Tribunale di Marsala: per la determinazione dell’obbligazione di valore occorre valutare la natura del danno-conseguenza

TRIBUNALE DI MARSALA

SENTENZA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

NELLA CAUSA RG.901/08

FRA

TIZIO E CAIA, rappresentati e difesi dall’avv. Angileri, giusta procura, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Marsala;

ATTORI

Contro

MEVIO E SEMPRONIA

CONVENUTI CONTUMACI

Conclusioni:

Parte attrice “Come da atto di citazione”

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 31.3.2009 gli attori convenivano in giudizio TIZIO E CAIA per l’udienza del 27.10.08 onde sentirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali per complessivi euro 51.366,92 oltre rivalutazione ed interesse.

Allegavano in particolare gli attori come MEVIO E SEMPRONIA avrebbero trafugato dalla loro abitazione due assegni in bianco, relativi ad un proprio conto corrente, recanti i numeri identificativi 5032462208 e 5032462207, del quale il secondo sarebbe stato incassato per euro 15.000,00 da parte di tale Caio, mentre il primo sarebbe stato ritrovato, ancora in bianco, nelle mani della SEMPRONIA da parte degli organi di polizia.

Deducevano inoltre come le controparti avrebbero indotto la CAIA, tramite minacce e profittando del suo stato di deficienza psico-fisica, a sottoscrivere presso le Poste la riscossione di un buono fruttifero di lire 25.000.000,00 (con scadenza al 15.2.2010) in data 18.11.2004.

Rilevavano inoltre come da tali condotte sarebbero derivati per gli attori danni patrimoniali, determinati dalla perdita delle somme portate dai due titoli di credito riscossi suindicati, oltre che di quelle percepibili sino alla scadenza naturale del buono summenzionato (pari ad euro 4929,07). Sarebbero inoltre derivati danni morali, determinati dalle particolari modalità utilizzate dai convenuti per la sottrazione di dette somme ed in particolare minacce e raggiri prevalentemente rivolti alla persona di CAIA. Infine chiedevano il ristoro dei danni esistenziali.

I convenuti rimanevano contumaci.

La causa veniva istruita documentalmente e tramite escussione testimoniale.

La stessa veniva trattenuta in decisione all’udienza del 29.9.2010.

MOTIVAZIONE

La domanda è parzialmente fondata e deve pertanto essere accolta nei limiti che seguono.

A tal fine giova rammentare come la domanda proposta in questa sede da parte degli attori debba correttamente essere qualificata come azione risarcitoria per responsabilità aquiliana.

Ed invero con la stessa le parti invocano la condanna dei convenuti al ristoro dei danni da questi cagionati tramite la lesione di interessi non ponderati in un programma contrattuale, bensì tutelati dall’ordinamento contro ogni forma di condotta illecita, ovvero non giustificabile alla luce del plesso ordina mentale e all’esito di un giudizio sintetico-comparativa fra interessi dell’agente e interessi del danneggiato.

Tali condotte nel caso di specie debbono essere ravvisate nella apprensione contro la volontà dei loro proprietari di due titoli di credito (ed in particolare di un assegno 5032462208 e di un buono fruttifero) e della loro fruizione naturale (quali titoli legittimanti alla riscossione) tramite la percezione di somme di denaro proprie degli attori per euro 12.911,42 (quanto al buono fruttifero) e per euro 15.000,00 (quanto al suindicato assegno).

Quanto alla prova delle stesse essa deve stimarsi raggiunta in tal sede.

Ed invero dalle informative di polizia giudiziaria e dai verbali di sequestro in atti emerge agilmente come, quanto alla riscossione dell’assegno di euro 15.000,00 lo stesso debba ritenersi appreso e compilato in maniera fraudolenta dalle parti in favore del complice Caio.

Ed invero la prova di tale condotta, seppur non oggetto ottenuta in via diretta, deve ritenersi raggiunta in via critica,sussistendo indizia gravi , precisi e concordanti circa la sua sussistenza.

