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Riflessi della guerra in Ucraina sui popoli indigeni della Russia settentrionale

Indigeni russi aleutini (pic Malcolm Greany, Aleut woman, Attu, 1941)
Indigeni russi aleutini (pic Malcolm Greany, Aleut woman, Attu, 1941)

Riflessi della guerra in Ucraina sui popoli indigeni della Russia settentrionale

 

Un aspetto sicuramente poco indagato[i] dell’attuale guerra russo-ucraina, rispetto alla quale comincia peraltro a manifestarsi – come è stato autorevolmente detto[ii]«una sorta di assuefazione», è quello che riguarda l’impatto del conflitto sui (piccoli) popoli indigeni della Russia del Nord[iii]. Eppure essi sono molteplici e rilevanti. Vediamoli dunque, sia pure sinteticamente.

Un primo profilo attiene agli obblighi internazionali della Federazione Russa. L’art. 15 della Costituzione russa stabilisce che i princìpi universalmente riconosciuti e le norme di diritto internazionale sono parte integrante del sistema giuridico della Russia. Tuttavia, in base agli emendamenti costituzionali approvati nel gennaio 2020 e in vigore dal luglio dello stesso anno, le decisioni degli organi internazionali che sono in contrasto con le norme costituzionali russe non sono più, ai sensi del riformato art. 79 della Costituzione, soggette e esecuzione in Russia. Tra questi organi internazionali rientra anche la Corte europea dei diritti umani. A seguito della guerra in Ucraina, e dopo alcune prese di posizione sia del Comitato dei Ministri che dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (CdE) improntate a forte critica verso la Russia per la guerra in Ucraina, il CdE ha prima sospeso dai diritti di rappresentanza (febbraio 2022) e poi espulso dall’organizzazione (il 16 marzo 2022) la Russia[iv]; quest’ultima ha quindi posto fine, con legge firmata da Putin nel giugno 2022 (che segue la “Rexit”, ovvero l’uscita della Russia dal CdE), alla giurisdizione della Corte di Strasburgo nell’àmbito nazionale[v]. In forza di tale evoluzione normativa, le decisioni della Corte europea dei diritti umani emanate dopo il 15 marzo 2022 non trovano applicazione nella Federazione Russa. Ne deriva, tra l’altro, che i (47) popoli indigeni della Russia settentrionale[vi] non hanno più la possibilità di adire i giudici di Strasburgo per la protezione dei loro diritti umani fondamentali. Si pone, così, in Russia un notevole problema di attuazione a livello nazionale del diritto internazionale sulle minoranze e sugli indigeni, vale a dire una tematica centrale per la protezione e promozione delle popolazioni autoctone, tanto è vero che – per esempio (e di recente) – costituisce uno dei due assi tematici del 17° Polar Law Symposium in programma all’Università di Östersund[vii] (in Svezia) dal 24 al 25 settembre 2024[viii].

Un secondo profilo si riferisce alle nuove sanzioni introdotte in Russia a tutela delle Forze armate. In particolare, l’art. 280 del codice penale punisce ogni azione volta a recare discredito all’Esercito della Federazione Russa. A sua volta, l’art. 207 del codice penale punisce la diffusione di fake news relative alle Forze armate. Le pene previste sono severe, arrivando fino al massimo di quindici anni di reclusione. Le persone sotto «influenza» straniera vengono trattate come «agenti stranieri» e, come tali, escluse da alcune attività, come per esempio l’insegnamento nelle scuole e nelle università, in conformità alla legge federale n. 255-FZ del 14 luglio 2022[ix]. L’art. 275 del codice penale sanziona la cooperazione con le agenzie di intelligence straniere, e pone limiti alla collaborazione con le organizzazioni internazionali e i loro rappresentanti. Queste disposizioni introducono restrizioni alla libertà di parola, nella misura in cui vietano di esprimere opinioni sulla guerra in Ucraina diverse da quelle ufficiali dello Stato russo. Ciò vale, naturalmente, anche per i popoli indigeni della Russia settentrionale, nonché per le loro organizzazioni. La comunicazione internazionale con gli esponenti delle popolazioni indigene nord-russe è diventata conseguentemente sempre più problematica. Per esempio, durante la Quindicesima Sessione dell’Expert Mechanism on the Rights of Indigenous Peoples (EMRIP) delle Nazioni Unite, tenutasi a Ginevra nel luglio 2022, la rappresentante dei popoli indigeni della Russia settentrionale, mentre stava riferendo in ordine alla violazione dei diritti umani in Russia, è stata pesantemente criticata dal rappresentante della delegazione statale russa.

