Risarcimento - Cassazione Civile: l’azione di responsabilità fondata sulla violazione di un obbligo di custodia è diversa da quella fondata sul risarcimento da fatto illecito

Con la sentenza in esame la Cassazione ha ribadito la difformità della responsabilità derivante da violazione di un obbligo di custodia dalla più generale responsabilità fondata sul principio neminem laedere. La seconda non contiene la prima.

Nel caso di specie la ricorrente, una donna ipovedente, per via di una caduta causata dalla presenza di una buca di notevoli dimensioni sull’asfalto del territorio comunale, chiedeva al Comune il risarcimento per fatto illecito dei danni riportati a causa della caduta. A seguito del rigetto della domanda da parte del Tribunale, la ricorrente propone appello. La Corte d’Appello di Firenze accoglie parzialmente la domanda riconoscendo l’esistenza di un anomalia nel manto stradale tale da costituire fonte di pericolo per gli utenti. 

La Suprema Corte, nel ribaltare la sentenza dei Giudici del Gravame, controbatte al rilievo della parte attrice, secondo cui non vi sarebbero importanti differenze concettuali tra la responsabilità fondata sulla violazione di un obbligo di custodia e quella derivante da fatto illecito, poiché la prima costituisce una declinazione rispetto alla più generale responsabilità Aquiliana. 

Al contrario, infatti, secondo i Giudici di Cassazione le due azioni sono differenti e devono formare oggetto di domande giudiziali distinte: la domanda di risarcimento del danno derivante da fatto illecito non può “contenere” quella fondata sulla violazione dell’obbligo di custodia che deve essere oggetto di autonoma domanda. Infatti nell’azione per responsabilità Aquiliana il danneggiato deve provare l’esistenza del dolo o della colpa a carico del danneggiante. Nel caso di azione derivante dalla violazione dell’obbligo di custodia la responsabilità del custode è prevista dalla legge per il fatto stesso della custodia, potendo questi liberarsi solo dimostrando il caso fortuito. 

A sostegno di detta ricostruzione gli Ermellini citano una precedente sentenza dall’analogo tenore, secondo la quale “l’azione di responsabilità fondata sulla violazione di un obbligo di custodia è intrinsecamente diversa da quella fondata sul principio generale del neminem laedere”. 

Infatti “l’applicabilità dell’una o dell’altra norma implica diversi accertamenti e coinvolge distinti temi d’indagine, trattandosi di accertare, nel primo caso, se sia stato attuato un comportamento commissivo od omissivo, dal quale è derivato un pregiudizio a terzi, e dovendosi prescindere, invece, nel caso di responsabilità per danni da cosa in custodia, dal profilo del comportamento del custode, che è elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all’articolo 2051 Codice Civile, nella quale il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio, che grava sul custode, per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano dal caso fortuito”. 

In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione. 

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 21 Settembre 2015, n.18463)

Con la sentenza in esame la Cassazione ha ribadito la difformità della responsabilità derivante da violazione di un obbligo di custodia dalla più generale responsabilità fondata sul principio neminem laedere. La seconda non contiene la prima.

Nel caso di specie la ricorrente, una donna ipovedente, per via di una caduta causata dalla presenza di una buca di notevoli dimensioni sull’asfalto del territorio comunale, chiedeva al Comune il risarcimento per fatto illecito dei danni riportati a causa della caduta. A seguito del rigetto della domanda da parte del Tribunale, la ricorrente propone appello. La Corte d’Appello di Firenze accoglie parzialmente la domanda riconoscendo l’esistenza di un anomalia nel manto stradale tale da costituire fonte di pericolo per gli utenti. 

La Suprema Corte, nel ribaltare la sentenza dei Giudici del Gravame, controbatte al rilievo della parte attrice, secondo cui non vi sarebbero importanti differenze concettuali tra la responsabilità fondata sulla violazione di un obbligo di custodia e quella derivante da fatto illecito, poiché la prima costituisce una declinazione rispetto alla più generale responsabilità Aquiliana. 

Al contrario, infatti, secondo i Giudici di Cassazione le due azioni sono differenti e devono formare oggetto di domande giudiziali distinte: la domanda di risarcimento del danno derivante da fatto illecito non può “contenere” quella fondata sulla violazione dell’obbligo di custodia che deve essere oggetto di autonoma domanda. Infatti nell’azione per responsabilità Aquiliana il danneggiato deve provare l’esistenza del dolo o della colpa a carico del danneggiante. Nel caso di azione derivante dalla violazione dell’obbligo di custodia la responsabilità del custode è prevista dalla legge per il fatto stesso della custodia, potendo questi liberarsi solo dimostrando il caso fortuito. 

A sostegno di detta ricostruzione gli Ermellini citano una precedente sentenza dall’analogo tenore, secondo la quale “l’azione di responsabilità fondata sulla violazione di un obbligo di custodia è intrinsecamente diversa da quella fondata sul principio generale del neminem laedere”. 

Infatti “l’applicabilità dell’una o dell’altra norma implica diversi accertamenti e coinvolge distinti temi d’indagine, trattandosi di accertare, nel primo caso, se sia stato attuato un comportamento commissivo od omissivo, dal quale è derivato un pregiudizio a terzi, e dovendosi prescindere, invece, nel caso di responsabilità per danni da cosa in custodia, dal profilo del comportamento del custode, che è elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all’articolo 2051 Codice Civile, nella quale il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio, che grava sul custode, per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano dal caso fortuito”. 

In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione. 

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 21 Settembre 2015, n.18463)