre, ai sensi del nuovo comma 10 dell’articolo 14, viene in rilievo la recidiva come circostanza aggravante, che consente di punire più severamente i trasgressori seriali. Le somme aggiuntive di cui alle lettere d) ed e) del comma 9, infatti, sono raddoppiate nelle ipotesi in cui, nei cinque anni precedenti alla adozione del provvedimento, la medesima impresa sia stata destinataria di un altro provvedimento di sospensione, anche sulla base della previgente normativa ovvero in forza di violazioni diverse da quelle accertate. In mancanza di una banca dati nazionale, tuttavia, ritorna il problema dell’accertamento degli eventuali precedenti da parte del personale ispettivo, che incontrerà anche in questa sede le difficoltà già affrontate nel comprovare la reiterazione sino ad oggi richiesta per l’emissione del provvedimento di sospensione.

Infine, anche in seguito alla riforma, il datore di lavoro può ottenere la revoca del provvedimento attraverso una specifica istanza di parte, il cui accoglimento determina l’ammissione al pagamento immediato di una percentuale della somma aggiuntiva ridotta al 20%. Il nuovo comma 11, infatti, ricalca il precedente comma 5-bis laddove stabilisce che, fermo il rispetto delle condizioni di revoca di cui sopra, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del venti per cento della somma aggiuntiva dovuta.

L’importo residuo, maggiorato del cinque per cento, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca. In altri termini, è possibile pagare le suddette somme in due soluzioni: soltanto il 20% all’atto della richiesta di revoca del provvedimento, e il restante 80%, maggiorato del 5%, entro sei mesi dalla data di presentazione dell’istanza. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell’importo residuo entro il termine stabilito, il provvedimento di accoglimento dell’istanza costituisce titolo esecutivo per il recupero coattivo delle somme non versate.

 

Il reato di inosservanza del provvedimento di sospensione

Il reato di inosservanza del provvedimento di sospensione, prima previsto dal comma 10, viene oggi inserito nel nuovo comma 15. La previsione originaria della pena dell’arresto fino a sei mesi, era stata riformata dal decreto legislativo del 3 agosto 2009, n. 106. Senza alcuna sostanziale modifica, l’attuale fattispecie incriminatrice prevede che il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione sia punito con l’arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, e con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.

Sono quindi previste due diverse sanzioni, a seconda del presupposto in base al quale l’autorità ispettiva ha adottato il provvedimento cautelare non rispettato: (i) in caso di inottemperanza ad un provvedimento di sospensione impartito per violazioni in materia di salute e sicurezza, l’arresto da un minimo di cinque giorni fino ad un massimo di sei mesi; (ii) in caso di inottemperanza ad un provvedimento di sospensione impartito per la presenza di lavoratori irregolari, la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda.

In tale ultimo caso, trattandosi di una contravvenzione punita con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, sarà applicabile la procedura di definizione amministrativa di cui all’articolo 301 del medesimo Testo Unico Sicurezza sul Lavoro, che richiama le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20 e seguenti del decreto n. 758/1994.

Sul punto peraltro, l’ultimo comma del novellato articolo 14, chiarisce che l’emissione del decreto di archiviazione per l’estinzione delle contravvenzioni all’esito della procedura di prescrizione, comporta anche la contestuale decadenza dei provvedimenti di sospensione, fermo restando in ogni caso il pagamento delle somme aggiuntive di cui al comma 9 lettera d), già prevista quale condizione per la revoca del provvedimento di sospensione. Per il primo caso, invece, trattandosi di una contravvenzione punita con la sola pena dell’arresto, potrà eventualmente applicarsi la procedura di definizione disciplinata dall’art. 302 Testo Unico Sicurezza sul lavoro. In questo modo, su richiesta dell’imputato e previa eliminazione di tutte le fonti di rischio e le conseguenze dannose del reato, il giudice può sostituire la pena irrogata con il pagamento di una somma di denaro, ragguagliata secondo le modalità stabilite dal codice penale, ma comunque non inferiore a 2.000 euro.

