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Se i Talebani usassero l'intelligenza artificiale

la faccia della luna
Ph. Veronica Locatelli / la faccia della luna

Abstract

La notizia della consistente disponibilità di armi e materiale offensivo, di elevata sofisticazione, che sarebbe pervenuto nelle mani dei Talebani attraverso i saccheggi di quanto abbandonato dalla tenue resistenza dell’esercito afghano, deve preoccupare non tanto per il fatto in sé.

 

Nuovi strumenti

È persino ovvio che strumenti bellici in mano a terroristi non possano che essere utilizzati in modo maldestro. Ma tra i rischi non sufficientemente calcolati e mitigati di questa nuova “guerra” che si è aperta in Afghanistan c’è quello dell’expertise dei Talebani in materia informatica e cibernetica. Tutte le analisi concordano ormai sul fatto che non trattiamo con improvvisati criminali, ma con sofisticati tecnici del terrorismo.

La strategia utilizzata per conquistare l’attuale e autoproclamato “Stato Islamico” costringe ad una attenta ponderazione di ogni possibile intervento forzoso nei confronti di questi veri e propri “signori della guerra”, che hanno dimostrato di non sapersi muovere solamente sul terreno. Molti cittadini vittime dell’attuale regime hanno dovuto distruggere dati sensibili e occultare apparecchi mobili e software, quando non intere chat e raccolte di dati, dopo aver scoperto che i Talebani riescono a rintracciare i loro “nemici” (oppositori o ex collaboratori delle forze militari presenti prima della riconquista di Kabul) attraverso l’intelligenza artificiale loro fornita indirettamente, passando per quella che in passato era servita proprio per agire contro di loro secondo gli schemi bellici delle forze alleate. Se non sapranno usarli a dovere da soli, questi mezzi di supporto alle armi tradizionali verranno adoperati da tecnici amici dei Talebani, che questi ultimi non tarderanno a trovare sulla propria strada.

 

Intervenire per tempo

Non dobbiamo dimenticare che le più recenti e nefaste stagioni del terrorismo Islamico si sono caratterizzate per l’utilizzo di strategie che hanno visto in internet il fulcro delle azioni di propaganda, proselitismo, addestramento, informazione.

Bisogna intervenire senza indugio e subito su questo fronte, contemporaneamente al controllo del territorio, sperando che non si incontrino quelle stesse difficoltà che oggi stanno portando alla incommentabile sequela di errori e approssimazioni nella trattazione della questione afghana. Alla nascitura Agenzia italiana sulla cybersecurity deve accompagnarsi una strategia comune europea che trova in questa prima, triste occasione una ragione di più per rafforzare le dotazioni materiali e immateriali a presidio dell’integrità della safety, oltre che della security, mondiali.