Un terzo profilo attiene alla partecipazione diretta al conflitto da parte di appartenenti ai piccoli popoli indigeni del Nord della Russia. In proporzione generale, infatti, non sono pochi gli indigeni che prendono parte alla guerra. Perché ciò accade? L’informazione poco obiettiva sul conflitto, che è normalmente disponibile in Russia, certamente favorisce questo risultato. Ma vi è altro. In particolare, gli indigeni sono attratti da una (sia pure modesta) possibilità di guadagno, che manca normalmente nelle aree di loro tradizionale insediamento. Nell’Artico russo, in Siberia e in estremo Oriente il salario medio mensile (nel marzo 2022) è di 61.000 rubli (che equivalgono a circa 1.000 euro), mentre un soldato russo che combatte in Ucraina riceve 2000.000 rubli al mese (che corrispondono approssimativamente a 3.300 euro)[x]. Del resto, è osservazione comune che molti militari impegnati nella guerra in Ucraina provengono da regioni periferiche della Russia, dove disoccupazione, povertà e depressione sociale sono endemiche. Si aggiunga che sussiste una certa sproporzione tra i militari caduti, nel senso di una maggiore incidenza tra gli indigeni[xi]. Inoltre, la perdita di numericamente pochi membri di una comunità indigena magari composta di poche centinaia di persone è motivo di preoccupazione per l’avvenire della comunità medesima[xii]. In generale, infatti, i soldati russi inviati a combattere in prima linea in Ucraina sono in gran parte “novizi”, non sono adeguatamente preparati per questo tipo di “impresa” e sono essenzialmente “cannon fodder[xiii]. Il fatto che le morti in guerra di indigeni russi, appartenenti a truppe “non-slave”, sono proporzionalmente superiori a quelle dei russi “etnici” viene interpretata, da parte ucraina, come un (subdolo) tentativo della Russia di indebolire le proprie comunità indigene[xiv]. Da questo punto di vista, sostenuto da indigeni russi in esilio, un «genocidio» nonché un «linguicidio» sarebbero in atto, per mano russa, sia nei confronti degli ucraini che degli stessi indigeni (di etnia non-slava) della Russia[xv]. Vi è, poi, chi – come la Free Russia Foundation di Washington (DC) – ritiene che proprio la guerra in Ucraina, e le perdite umane tra gli indigeni arruolati, sia (potenzialmente) idonea a irrobustire la coscienza nazionale delle comunità aborigene[xvi]. Va da sé che generali e alti ufficiali sono tutti russi “etnici”, mentre gli indigeni sono soldati semplici o, al massimo, sotto-ufficiali.