Ed infatti dalle testimonianza (teste Tizio) apprese in questa sede e dalle sommarie informazioni rese in sede di indagini preliminari, è emerso come i convenuti fossero soliti frequentare la casa degli attori, specialmente in assenza del marito. Parimenti provata deve ritenersi la condizione di deficienza mentale in cui versava la CAIA, nonché il rapporto di assoggettamento che i convenuti avevano costituito con la stessa. Dai verbali della p.g. è inoltre emerso che altro assegno, parimenti proveniente dagli attori, fu ritrovato, in bianco, presso la convenuta SEMPRONIA. Infine dalle indagini espletate in sede penale emerge chiaramente il rapporto di sodalizio criminoso che per la realizzazione di tali attività illecite avevano costituito i convenuti con il Caio. Dacchè la possibilità di affermare in termini di certezza processuale che l’assegno di euro 15.000,00 riscosso da quest’ultimo fu redatto in maniera fraudolenta proprio dai convenuti. Parimenti provata, poi, è la condotta sottrattiva realizzata dai convenuti in ordine al buono fruttifero. Ed invero l’attività di persuasione risulta, oltre che dalle prove assunte in ordina al generale rapporto instaurato con la parte CAIA, altresì dalla testimonianza assunta dalla addetta alle poste che concretamente ricevette la sottoscrizione autorizzativa della stessa e che ha riferito in ordina alla presenza del MEVIO e del suo interessamento al buono già in data anteriore al pagamento (si confronti teste Amoroso).

Tali circostanze poi sono confortate dalla stessa documentazione acquisita in ordine alla data, al luogo ed al valore del buono riscosso.

Certamente dovuti sono allora i danni cagionati direttamente in forza di tali condotte spoliative e pari al valore stesso dei titoli riscossi, pari ad euro 27.911,42.

Nel caso di specie è opinione di questo Tribunale che su tali somme non sia dovuta rivalutazione. Ed invero pur rammentando il recente insegnamento della Suprema Corte, secondo il quale ogni obbligazione risarcitoria costituisce, per ciò solo, un’obbligazione di valore e importa, dunque, la necessità di riconoscere la rivalutazione, questo Giudice ritiene di doversene discostare.

Si ritiene difatti che una corretta linea di demarcazione fra le figure dell’obbligazione di valuta e di valore non possa che partire dalla determinazione teleologica della loro distinzione.

Con la creazione della figura delle obbligazioni di valore, difatti, la giurisprudenza ha voluto sottrarre talune obbligazioni pecuniarie all’applicazione del principio nominalistico. Una simile esigenza si è sentita in particolar modo in relazione alle obbligazioni risarcitorie, laddove di sovente l’entità pecuniaria giurisdizionalmente determinata costituisce l’equipollente monetario di un res, la cui consistenza o esistenza è stata pregiudicata dalla condotta illecita altrui. In tal caso, difatti, la pecunia non assume la mera funzione di strumento di pagamento e scambio, ma quello di rappresentazione valoriale di una cosa. Ed infatti, accogliendosi la teoria della Differenzhypothese, funzione del risarcimento deve essere quella di porre il patrimonio del leso nello stato in cui si sarebbe trovato se la lesione non ci fosse stata e dunque, in primo luogo,di ripristinare il valore che la cosa avrebbe avuto nel suo patrimonio. Tale valore però, nel caso di un bene diverso dalla pecunia, è mutevole al mutare della forza di acquisto del denaro e pertanto tale fluttuazione, per ottenere la finalità reintegratoria spiegata, deve essere considerata nel momento liquidatorio. La figura delle obbligazioni di valore, dunque, nasce dalla necessità di coordinare la funzione patrimonial-reintegratoria del risarcimento con il fenomeno svalutativo, nella caso in cui la reintegrazione abbia ad oggetto un bene diverso dal denaro,il cui valore reale fluttua nel tempo. Una simile situazione non si verifica invece in cui oggetto della lesione non sia una cosa, ma il denaro stesso ,come nel caso di illecito da sottrazione di somme o di danno sostanziatosi in spese consequenziali ad un inadempimento o di inadempimento di una controprestazione di prezzo).In questi casi il danno da illecito (contrattuale o aquiliano) non si traduce nella lesione di una res, ma nella perdita di somme, che per loro essenza, in quanto non assunte quali misure economiche di bene diverso da sé, non hanno un valore reale (variabile), ma solo uno nominale (che è fisso per definizione).

E dunque se il corrispettivo pecuniario di un’autovettura può mutare nel tempo, non vi dubbio che il corrispettivo pecuniario di mille euro resti mille euro, potendo il denaro svolgere la propria funzione di unità di misura solo rispetto a beni diversi da sé.

Ne discende che non ogni obbligazione risarcitoria è di valore, ma solo quelle che reintegrano lesioni a beni diversi dal denaro.

La presente obbligazione, dunque, non può che dirsi di valuta.

In ordine poi alle somme che sarebbero potute maturare sul buono fruttifero laddove esso fosse stato riscosso alla sua naturale scadenza, le medesime si stimano parimenti dovute a titolo di lucro cessante e, sulla scorta del documento stesso, possono essere liquidate in euro 4.929,07.

Parimenti di valuta deve stimarsi tale obbligazione.

