Tra Ungheresi, Bizantini e crociati. Gli Estensi e l'Oriente a inizio Duecento
Tra Ungheresi, Bizantini e crociati. Gli Estensi e l'Oriente a inizio Duecento
Le fonti dell’Archivio di Stato di Modena documentano oltre sei secoli di relazioni politico-dinastiche tra la Casa d’Este e il regno di Ungheria. Una lunga storia che ebbe inizio tra XII e XIII secolo, nel quadro di una complessa trama di rapporti internazionali tra Occidente e Oriente, ovvero tra il Papato di Innocenzo III, i regni dell’Europa orientale, l’impero bizantino e egli stati crociati della Terrasanta.
Alle reti internazionali create da Innocenzo III vanno ricollegate, con ogni probabilità, le nozze del marchese Azzo VI d’Este con Alisia (o Alice) di Châtillon, figlia di Rinaldo, il noto condottiero crociato. Le nozze furono celebrate il 22 febbraio 1204 a Gemona, in Friuli, nella chiesa di S. Maria di Clemena. L’Archivio di Stato di Modena conserva una copia autentica del contratto nuziale[1], pubblicata dal Muratori nelle Antichità Estensi[2]. Da tale documento apprendiamo che le nozze ebbero luogo alla presenza del patriarca di Aquileia Pellegrino e dei vescovi Uberto di Vicenza e Matteo di Ceneda; oltre ai rappresentanti delle Chiese di Vicenza, Padova ed Este, erano presenti anche esponenti delle maggiori famiglie dell'aristocrazia veneta, ovvero Gabriele da Camino, Tommaso conte di Padova, Marsilio da Carrara e Bonifacio conte di Verona. Era presente in qualità di testimone anche Salinguerra Torelli, che in seguito avrebbe lottato a lungo contro gli Estensi per il predominio su Ferrara; fra i notabili ferraresi presero parte alla cerimonia anche Ottolino Mainardi e Giacomo Fontana.
La sposa di Azzo VI d'Este, Alisia di Châtillon (ca. 1182-1235), proveniva dalla corte ungherese; là era stata raggiunta da quattro inviati dell'Estense, Alberto da Baone, Alberico Pandemilio, Martino da Milano e Francesco da Caldiero; essi avevano curato il negoziato con re Imre a nome del marchese ed avevano successivamente scortato la sposa in Italia. L’incontro tra gli sposi avvenne quindi in Friuli, ai piedi delle Alpi, lungo la via che collegava la pianura padana all’Europa centrale. Alisia di Châtillon portava in dote al marchese Azzo d'Este duemila marche d’argento.
Ma chi era Alisia e quale era il suo legame con l’Ungheria? La nuova marchese d’Este era figlia del crociato Rinaldo di Châtillon, signore dell’Oltregiordano. Il crollo delle fortune paterne la aveva costretta ad abbandonare la Terrasanta e a rifugiarsi nella lontana Europa, in Ungheria. Alisia aveva trovato riparo in quello che per anni era stato il regno della sua sorellastra, Agnese di Châtillon (ca. 1153-1184), la prima moglie di re Bela III Árpád. Tuttavia, quando Alisia giunse alla corte arpadiana, la regina Agnese doveva già essere morta da alcuni anni; l’arrivo in Ungheria di Alisia, infatti, va collocato dopo la morte di Rinaldo di Châtillon, avvenuta nel 1187 per mano del Saladino. In quegli anni la regina Agnese era già morta, per cui la bambina dovette essere accolta in Ungheria da Bela III, cognato di Alisia. Sebbene figlie dello stesso padre, le due principesse, molto distanti per età, conobbero vicende molto diverse e non si incontrarono mai; furono tuttavia legate entrambe all’Ungheria, naturalmente soprattutto Agnese, che ne fu regina per oltre un decennio, dal 1172 al 1184.
Agnese era nata dalle nozze (1153) di Rinaldo di Châtillon con Costanza d’Altavilla, titolare del principato latino di Antiochia. La prigionia di Rinaldo e la morte di Costanza (ca. 1163) avevano determinato il trasferimento di Agnese a Costantinopoli presso la sorellastra Maria, moglie dell’imperatore Manuele I Comneno[3]. Agnese di Châtillon/Antiochia era quindi cresciuta alla corte bizantina, dove aveva conosciuto il principe ungherese Bela, fratello di re Stefano III Árpád: le mire bizantine sull’Ungheria, infatti, avevano indotto il Basileús Manuele I a fidanzare la propria figlia col principe Bela, che fu persino designato ufficialmente quale erede al trono imperiale[4]. Tuttavia, quando Maria di Antiochia diede all’imperatore Manuele un erede maschio, Bela vide preclusa la propria ascesa al trono bizantino, e Manuele I gli diede in moglie la propria cognata, Agnese di Antiochia. Le nozze furono celebrate attorno al 1170 e due anni più tardi, alla morte di Stefano III, Bela salì sul trono d'Ungheria assieme alla moglie Agnese.
