Il diritto all’istruzione dei giovani Inuit, secondo la Corte suprema canadese
Il diritto all’istruzione dei giovani Inuit, secondo la Corte suprema canadese
1. Con la decisione (opinione consultiva) Reference re An Act respecting First Nations, Inuit and Métis children, youth and families[i], emanata il 9 febbraio 2024 (verdetto unanime, 8-0), i supremi giudici della Federazione canadese hanno stabilito la conformità alla Costituzione federale della legge, approvata nel 2019 (Royal Assent del 21 giugno 2019, in vigore dal 1° gennaio 2020) sui servizi familiari e per i minori appartenenti alle comunità indigene[ii].
La vicenda processuale ha suscitato nel Paese grande interesse, dimostrato tra l’altro dall’intervento di oltre trenta soggetti terzi, rappresentanti di comunità Indiane e Inuit[iii]. La (migliore) dottrina giuridica canadese aveva avvertito le grandi potenzialità insite nell’imminente pronuncia della Supreme Court of Canada-SCOC[iv]. Si tenga conto che le Opinions della Corte suprema sono “advisory” soltanto nominalmente, in quanto vengono emanate in relazione a big legal issues ed esplicano efficacia vincolante equiparabile a quella delle sentenze[v].
La questione si era posta dal momento che il Governo del Québec aveva contestato la legge de qua davanti alla Corte d’appello quebecchese (QCCA), nel dicembre 2019, prima dunque (sebbene, ormai, nell’imminenza) dell’entrata in vigore della legge stessa, mediante l’utilizzo dello strumento processuale della reference question[vi]. Nel ricorso governativo si sosteneva che la legge federale sopra menzionata era contraria alla Costituzione canadese, in quanto, pur essendo vero che i diritti contemplati dalla legge medesima trovano fondamento nella section 35 del Consititution Act del 1982, trattandosi di diritti degli aborigeni (id est, diritti ancestrali o atavici)[vii], tuttavia il legislatore federale non avrebbe potuto attribuite alle regolamentazioni dettate dalle comunità indigene la forza legale di prevalere su eventuali normative di livello provinciale che incidessero sulla stessa materia. I giudici d’appello avevano accolto, con la decisione del 10 febbraio 2022[viii], tale argomentazione, stabilendo che le normative indigene sono comunque subordinate alla disciplina di livello provinciale. In sostanza, per i giudici d’appello quebecchesi la legge federale sarebbe ultra vires, rispetto alle competenze assegnate al Parlamento nazionale dalla Costituzione canadese.
Il dictum della Corte d’appello del Québec veniva criticato dalle associazioni degli aborigeni, sotto il profilo del mancato riconoscimento della priorità delle normative indigene rispetto a quelle provinciali (o territoriali)[ix]. Nella Provincia del Québec, gli Inuit rappresentano una delle undici comunità aborigene (id est, “nazioni autoctone”; le altre sono invece First Nations, composte da Indiani). Essi vivono in quattordici comunità o villaggi, per un totale di circa 12.000 abitanti (complessivamente, le comunità aborigene del Québec, incluse cioè le First Nations, sono quarantuno, e rappresentano poco più dell’1 per cento degli abitanti della Provincia de qua). Gli Inuit sono insediati nell’estremo nord del Québec, oltre il 55° parallelo, in un territorio chiamato Nunavik, che significa, nella lingua degli indigeni Inuit nord-quebecchesi (che si autodefiniscono Nunavimmiut), «posto in cui vivere»[x]; i villaggi Inuit hanno una popolazione variabile tra 100 e 1.700 residenti. Si devono a ricercatori canadesi le prime indagini fondate su un nuovo paradigma, elaborato negli anni settanta del secolo scorso e che prevedeva non più uno sguardo alle comunità Inuit dall’esterno (proprio della eschimologia, il cui insegnamento, combinato con gli studi groenlandesi e artici, venne storicamente introdotto all’Università di Copenhagen nel 1920), ma lo sforzo di comprensione della visione del mondo degli Inuit, al fine di spiegarla anche ai non-Inuit[xi].
Rovesciando, dunque, la decisione dei giudici d’appello quebecchesi, per la Corte suprema del Canada la legge de qua, impugnata (sia da Attorney General of Canada e associazioni degli indigeni che, ovviamente per motivazioni differenti, dall’Attorney General of Quebec) sotto il profilo della legittimità costituzionale, rientra invece a pieno titolo nell’ambito della competenza del Parlamento federale, ai sensi della section 91(24) del Consitution Act 1867. La finalità della legge – osservano i giudici supremi canadesi – è quella di favorire la trasmissione delle conoscenze tradizionali ai giovani, in maniera da tutelare le specificità della cultura degli amerindiani e degli Inuit, così da contribuire al processo storico di riconciliazione con le comunità aborigene del Paese[xii].
I diritti degli indigeni, infatti, presuppongono il riconoscimento del diritto indigeno[xiii]. Secondo una concezione “stretta” del diritto, quest’ultimo si identifica nel diritto scritto, inserito nel quadro di un sistema statale, cosicché i diritti “non-occidentali”, soprattutto quelli fondati su tradizioni orali, finiscono per diventare oggetto di un processo di “marginalizzazione”, ed è proprio questo che si è storicamente verificato con il diritto (delle varie comunità) Inuit[xiv]
In applicazione (anche) della Dichiarazione ONU sui diritti dei popoli indigeni del 2007, “incorporata” nell’ordinamento canadese mediante lo United Nations Declaration on the Rights of Indigenous Peoples Act del 2021, c.d. UNDRIP Act/Loi sur la DNUDPA[xv], il Parlamento e il Governo federali del Canada hanno voluto confermare che le relazioni con i popoli indigeni sono da qualificare come nation-to-nation, government-to-government e Inuit-Crown[xvi], ossia si svolgono su un piano di parità. Tale impostazione – secondo i giudici della Corte suprema – è essenziale per rimediare ai «danni» del passato, così da rifondare i rapporti tra (discendenti dei) colonizzatori e indigeni. La pronuncia giudiziale è interessante anche perché è la prima occasione in cui la Corte suprema federale ha fatto riferimento espresso alla UNDRIP[xvii].