Quanto alla natura della fattispecie incriminatrice in parola, la giurisprudenza ne ha dato la qualificazione di reato formale, che si consuma, con condotta permanente, nel momento e per tutto il tempo in cui l’imprenditore non ottempera al provvedimento impartito dall’autorità di vigilanza.[14] Nell’immodificata formulazione attuale, pertanto, il reato di inottemperanza al provvedimento di sospensione si perfeziona sin dal momento in cui il destinatario dello stesso non vi si conforma.

D’altro canto, qualora si ritenga illegittimo il provvedimento adottato dall’autorità, è possibile proporre ricorso entro 30 giorni dalla notifica al datore di lavoro. Tuttavia, il ricorso è ammesso solamente avverso i provvedimenti adottati per l’impiego di lavoratori irregolari, da proporsi all’Ispettorato interregionale del lavoro, che ha ulteriori 30 giorni di tempo dalla notifica per pronunciarsi. Decorso inutilmente tale termine, il provvedimento di sospensione perde efficacia.

 

Sicurezza: nuovi obblighi per il datore di lavoro e il preposto

In seguito agli emendamenti approvati con la legge di conversione, emergono nuovi obblighi per il datore di lavoro e il preposto. Conseguentemente, sono previste altrettante sanzioni in caso di violazione degli stessi.

Quanto al datore di lavoro, il legislatore prevede in maniera del tutto inedita che, oltre a lavoratori, dirigenti e preposti, anche il titolare del rapporto di lavoro dovrà ricevere un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico, in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. Secondo la riforma, entro il 30 giugno 2022, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome dovrà adottare un accordo in modo da garantire l’individuazione della durata, dei contenuti minimi, e delle modalità di formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro. Con il medesimo accordo saranno altresì individuate le modalità di verifica finale di apprendimento e le modalità di verifica di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.[15]

Peraltro, allo scopo di assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti, la novella prevede espressamente che le attività formative si svolgano interamente con modalità in presenza e siano ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.[16]

Parallelamente, sono previste molteplici conseguenze sanzionatorie in caso di violazione dei nuovi obblighi formativi incombenti sul datore di lavoro.

In primo luogo, l’articolo 55, comma 5, lettera c), del Testo Unico, dedicato alle sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente, viene integrato con la previsione dell’arresto da due a quattro mesi o l’ammenda da 1474,21 a 6.388,23 euro anche in caso di violazione del novellato articolo 37 comma 7 e comma 7-ter D.Lgs. n. 81/2008. Tale reato è stato definito dalla giurisprudenza come reato permanente, dal momento che gli obblighi di formazione e informazione del datore di lavoro non sono limitati al momento dell’assunzione del lavoratore, ma perdurano nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro sino alla interruzione dello stesso.

Se fino ad oggi, tuttavia, l’obbligo di fornire la formazione a lavoratori, preposti e dirigenti era in capo al datore di lavoro, qualificandosi la relativa contravvenzione come reato proprio, la riforma ha modificato il testo del comma 7 espungendo l’inciso “a cura del datore di lavoro” per prevedere genericamente che “datore di lavoro, dirigenti e preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione”. D’altro canto, la violazione di tale obbligo formativo continua a ricadere tra le sanzioni previste a carico del datore di lavoro di cui all’articolo 55. In attesa che l’accordo della Conferenza permanente fornisca maggiori dettagli sul punto, è logico desumere che il datore di lavoro è oggi destinatario di un obbligo permanente di formazione e di auto-formazione.

In secondo luogo, alla luce delle modifiche sopra riportate in materia di condizioni per la sospensione dell’attività imprenditoriale, la violazione dell’obbligo formativo del datore di lavoro potrebbe astrattamente determinare l’adozione del provvedimento di sospensione ai sensi della fattispecie n. 3 dell’allegato I, relativa alla mancata formazione e addestramento.

Tuttavia, alla luce dei recenti chiarimenti dello stesso I.N.L., tale fattispecie richiede il simultaneo obbligo di formazione e addestramento, che non sembra essere contemplato per il datore di lavoro nelle modifiche apportate dalla legge di conversione. In altri termini, estendendo al datore di lavoro solamente l’obbligo formativo e non anche quello di addestramento, la relativa violazione non potrebbe essere ricompresa nell’alveo della violazione grave contemplata dal citato allegato e, come tale, non potrebbe in nessun caso determinare l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.