Bela e Agnese avevano ereditato un regno assai vasto, che si estendeva di fatto dalla Galizia all'Adriatico; il nuovo re cercò di ampliarne ulteriormente i confini, perseguendo una politica di espansionismo nei Balcani che lo portò ad occupare territori formalmente soggetti a Costantinopoli, a cominciare da Spalato; anche Zara si sottomise a Bela III. La politica ungherese nei Balcani si scontrò con le mire di Venezia su Istria e Dalmazia; ne seguirono due guerre tra la corona ungherese la Serenissima, in forte espansione nell'Adriatico (1180-1188, 1190-1191). Parallelamente Bela avviò rapporti con la monarchia francese, sposando Margherita, sorella di re Filippo Augusto, dopo la morte di Agnese. Aderì poi al progetto della terza crociata, che vide, come noto, la partecipazione di Riccardo Cuor di Leone, del Barbarossa e dello stesso Filippo Augusto; in particolare il sovrano ungherese supportò le truppe imperiali tedesche nel loro viaggio attraverso i Balcani. A Bela III succedette nel 1196 il primogenito Imre (Emmerico), nato dal matrimonio con Agnese di Châtillon. Ben presto però Imre dovette scontrarsi con il fratello minore Andrea; la contrapposizione tra i due fratelli sfociò in guerra aperta, portando all'intervento diretto della Santa Sede: papa Innocenzo III, ben consapevole del ruolo strategico del regno ungherese, si schierò con re Imre, sollecitando Andrea ad adempiere al voto del “pellegrinaggio armato” in Terrasanta.
Papa Innocenzo III aveva bandito la crociata già all'indomani della sua elezione, nel 1198. La terza crociata infatti (1189-1192) non aveva portato alla riconquista di Gerusalemme, che era caduta nella mani del Saladino a seguito della battaglia di Hattin, nel 1187. Subito dopo la battaglia, il sultano aveva trucidato con le proprie mani, secondo le cronache, uno dei più noti signori crociati, preso prigioniero assieme ad altri “Franchi”: Rinaldo di Châtillon, il padre di Alisia e Agnese. Rinaldo era giunto in Terrasanta già quarant'anni prima, al tempo della seconda crociata. Grazie alle sue nozze con Costanza di Antiochia era riuscito ad ottenere la signoria di quel principato. Attorno al 1160 era stato catturato dai musulmani, rimanendo prigioniero ad Aleppo per lunghi anni. Perdette quindi il dominio sul principato di Antiochia, che con la morte di Costanza (1163) era passato a suo figlio Boemondo III d'Altavilla. Nonostante la perdita di Antiochia, però, Rinaldo, una volta riottenuta la libertà, era riuscito ad acquisire un nuovo dominio territoriale sposando Stefania di Milly (1175), erede della signoria dell’Oltregiordano. Si trattava dei territori situati ad est del fiume Giordano; qui il potere militare dei crociati aveva il suo fulcro nelle fortezze di Kerak e Montereale. È in uno di questi luoghi, sedi di Rinaldo, che con ogni probabilità Stefania diede alla luce Alisia, attorno al 1182. Sono note le vicende della guerra tra Rinaldo di Châtillon e il Saladino; l’uccisione del cavaliere crociato dopo la battaglia di Hattin e la caduta di buona parte dell’Oltregiordano causarono l’abbandono di questi luoghi da parte della piccola Alisia, che lasciò così la Terrasanta. Pochissime sono le notizie di cui disponiamo; sappiamo che ella fu accolta in Ungheria, alla corte del cognato Bela III, vedovo di Agnese; è stato inoltre ipotizzato che il sovrano ungherese avesse considerato la possibilità di un matrimonio tra Alisia e il proprio figlio Imre. Quest’ultimo salì al trono alla morte del padre, nel 1196; fra i suoi primi atti vi dovette essere la donazione di numerosi beni ad Alisia, come attesterebbe una bolla di papa Innocenzo III trascritta dal Prisciani nelle sue Historie Ferrariae; il documento papale fu poi ripreso nel Settecento da Lodovico Antonio Muratori, che lo pubblicò nelle Antichità Estensi unitamente al contratto nuziale di Alisia e Azzo VI. Tali documenti riguardanti la figlia di Rinaldo furono pubblicati anche nelle Ricerche istorico-critiche dell'estense Isidoro Alessi. La bolla di Innocenzo III a favore di Alisia, datata 30 giugno 1198, ci è nota unicamente grazie a queste trascrizioni successive, poiché di essa non vi è traccia alcuna nei registri editi della cancelleria di Innocenzo III.