Nulla è dovuto in quanto al profilo di danno non patrimoniale, in difetto non solo di prova ma altresì di specifica allegazione dell’interesse costituzionalmente rilevante che si assume leso e del quale si invoca il ristoro.

Provato, seppure in via presuntiva e critica, deve stimarsi in danno morale, dovendo lo stesso ritenersi a cagione delle modalità particolarmente riprovevoli sotto il profilo etico della condotta illecita dei convenuti, nella specie e nella misura in cui essa si è concretata nella generazione di uno stato di timore permanente in una persona affetta da deficienza psichica. Lo stesso può pertanto liquidarsi equitativamente in euro 3500,00 in favore di ciascuna delle parti.

Trattandosi di debito di valuta tali somme debbo essere rivalutate ed ammontano ad euro € 3.841,81.

Ciò posto, essendo questi ultimi debiti di valore spetta il risarcimento del danno da lucro cessante per il mancato godimento delle somme dovute e liquidate al precedente capo.

Ai fini della sua liquidazione equitativa, ex art. 2056 cpv. cod. civ., seguendo il più recente orientamento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 1712 del 17.2.1995), a base di calcolo va posta non già la somma rivalutata ad oggi ma l’importo originario rivalutato anno per anno.

Pertanto sulle somme via via rivalutate debbono essere calcolati gli interessi compensativi al tasso medio ponderato annuo del 2,5% sino alla presente pronuncia.

Sull’intero complessivo importo liquidato, comprensivo cioè del credito risarcitorio e degli importi per lucro cessante, decorrono interessi legali dal giorno della presente sentenza.

Quanto alle spese legali esse seguono la soccombenza e sono liquidate in euro 12.000,00 di cui euro 8.500,00 per onorari, euro 3500,00 per diritti, oltre spese generali, iva e cpa come per legge.

PQM

Il Tribunale di Marsala, definitivamente pronunziandosi nella persona del dott. Francesco Lupia:

1) Condanna MEVIO E SEMPRONIA a pagare a TIZIO E CAIA euro 36682,3 oltre interessi come indicati in parte motiva;

2) Condanna MEVIO E SEMPRONIA a pagare a TIZIO E CAIA, le spese legali, liquidate in euro12.000,00 di cui euro 8.500,00 per onorari, euro 3500,00 per diritti, oltre spese generali, iva e cpa come per legge.

Marsala

Il Giudice

Dott. Francesco Lupia

TRIBUNALE DI MARSALA

SENTENZA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

NELLA CAUSA RG.901/08

FRA

TIZIO E CAIA, rappresentati e difesi dall’avv. Angileri, giusta procura, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Marsala;

ATTORI

Contro

MEVIO E SEMPRONIA

CONVENUTI CONTUMACI

Conclusioni:

Parte attrice “Come da atto di citazione”

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 31.3.2009 gli attori convenivano in giudizio TIZIO E CAIA per l’udienza del 27.10.08 onde sentirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali per complessivi euro 51.366,92 oltre rivalutazione ed interesse.

Allegavano in particolare gli attori come MEVIO E SEMPRONIA avrebbero trafugato dalla loro abitazione due assegni in bianco, relativi ad un proprio conto corrente, recanti i numeri identificativi 5032462208 e 5032462207, del quale il secondo sarebbe stato incassato per euro 15.000,00 da parte di tale Caio, mentre il primo sarebbe stato ritrovato, ancora in bianco, nelle mani della SEMPRONIA da parte degli organi di polizia.

Deducevano inoltre come le controparti avrebbero indotto la CAIA, tramite minacce e profittando del suo stato di deficienza psico-fisica, a sottoscrivere presso le Poste la riscossione di un buono fruttifero di lire 25.000.000,00 (con scadenza al 15.2.2010) in data 18.11.2004.

Rilevavano inoltre come da tali condotte sarebbero derivati per gli attori danni patrimoniali, determinati dalla perdita delle somme portate dai due titoli di credito riscossi suindicati, oltre che di quelle percepibili sino alla scadenza naturale del buono summenzionato (pari ad euro 4929,07). Sarebbero inoltre derivati danni morali, determinati dalle particolari modalità utilizzate dai convenuti per la sottrazione di dette somme ed in particolare minacce e raggiri prevalentemente rivolti alla persona di CAIA. Infine chiedevano il ristoro dei danni esistenziali.

I convenuti rimanevano contumaci.

La causa veniva istruita documentalmente e tramite escussione testimoniale.

La stessa veniva trattenuta in decisione all’udienza del 29.9.2010.

MOTIVAZIONE

La domanda è parzialmente fondata e deve pertanto essere accolta nei limiti che seguono.

