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Tabulati telefonici e processo penale

l’Europa dispone e l’Italia disattende
Vista sui colori
Ph. Cinzia Falcinelli / Vista sui colori

La Corte di Cassazione ha escluso la inutilizzabilità dei tabulati alla luce della natura non concretamente vincolante della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, stante l'indeterminatezza delle indicazioni nella stessa contenuta. Il governo il primo aprile si impegnava per adeguare la normativa nazionale alle disposizioni di cui all'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002.

 

Il tabulato telefonico contiene una notevole quantità di informazioni molto sensibili che consentono di “tracciare” la vita di una persona; si tratta di un controllo che con l'evoluzione tecnologica diventa sempre più pregnante.

Nel 2014 la sola compagnia Vodafone dichiarò di essere destinataria in Italia di oltre 600.000 richieste di tabulati.

L'articolo 132 del decreto legislativo n. 196 del 2003, recante il cosiddetto codice della privacy, prevede, al comma 3, che i dati relativi al traffico telefonico sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del pubblico ministero.

 

Tabulati telefonici e Corte di giustizia UE

Con la sentenza pregiudiziale del 2 marzo 2021 nella causa C-746/18, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha dichiarato che l'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/5 relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, letto alla luce degli articoli 7, 8, 11 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, “deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, la quale consenta l'accesso di autorità pubbliche ad un insieme di dati relativi al traffico o di dati relativi all'ubicazione – (...) per finalità di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di reati, senza che tale accesso sia circoscritto a procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica”.

La Corte ha inoltre affermato che l'articolo già citato “deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, la quale renda il pubblico ministero, il cui compito è di dirigere il procedimento istruttorio penale e di esercitare, eventualmente, l'azione penale in un successivo procedimento, competente ad autorizzare l'accesso di un'autorità pubblica ai dati relativi al traffico e ai dati relativi all'ubicazione ai fini di un'istruttoria penale”.

 

Tabulati telefonici e Governo italiano

Il 1° aprile il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/02670-A/010 che impegna il Governo medesimo “ad adeguare la normativa italiana alle disposizioni di cui all'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, conformemente all'interpretazione datane dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea quanto alle condizioni soggettive e oggettive di applicabilità, apportando le opportune modifiche al codice di procedura penale e al Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, prevedendo, tra l'altro, che l'accesso del pubblico ministero ai dati sia subordinato all'autorizzazione del giudice ovvero in caso di urgenza alla successiva convalida

 

Tabulati telefonici e Garante per la privacy

Il 22 luglio 2021 il Garante per la protezione dei dati personali ha inviato una segnalazione al Parlamento e al Governo con la quale chiede di valutare l'opportunità di una riforma della disciplina della conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico a fini di giustizia.

Afferma il Garante, la modifica, più volte sollecitata, si è resa ora ulteriormente necessaria a seguito della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 marzo 2021; tale sentenza sviluppa un indirizzo già consolidato a partire dalla sentenza Digital Rights Ireland dell'8 aprile 2014 con cui la Corte ha dichiarato l'illegittimità della direttiva 2006/24/Ce per violazione del principio di proporzionalità nel bilanciamento tra protezione dati ed esigenze di pubblica sicurezza.

Come ricorda il Garante, la carenza di proporzionalità nel caso italiano è stata aggravata dalla legge n. 167 del 2017 che ha esteso a sei anni il termine massimo di conservazione dei tabulati, invitando quindi il Parlamento a una riforma tale da differenziare condizioni, limiti e termini di conservazione di tali dati in base alla gravità del reato per cui si procede, e comunque entro periodi massimi compatibili con il principio di proporzionalità.

A partire dalla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea e in attesa di un intervento del legislatore.

 

Tabulati telefonici e aule di giustizia

I Tribunali hanno adottato decisioni differenziate tra loro, con alcuni giudici per le indagini preliminari che si sono ritenuti competenti ad autorizzare l'acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico e telematico, altri che pur richiamando la sentenza citata non si sono dichiarati competenti ad autorizzare, altri ancora che hanno sollevato domanda di pronuncia pregiudiziale della Corte.

 

Tabulati telefonici e Cassazione

Nella sentenza n. 28523 del 2021 la Corte di Cassazione, II sezione penale, nel dichiarare inammissibile un ricorso relativo a una condanna confermata in appello, ha escluso la inutilizzabilità dei tabulati alla luce della natura non concretamente vincolante della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, stante l'indeterminatezza delle indicazioni nella stessa contenuta.

La Suprema Corte ritiene: “Il medesimo profilo di genericità della questione priva anche di concreta rilevanza in causa il tema della legittimità delle acquisizioni dei tabulati in forza del solo decreto autorizzativo del PM, così come attualmente previsto dall'art. 132, d.lgs 30 giugno 2003, n. 196 . Invero, non ignora il Collegio che la Grande Camera della Corte di giustizia UE, nella sentenza del 2 marzo 2021, H.K., C-746/18, in tema di tabulati telefonici e telematici, rispondendo a un rinvio pregiudiziale sollevato dalla Corte suprema estone, ha affermato che il diritto UE (e, in particolare, l'art. 15 della direttiva 2002/58/UE, letto alla luce degli artt. 7, 8, 11 e 52 della Carta di Nizza) osta a una disciplina nazionale che: 1) non circoscriva l'accesso di autorità pubbliche a dati idonei a fornire informazioni su comunicazioni effettuate da un utente «a procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica»; 2) affidi nel corso di un rito penale al pubblico ministero e non a un soggetto terzo (come un giudice) la competenza ad autorizzare l'accesso a tali dati.

Tuttavia, pur non dubitando il Collegio della possibile diretta applicabilità, nell'ordinamento nazionale, della decisione della Corte di Giustizia (organo che, quale interprete qualificato del diritto UE, indica il significato ed i limiti di applicazione delle norme comunitarie, con efficacia erga omnes nell'ambito della Comunità -cfr. Cass., Sez. Lav., 17 maggio 2019, n. 13425; Cass. Civ, n. 22577 del 2012, ivi richiamata-), nella specie non pare che la decisione della CGUE del 2 marzo 2021 sia idonea ad escludere la sussistenza di residui profili di incertezza interpretativa e discrezionalità applicativa in capo alla normativa interna; in sostanza, la richiamata pronuncia europea sembra incapace di produrre effetti applicativi immediati e diretti a causa dell'indeterminatezza delle espressioni ivi utilizzate al fine di legittimare l'ingerenza dell'autorità pubblica nella vita privata dei cittadini: infatti, il riferimento alle «forme gravi di criminalità» ed alla funzione di «prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica», sembra necessariamente implicare un intervento legislativo volto ad individuare, sulla base di «criteri oggettivi», così come richiesto dalla stessa pronuncia della Corte europea, le categorie di reati per i quali possa ritenersi legittima l'acquisizione dei dati di traffico telefonico o telematico.

Peraltro, come già detto, nella vicenda in esame non risultano neppure adeguatamente indicati, da parte del ricorrente, i profili di specifica rilevanza degli elementi tratti dai tabulati nel complessivo quadro accusatorio”.

L’intervento del Parlamento non è più rinviabile. È necessaria certezza in una materia particolarmente invasiva nella vita di tutti noi.