Con tale documento il pontefice, già sei anni prima delle nozze col marchese d'Este, aveva preso sotto la propria protezione Alisia, figlia di quel Rinaldo di Châtillon la cui uccisione per mano musulmana aveva conferito la fama di martire; una fama di santo martire della fede affermatasi già a fine XII secolo grazie all'opera di Pietro di Blois, che compose una Passio Raginaldi principis Antiochie. Papa Innocenzo III prese sotto la protezione della Chiesa di Roma la persona di Alisia e il suo patrimonio, costituito da cospicue donazioni elargite da re Imre; il sovrano ungherese, infatti, aveva assegnato alla sorellastra della madre una rendita annua di 400 marche d'argento e beni fondiari costituiti da cento mansi a conduzione servile, da quattro ville e dalla località di Tornai; quest'ultimo luogo, anch'esso designato come villa, va quasi certamente identificato con la rocca di Tornai, attualmente in territorio slovacco (Tornai vár/ Burg Tornau/ Turniansky hrad).
Pellegrino Priscani, custode dell'archivio estense tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento, trascrisse il documento innocenziano nel terzo volume delle sue Historiae Ferrariae, alla carta 19v; è quindi probabile che l'archivio estense ne conservasse una copia. Inoltre, le cc. immediatamente precedenti delle Historiae recano notizie, ordinate cronologicamente, su Rinaldo di Châtillon, la sua prima moglie Costanza e il principato di Antiochia. La c. 19v del terzo volume reca la trascrizione della bolla innocenziana sul margine sinistro del foglio; al centro, invece, si staglia una magnifica illustrazione, raffigurante una flotta in mare e movimenti di truppe sulla terraferma. Al centro del disegno, in primo piano, si riconosce una figura femminile, evidentemente una principessa, a bordo di una nave. Poiché il disegno è collocato esattamente a fianco del testo, e considerando la funzione didascalica delle illustrazioni nell'opera del Prisciani, siamo portati ad ipotizzare che la principessa raffigurata in primo piano sia proprio Alisia di Châtillon, nel suo viaggio dalla Terrasanta verso l'Occidente a seguito dell'uccisione del padre. Il braccio di mare raffigurato sarebbe quindi il Mediterraneo orientale, con l'isola di Cipro, compreso tra l'Anatolia, l'Egitto e la Palestina. I soldati raffigurati in alto potrebbero essere i crociati, quelli rappresentati in basso i musulmani, forse le truppe del Saladino. Solo uno studio più analitico delle illustrazioni e una completa trascrizione del testo priscianeo riguardante Alisia e la storia di Antiochia potranno fornire elementi per una più sicura attribuzione.
La protezione concessa dal pontefice ad Alisia si ricollegava, più in generale, alla protezione concessa dallo stesso Innocenzo III al regno di Ungheria e al suo monarca, Imre. Nonostante alcuni momenti di tensione, dovuti a contenziosi tra l'autorità regia e i vescovi di Vác e Kalacsa, la corte di Albareale (Székesfehérvár) intratteneva solide relazioni politico-diplomatiche con la Santa Sede. La protezione concessa da papa Innocenzo III a re Imre si manifestò con forza in relazione ai notti fatti di Zara del 1202, quando le truppe veneziane e francesi della quarta crociata deviarono sulla città dalmata, saccheggiandola; il papa scomunicò gli stessi crociati, macchiatisi del saccheggio di una città cristiana, soggetta alla corona ungherese. Il regno ungherese rivestiva un ruolo di primaria importanza nello scacchiere politico innocenziano; la politica di papa Innocenzo III, infatti, mirava decisamente all'affermazione della supremazia della Chiesa di Roma nell'Oriente europeo. L'Ungheria, data la sua ubicazione strategica, a cavaliere tra i territori latini e il mondo bizantino, svolgeva un ruolo fondamentale nell'azione politica del pontefice, finalizzata ad estendere l'influenza romana ai regni slavo-ortodossi. Tale azione ebbe successo nei confronti della Bulgaria, dove re Kalojan si sottomise alla Chiesa di Roma, ottenendo la corona dallo stesso Innocenzo III; richiese la corona al pontefice romano anche Stefano II Nemanijc di Serbia. In un simile contesto, l'espansionismo ungherese nei Balcani favoriva gli interessi papali; particolarmente importante, per la Curia romana, era il sostegno di re Imre nei territori della Bosnia, ove si era affermata l'eresia bogomila. La lotta all'eresia, infatti, rivestiva infatti un'assoluta centralità nell'ideologia di Innocenzo III, che negli stessi anni bandiva la crociata contro gli Albigesi (catari), nella Linguadoca.