La dottrina ha (opportunamente) evidenziato che la Corte, affermando che la UNDRIP è incorporata nel «diritto positivo domestico del Paese», ha voluto chiarire che la UNDRIP medesima si applica sia al diritto federale che agli ordinamenti sub-nazionali provinciali e territoriali, superando così alcune precedenti interpretazioni restrittive, per le quali la UNDRIP operava invece soltanto al gradino amministrativo federale[xviii] . Nell’opinione della Corte suprema, però, la UNDRIP non “crea” diritti, ma riconosce diritti già esistenti; essa, cioè, codifica i pre-existing Indigenous rights. Ne discende dunque che, nell’interpretazione della Corte, la UNDRIP riconosce un «pre-existing set of rights that must continue to animate Canadian law»[xix]. Si tratterebbe, anzi, della più importante affermazione giurisprudenziale della valenza della UNDRIP nell’ordinamento costituzionale canadese[xx].
Non mancano, peraltro, interpretazioni dottrinali “prudenti” o, se vogliamo, scettiche circa l’effettiva portata del riferimento giurisprudenziale alla UNDRIP[xxi]. In verità, poi, un richiamo alla UNDRIP era già contenuto nell’opinione concorrente dei giudici Binnie e Major, concernente la vertenza Mitchell v MNR[xxii] decisa con la pronuncia del 24 maggio 2001, pur dovendosi subito aggiungere che, a quel tempo, la Dichiarazione stessa si trovava nello stadio del progetto, essendo stata adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite durante la sua 62ª sessione, tenutasi a New York il 13 settembre 2007[xxiii].
La Corte suprema ha effettuato un’analisi complessiva della legge federale oggetto di contestazione. Ciò sia sotto il profilo c.d. intrinseco, riferito cioè alle disposizioni della legge (nonché al preambolo), che sotto il profilo c.d. estrinseco, relativo invece ai lavori parlamentari. Inoltre, sono stati indagati dai giudici supremi sia i profili formali della legge che gli effetti pratici, i quali ultimi discendono dall’applicazione della legge stessa. I precedenti giurisprudenziali rilevanti della Corte suprema federale, sotto i profili indicati (rispettivamente: della finalità e degli effetti), sono quelli rappresentati da: Kitkatla Band v. British Columbia (Minister of Small Business, Tourism and Culture) del 2002[xxiv], Canadian Western Bank v. Alberta del 2007[xxv], Desgagnés Transport Inc. v. Wärtsilä Canada Inc. del 2019[xxvi], e References re Greenhouse Gas Pollution Pricing Act del 2021[xxvii].
Per la Corte suprema canadese, il diritto «inerente» all’autogoverno indigeno[xxviii] non può non comprendere gli aspetti riguardanti la famiglia e i figli minorenni. L’autogoverno si atteggia, da questo punto di vista, come un elemento di autodeterminazione[xxix]. Inoltre, per i giudici della Corte suprema l’intento della legge federale, come si desume dall’analisi sia intrinseca che estrinseca (v. sopra), è quello di dettare degli standards nazionali in materia di tutela delle famiglie e dei giovani Inuit, non derogabili quindi da parte delle legislazioni di livello provinciale (da intendere come Province e Territori).
La tecnica legislativa adottata, a livello federale, nel caso in esame è di particolare interesse. Essa consiste in una “incorporazione” nel diritto federale mediante rinvio preventivo, con la conseguenza dunque che le normative adottate dai popoli indigeni (Indigenous-made laws) acquistano anch’esse rango federale, prevalgono sulle leggi provinciali e, quindi, riaffermano sul piano legislativo la dottrina della supremazia federale[xxx]. La tecnica della anticipatory incorporation by reference provision discende dalle previsioni della section 91(24) del Constitution Act 1867. Né vi sono, come ha successivamente chiarito la Corte suprema con la sentenza pronunciata il 28 marzo 2024 nella causa Dickson v. Vuntut Gwitchin First Nation[xxxi], “zone franche” (free zones) rispetto all’applicazione del diritto federale, sia nei confronti del diritto provinciale/territoriale che dello stesso diritto delle comunità indigene[xxxii]. La decisione stabilisce che, nel conflitto tra diritti collettivi e diritti individuali, rimane sempre la possibilità per gli indigeni di presentare ricorso sulla base del diritto federale contro disposizioni del diritto indigeno, sebbene sia comunque vero che l’esercizio dei diritti individuali può erodere i diritti collettivi.
Per i giudici della Corte suprema (nella decisione Reference re An Act respecting First Nations, Inuit and Métis children, youth and families)[xxxiii], la legge in questione persegue tre obiettivi, che sono tra loro correlati. Per un verso, si tratta di affermare la giurisdizione delle comunità indigene in relazione alla famiglia e ai giovani/bambini. Per altro verso, si vuole introdurre standards nazionali validi per l’intero territorio canadese. Per altro verso ancora, l’intenzione è quella di attuare la Dichiarazione delle Nazioni Uniti sui diritti dei popoli indigeni nella Federazione canadese. Questi tre obiettivi si indirizzano verso lo scopo complessivo di garantire il benessere dei bambini, dei giovani, e delle famiglie di etnia Inuit[xxxiv].
Come ha opportunamente affermato il Minister of Indigenous Services, Seamus O’Regan (membro del Liberal Party), durante il dibattito parlamentare[xxxv], «Now is the time to follow through on our promises to indigenous children, families and communities. Our promise is that the same old broken system that needlessly separates so many children from their families, that removes them from their culture, that cuts them off from their land and their language, not be allowed to continue and that we affirm and recognize that indigenous families know what is best for indigenous children». Non soltanto, del resto, i popoli indigeni sono nella condizione di conoscere meglio cosa sia utile apprendere da parte dei loro figli, ma anche l’istruzione così impartita sarà più effettiva, senza contare poi che, in definitiva, le comunità indigene hanno sempre avuto questo diritto, che ora semplicemente viene riconosciuto e affermato dalle autorità federali canadesi.
2. Con specifico riguardo all’individuazione di adeguati standards nazionali per la tutela dei popoli indigeni del Canada, si tratta di una misura raccomandata dal Final Report predisposto nel 2015[xxxvi] dalla Truth and Reconciliation Commission of Canada (TRC; Commission de vérité et réconciliation, CVR), istituita nel 2008 con la duplice finalità di «onorare la verità» e «riconciliare per il futuro».