Un quarto profilo riguarda la cooperazione internazionale. Gli indigeni della Russia settentrionale intrattengono da tempo rapporti con altri partners internazionali. La guerra, però, ha messo in crisi tali collaborazioni[xvii], soprattutto per il (diffuso) sostegno al conflitto manifestato dalle organizzazioni degli indigeni artici russi. Ciò è stato particolarmente evidente nel caso dei Saami (Lapponi). Essi vivono a cavallo di quattro Stati, ossia Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia. Le organizzazioni dei Saami della Russia appoggiano la guerra in Ucraina, e questa posizione ha inevitabilmente creato frizioni con i rappresentanti dei Saami norvegesi, svedesi e finlandesi. Il Consiglio (transnazionale) dei Saami, che raggruppa i rappresentanti dei Saami dei quattro Paesi, ha deliberato nell’aprile 2022 la sospensione delle attività di collaborazione con i Saami della Russia[xviii]. In particolare, la sospensione de qua colpisce due organizzazioni indigene, vale a dire l’Associazione dei Saami (della Penisola) di Kola e l’Associazione Saami della Regione (Oblast) di Murmansk. Basti ricordare, al riguardo, che il vice-presidente del Consiglio Saami, il russo Ivan Matrekhin[xix], è stato fotografato mentre suonava una chitarra sulla quale era tracciato il simbolo «Z», abitualmente utilizzato dai sostenitori della guerra russa[xx]. Nel marzo del 2022, l’Associazione dei Saami di Kola ha sottoscritto un documento nel quale l’aggressione della Russia all’Ucraina viene definita (assai eufemisticamente) una operazione di peacekeeping[xxi] A Lovozero, il maggiore insediamento dei Saami nella Penisola russa di Kola, alcuni indigeni hanno apposto il simbolo «Z» sulle renne. Gli esempi potrebbero facilmente moltiplicarsi; vi sono indigeni artici della Russia che hanno formato con le loro motoslitte i simboli «Z» e «V», ossia le due lettere che sono diventate i due maggiori emblemi della guerra russa[xxii], oppure la «Z» viene formata durante la performance di danzatori indigeni dell’Artico russo[xxiii]. Sembra quasi che sia discesa, sulla collaborazione transfrontaliera dei Saami, una nuova “Cortina di Ferro”[xxiv]. L’attuale presidente del Consiglio Saami, la norvegese Christina Henriksen[xxv], ha affermato che decenni di sforzi per rafforzare i legami tra i Saami dei Paesi nordici e quelli della Russia sono andati improvvisamente in frantumi, come conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina. In passato, i Saami russi hanno (notevolmente) beneficato dei contributi erogati dal Consiglio dei Saami, essendone anzi i principali fruitori. Siccome ora i finanziamenti sono sospesi, è evidente che ne risentono negativamente i progetti culturali, relativi alla tutela della cultura e della lingua dei Saami della Russia settentrionale[xxvi]. Da ultimo, i Saami della Russia non sono stati consultati in vista della istituzione del Saami Climate Council, che ha tenuto la sua prima riunione il 13 ottobre 2023 a Rovaniemi (in Finlandia) e che è stato creato (il 24 agosto 2023) per esprimere pareri e raccomandazioni in relazione all’adozione dei piani climatici nazionali[xxvii]. Metà dei dodici membri del Saami Climate Council sono esponenti delle comunità indigene dell’Artico, esperti delle relative conoscenze tradizionali (c.d. indigenous ways of knowing)[xxviii].

Sempre sul piano della cooperazione internazionale, emerge la situazione in cui si trova attualmente il Consiglio artico (Arctic Council, AC)[xxix]. Di esso fanno parte, come membri permanenti, sei organizzazioni di popoli indigeni. Tra queste ultime, è compresa l’Associazione russa dei popoli indigeni del Nord (RAIPON), la cui posizione ufficiale è di sostegno alla guerra in Ucraina[xxx]. A seguito del conflitto russo-ucraino, i lavori del Consiglio artico, nonché dei suoi organi sussidiari, sono stati sospesi, per decisione adottata il 3 marzo 2022 dagli Stati membri, esclusa la Russia, che peraltro ha continuato a presiedere il Consiglio medesimo fino al maggio del 2023[xxxi]. Siffatta decisione è pregiudizievole per i popoli indigeni (artici e sub-artici) della Russia. Questo perché, per un verso, è venuta (temporaneamente) meno la cooperazione con il Consiglio artico, nonché, per altro verso, in quanto la decisione di sospensione dei lavori consiliari è stata adottata senza il concorso dei rappresentanti dei popoli indigeni che pure sono membri permanenti del Consiglio, e in definitiva ciò determina una diminuzione del ruolo delle popolazioni indigene sul piano della cooperazione internazionale. Con la successiva risoluzione dell’8 giugno 2022, gli Stati membri del Consiglio artico, diversi dalla Russia, hanno deciso di proseguire la cooperazione su un limitato numero di questioni (sul totale di 130 progetti, contemplati dall’Arctic Council Strategic Plan 2021-2030[xxxii] approvato a Reykjavik il 20 maggio 2021, si tratta di continuarne 70/80), a condizione però che la Russia non partecipi alle relative deliberazioni[xxxiii]. Sembrano emergere “due Artici”, nella misura in cui gli Stati artici occidentali continuano la cooperazione escludendo la Russia, ma così rendendo anche sempre più precaria la condizione dei popoli indigeni della Russia del Nord. È importante, però, sottolineare che la Russia non si è ritirata dal Consiglio Artico, né si è opposta allo svolgimento delle attività limitate degli altri sette Stati artici. Questo indica, probabilmente, che la Federazione di Russia non ha intenzione di abbandonare completamente il Consiglio Artico e che gli altri Stati membri non desiderano la sua espulsione (che, di fatto, smembrerebbe interamente il Consiglio artico)[xxxiv]. Non si dimentichi, d’altra parte, che metà della regione polare artica è costituita da territorio russo. Inoltre, vi sono recenti proposte (avanzate, in particolare, dalla Norvegia) di modificare parzialmente le finalità del Consiglio artico, facendone un forum internazionale dedicato alle tematiche della difesa e della sicurezza[xxxv].

