Malpractice medica - Cassazione Civile: il medico che applica pedissequamente le linee guida non evita la responsabilità per colpa

Malpractice medica - Cassazione Civile: il medico che applica pedissequamente le linee guida non evita la responsabilità per colpa
Malpractice medica - Cassazione Civile: il medico che applica pedissequamente le linee guida non evita la responsabilità per colpa

La Cassazione civile ha ribadito il consolidato orientamento sulla disciplina del consenso informato e sulla condotta colposa del sanitario che si attiene pedissequamente alle linee guida senza appurarne la compatibilità con il caso concreto.

 

Il caso in esame

I parenti del de cuius convenivano in giudizio una Fondazione ospedaliera, il Ministero della Salute e la Regione Lombardia per sentirli condannare al risarcimento dei danni patiti in proprio e quali eredi per il decesso del loro congiunto.  Le parti attrici assumevano che la morte del proprio caro fosse dovuta al mancato rispetto dei criteri di diligenza professionale e delle linee guida previste in ambito medico. Il de cuius era persona cardiopatica candidata a trapianto di cuore, deceduto durante l’esecuzione di un test preoperatorio previsto dai protocolli ospedalieri.

In primo grado il Tribunale di Milano rigettava le domande attoree, per la mancata individuazione da parte degli attori, del nesso causale fra l’operato del personale sanitario e l’evento morte del paziente. Le parti soccombenti opponendosi a tale verdetto interponevano gravame, che la Corte d’Appello di Milano respingeva, con sentenza resa pubblica nel maggio 2014.

Avverso quest’ultima decisione, i parenti proponevano ricorso per Cassazione lamentando, in particolare, che la Corte territoriale non avesse correttamente valutato il nesso di causalità tra la condotta del personale sanitario e l’evento morte ed inoltre che avesse omesso la disamina delle procedure seguite dai medici per determinare l’idoneità del paziente al protocollo preoperatorio.

 

Il principio di diritto applicato dalla Suprema Corte

I motivi di ricorso sono stati tutti rigettati dalla Cassazione per infondatezza o inammissibilità.

La Corte di Cassazione ribadisce il proprio orientamento, riguardo due profili tra i più dibattuti in ambito di responsabilità sanitaria: linee guida e consenso informato.

Con riguardo al primo profilo, la Corte stabilisce che le linee guida escludono la responsabilità del sanitario per colpa – eccetto la colpa grave – se vengono applicate in conformità con le esigenze terapeutiche del caso concreto. L’automatica e pedissequa applicazione dei protocolli di cura non sussiste quale esimente parziale o totale di un’eventuale colpa medica.

Gli Ermellini in merito all’osservanza delle linee guida affermano: “il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche costituisce solo elemento di valutazione e non di esclusione della colpa, dovendosi avere riguardo alla peculiare e concreta situazione del paziente al fine di stabilire se la condotta dei sanitari sia stata esente da colpa”.

La Cassazione afferma pertanto che il rispetto dalle linee guida da parte del sanitario non esime il giudice dal valutare nella propria discrezionalità di giudizio se le circostanze del caso concreto esigessero una condotta differente, che potesse ragionevolmente discostarsi da quella prescritta dai protocolli standard. Ciò anche alla luce della Corte Costituzionale, secondo cui: “le linee guida in materia sanitaria contengono esclusivamente regole di perizia. I protocolli standard non trovano applicazione - come esimenti da colpa medica - quando l’esercente la professione sanitaria si sia reso responsabile di una condotta negligente e/o imprudente” (Ordinanza n. 295 del 2013).

In merito alla disciplina del consenso informato, la Cassazione, confermando la propria pronuncia n. 11950/2013, afferma l’autonoma rilevanza ai fini di una eventuale responsabilità risarcitoria, della mancata prestazione del consenso da parte del paziente.

Occorre rammentare – scrivono i Giudici della Cassazione – che la violazione da parte del medico di informare compiutamente il paziente integra due diversi tipi di danni: un danno alla salute sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente se correttamente informato avrebbe evitato di sottoporsi alle cure proposte ed un danno da lesione del diritto di autodeterminazione predicabile se, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale, diverso dalla lesione del diritto alla salute.

Il paziente ha infatti il diritto di conoscere con la necessaria e ragionevole precisione le conseguenze probabili dell’intervento medico, al fine di affrontare le stesse con maggiore consapevolezza.

In merito all’onere probatorio la Cassazione afferma: “il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento, non potendo altrimenti ricondursi all’inadempimento dell’obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute”.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 20 marzo 2018, n. 15749)