La Commissione si era occupata del sistema delle c.d. scuole residenziali (attive tra il 1831, ben prima dunque della formazione della Confederazione canadese avvenuta nel 1867 con il British North America Act, e il 1996), frequentate (obbligatoriamente) dai bambini/adolescenti indigeni (di età compresa tra 4 e 16 anni, aumentati fino a 18 anni nel 1894 e poi ridotti, dalla riforma dell’Indian Act del 1876 approvata nel 1920, alla fascia d’età 7-15 anni)[xxxvii], che venivano in tal modo costretti a “isolarsi” (anche fisicamente) e, spesso, contro la loro volontà, dalle famiglie e dalla cultura originaria delle comunità aborigene (per gli Inuit, dalla c.d. igloo life), “affrancandosi” da quest’ultima per poi essere “assimilati” all’interno della cultura dominante (ovvero della c.d. modern life)[xxxviii].
All’interno della TRC/CVR si pose, tra l’altro, un delicato problema di adeguata tutela della minoranza Inuit rispetto alle altre componenti indigene, che sono minoranza nel Paese ma erano sovra-rappresentate nella TRC/CVR[xxxix]. Per tale motivo, ossia per il diffuso timore, da parte degli Inuit, del pan-indigenismo non-Inuit[xl], venne creata la sotto-commissione Inuit della TRC/CVR. Quanto all’adozione di standards uniformi a livello nazionale, essa è contemplata, in particolare, nella call to action n. 4 (sul totale di ben 96) elaborata dalla TRC/CVR[xli]. La TRC/CVR era nata a seguito di una azione di classe, sfociata nell’Indian Residential Schools Settlement Agreement dell’8 maggio 2006, che fu il maggiore class-action settlement della storia canadese, iniziò ad essere attuato nel 2007 e prevedeva, tra le altre cose, la creazione della TRC/CVR. La Schedule N del Settlement, in particolare, stabiliva l’istituzione della TRC/CVR, nonché poteri, doveri, procedure, responsabilità, composizione, ecc. Il p.to 8 della Schedule N fissava il termine massimo di cinque anni per il completamento dei lavori della Commissione, ma il termine medesimo venne poi prorogato di un ulteriore anno. L’Agreement [xlii] era stato sottoscritto dai rappresentanti sia delle tribù indiane (First Nations/Premier Peuples) che degli Inuit; per il Canada, la firma è invece dell’ex giudice federale (italo-canadese) Frank Iacobucci[xliii]. La TRC è giunta alla conclusione che le scuole residenziali costituirono «un tentativo sistematico, sponsorizzato dal governo, di distruggere le culture e le lingue aborigene e di assimilare i popoli aborigeni in modo che non esistessero più come popoli distinti». E, ancora, nel rapporto finale si afferma che «Le scuole [residenziali] erano spesso sottofinanziate e sovraffollate. La qualità dell’istruzione era inferiore alla media. I bambini venivano duramente puniti perché parlavano la propria lingua. Il personale non è stato ritenuto responsabile del modo in cui trattava i bambini»[xliv].
Le culture, le tradizioni, i linguaggi e le conoscenze dei popoli indigeni/Inuit furono, dunque, erosi dall’assimilazione forzata, praticata attraverso il sistema delle scuole residenziali. Le testimonianze degli Inuit “sopravvissuti” alle scuole suddette sono drammatiche[xlv]. Nelle scuole residenziali medesime non si ebbe alcun riguardo, ma venne praticata anzi la più ferma opposizione, per la formazione dei bambini Inuit secondo le regole tradizionali[xlvi]. La tutela delle lingue, inclusa quella degli Inuit, passa anche attraverso il controllo del sistema scolastico[xlvii]. Una successiva legge federale canadese, denominata An Act respecting Indigenous languages e approvata nel 2019[xlviii], prevede l’erogazione di finanziamenti a sostegno delle lingue indigene; tuttavia, per un verso i finanziamenti da essa previsti terminano nel 2024 e le prospettive di un loro rinnovo non sono ottimistiche; per altro verso, la legge stessa non contiene disposizioni specifiche per il caso degli Inuit[xlix]. In particolare, si lamenta il fatto che il sostegno finanziario per il pagamento delle retribuzioni agli insegnanti delle lingue indigene, come pure per la redazione di dizionari (e/o atlanti linguistici) indigeni, sia inadeguato, rispetto allo scopo proclamato di “rivitalizzare” le lingue aborigene[l].
Molto recentemente, Shelly Lowe, (prima) nativa americana designata a presiedere l’Agenzia federale USA per la conservazione del patrimonio culturale (National Endowment for the Humanities, NEH), ha (giustamente) osservato che «Nella storia degli indigeni le lingue sono state perdute sia estirpandole con la forza che attraverso una lenta erosione. I gruppi tribali in tutto il Paese continuano a sentire l’impatto della rimozione forzata dalle loro terre, delle leggi che vietavano l’uso e l’insegnamento delle lingue native e dell’assimilazione forzata dei loro bambini nei collegi per nativi americani»[li].
Sul piano comparativo, infatti, le Indian Residential Schools istituite dal Governo canadese erano state precedute dalle Native American Boarding Schools[lii] create dal Governo degli Stati Uniti d’America nella seconda metà del XX secolo, allo scopo di assimilare gli studenti indigeni alla cultura americana occidentale attraverso l’istruzione[liii]. Secondo alcune ricerche storiche, non mancarono, però, azioni ispirate dallo sforzo di evidenziare gli aspetti positivi della cultura aborigena e di favorire una «transizione più armoniosa»[liv].
In (estrema) sintesi, le residenze de quibus, finanziate dal Governo federale e dirette dalla (quattro) Chiese (cattolica romana, anglicana, presbiteriana e metodista), erano destinate a: 1) scolarizzare; 2) evangelizzare; 3) assimilare i giovani autoctoni. Come ha affermato Murray Sinclair, (avvocato, giudice, senatore canadese e) presidente della TRC/CVR, le residenze scolastiche per gli aborigeni sono definibili come «centri d’indottrinamento culturale»[lv]. L’idea di fondo era che, se ogni aborigeno fosse stato “integrato nella società”, non ci sarebbero state più riserve, né trattati e neppure diritti degli aborigeni. I popoli autoctoni apparivano, allora, come una “minaccia” ovvero, comunque, come un ostacolo rispetto alla costruzione della “giovane nazione” canadese. Veniva così teorizzata la politica della «civilizzazione aggressiva». In un Rapporto (classificato confidential) al ministro degli Interni, si affermava infatti che «la cosa migliore che possiamo fare con gli indiani è prenderli quando sono molto giovani. I bambini devono rimanere sempre in un ambiente civile»[lvi]. Molti anni dopo, si è osservato che il nazionalismo canadese voleva fondare una sola «nazione politica canadese», cosicché si è avuto un «deficit di ospitalità» del Canada nei confronti delle sue nazioni minoritarie[lvii]. Soltanto successivamente – nonché, da ultimo, mediante la decisione giudiziaria canadese del 2024 che qui si commenta – il c.d. diversity deficit è stato affrontato, muovendo dal presupposto del (potenziale trasformativo che deriva dal) riconoscimento delle minoranze[lviii].