Come si vede, in conclusione, la guerra russo-ucraina ha tanti e tanti effetti negativi, incluse le ripercussioni sui piccoli popoli indigeni della Russia settentrionale, ma nello stesso tempo può aprire a nuove prospettive.

 

[i] V., però, l’evento online organizzato il 4 luglio 2022 dalla Society for Threatened Peoples (STP) di Berna, dal titolo The influence of the aggression of the Russian Federation on indigenous peoples of Russia.

[ii] U. Villani, Possibili vie di pace per la guerra in Ucraina, in La Comunità internazionale, 2023, spec. p. 399.

[iii] Su di essi, v. M. Mazza, La protezione dei popoli indigeni nella Russia del Nord, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2003, pp. 1850-1863, nonché, amplius, M. Mazza, Aurora borealis. Diritto polare e comparazione giuridica, Bologna, Filodiritto, 2014, passim.

[iv] Per i rapporti, storicamente difficili, tra Federazione Russa e Consiglio d’Europa, C. Zanghì, La problematica partecipazione della Federazione Russa al Consiglio d’Europa: dall’ammissione alla perdita dello status di membro, in Ordine internazionale e diritti umani, 2022, p. 318 ss.

[v] A. Ollino, Russia and the Council of Europe: a crisis of multilateralism?, relazione presentata al convegno su Il futuro dello Stato (ICON.S Italian Chapter), tenutosi presso l'Università di Bologna dal 16 al 17 settembre 2022 (v. sub Panel 25, Statehood and the Conflict in Ukraine: International and Constitutional Perspectives); A. Ubeda de Torres, L’esclusione della Russia dal Consiglio d’Europa: analisi e conseguenze giuridiche, in Quaderni costituzionali, 2022, p. 641 ss.; C. Zanghì, Federazione Russa-Consiglio d’Europa. Evoluzione parlamentare della nota vicenda, in Ordine internazionale e diritti umani, 2022, p. 578 ss. La Russia ha anche annunciato il ritiro dal Consiglio degli Stati del Mar Baltico e dalla Conferenza Parlamentare del Mar Baltico che – secondo quanto dichiarato dal Ministro degli Esteri Lavrov e del Presidente della Duma di Stato Volodin – sono ormai diventati soltanto degli strumenti funzionali alla realizzazione di una politica antirussa. Su quest’ultimo aspetto, v. C. Filippini, Cronache costituzionali dall’estero (aprile-giugno 2022), sub Federazione di Russia, in Quaderni costituzionali, 2022, p. 703 ss., spec. p. 705.

[vi] Che comprendono intorno alle 50.000 persone. I popoli indigeni della Federazione Russa sono (ben) 193; essi contano circa 260.000 individui, meno del 2 per cento della popolazione della Russia. I dati emergono dal censimento del 2021 i cui risultati sono stati pubblicati tra giugno e dicembre 2022 (dopo i dati preliminari, di maggio 2022). Da essi si desume, pe esempio, che i Saami/Lapponi della Russia sono 1.530 (tanto per fare un solo paragone, gli Italiani residenti in Russia nel 2021 sono 1.460). Cfr. il volume 5, tabella 17 [Население коренных малочисленных народов Российской Федерации (Population of indigenous peoples of the Russian Federation)], pubblicato dal Servizio statistico federale (abbr. Rosstat) il 30 dicembre 2022. Tutte le informazioni rilevanti sono reperibili online, nel sito Rosstat - All-Russian Population Census 2020 (russ.: Росстат - Всероссийская перепись населения 2020), www.rosstat.gov.ru. A commento, v. O. Murashko, J. Rohr, Russia, in D. Mamo (Ed.), The Indigenous World 2023, 37ª ed., Copenhagen, International Work Group for Indigenous Affairs (IWGIA), aprile 2023, p. 498 ss. Gli appartenenti alle comunità indigene della Russia sono in costante diminuzione da almeno dieci anni (cfr. Population Decline in Russia's Small Indigenous Groups Continues, in The Moscow Times, 30 gennaio 2023).

[vii] Mid Sweden University Campus Östersund, sved. Mittuniversitetet.

[viii] L’altro asse tematico consiste in governance, risorse, sicurezza e questioni giurisdizionali nell’area circumpolare.