La legge di conversione ha introdotto delle novità anche per la figura del preposto. Fermo restando l’obbligo di sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale, il preposto è altresì destinatario dell’obbligo di intervenire per modificare il comportamento del lavoratore non conforme alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti, fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, il preposto ha quindi il dovere di interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti.[17]

In aggiunta, in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, qualora lo ritenga necessario, il preposto ha l’onere di interrompere temporaneamente l’attività, segnalando in ogni caso tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate.[18]

Anche per il preposto, quindi, la sanzione di cui all’articolo 56, comma 1, lettera a), del Testo Unico, ossia la pena alternativa dell’arresto fino a due mesi o dell’ammenda da 491,40 a 1.474,21 euro, si estende alla violazione dei nuovi obblighi.

Infine, si segnala una novità in materia di addestramento dei lavoratori. Il legislatore descrive in maniera più dettagliata il perimetro dell’attività di addestramento, che consiste nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, nonché nell’esercitazione applicata delle procedure di lavoro in sicurezza. Secondo la novella, gli interventi di addestramento effettuati dovranno essere tracciati in apposito registro anche informatizzato.[19]

 

Controlli: all’Ispettorato Nazionale del Lavoro nuovi compiti di vigilanza e coordinamento

Con la riforma dell’articolo 13 del Testo Unico Sicurezza sul Lavoro sono estese le competenze dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. La vigilanza sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro non è più svolta solamente dal personale delle A.S.L. competente per territorio ma anche dagli ispettori del lavoro.

L’obiettivo della riforma è duplice: potenziare l’attività di vigilanza, incentivando e semplificando i controlli in materia di salute e sicurezza sul lavoro e, al contempo, coordinare i soggetti competenti a presidiare il rispetto delle norme prevenzionistiche. Nello specifico, l’ampliamento delle competenze ispettive dell’I.N.L. e il suo coordinamento con le A.S.L. dovrebbe risultare in un maggior presidio su tutto il territorio nazionale.

In un’ottica di coordinamento e sviluppo di modelli operativi condivisi, l’Ispettorato ha già fatto presente, nella propria nota del 9 dicembre, che, laddove ricorrano sia violazioni di cui all’allegato I sia fattispecie di lavoro irregolare, si dovrà adottare un unico provvedimento di sospensione e un unico provvedimento di revoca, una volta verificate tutte le condizioni di legge.

Accanto all’estensione delle competenze attribuite all’I.N.L., il Governo ha previsto un aumento dell’organico, con l’assunzione di 1.024 unità e un investimento in tecnologie di oltre 3,7 milioni di euro nel biennio 2022-2023 per dotare il nuovo personale ispettivo della strumentazione adeguata a svolgere l’attività di vigilanza.

È stato previsto anche l’aumento del personale dell’Arma dei Carabinieri dedicato alle attività di vigilanza sull’applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che passerà dalle attuali 570 a 660 unità dal 1° gennaio 2022.

Infine, in linea con le direttive di potenziamento e intensificazione dei controlli, la riforma mira a rafforzare la banca dati dell’INAIL – il Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) – puntando ad una definitiva messa a regime per una maggiore condivisione delle informazioni immagazzinate. Gli organi di vigilanza sono tenuti ad alimentare un’apposita sezione della banca dati, dedicata alle sanzioni applicate nell’ambito dell’attività di vigilanza svolta nei luoghi di lavoro. L’INAIL dovrà rendere disponibili alle Aziende sanitarie locali e all’Ispettorato nazionale del lavoro i dati relativi alle aziende assicurate e agli infortuni denunciati.