In Canada, come negli Stati Uniti, furono quindi create le c.d. factory schools, quali istituti d’istruzione (forzata) che costituivano «fabbriche di cittadini assimilati alla maggioranza della popolazione, cioè privati della loro peculiare identità»[lix]. Utilizzando un linguaggio abbastanza crudo, ma in definitiva realistico, si è detto che venne allora usata l’istruzione come un «metodo di dominazione», se non addirittura quale uno «strumento di guerra»[lx].
Per inquadrare adeguatamente le dimensioni del fenomeno, che non fu certamente isolato, è utile ricordare che in Canada vennero istituite 26 residenze scolastiche in Alberta, 18 nella Colombia Britannica, 14 nel Manitoba, 14 nei Territori del Nord-Ovest, 1 nella Nuova Scozia, 12 nel (Territorio del) Nunavut, 18 nell’Ontario, 11 nel Québec, 19 nel Saskatchewan, 6 nel Territorio dello Yukon. Le residenze “accolsero”, nell’arco complessivo della loro esistenza, circa 150.000 bambini/giovani indigeni; negli anni trenta del secolo scorso, all’incirca il trenta per cento degli aborigeni in età scolare si trovava collocato (o, forse meglio, “sequestrato”) presso le residential schools. L’antecedente storico fu rappresentato dai seminari per bambini indigeni creati dai missionari cattolici nella Nuova Francia[lxi].
3. L’auspicio è ora che, in attuazione del landmark ruling (landmark reference case) canadese qui esaminato, le comunità indigene, tra cui quelle Inuit, con particolare riguardo soprattutto a famiglie e giovani/bambini, possano effettivamente usufruire di servizi educativi appropriati per le loro realtà culturali. La ricerca accademica ha da tempo dimostrato che il sistema di istruzione ha maggiori possibilità di successo se riflette la cultura Inuit, nonché la “visione” Inuit del futuro[lxii].
Il problema della relativa implementazione, però, si annuncia non poco spinoso[lxiii]. Questo perché, una volta affermato il principio da parte dei giudici federali, il finanziamento concreto dei servizi per il benessere dei giovani aborigeni, tra cui l’istruzione, rimane affidato all’ambito delle negoziazioni tra le comunità indigeni/Inuit e i governi sia provinciali che federale. La discrezionalità insita in tali negoziazioni comporta il rischio che le comunità native non dispongano di fondi sufficienti per finanziare i servizi per bambini e giovani, che pure la sentenza commentata ha riconosciuto come essenziali[lxiv]
È (alquanto) significativo, al riguardo, che in una dichiarazione resa dopo la visita di dieci giorni in Canada, dall’1 al 10 marzo 2023, il Relatore speciale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, l’avvocato e diplomatico guatemalteco José Francisco Calí Tzay, abbia affermato che occorre ancora compiere passi significativi per raggiungere una piena riconciliazione tra indigeni e Inuit, da un lato, e, dall’altro lato, i discendenti dei colonizzatori venuti dall’Europa[lxv]. L’aspetto dei finanziamenti, che sono necessari per tutelare, in maniera effettiva, i diritti dei popoli indigeni, viene adeguatamente evidenziato, dal menzionato UN Special Rapporteur on the rights of Indigenous Peoples, nella dichiarazione medesima[lxvi].
Una risorsa significativa, al riguardo, è rappresentata dallo UNDA Action Plan 2023-2028[lxvii], dal momento che esso, attraverso l’Indigenous Partnership Fund program, mette a disposizione delle organizzazioni indigene i fondi necessari a finanziarie, in particolare per il periodo dal 1° aprile 2024 al 31 marzo 2025 varie iniziative correlate alla UNDRIP, tra cui rientrano sicuramente anche le attività formative e scolastiche[lxviii].
La vicenda storica delle scuole residenziali per gli aborigeni, nonché più in generale il diritto all’istruzione dei nativi, costituiscono un fondamentale banco di prova della sincerità delle intenzioni manifestate dal Governo canadese, nonché degli obblighi che discendono dalle pronunce giurisprudenziali. Il mantenimento, o per meglio dire il ristabilimento, del controllo delle comunità indigene sull’educazione dei propri figli, in linea con la loro tradizione (anche giuridica) che risale a un tempo immemorabile,
[i] 2024 SCC 5. A commento, v., per es., C. Truesdale et al., SCC Upholds Indigenous Jurisdiction in Reference re An Act Respecting First Nations, Inuit and Métis Children, Youth and Families, contributo disponibile all'indirizzo Internet https://jfklaw.ca, 9 febbraio 2024, R.C. Gilchrist et al., Federal Indigenous legislation is constitutional: Parliament has authority to affirm Indigenous jurisdiction over child and family services, in www.torys.com, 12 febbraio 2024; sulla legge del 2019, cfr. N.W. Metallic et al., The Promise and Pitfalls of C-92: An Act respecting First Nations, Inuit, and Métis Children, Youth and Families, Toronto, Ryerson University, Faculty of Arts, Yellowhead Institute, luglio 2019.
[ii] Bill C-92.
[iii] Sul tema, v. da ultimo T. Groppi, L’apertura del processo costituzionale ai soggetti esterni nell’epoca delle “regressioni democratiche”, in C. Amalfitano et al. (cur.), I terzi nei processi nazionali e sovranazionali: poteri e tutele, Torino, Giappichelli, 2024, 407 ss.; A. Baraggia, Interventi di terzi e amici curiae nel processo costituzionale in ottica comparata, ivi, 457 ss., nonché prima T. Groppi, Interventi di terzi e amici curiae: dalla prospettiva comparata uno sguardo sulla giustizia costituzionale in Italia, in AA.VV., Interventi di terzi e “amici curiae” nel giudizio di legittimità costituzionale delle leggi, anche alla luce dell’esperienza di altre corti nazionali e sovranazionali. Atti del seminario svoltosi in Roma. Palazzo della Consulta, 18 dicembre 2018, Introduzione di G. Lattanzi, Milano, Giuffrè, 2020, 7 ss., e G. Parodi, L’intervento dei terzi nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Analisi della giurisprudenza recente e profili di comparazione, ibidem, 49 ss.
