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Abuso di posizione dominante nell’aftermarket: si valuta caso per caso

Aftermarket
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L’obbligo di utilizzare esclusivamente pezzi di ricambio originali e altre condizioni contrattuali di particolare favore per il concedente non configurano, di per sé, l’abuso di posizione dominante che deve essere provato e accertato in concreto, caso per caso.

Una sentenza relativamente recente del Tribunale di Modena (la n.7178 del 7 novembre/7 dicembre 2019, II sezione civile) rappresenta l’occasione per affrontare il tema dell’abuso di posizione dominante nel rapporto, con particolare riferimento all’aftermarket.

Una società responsabile in esclusiva della vendita, in Italia, degli autobus prodotti da un noto gruppo tedesco, nonché dei relativi servizi post-vendita di riparazione e manutenzione e delle attività di vendita e distribuzione dei ricambi, conveniva in giudizio una delle officine specializzate, dislocate sul territorio nazionale, delle quali si serviva come service partner autorizzato per dare esecuzione al contratto con la casa madre tedesca.

Il rapporto tra la società attrice/concedente e il partner convenuto in giudizio era disciplinato da un contratto (“Contratto”), che stabiliva specificamente gli standard di qualità e le modalità di svolgimento delle attività di aftermarket.

La società attrice contestava l’inadempimento contrattuale del partner concessionario, che aveva effettuato interventi di manutenzione sugli autobus montando pezzi di ricambio non originali acquistati da soggetti terzi e, fra l’altro, lucrando sulla differenza fra il (maggior) prezzo dei ricambi originali che avrebbe dovuto utilizzare e quello (inferiore) dei pezzi non originali installati. La concedente chiedeva che il concessionario fosse condannato alla restituzione di quanto ricevuto in eccesso e al rimborso di quanto la concessionaria si era vista costretta a spendere per sostituire i pezzi non originali montati sugli autobus con ricambi originali, oltre al risarcimento dei danni.

Il partner si difendeva in giudizio eccependo la nullità del Contratto per abuso di posizione economica, in ragione della previsione di clausole considerate illecite.

In particolare, il partner contestava le clausole del Contratto che prevedevano a suo carico l’obbligo inderogabile di

a. effettuare gli interventi utilizzando esclusivamente pezzi di ricambio originali,

b. acquistare esclusivamente dalla società concedente pezzi e parti di ricambio utilizzati e rivenduti e

c. disporre di un magazzino-scorte tenendolo costantemente rifornito nel rispetto di minimi di acquisto, in modo da garantire il servizio in tempi brevi.

Il Contratto, inoltre, riservava in via esclusiva alla casa madre “gli interventi di elevata complessità tecnica(in pratica, quelli di maggiore entità e importanza) e subordinava il rimborso dei costi di riparazione sostenuti dal partner per interventi specifici alla approvazione e al gradimento della società concedente. 

Muovendo dalla lettura dell’articolo 9 della Legge sulla subfornitura (Legge 18 giugno 1998 n. 192) che definisce la dipendenza economica di una società nei confronti di un’altra come “la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi”, il Tribunale di Modena chiarisce che detta situazione deve essere autonomamente dimostrata in concreto, caso per caso, e non può essere desunta dal semplice “tenore delle clausole negoziali” che possono, semmai, essere indicative dell’abuso di posizione dominante.  

Richiamata la pronuncia del Tribunale di Ascoli Piceno (n. 27 del 21 gennaio 2019) che, nell’interpretare la norma di cui sopra, chiariva che “La dipendenza economica implica l’assenza di reali alternative per la fornitrice, costretta non solo a subire le condizioni contrattuali inique, ma anche ad operare con il cliente forte in mancanza di altri. La mera imposizione di condizioni contrattuali non equilibrate, infatti, non comporta una dipendenza”, nel caso di specie il Tribunale di Modena non rinveniva tale mancanza di alternative, avendo infatti il partner concessionario più volte violato gli accordi contrattuali.

Non sussistevano, a parere del Tribunale, nemmeno gli altri indici rivelatori della dipendenza, individuati dalla giurisprudenza in materia: il concessionario non era stato costretto a effettuare investimenti specifici per adempiere agli obblighi contrattuali, né a sostenere costi di commutazione o riconversione della propria attività (Cfr. Tribunale di Vercelli, 14 novembre 2014), né erano stati dimostrati la riduzione delle commesse in misura superiore al calo di fatturato nel settore, l’assenza di discrezionalità nell’esecuzione delle commesse né l’elevata percentuale di fatturato della fornitrice (il concessionario) per lavori svolti a favore della committente (concedente) (Cfr. Tribunale di Bassano del Grappa, 2 maggio 2013).

Nel caso sottoposto al suo giudizio, il Tribunale di Modena riconosceva potesse semmai ricorrere la situazione – “idonea in astratto a porre il concessionario in posizione di dipendenza economica rispetto al concedente” – in cui “il concessionario è […] tenuto nei confronti del concedente ad effettuare investimenti specifici per l’allestimento di una rete distributiva che risponda alle peculiari esigenze del concedente e soddisfi pienamente i criteri da questo fissati” (Cfr. Tribunale di orino, 11 marzo 2010).

All’esito della verifica in concreto, tuttavia, il Tribunale riteneva che le condizioni dettate dal concedente fossero pienamente giustificate dalla particolare natura dell’impiego degli automezzi oggetto del contratto (autobus destinati al trasporto di passeggeri) e che, pertanto, fossero volte a garantire la sicurezza degli utenti, l’effettività del trasporto e la rapidità negli interventi di riparazione/manutenzione e non, invece, ad apportare un ingiusto vantaggio alla concedente, a discapito della concessionaria.

In tale ottica, risultavano infatti giustificate tutte le disposizioni contrattuali che la parte convenuta riteneva illecite: sia l’obbligo di mantenere un magazzino adeguatamente rifornito, che la riserva a favore della casa madre degli interventi di maggiore entità e rilevanza tecnica, che l’utilizzo di ricambi originali e la valutazione discrezionale dell’adeguatezza degli interventi e il relativo rimborso.

Rinvenuta pertanto, nel caso concreto, la meritevolezza di tutela che giustifica la libera scelta imprenditoriale del concedente, il Tribunale di Modena riteneva pienamente valido ed efficace il Contratto ed escludeva l’esistenza di una dipendenza economica ai danni del concessionario, che veniva condannato alle restituzioni e ai rimborsi richiesti, in ragione dell’inadempimento contrattuale contestato e accertato.

Ciò in base al criterio interpretativo per cui “non è possibile stabilire in astratto quali possano essere le valide clausole di recesso delle imprese in condizione di dipendenza economica: tuttavia, bisogna verificare che, in concreto, la sua previsione nel contratto e l’esercizio del recesso siano collegati o meno a un interesse meritevole di tutela o costituiscano il mero estrinsecarsi del rapporto di dominanza economica” (Cfr. Tribunale di Torre Annunziata, 30 marzo 2007).