[ix] La versione in lingua inglese è disponibile nel website all’indirizzo https://cis-legislation.com. Un commento (in inglese) è reperibile nel sito online dell’Ufficio informazione della Presidenza federale russa, www.kremlin.ru (sub Law on monitoring the activities of individuals under foreign influence).

[x] В. Sulyandziga, Russian Agrression Against Ukraine and Indigenous Peoples of Russia, scritto online, datato 24 agosto 2022, consultabile online nel sito dell'International Indigenous Fund for development and solidarity «Batani» (www.batani.org).

[xi] Non è per nulla agevole ricostruire il numero dei soldati caduti nella guerra in Ucraina; a settembre 2022, il ministero della Difesa della Russia ha riferito che erano morti 5.937 militari russi, a fronte di oltre 61.200 soldati ucraini uccisi, mentre in agosto del 2022 lo Stato Maggiore delle Forze armate ucraine confermava la perdita di quasi 9.000 soldati ucraini e la morte di circa 55.100 militari russi. L’annuncio (nel settembre 2022) di una escalation della guerra in Ucraina ha allarmato i “riservisti” (cittadini russi “arruolabili”), suscitando proteste e tendenze alla renitenza; v. N. Rossi, Contro la guerra di offesa: la fuga, la protesta, l’aperta ribellione. In nome del diritto, in Questione giustizia, 23 settembre 2022. L’autore ivi scrive che «Una politica di pace deve tradursi in diritto e laddove ha fallito il diritto oggettivo puntare su diritti soggettivi radicalmente antagonisti alle aggressioni. Primo tra tutti il diritto individuale di renitenza, la facoltà del singolo di sottrarsi con ogni mezzo a sua disposizione ad una guerra di offesa». Anche tra i “riservisti”, peraltro, sussistono discriminazioni a danno degli appartenenti alle minoranze etniche (v. L. De Biase, Non tutti i riservisti sono uguali: in guerra vanno le minoranze, in Il manifesto, 24 settembre 2022; Id., Immolazioni, sciamani e una strage di massa. Minoranze contro la leva, ibidem, 27 settembre 2022, il quale osserva che «Chi può è già scappato: alcune ong parlano di 70mila uomini riparati all’estero»). L’«appello pacifista internazionale» si estende agli obiettori e ai disertori ucraini (v. E. Giordana, Obiettori e disertori: proteggiamo gli ucraini oltre che i russi, in Il manifesto, 28 settembre 2022; Y. Sheliazhenko, L’obiezione di coscienza nella guerra in Ucraina, in Azione nonviolenta, luglio-agosto 2022, pp. 38-43, l’autore è Segretario esecutivo del Movimento Pacifista Ucraino). L’arcivescovo (cattolico) di Mosca, monsignor Paolo Pezzi, ha fatto appello al diritto all’obiezione di coscienza (v. l’intervista di R. Maccioni a mons. Pezzi in Avvenire, 20 ottobre 2022). L’obiezione di coscienza, accompagnata dall’obbligo di prestare un servizio civile alternativo, è espressamente contemplata dal terzo comma dell’art. 59 della Costituzione della Federazione Russa. Secondo una più recente valutazione, a settembre 2023 i militari russi e ucraini caduti in guerra sarebbero 200.000, oltre a 300.000 feriti, di cui 300.000 russi e 200.000 ucraini (v. M. Angeli, I numeri segreti sui morti e la guerra tornata in trincea, in www.rsi.ch, 16 settembre 2023). Permangono, inoltre, le (molto) difficili condizioni di esercizio del diritto umano all’obiezione di coscienza al servizio militare, sia in Russia che in Ucraina (cfr. Azione nonviolenta, settembre-ottobre 2023, pp. 38-39 e 40-43, rispettivamente sub In Russia continua la sfida degli obiettori e Difendere gli obiettori ucraini è sempre e ancora necessario). Negli scritti da ultimi citati, viene invocato un maggiore favor iuris nei confronti del diritto di obiezione. Il Movimento degli obiettori di coscienza russi (al servizio militare) è stato dichiarato dalle autorità come «agente straniero» (dal 23 giugno 2023), con la conseguente messa fuorilegge; cfr. L. Liverani, Pugno di ferro in Russia contro il Movimento obiettori: «Agenti stranieri», in Avvenire, 26 giugno 2023. V. infine, le riflessioni di M. Valpiana, La resistenza degli obiettori russi e ucraini, in Il manifesto, 30 novembre 2022; Id., L’obiezione di coscienza può mettere in crisi la guerra, ivi, 17 maggio 2023 (l’autore è presidente del Movimento Nonviolento, fondato da Aldo Capitini nel 1964).