[iv] D. Newman, Potentially huge case just days away - SCC ruling on federal Indigenous child welfare legislation engages with a Quebec CA judgment that made broad pronouncements on Indigenous self-government powers, major implications for federalism, etc, post su Twitter/X del 2 febbraio 2024; l’autore, docente di diritto costituzionale alla University of Saskatchewan, ha altresì ricoperto, per il massimo di due mandati, la Canada Research Chair in Indigenous Rights in Constitutional and International Law, dal 2013 al 2023.
[v] Sul punto, v. F. Falorni, La funzione consultiva delle Corti Supreme in prospettiva comparata. La peculiare procedura di reference nell’esperienza canadese, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2022, 267 ss., il quale osserva (v. 284) che «La teoria dell’“advisory only effect” è smentita dalla prassi»; conforme è anche la valutazione di E. Ceccherini, La certezza del diritto in Canada è una questione di interpretazione?, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2023, 601 ss., la quale scrive (v. 606) che «sia l’attività giurisdizionale che quella consultiva [della Corte suprema) condizionano i giudicati delle corti inferiori»; si è, prima ancora, rilevato che, in sede di giudizio di reference, ovvero di renvoi nella terminologia francese, sono state pronunciate «le decisioni costituzionali più importanti e dotate di rilievo politico della storia del Canada»; così T. Groppi, L. Luatti, La Corte Suprema del Canada, ”custode della Costituzione”: alcune considerazioni sulla sua composizione e sulla procedura di controllo di costituzionalità, in Politica del diritto, 1997, 215 ss., spec. 227.
[vi] C.d. reference case, su cui v., oltre ai contributi, nella dottrina italiana, ult. cit., A.K Lokan, C.M. Dassios, Constitutional Litigation in Canada, Toronto, Thomson Reuters Canada Limited, 2006, 5 ss.; J.L. Huffman, M.L. Saathof, Advisory Opinions and Canadian Constitutional Development: The Supreme Court’s Reference Jurisdiction, in 74 Minnesota Law Review 1251 (1990); B.L. Strayer, The Canadian Constitution and The Courts. The Function and Scope of Judicial Review, Toronto, Butterworths, 1988, 3ª ed., 311 ss.; non mancano, peraltro, le critiche all’istituto, sviluppate nella comparazione con l’esperienza statunitense; v. M.M. Mikhaiel, The Dangers of the Reference Question: SCC v. SCOTUS, in 40(1) Canada-United States Law Journal 71 (2016).
[vii] Cfr. M. Mazza, I diritti degli aborigeni nel mondo contemporaneo, in AA.VV., I diritti fondamentali in Europa (atti del XV Colloquio biennale dell’Associazione Italiana di Diritto Comparato, Messina-Taormina, 31 maggio-2 giugno 2001), Presentazione di A. Gambaro, sub Sessione di diritto pubblico, con Introduzione di G.F. Ferrari, Milano, Giuffrè, 2002, 427 ss.; M. Mazza, La protezione dei popoli indigeni nei Paesi di common law, Padova, Cedam, 2004, 63 ss., E. Ceccherini, Un antico dilemma: integrazione o riconoscimento della differenza? La costituzionalizzazione dei diritti delle popolazioni aborigene, in G. Rolla (cur.), Eguali, ma diversi. Identità ed autonomia secondo la giurisprudenza della Corte Suprema del Canada, Milano, Giuffrè, 2006, 58 ss.; Id., Il riconoscimento della Indigenous Difference nell’ordinamento costituzionale canadese, in A.L. Palmisano, P. Pustorino (cur.), Identità dei Popoli Indigeni: aspetti giuridici, antropologici e linguistici (atti del Convegno internazionale di Siena, 4 e 5 giugno 2007), Roma, IILA (Istituto Italo-Latino Americano), 2008, 79 ss.; Id., Canadian Aboriginal Law: la sfida della diversità, in Studi parlamentari e di politica costituzionale, 2016, 23 ss.; Id., Aboriginal Law nel mondo contemporaneo: l’esperienza canadese, in C. Murgia (cur.), Scritti in onore di S. Volterra, Torino: Giappichelli, 2017, 211 ss.; A. Dirri, La giustizia riparativa canadese i diritti degli aborigeni: il rescue interstitial federalism e la sovranità della Corona, in Revista General de Derecho Público Comparado, n. 32, 2022, 379 ss., il quale ivi giustamente rileva che i diritti dei nativi sono «alieni alla tradizione giuridica occidentale».
[viii] 2024 SCC 5.
[ix] V. la nota dal titolo Quebec Court of Appeal decision on An Act respecting First Nations, Inuit and Métis children, youth and families, in Assembly of First Nations Bulletin, 18 marzo 2022, online all’indirizzo https://afn.ca; sul tema dei diritti aborigeni in Québec, v. per esempio A. Lajoie, Conceptions autochtones des droits ancestraux au Québec, Paris, LGDJ, 2008; G. Otis, L'évolution constitutionnelle de la relation entre le Québec et les peuples autochtones: le défi de l'interdépendance, in Cités. Philosophie, Politique, Histoire, n. 23, 2005/2, 71 ss.; H. Brun, Les droits des Indiens sur le territoire du Québec, in Les Cahiers de droit, 1969, 415 ss.
[x] Sul governo autonomo del Nunavik, v. M. Mazza, Aurora borealis. Diritto polare e comparazione giuridica, Bologna, Filodiritto, 2014, 108 ss.; ampiamente, L.Q. Koperqualuk, Traditions relating to Customary Law in Nunavik, Montréal, Avataq Cultural Institute, 2015, libro di 610 pagine).
[xi] La prospettiva rinnovata degli Inuit studies è ora bene tratteggiata da L.-J. Dorais, Inuksiutiit and the Emergence of Inuit Studies in Canada, in 55 The Northern Review 97 (2024); nella lingua Inuit, Inuksiutiit significa «Things or people having to do with the Inuit»; in precedenza, v. I. Krupnik (Ed.), Early Inuit Studies. Themes and Transitions, 1850s-1980s, Washington (DC), Smithsonian Institution Scholarly Press, 2016, e ivi spec. S.T. Thuesen, The Formation of Danish Eskimology: From William Thalbitzer to the Greenland Home Rule Era, 245 ss.
