x

x

Previdenza forense: il limite temporale di riduzione della pensione

Limiti alla Cassa Forense per rettificare la misura della pensione liquidata
Previdenza Forense
Previdenza Forense

Abstract

In assenza di specifica norma che consenta alla Cassa Forense di rettificare senza limiti di tempo la misura della pensione da essa liquidata, siffatto potere può essere esercitato nei limiti della prescrizione decennale.

 

Indice

1. Natura pubblica del rapporto previdenziale

2. Limite temporale di riduzione della pensione

 

1. Natura pubblica del rapporto previdenziale

Come è noto, con l’articolo 1, commi 32 e 33, lettera a), punto 4, della Legge 24 dicembre 1993, n. 537, è stata conferita delega al Governo per riordinare o sopprimere enti pubblici di previdenza ed assistenza, ed è stata in particolare prevista la possibilità di privatizzare - nelle forme dell’associazione o della fondazione - gli enti che non usufruiscono di finanziamenti pubblici, con garanzie di autonomia ma “ferme restando le finalità istitutive e l’obbligatoria iscrizione e contribuzione agli stessi degli appartenenti alle categorie di personale a favore dei quali gli enti stessi risultano istituiti”.

In attuazione di tale delega, l’articolo 1 del Decreto legislativo n. 509 del 1994 contempla siffatto tipo di trasformazione, condizionandolo all’assenza di finanziamenti pubblici ed esplicitamente sottolineando la continuità della collocazione dell’ente nel sistema, come centro d’imputazione dei rapporti e soprattutto come soggetto preposto a svolgere le attività previdenziali ed assistenziali in atto.

All’autonomia organizzativa, amministrativa e contabile riconosciuta ai singoli enti in ragione della loro mutata veste giuridica fanno riscontro un articolato sistema di poteri ministeriali di controllo sui bilanci e d’intervento sugli organi di amministrazione, nonché una generale funzione di controllo sulla gestione da parte della Corte dei conti.

La suddetta trasformazione ha lasciato immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dagli enti, articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi e che l’obbligo contributivo costituisce un corollario, appunto, della rilevanza pubblicistica dell’inalterato fine previdenziale.

Pertanto la natura di ente di diritto privato della Cassa forense non può essere messa in dubbio ma del pari innegabile è la natura pubblica (derivante dalle finalità della contribuzione) del rapporto previdenziale tra la Cassa ed il proprio iscritto (in tal senso, Cassazione civile, Sezioni Unite, 20 giugno 2012 n. 10132).

Quindi è evidente che la privatizzazione della Cassa non vale a mutare la natura assolutamente indisponibile ed inderogabile delle norme – di legge o regolamentari – disciplinanti la prestazione previdenziale alla quale non si può applicare lo schema privatistico “proposta contrattuale-accettazione”.

 

2. Limite temporale di riduzione della pensione

In tale ottica, la Corte di Cassazione (Cassazione civile, sezione Lavoro, 19 giugno 2019 n. 16415) ha nuovamente affermato che una volta maturato il diritto alla pensione di anzianità, l’ente previdenziale debitore non può, con atto unilaterale, regolamentare o negoziale, ridurne l’importo, tanto meno adducendo generiche ragioni finanziarie, poiché ciò lederebbe l’affidamento del pensionato, tutelato dall’articolo 3, secondo comma, Cost., nella consistenza economica del proprio diritto soggettivo.

La Corte di legittimità è giunta ad affermare tale principio sul rilievo che « ...il diritto soggettivo alla pensione, che per il lavoratore subordinato o autonomo matura quando si verifichino tutti i requisiti, può essere limitato, quanto alla proporzione fra contributi versati ed ammontare delle prestazioni, dalla legge, la quale può disporre in senso sfavorevole anche quando, maturato il diritto, siano in corso di pagamento i singoli ratei, ossia quando il rapporto di durata sia nella fase di attuazione. È però necessario che la legge sopravvenuta non oltrepassi il limite della ragionevolezza, ossia che non leda l’affidamento dell’assicurato in una consistenza della pensione, proporzionale alla quantità dei contributi versati”.

Si ricorda che la giurisprudenza della Corte costituzionale è costante nel ritenere illegittima la norma che violi “l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, quale elemento essenziale dello Stato di diritto” (tra le tante, cfr. Corte cost. 22 novembre 2000 n. 525).

Ciò ha indotto la Cassazione a ritenere contrario al principio di ragionevolezza (articolo 3, comma 2, Cost.) l’atto infralegislativo, amministrativo o negoziale, con cui l’ente previdenziale debitore riduca unilateralmente l’ammontare della prestazione mentre il rapporto pensionistico si svolge, ossia non si limiti a disporre pro futuro con riguardo a pensioni non ancora maturate. In tal caso l’iniziativa unilaterale, e non legislativa, colpirebbe più gravemente la sicurezza dei rapporti giuridici (in tal senso, cfr. anche Cassazione civile, sezione lavoro, 7 giugno 2005 n. 11792).

Peraltro, la citata pronuncia della Corte non solo riafferma la natura pubblica dell’attività svolta dalla Cassa, ma ammette che la stessa possa procedere alla rettifica della liquidazione della pensione, entro determinati limiti temporali ed infatti ha ribadito che:

in materia di previdenza forense, in assenza di specifica norma che consenta alla Cassa Forense di rettificare senza limiti di tempo la misura della pensione da essa liquidata (a differenza di quanto è previsto dall’articolo 52 della legge n. 88 del 1989 in riferimento alle gestioni previdenziali affidate all’INPS), siffatto potere può essere esercitato nei limiti della prescrizione decennale, secondo quanto è dato desumere dall’articolo 20 della legge n. 876 del 1980, che prevede la facoltà dell’ente previdenziale di controllare, all’atto della domanda di pensione, la corrispondenza tra le dichiarazioni annuali dei redditi e le comunicazioni annualmente inviate dallo stesso iscritto, limitatamente agli ultimi dieci anni, così da far prevalere l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici rispetto all’esigenza di far valere, senza limiti temporali, l’esatta corrispondenza della posizione contributiva-previdenziale delle regole disciplinanti la sua configurazione”.

In altri termini, e concludendo, la Cassazione esclude l’applicazione dell’articolo 2934, comma 2, del codice civile avente ad oggetto i diritti indisponibili e quindi la conseguente imprescrittibilità del diritto alla rettifica (sul punto, cfr. Cassazione civile, sezione lavoro, 13 gennaio 2009 n. 501).