[xii] «While any loss of life is a tragedy, for small-numbered Indigenous peoples it could be a question of their very survival» (così В. Sulyandziga, op. cit.).

[xiii] Vengono alla mente le parole del famoso comandante militare sovietico, il Maresciallo Georgij Žukov, il quale alla domanda sulle ingenti perdite umane sul fronte (nel corso della seconda guerra mondiale), aveva perentoriamente risposto: «Nessun problema. Le madri partoriranno più figli». Putin sembra non pensarla (molto) diversamente.

[xiv] Russia Uses War in Ukraine to Wipe Out Its Own Indigenous People, disponibile nel sito Internet www.ukrainianworldcongress.org, 9 agosto 2022.

[xv] L. Latypova, For Russia’s Exiled Ethnic Activists, Ukraine War a ‘Window of Opportunity’, in The Moscow Time, 23 maggio 2022.

[xvi] How the War in Ukraine Catalyzed a Re-Awakening of National Identity Among Russia’s Indigenous Peoples, in www.4freerussia.org, 20 maggio 2022.

[xvii] E. Zmyvalova, Indigenous peoples of Russia during the war time, in Arctic Yearbook, 2023, https://arcticyearbook.com, pp. 1-20, spec. pp. 6-8.

[xviii] Su cui v. M. Mazza, I Saami della Russia settentrionale: una condizione giuridica (ancora) difficile, in Filodiritto, 26 marzo 2020.

[xix] Matrekhin è anche presidente dell’Associazione Saami della Regione di Murmansk (su cui v. sopra nel testo).

[xx] Cfr. J. Last, The Ukraine War Is Dividing Europe’s Arctic Indigenous People. It has driven a wedge between Sámi in Russia and those in Nordic countries, in Foreigh Policy, 27 giugno 2022. Questo non significa, ovviamente, che tutti i Saami russi siano a favore della guerra in Ucraina. Lo dimostra, inter alia, il caso di Andrei Danilov, membro della Commissione cultura del Consiglio Saami, il quale ha assunto pubblicamente posizioni anti-guerra. Lo stesso Danilov ha successivamente chiesto asilo politico in Norvegia (v. T. Nilsen, War protesting Sámi activist from Kola seeks asylum in Norway, in The Barents Observer, 4 aprile 2022). Vi è, poi, almeno una (ex) componente del Parlamento Saami della Norvegia, di nome Sandra Andersen Eira, che ha deciso di recarsi in Ucraina per combattere i russi (v. A. Ferris-Rotman, ‘I Can’t Say No to Mothers in Need.' The Foreign Women Joining Ukraine’s Fight Against Russia, in Time, 7 maggio 2022). Andersen Eira è un medico e si è arruolata a Kiev nella Legione internazionale voluta dal Presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj. Sul piano organizzativo, vi è perlomeno un gruppo, denominato League of Free Nations e formatosi nel maggio 2022, che raggruppa appartenenti a (sei) comunità indigene russe e che si oppone alla guerra in Ucraina, traendo anzi spunto da tale conflitto per promuovere la decolonizzazione e la «piena sovranità» delle comunità medesime rispetto alla Russia (v. K. Altynbayev, Indigenous activists in Russia broach topic of right to self-determination, in Caravanserrai, 1 luglio 2022, https://central.asia-news.com). In una manifestazione pubblica di tale organizzazione indigena, è stato esposto un cartello con la scritta «Putin go home» e un altro che esortava alla «Secession from Russia!». Si ha notizia che uno dei fondatori di tale organizzazione, Sires Bolaen, stia combattendo con le Forze di difesa territoriale dell’Ucraina. Un altro leader della League of Free Nations, Vladimir Dovdanov, ha affermato che «Today, as a result of Russia’s military aggression against Ukraine, major global political changes are taking place, and this gives us the opportunity to become a subject state, and no longer be treated as an object». In particolare, Sires Boalen si è rivolto (nel maggio 2022) allo United Nations Permanent Forum on Indigenous People per lamentare il fatto che la Russia mantiene i territori dove abitano le comunità indigene in una condizione di sottosviluppo, cosicché i giovani aborigeni vedono nell’arruolamento nell’Esercito russo il solo modo per fuggire da una «povertà devastante». La League of Free Nations sostiene l’opinione per cui, se è possibile per i separatisti in Ucraina tenere un referendum e diventare uno Stato indipendente, perché la stessa cosa non potrebbero fare i popoli indigeni della Russia? Due co-fondatori della League of Free Nations, Dorjo Dugarov e Rajana Dugar-De Ponte, hanno a loro volta affermato che «l’unione dei movimenti di libertà e soggettività politica avrebbe un “effetto cumulativo” e consentirebbe ai popoli indigeni di condividere la loro causa a livello internazionale». Infine, nel luglio 2022 la League of Free Nations ha diffuso il seguente comunicato: «We, representatives of peoples enslaved by Russia, are aware that Moscow is trying to occupy Ukraine and destroy its statehood. In the new colonial war, the empire uses soldiers from previously conquered colonies. It is them, not Muscovites and St. Petersburgers, who are sent to fight. No mercy for non-russians! The peoples deprived of any rights are shedding their blood to take freedom away from Ukrainians. To plunge them into the same humiliating, slave-like state in which our peoples are under russian rule».