[xii] N.S.W. Metallic, Aboriginal Rights, Legislative Reconciliation, and Constitutionalism, in 27(1) Review of Constitutional Studies 1 (2022-2023); per il diritto giurisprudenziale, G. Otis, Fondements et limites de la reconnaissance judiciaire des cultures juridiques autochtones au Canada, in Id. (dir.), Le juge et le dialogue des cultures juridiques, Paris, Karthala, 2013, 101 ss.; sull’approccio favorevole a culturalizzare, piuttosto che a politicizzare, i diritti (dei popoli) aborigeni, J. Maclure, Définir les droits constitutionnels des peuples autochtones. La «nouvelle» approche du Québec, in Éthique publique (Online), v. 7, n. 1, 2005.
[xiii] Rinvio, sul punto, ai numerosi contributi (tra cui un mio saggio) contenuti nel n. monografico dal titolo I diritti delle popolazioni indigene e il diritto indigeno nelle Americhe, a cura di A. Colajanni, in Thule. Rivista italiana di studi americanistici, n. 26/27 aprile-ottobre 2009 - n. 28/29 aprile-ottobre 2010). Il diritto Inuit presenta alcune singolari convergenze con sistemi normativi (apparentemente) molto lontani, sia nella dimensione spaziale che in quella diacronica; v. M. Paradelle, Lorsque la norme juridique fait fi des températures. La restauration de l’harmonie communautaire au fondement des traditions juridiques égyptienne, rwandaise et inuit, in Revue de droit international et de droit comparé, 2012, 367 ss.; N. Rouland, Approche du phénomène juridique dans les sociétés traditionnelles et introduction à l'étude du droit esquimau à la lumière des données comparatives fournies par les droits archaïques de l'Antiquité Occidentale (Texte de conférences prononcées au Centre D'Études Arctiques, École des Hautes Études en Sciences Sociales, sous la direction du Pr Jean Malaurie), Paris, s.n.t., 1975, e inoltre: N. Loukacheva, Indigenous Inuit Law, “Western” Law and Northern Issues, in 3(2) Arctic Review on Law and Politics 200 (2012); J. Oosten et al. (Eds.), Inuit Laws, Rankin Inlet (Canada), Nunavut Arctic College, 2017, 2ª ed.; N. Rouland, Les modes juridiques de solution des conflits chez les Inuit, Études Inuit/Studies, v. 3, numéro hors-série, 1979 (Québec - Département d’anthropologie, Université Laval).
[xiv] V. M. Chiba, Droit non-occidental, in W. Cappeller, T. Kitamura, (dir.), Une introduction aux cultures juridiques non occidentales. Autour de Masaji China, Bruxelles, Bruylant, 1998, 37 ss., ivi spec. 39 ss., su significato e tratti fondamentali del c.d. diritto non-occidentale, 43 ss., sulla metodologia di studio del diritto non-occidentale, alla quale si accompagna altresì, 107 ss., un modello generale di analisi del pluralismo giuridico, e infine 256, con riguardo alla peculiare «cultura giuridica del circolo polare»; adde M. Chiba, Una definizione operativa di cultura giuridica nella prospettiva occidentale e non occidentale, in Sociologia del diritto, 1999, n. 3, 73 ss.
[xv] Cfr. G. Christie, Indigenous Legal Orders, Canadian Law and UNDRIP, in AA.VV., UNDRIP Implementation: Braiding International, Domestic and Indigenous Laws. Special Report, Waterloo, Centre for International Governance Innovation, 2017, 48 ss.; nel giugno 2023, il Governo federale canadese ha approvato il National Action Plan, per l’attuazione della UNDRIP, denominato United Nations Declaration on the Rights of Indigenous Peoples Act – UNDA Action Plan 2023-2028, sul quale v. G. Reed, J. Donovan, Canada, in D. Mamo (Ed.), The Indigenous World 2024. 38th Edition, Copenhagen, International Work Group for Indigenous Affairs-IWGIA, 2024, 484 ss., spec. 486-48.
[xvi] B. Slattery, Aboriginal Rights and the Honour of the Crown, in 29 Supreme Court Law Review 433 (2005); J. Bird et al. (Eds.), Nation to Nation. Aboriginal Sovereignty and the Future of Canada, Toronto, Irwin, 2002.
[xvii] Lo rileva S. Luk, UNDRIP is now part of Canada’s “domestic positive law”. What does this mean?, Toronto, OKT, aprile 2024.
[xviii] S. Luk, op. cit.
[xix] Ibidem.
[xx] K.S. Onge, Reference Re an Act respecting First Nations, Inuit and Métis Children Youth and Families 2024 SCC 5, in www.rslaw.com, s.d.
[xxi] V. N. Bankes, R. Hamilton, What Did the Court Mean When It Said that UNDRIP “has been incorporated into the country’s positive law”? Appellate Guidance or Rhetorical Flourish?, in The University of Calgary Faculty of Law Blog, 28 febbraio 2024, https://ablawg.ca.
[xxii] 2001 SCC 3.
[xxiii] A commento di quest’ultima decisione giudiziaria, sia consentito il rinvio a M. Mazza, Canada: La Corte Suprema stabilisce che l’esercizio di un diritto aborigeno “transfrontaliero” non può incidere sul principio di sovranità nazionale, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2001, 1578 ss.
[xxiv] 2002 SCC 31.
[xxv] 2007 SCC 22.
[xxvi] 2019 SCC 58.
[xxvii] 2021 SCC 11.
[xxviii] In dottrina, v. J. Woodward, Aboriginal Law in Canada, Toronto, Thomson Reuters, 2023, e prima, specificatamente sul punto, P.W. Hogg, M.E. Turpel, Implementing Aboriginal Self‑Government: Constitutional and Jurisdictional Issues, in 74(2) Canadian Bar Review 187 (1995).
[xxix] M. Manfrin, La Corte Suprema canadese ha riconosciuto il diritto all’autogoverno degli indigeni, in L’Indipendente, 13 febbraio 2024.
[xxx] Cfr. par. 131 della sentenza 2024 SCC 5, dove si afferma che: «The laws of Indigenous groups, communities or peoples that are incorporated by reference will have the force of law as federal law: laws incorporated into federal law apply as federal law».