Di un'analoga protezione da parte di papa Innocenzo III godeva, negli stessi anni, il marchese Azzo VI d'Este. Va ricordato che fra XII e XIII secolo gli Estensi erano ancora ben lontani dal conseguire un predominio signorile indiscusso su Ferrara; essi, col marchese Azzo VI, avevano trasferito la propria sede in città, tuttavia il fulcro del potere estense restavano i castelli euganei (Este, Monselice, Montagna, Baone, Cerro, etc.). Quella estense era ancora essenzialmente una signoria territoriale, incentrata sul dominio fondiario e sui castelli. A Ferrara gli Estensi avevano raccolto l'eredità politica degli Adelardi e si erano posti alla guida della parte guelfa, dando vita ad un lungo conflitto con i ghibellini, guidati da Salinguerra Torelli. Nella terraferma veneta era invece iniziata una sanguinosa lotta contro Ezzelino da Romano, che segnò la storia estense fino alla seconda metà del Duecento. In quanto guida della parte guelfa, Azzo VI poteva beneficiare del pieno appoggio di papa Innocenzo III, fondamentale per gli Estensi al fine di ottenere una legittimazione giuridica ed un effettivo consolidamento delle loro posizioni di potere in Ferrara. Al tempo stesso il sostegno di Azzo VI d'Este consentiva ad Innocenzo III di estendere la sua azione di “recuperazione” territoriale fino al Po; obiettivo primario del pontefice, infatti, era assoggettare all'effettivo dominio papale le terre dell'Esarcato (Romagna) e della Pentapoli (Umbria, Marche) donate al Papato già dai sovrani carolingi. Ferrara era parte integrante dell'antico Esarcato, ed in quanto tale rientrava tra i territori rivendicati dalla Santa Sede. Innocenzo III cercò di allontanare completamente gli Estensi dall'imperatore Ottone IV; al fine di consolidare i rapporti con il casato, il pontefice nel 1208 concedette ad Azzo VI la Marca di Ancona. Inoltre, Innocenzo III era il tutore del giovane Federico II di Svevia, destinato in breve tempo a subentrare a Ottone IV, sconfitto definitivamente a Bouvines (1214). Pertanto, il legame con Innocenzo III permetteva ad Azzo VI di mantenere proficue relazioni anche col nuovo potere imperiale in ascesa.
É dunque in un siffatto contesto politico che, a giudizio di chi scrive, si possono inserire le nozze di Azzo VI, protetto di Innocenzo III, con Alisia di Châtillon, anch'essa una protetta del papa; e la protezione concessa alla principessa scaturiva, con ogni evidenza, dall'alleanza di Innocenzo III con re Imre di Ungheria, così come dall'ideologia crociata dello stesso pontefice e dalla sua grande attenzione rivolta agli stati latini d'Oriente. Dovere della Chiesa universale e dei sovrani europei era quello di sostenere e tutelare dalla minaccia musulmana i principi crociati della Terrasanta. I principi crociati e i loro discendenti, come Alisia, appunto; una principessa, peraltro, figlia di una crociato del quale si andava diffondendo la fama di martire.
In sintesi, favorendo le nozze di Alisia con Azzo d'Este, il papa affidava una propria protetta ad un casato fedele alla Chiesa di Roma; un casato, che con tale unione, rinsaldava il proprio legame col Papato, si legava ad un importante regno europeo quale era quello ungherese e si avvicinava così, almeno idealmente, alla Terrasanta, ai principati crociati e a quel mondo della cavalleria franco-normanna che aveva dato vita agli stati latini del vicino Oriente. Un legame che favoriva l'ascesa della Casa d'Este sul piano politico ma che ancor di più rivestiva una importanza sul terreno simbolico ed ideologico, soprattutto in decenni che vedevano la diffusione dell'ideale cavalleresco nelle corti europee. Un legame con la Terrasanta e con il mondo cortese e cavalleresco che due secoli più tardi, sempre all'interno del casato estense, trovò espressione nel pellegrinaggio in Palestina di Niccolò III d'Este, che nel Santo Sepolcro di Gerusalemme nominò cavalieri i suoi cortigiani e sul Calvario ricevette gli speroni d'oro.