A tal fine giova rammentare come la domanda proposta in questa sede da parte degli attori debba correttamente essere qualificata come azione risarcitoria per responsabilità aquiliana.

Ed invero con la stessa le parti invocano la condanna dei convenuti al ristoro dei danni da questi cagionati tramite la lesione di interessi non ponderati in un programma contrattuale, bensì tutelati dall’ordinamento contro ogni forma di condotta illecita, ovvero non giustificabile alla luce del plesso ordina mentale e all’esito di un giudizio sintetico-comparativa fra interessi dell’agente e interessi del danneggiato.

Tali condotte nel caso di specie debbono essere ravvisate nella apprensione contro la volontà dei loro proprietari di due titoli di credito (ed in particolare di un assegno 5032462208 e di un buono fruttifero) e della loro fruizione naturale (quali titoli legittimanti alla riscossione) tramite la percezione di somme di denaro proprie degli attori per euro 12.911,42 (quanto al buono fruttifero) e per euro 15.000,00 (quanto al suindicato assegno).

Quanto alla prova delle stesse essa deve stimarsi raggiunta in tal sede.

Ed invero dalle informative di polizia giudiziaria e dai verbali di sequestro in atti emerge agilmente come, quanto alla riscossione dell’assegno di euro 15.000,00 lo stesso debba ritenersi appreso e compilato in maniera fraudolenta dalle parti in favore del complice Caio.

Ed invero la prova di tale condotta, seppur non oggetto ottenuta in via diretta, deve ritenersi raggiunta in via critica,sussistendo indizia gravi , precisi e concordanti circa la sua sussistenza.

Ed infatti dalle testimonianza (teste Tizio) apprese in questa sede e dalle sommarie informazioni rese in sede di indagini preliminari, è emerso come i convenuti fossero soliti frequentare la casa degli attori, specialmente in assenza del marito. Parimenti provata deve ritenersi la condizione di deficienza mentale in cui versava la CAIA, nonché il rapporto di assoggettamento che i convenuti avevano costituito con la stessa. Dai verbali della p.g. è inoltre emerso che altro assegno, parimenti proveniente dagli attori, fu ritrovato, in bianco, presso la convenuta SEMPRONIA. Infine dalle indagini espletate in sede penale emerge chiaramente il rapporto di sodalizio criminoso che per la realizzazione di tali attività illecite avevano costituito i convenuti con il Caio. Dacchè la possibilità di affermare in termini di certezza processuale che l’assegno di euro 15.000,00 riscosso da quest’ultimo fu redatto in maniera fraudolenta proprio dai convenuti. Parimenti provata, poi, è la condotta sottrattiva realizzata dai convenuti in ordine al buono fruttifero. Ed invero l’attività di persuasione risulta, oltre che dalle prove assunte in ordina al generale rapporto instaurato con la parte CAIA, altresì dalla testimonianza assunta dalla addetta alle poste che concretamente ricevette la sottoscrizione autorizzativa della stessa e che ha riferito in ordina alla presenza del MEVIO e del suo interessamento al buono già in data anteriore al pagamento (si confronti teste Amoroso).

Tali circostanze poi sono confortate dalla stessa documentazione acquisita in ordine alla data, al luogo ed al valore del buono riscosso.

Certamente dovuti sono allora i danni cagionati direttamente in forza di tali condotte spoliative e pari al valore stesso dei titoli riscossi, pari ad euro 27.911,42.

Nel caso di specie è opinione di questo Tribunale che su tali somme non sia dovuta rivalutazione. Ed invero pur rammentando il recente insegnamento della Suprema Corte, secondo il quale ogni obbligazione risarcitoria costituisce, per ciò solo, un’obbligazione di valore e importa, dunque, la necessità di riconoscere la rivalutazione, questo Giudice ritiene di doversene discostare.

Si ritiene difatti che una corretta linea di demarcazione fra le figure dell’obbligazione di valuta e di valore non possa che partire dalla determinazione teleologica della loro distinzione.