[xxxi] 2024 SCC 10.
[xxxii] V. specialmente il par. 331 della sentenza ult. cit., nonché, a commento dell’opinione parzialmente dissenziente dei giudici Martin e O’Bonsawin, lo scritto di D. Newman, A Supremely Complex Decision. The Supreme Court of Canada’s Dickson v. Vuntut Gwitchin Decision on Indigenous Governments and Canada’s Charter of Rights, in Verfassungsblog, 28 marzo 2024.
[xxxiii] 2024 SCC 5, cit.
[xxxiv] Sul tema, v. S. Grammond, Federal Legislation on Indigenous Child Welfare in Canada, in 28(1) Journal of Law and Social Policy 132 (2018).
[xxxv] Cfr. House of Commons Debates, vol. 148, no. 425, 1st Sess., 42nd Parl., 3 giugno 2019, 28448.
[xxxvi] Pubblicato a Toronto, in sei poderosi volumi, per i tipi della J. Lorimer & Company Ltd.) dalla Truth and Reconciliation Commission of Canada (TRC; Commission de vérité et réconciliation, CVR.
[xxxvii] V. R.H. Bartlett, The Indian Act of Canada, in 27 Buffalo Law Review 581 (1978), anche Saskatoon, University of Saskatchewan Native Law Centre (ora Indigenous Law Centre), 1988, 2ª ed.; l’Indian Act of Canada del 1876 derivò dal consolidamento di precedenti normative, tra cui in particolare il Civilization of Indian Tribes Act del 1857, il Management of Indian Lands and Property del 1860 e l’Act for the Gradual Enfranchisement of Indians and the Better Management of Indian Affairs del 1869, tanto che, secondo R.H. Bartlett, op. ult. cit., 585, «The Act [of 1876] does not contain any substantial changes from previously established legislative policy»; le frequenti modificazioni dell’Indian Act of Canada, per esempio – oltre a quelle sopra menzionate – del 1895, 1914, 1933, 1936, 1938, 1941, 1951 e 1956, riguardarono sempre aspetti di dettaglio, come la proibizione delle danze tradizionali indigene, senza però mai mettere in discussione o contraddire la ratio di fondo dell’Indian Act; per commenti più recenti all’Indian Act, cfr. altresì M.-E. Kelm, K.D. Smith (Eds.), Talking Back to the Indian Act. Critical Readings in Settler Colonial Histories, Toronto, Toronto University Press, 2018, e da ultimo, ampiamente, K. Gunn et al., Indigenous Peoples and the Law in Canada. Cases and Commentary, Toronto, Carswell/Thomson Reuters, 2024.
[xxxviii] Su questa pagina, alquanto oscura, della storia canadese, v. J.R. Miller, Residential Schools and Reconciliation. Canada Confronts Its History, Toronto, Toronto University Press, 2017; in Italia, si segnalano il recente studio dell’attivista R. Milandri, Le Scuole Residenziali Indiane, San Benedetto del Tronto, Mauna Kea, 2023, e F. Lombardi, Perché il Papa in Canada? I popoli indigeni e le scuole residenziali, in La Civiltà Cattolica, a. 173, n. 4129, 2 luglio 2022, 10 ss.; l’archivio della Commissione è istituito e consultabile presso il National Centre for Truth and Reconciliation-NCTR dell’Università del Manitoba.
[xxxix] Nel sito Internet dell’Ufficio federale di statistica, www.statcan.gc.ca, si legge che, in base all’ultimo censimento del 2021 (il prossimo è in programma per il 2026), appartengono alle comunità aborigene del Canada 1.807.250 persone, ovvero circa il 5 per cento della popolazione nazionale, di cui soltanto 70.545 sono Inuit; rispetto al precedente censimento del 2016, la popolazione canadese è aumentata complessivamente del 5,2 per cento, il totale degli indigeni del 9,4 per cento e, in particolare, gli Inuit dell’8,5 per cento; oltre la metà degli indigeni, 54 per cento, vive nei centri urbani.
[xl] Problema questo che è tipico delle “piccole minoranze” o iperminoranze, su cui v. E. Ceccherini, Il peso dei numeri. I diritti linguistici delle iperminoranze. Esempi di diritto comparato, in J. Woelk, S. Penasa, F. Guella (cur.), Minoranze linguistiche e pubblica amministrazione. Il problema dei piccoli numeri: modello trentino e esperienze comparate, Padova, Cedam, 2014, 209 ss.
[xli] Non sono mancate, peraltro, alcune critiche alla TRC/CVR, poiché ha impiegato quasi sei anni per elaborare un rapporto costato 71 milioni di dollari canadesi, che equivalgono a oltre 48 milioni di euro.
[xlii] Vedine il testo integrale nel sito Internet www.residentialschoolsettlement.ca.
[xliii] In precedenza, Deputy Attorney General del Canada, e inoltre preside della Facoltà giuridica dell’Università di Toronto.
[xliv] V, i passi riportati nel sito della NCTR (https://nctr.ca).
[xlv] Cfr. H. Igloliorte, “We were so far away”: Exhibiting Inuit Oral Histories of Residential Schools, in E. Lehrer et. al. (Eds.), Curating Difficult Knowledge, London, Palgrave Macmillan, 2011, 23 ss.
[xlvi] La parola, nella lingua Inuit, che esprime il concetto di educazione/formazione dei giovani è Pamiqsainirmik; v. D. Uluadluak, Pamiqsainirmik (Training Children), in J. Karetak, F. Tester (Eds.), Inuit Qaujimajatuqangit. What Inuit Have Always Known to Be True, Halifax-Winnipeg Fernwood, 2017, 147 ss.
[xlvii] Si veda, sul punto specifico, S. Tulloch, Inuit bilingual education, in P. Stern (Ed.), The Inuit World, London-New York, Routledge, 2022, 166 ss., e inoltre, sulla tematica più generale, M. Mazza, Linguistic Rights of Minorities and Indigenous Communities, in Diritto pubblico comparato ed europeo online, 2019, 775 ss.; C. Masciotta, La tutela delle minoranze linguistiche tra Stati Uniti e Canada: due esperienze giuridiche a confronto, Torino, Giappichelli, 2019, 90 ss.; P.L. Petrillo, Diritti linguistici e multiculturalismo in Canada, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2016, 983 ss.; S. Pennicino, I diritti linguistici degli aborigeni canadesi, ivi, 2007, 1091 ss.