[xxi] Una certa cautela definitoria viene manifestata anche dalla Cina popolare; v. G. Samarani, La Cina e l’invasione russa dell’Ucraina, in Mondo cinese, 2022, n. 3, 81 ss. Si è argutamente parlato, a proposito della Repubblica Popolare Cinese, di una «neutralità pro-russa»; v. A. Negri, Putin verso l’Asia con Xi a Samarcanda. Un vertice dell’«altro mondo», in Il manifesto, 14 settembre 2022. Sul “duo eurasiatico” (Russia-Cina) e la posizione ambigua tra Mosca e Kiev mantenuta dalla Cina, v. Y. Deng, Xi non abbandonerà Putin, in Limes. Riv. it. di geopolitica, 2022, n. 9, p. 221 ss.; H. Akita, Pechino non può abbandonare Mosca, in Internazionale, n. 1482, 14/20 ottobre 2022, p. 49 ss. Il console generale della Russia a Hong Kong e Macao, Igor Sagitov, ha espresso apprezzamento per l’approccio cinese al conflitto in Ucraina, evidenziando che Cina e Russia sono entrambe impegnate a contrastare le «minacce» ai propri interessi e alla sicurezza nazionale (v. J. Lau, Russia appreciates China’s ‘balanced position’, says envoy as Beijing walks fine line on Ukraine war, in South China Morning Post, 8 ottobre 2022). Il duo sino-russo, e la relativa “sintonia”, sono essenzialmente basati sulla condivisa rivalità con Washington. Appena tre settimane prima dell’invasione russa in Ucraina, la dirigenza di Pechino si era dichiarata, il 4 febbraio 2022, disponibile a una cooperazione «senza limiti» con il Cremlino (v. G.B. Andornino, Mala tempora: Pechino e l’invasione russa dell’Ucraina, in www.twai.it, 8 aprile 2022). V. infine, M. Sahakyan, China’s Position on Russo-Ukrainian War in a Multipolar World Order 2.0, in Id (Ed.), Routledge Handbook of Chinese and Eurasian International Relations, London-New York, Routledge, in corso di pubblicazione (giugno 2024).

[xxii] La lettera «V», disegnata nei tre colori della bandiera russa, sta altresì per vybory prezidenta Rossi e campeggia nei manifesti che invitano a votare nelle elezioni presidenziali russe in programma dal 15 al 17 marzo 2024. Cfr. R. Castelletti, Russia, dai tank alle urne: la “V” di Putin è ora il logo delle elezioni, in La Repubblica, 3 febbraio 2024. Sulla preparazione della consultazione elettorale, v. I. Galimova, La Russia saluta il 2023: mentre si tirano le somme del secondo anno dell’“operazione militare speciale” il Cremlino si prepara alla campagna presidenziale, in Nomos, 3-2023.

[xxiii] A. Staalesen, On Russia’s remotest Arctic coasts resounds a heil for Putin's war, in The Barents Observer, 19 aprile 2022.

[xxiv] Tale è l’opinione del prof. Mikkel Berg-Nordlie, docente di storia all’Università Metropolitana di Oslo (OsloMet) e lui stesso di etnia Saami.

[xxv] Eletta nel 2020. La Henriksen è stata, altresì, componente del Parlamento Saami della Norvegia (dal 2013 al 2017).