Con la creazione della figura delle obbligazioni di valore, difatti, la giurisprudenza ha voluto sottrarre talune obbligazioni pecuniarie all’applicazione del principio nominalistico. Una simile esigenza si è sentita in particolar modo in relazione alle obbligazioni risarcitorie, laddove di sovente l’entità pecuniaria giurisdizionalmente determinata costituisce l’equipollente monetario di un res, la cui consistenza o esistenza è stata pregiudicata dalla condotta illecita altrui. In tal caso, difatti, la pecunia non assume la mera funzione di strumento di pagamento e scambio, ma quello di rappresentazione valoriale di una cosa. Ed infatti, accogliendosi la teoria della Differenzhypothese, funzione del risarcimento deve essere quella di porre il patrimonio del leso nello stato in cui si sarebbe trovato se la lesione non ci fosse stata e dunque, in primo luogo,di ripristinare il valore che la cosa avrebbe avuto nel suo patrimonio. Tale valore però, nel caso di un bene diverso dalla pecunia, è mutevole al mutare della forza di acquisto del denaro e pertanto tale fluttuazione, per ottenere la finalità reintegratoria spiegata, deve essere considerata nel momento liquidatorio. La figura delle obbligazioni di valore, dunque, nasce dalla necessità di coordinare la funzione patrimonial-reintegratoria del risarcimento con il fenomeno svalutativo, nella caso in cui la reintegrazione abbia ad oggetto un bene diverso dal denaro,il cui valore reale fluttua nel tempo. Una simile situazione non si verifica invece in cui oggetto della lesione non sia una cosa, ma il denaro stesso ,come nel caso di illecito da sottrazione di somme o di danno sostanziatosi in spese consequenziali ad un inadempimento o di inadempimento di una controprestazione di prezzo).In questi casi il danno da illecito (contrattuale o aquiliano) non si traduce nella lesione di una res, ma nella perdita di somme, che per loro essenza, in quanto non assunte quali misure economiche di bene diverso da sé, non hanno un valore reale (variabile), ma solo uno nominale (che è fisso per definizione).

E dunque se il corrispettivo pecuniario di un’autovettura può mutare nel tempo, non vi dubbio che il corrispettivo pecuniario di mille euro resti mille euro, potendo il denaro svolgere la propria funzione di unità di misura solo rispetto a beni diversi da sé.

Ne discende che non ogni obbligazione risarcitoria è di valore, ma solo quelle che reintegrano lesioni a beni diversi dal denaro.

La presente obbligazione, dunque, non può che dirsi di valuta.

In ordine poi alle somme che sarebbero potute maturare sul buono fruttifero laddove esso fosse stato riscosso alla sua naturale scadenza, le medesime si stimano parimenti dovute a titolo di lucro cessante e, sulla scorta del documento stesso, possono essere liquidate in euro 4.929,07.

Parimenti di valuta deve stimarsi tale obbligazione.

Nulla è dovuto in quanto al profilo di danno non patrimoniale, in difetto non solo di prova ma altresì di specifica allegazione dell’interesse costituzionalmente rilevante che si assume leso e del quale si invoca il ristoro.

Provato, seppure in via presuntiva e critica, deve stimarsi in danno morale, dovendo lo stesso ritenersi a cagione delle modalità particolarmente riprovevoli sotto il profilo etico della condotta illecita dei convenuti, nella specie e nella misura in cui essa si è concretata nella generazione di uno stato di timore permanente in una persona affetta da deficienza psichica. Lo stesso può pertanto liquidarsi equitativamente in euro 3500,00 in favore di ciascuna delle parti.

Trattandosi di debito di valuta tali somme debbo essere rivalutate ed ammontano ad euro € 3.841,81.

Ciò posto, essendo questi ultimi debiti di valore spetta il risarcimento del danno da lucro cessante per il mancato godimento delle somme dovute e liquidate al precedente capo.

Ai fini della sua liquidazione equitativa, ex art. 2056 cpv. cod. civ., seguendo il più recente orientamento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 1712 del 17.2.1995), a base di calcolo va posta non già la somma rivalutata ad oggi ma l’importo originario rivalutato anno per anno.

Pertanto sulle somme via via rivalutate debbono essere calcolati gli interessi compensativi al tasso medio ponderato annuo del 2,5% sino alla presente pronuncia.

Sull’intero complessivo importo liquidato, comprensivo cioè del credito risarcitorio e degli importi per lucro cessante, decorrono interessi legali dal giorno della presente sentenza.

Quanto alle spese legali esse seguono la soccombenza e sono liquidate in euro 12.000,00 di cui euro 8.500,00 per onorari, euro 3500,00 per diritti, oltre spese generali, iva e cpa come per legge.

PQM

Il Tribunale di Marsala, definitivamente pronunziandosi nella persona del dott. Francesco Lupia:

1) Condanna MEVIO E SEMPRONIA a pagare a TIZIO E CAIA euro 36682,3 oltre interessi come indicati in parte motiva;

2) Condanna MEVIO E SEMPRONIA a pagare a TIZIO E CAIA, le spese legali, liquidate in euro12.000,00 di cui euro 8.500,00 per onorari, euro 3500,00 per diritti, oltre spese generali, iva e cpa come per legge.

Marsala

Il Giudice

Dott. Francesco Lupia