[xlviii] Bill C-91.
[xlix] Cfr. Di Rao, Canada should provide Indigenous languages with constitutional protection, in The Conversation, 6 marzo 2024.
[l] Ibidem.
[li] E. Molinari, Shelly Lowe. «Io Navajo e le mie scuole di pace per il perdono tra nativi e “bianchi”», in Avvenire, 11 maggio 2024.
[lii] Conosciute anche come American Indian Boarding Schools o American Indian Residential Schools.
[liii] C.d. assimilative education; la prima Indian Boarding School venne fondata nel 1879 a Carlisle, in Pennsylvania; si trattava della Carlisle Indian Industrial School; per una comparazione tra le esperienze in subiecta materia di USA e Canada, v. A. Woolford, This Benevolent Experiment. Indigenous Boarding Schools, Genocide, and Redress in Canada and the United States, Lincoln, University of Nebraska Press, 2015.
[liv] In tal senso cfr., con riferimento a quattro scuole residenziali quebecchesi (che furono attive a Fort George, dal 1930 al 1980; Sept-Îles, dal 1952 al 1971; Saint-Marc-de-Figuery, dal 1955 al 1973 e Pointe-Bleue/Mashteuiatsh, dal 1960 al 1973), la documentata monografia di H. Goulet, Histoire des pensionnats indiens catholiques au Québec. Le rôle déterminant de pères oblats, Montréal, Les Presses de l’Université de Montréal, 2016, il quale evidenzia, nel suo dettagliato studio di storia istituzionale e amministrativa, che i missionari erano interessati a conoscere le lingue aborigene e desideravano, anche attraverso le loro pubblicazioni in lingua indigena, mantenere il linguaggio nativo.
[lv] V. nel website del National Centre for Truth and Reconciliation, all’indirizzo https://nctr.ca.
[lvi] Cfr. N.F. Davin, Report on Industrial Schools for Indians and Half-breeds, Ottawa, 14 marzo 1879, consultabile nel sito Web del NCTR (cit. nella nota che precede).
[lvii] V. D. Sanschagrin, Le nationalisme constitutionnel au Canada, Paris, Hermann, 2022.
[lviii] Cfr. J. Eichler, K. Topidi, Kyriaki (Eds.), Minority Recognition and the Diversity Deficit. Comparative Perspectives, Oxford, Hart, 2022.
[lix] L’intento di conversione religiosa si accompagnava, infatti, all’induzione alla “vergogna” per le proprie radici; v., ampiamente, J. Woodman, Factory Schools: Erasing indigenous identity, London, Survival International, 2019; per l’autrice, «Factory Schools aim to “reprogram” tribal and indigenous children to fit the dominant society, divorcing them from their families, lands, cultures, languages and ways of life», ivi, 4.
[lx] In conformità al tragico motto «uccidi l’indiano [o l’Inuit], salva l’uomo» (id est, «kill the Indian in him, and save the man»). La frase suddetta viene attribuita al generale di brigata Richard Henry Pratt, fondatore il 1° novembre 1879 della Carlisle Indian Industrial School (sopra menzionata, nt. liii), ed è stata pronunciata nel giugno 1892; cfr. R.H. Pratt, The Advantages of mingling Indians with Whites, in I.C. Barrows (Ed.), Proceedings of the National Conference of Charities and Correction, at the nineteenth annual session held in Denver, Col., June 23-29, 1892, Boston, Press of G.H. Ellis, 1892, 45 ss., spec. 46, e inoltre, sul tema, D.W. Adams, Education for Extinction. American Indians and the Boarding School Experience, 1875-1928, Lawrence, University of Kansas Press, 1995, cui adde la rec. al vol. ult. cit. di A.T. Straus, L. Delgado, in 104(4) American Journal of Education 328 (1996).
[lxi] Su cui vedasi: P.A. Goddard, Converting the Sauvage: Jesuit and Montagnais in Seventeenth-Century New France, in 84(2) The Catholic Historical Review 225 (1998); A. Beaulieu, Convertir les fils de Caïn: Jésuites et Amérindiens nomades en Nouvelle-France, 1632-1642, Québec, Nuit Blanche Éditeur, 1990.
[lxii] V. F. Laugrand, J. Oosten, Education and Transmission of Inuit Knowledge in Canada, in 33(1/2) Études/Inuit/Studies 21 (2009); H.E. McGregor, Inuit Education and Schools in the Eastern Arctic, Vancouver, University of British Columbia (UBC) Press, 2010.
[lxiii] Sulle difficoltà di attuazione delle decisioni giurisprudenziali canadesi in materia di popoli indigeni, si veda volendo M. Mazza, Nuovi orientamenti canadesi in materia di tutela dei diritti delle comunità indigene, in Filodiritto, marzo 2024.
[lxiv] V. le preoccupate considerazioni di S. Franks, The Supreme Court of Canada’s Child Welfare Ruling: Short and Long-Term Implications, Toronto, Toronto Metropolitan University, Faculty of Arts, Yellowhead Institute, 2024. Come è stato osservato, pur dopo la pronuncia della Corte suprema in commento, «there is still much work ahead»; v. N. Smith et al., Canada’s Highest Court Upholds Indigenous Jurisdiction, in Indigenous Law Blog, 9 febbraio 2024.
[lxv] Cfr. Canada: UN expert decries “appalling” legacy of Residential Schools, calls for meaningful reconciliation, nota del 10 marzo 2023, consultabile nel website dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, www.ohchr.org.
[lxvi]V. lo statement citato nella nota che precede, 3; durante la missione in Canada, Calí Tzay ha visitato anche, il 3 marzo 2023, la sede del NCTR, su cui v. ante, nel par. 2.
[lxvii] Esaminato innanzi, nel par. 1.
[lxviii] Cfr., per ulteriori dettagli, J. Ardanaz et al., New Opportunity to Fund UNDRIP Implementation Projects, in Indigenous Law Blog, 12 gennaio 2024). Ciò vale, soprattutto, per l’art. 34 UNDRIP, dove si dispone che «Indigenous peoples have the right to promote, develop and maintain their institutional structures and their distinctive customs, spirituality, traditions, procedures, practices» (tra gli obiettivi dello UNDA Action Plan, infatti, si trova la Re-articulation and Revitalization of Indigenous Laws and Governance).