Infine, la novella legislativa prevede l’istituzione da parte del Ministero del Lavoro del repertorio degli organismi paritetici, previa definizione dei criteri identificativi, sentendo le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale per il settore di appartenenza. Inoltre, il nuovo comma 8-bis dell’articolo 51, D.Lgs. n. 81/2008, stabilisce che gli organismi paritetici devono comunicare annualmente all’Ispettorato del Lavoro e all’INAIL, i dati relativi:

- alle imprese che hanno aderito al sistema degli organismi paritetici e quelle che hanno svolto l’attività di formazione organizzata dagli stessi;

- ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali;

- al rilascio delle asseverazioni di adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza, di cui all’art. 30 del D.Lgs. n. 81/2008;

Tali dati comunicati con cadenza annuale dagli organismi paritetici verranno utilizzati ai fini della individuazione di criteri di priorità nella programmazione della vigilanza e di criteri di premialità nell’ambito della determinazione degli oneri assicurativi da parte dell’INAIL, tenendo conto del fatto che le imprese aderiscono volontariamente al sistema paritetico che ha come obiettivo primario un’efficace prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro.

Ci si dovrà inoltre attendere, entro il 30 giugno 2022, un decreto del Ministro del lavoro, adottato previa intesa con le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, con cui saranno definite le modalità di funzionamento e di articolazione settoriale e territoriale del Fondo di sostegno alla piccola e media impresa, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticità, di cui all’art. 52 Testo Unico Sicurezza.

In conclusione, il decreto legge in materia fiscale ha attuato modifiche sostanziali al Testo Unico Sicurezza, tanto da essere definito dai primi commentatori una mini riforma. Rivoluzionando le regole già esistenti, sono state adottate misure volte essenzialmente a migliorare la prevenzione degli infortuni sul lavoro, intervenendo in punto di formazione e addestramento, di sospensione dell’attività imprenditoriale e di formazione del datore di lavoro.

Al contempo, con l’estensione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro delle competenze di vigilanza e ispezione già riconosciute alle Aziende Sanitarie Locali, e l’adozione di nuove tecnologie da attribuire in dotazione ad un personale più numeroso e preparato, il legislatore della riforma ha inteso potenziare l’apparato dei controlli, intercettando le leve auspicate per arginare il fenomeno infortunistico. Si dovranno attendere le prime applicazioni per valutarne la concreta efficacia.

 

[1] Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato Delle Regioni “Quadro strategico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027. Sicurezza e salute sul lavoro in un mondo del lavoro in evoluzione”, Bruxelles 28.6.2021.

[2] Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 41 del 15 Ottobre 2021.

[3] Circolare n. 3/2021 Ispettorato Nazionale del Lavoro, p. 2

[4] In caso di violazione degli obblighi di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione.

[5] Lettera circolare prot. n. 14184 del 5 agosto 2013

[6] Con nota prot. n. 7127 del 28 aprile 2015, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali delimitava ulteriormente il concetto di lavoratore computabile ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione, osservando che i soci amministratori che prestano attività lavorativa in azienda non vanno considerati nel calcolo della percentuale dei lavoratori complessivamente occupati ai fini della adozione del provvedimento di sospensione. Al contrario, i soci lavoratori cui non spetta l’amministrazione o la gestione della società, non disponendo dei poteri datoriali tipici, dovranno essere computati a tali effetti.

[7] Circolare n. 3/2021 Ispettorato Nazionale del Lavoro, p. 3

[8] Circolare n. 4/2021 Ispettorato Nazionale del Lavoro, p. 2

[9] Circolare n. 4/2021 Ispettorato Nazionale del Lavoro, p. 3

[10] Circolare n. 4/2021 Ispettorato Nazionale del Lavoro, p. 5

[11] Circolare n. 3/2021 Ispettorato Nazionale del Lavoro

[12] Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241

[13] Circolare n. 3/2021 Ispettorato Nazionale del Lavoro

[14] Cassazione penale, sezione III, sentenza 20 giugno 2019, n. 27534

[15] Nuovo testo dei commi 2 e 7 dell’articolo 37, D.Lgs. n. 81/2008

[16] Nuovo comma 7-ter dell’articolo 37, D.Lgs. n. 81/2008

[17] Nuovo testo dell’articolo 19, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 81/2008

[18] Nuova lettera f-bis) di cui all’articolo 19, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008

[19] Nuovo testo dell’articolo 37, comma 5, D.Lgs. n. 81/2008