[xxvi] Sui diritti linguistici dei Saami russi, v. M. Mazza, Un caso remoto di tutela dei diritti linguistici Saami nella Russia del Nord, con alcuni riferimenti storico-comparativi, in Filodiritto, 25 marzo 2021. L’apprendimento e la conservazione della lingua Saami sono essenziali per preservare l’identità culturale indigena, come bene spiegato (per esempio) da O. Shchukina et al., Norwegian policy on sami language learning and preservation, in Polish Journal of Educational Studies, 2018, p. 185 ss. La cultura Saami viene conservata nonostante il fenomeno della crescente urbanizzazione (anche in Russia) degli indigeni; vedasi M. Berg-Nordlie et al. (Eds.), An Urban Future for Sapmi? Indigenous Urbanization in the Nordic States and Russia, prefaz. di A. Dankertsen, New York-Oxford, Berghahn, 2022 (Studies in the Circumpolar North, n. 4), e ivi spec. M. Berg-Nordlie, A. Andersen, Cities in Sápmi, Sámi in the Cities: Indigenous Urbanization in the Nordic Countries and Russia, p. 54 ss., nonché M. Berg-Nordlie, A. Andersen, A. Dankertsen, Urban Indigenous Organizing and Institution-Building in Norway and Russia: By and For Whom?, p. 147 ss. Sui diritti linguistici degli indigeni come diritti umani fondamentali, v. R. Sonk, Indigenous Languages – A Human Right, in Vereinte Nationen. Zeitschrift für die Vereinten Nationen und ihre Sonderorganisationen, agosto 2021, p. 154 ss.

[xxvii] V. la nota informativa del ministero dell’Ambiente della Finlandia, datata 17 ottobre 2023 e intitolata Sámi Climate Council started its wor (indirizzo Internet https://valtioneuvosto.fi).

[xxviii] I rimanenti (sei) componenti del Saami Climate Council sono rappresentanti della comunità scientifica. Il Consiglio resta in carica per quattro anni.

[xxix] Sull’Arctic Council v., da ultimo, N. Loukacheva, The Arctic Council and Its “Legislative” Activities, in Y. Tanaka, R.L. Johnstone, V. Ulfbeck (Eds.), The Routledge Handbook of Polar Law, London-New York, Routledge, 2024, p. 356 ss.

[xxx] RAIPON supports the decision of President Putin to start the war in Ukraine, in Indigenous Russia, 1° marzo 2022. La decisione è stata adottata dall’unanimità dal Consiglio di coordinamento (organo direttivo) dell’Associazione (che ha sede a Mosca). RAIPON è, dal 2013, sotto il controllo totale del regime putiniano. Proprio come reazione alla posizione filo-governativa di RAIPON è stata creata in Russia l’organizzazione indigena “alternativa” dal nome Aborigen Forum (russ. Абориген-Форум).

[xxxi] Cfr. M. Mazza, Guerra in Ucraina e governance internazionale dell’Artico: effetti di lungo termine? Le reazioni degli organi di cooperazione dei Paesi nordici, in Filodiritto, 30 giugno 2022. La presidenza del Consiglio artico spetta, per il periodo 2023-2025, alla Norvegia (prima della Russia, la presidenza del Consiglio artico era stata assegnata all’Islanda, dal 2019 al 2021).

[xxxii] Il cui testo è disponibile all’indirizzo Internet https://oaarchive.arctic-council.org. Il documento enumera sette obiettivi prioritari. L’obiettivo strategico n. 7 riguarda il rafforzamento del ruolo del Consiglio artico.

[xxxiii] Si veda T. Koivurova, A. Shibata, After Russia’s invasion of Ukraine in 2022: Can we still cooperate with Russia in the Arctic?, in Polar Record. A Journal of Arctic and Antarctic Research, v. 59, 2023, n. 3, e12.

[xxxiv] Cfr. R.L. Johnstone, Polar Law after the Invasion of Ukraine, in Nordicum-Mediterraneum. Icelandic E-Journal of Nordicum and Mediterranean Studies, 18, 2023, n. 2, pp. 1-30. Sul futuro (tuttora incerto) del Consiglio artico, v. altresì B. Steinveg, S.V. Rottem, S. Andreeva, Soft institutions in Arctic governance—who does what?, in Polar Record. A Journal of Arctic and Antarctic Research, 2024, doi:10.1017/S0032247423000335.

[xxxv] Cfr. B.O. Knutsen, E. Pettersen, War in Europe, but Still Low Tension in the High North? An Analysis of Norwegian Mitigation Strategies, in Arctic Review on Law and Politics, 2024, p. 25 ss