Anatocismo e ammortamento alla francese: nota critica
Sulla nota questione dei mutui con ammortamento alla francese si contrappongono due fondamentali posizioni, l’una, quella degli attuari e degli esperti di matematica finanziaria, mostra come la formula di determinazione della rata sia denotata da un tasso d’interesse esponenziale, dunque necessariamente anatocistico, l’altra, la quale probabilmente non si sforza di comprendere la dimostrazione astratta, che si accomoda alla immediata evidenza che nei piani d’ammortamento in parola gli interessi sono sempre e solo prodotti, tempo per tempo, dal capitale residuo, ergo esclude che si sia in presenza di una capitalizzazione illecita.
Poi, se proprio si vuole sottilizzare, c’è una terza posizione (T. Roma 6897 del 5/5/2020), ravvisante una forma nascosta di anatocismo finanziario nella corrispondente maggiorazione del capitale residuo che deriva dal pagamento distolto a favore degli interessi.
Prima di esitare qualche considerazione inedita, è forse il caso di aggiungere che uno dei massimi teorici che hanno affrontato il problema (R. Marcelli, L’ammortamento a rata costante alla francese: si fa strada il riconoscimento del regime composto in Il Caso.it 2.12.2020 in particolare pag. 8, si vedano anche gli articoli alla pagina ammortamento) afferma che l’anatocismo è una species del genus interesse composto, che si realizza esclusivamente quando gli interessi non siano pagati anticipatamente, probabilmente sulla base della considerazione che, una volta pagati gli interessi non è possibile che si verifichi il fenomeno degli interessi sugli interessi.
Ora, si prenda in esame qualunque piano d’ammortamento, a rata costante, a quota di capitale costante o di qualsiasi altra forma, con l’unica condizione del pagamento anticipato degli interessi e lo si confronti col piano d’ammortamento a capitalizzazione semplice, ovviamente con gli stessi tassi e i medesimi importi.
Per facilità di comprensione ed evidenza immediata, si suppongano sempre previsioni di ripagamento annuali a due rate semestrali.
Ad esempio, un rientro di 1.000 al tasso del 10% in due rate semestrali, la prima di cinquecento con pagamento anticipato degli interessi.
Orbene, alla prima scadenza si pagheranno 50 di interessi maturati e 450 di capitale, alla seconda, 550 di capitale residuo e 27,5 di interessi a saldo.
Dunque, si sono assolti interessi per 77,5.
Se lo stesso capitale, nello stesso periodo, fosse ammortato col metodo alla francese, cioè a rate costanti, queste sarebbero di 537,80 euro per ciascuna; nella prima entrerebbero interessi per 50 euro, nella seconda per 25,61.
In entrambi i casi, riliquidando il debito a capitalizzazione semplice, si sarebbero pagati interessi in meno per € 2,50.
Da dove viene tale differenza? Da quale entità matura il plus di interessi? I sostenitori della tesi che nell’ammortamento alla francese non ci sarebbe capitalizzazione poiché gli interessi maturerebbero sul solo capitale avrebbero serie difficoltà a spiegare come mai lo stesso capitale, ammortato nello stesso periodo e al medesimo tasso fruttifichi in materia diversa, a meno che non volessero ricorrere al celebre cilindro del mago Mandrake.
Ma, guardando meglio, in cosa consiste tale differenza? Precisamente nei frutti che maturerebbero su un importo equivalente agli interessi assolti anticipatamente negli esempi considerati.
Si badi che tale fenomeno si produce ugualmente nei piani di ammortamento a quota di capitale costante, com’è semplice provare.
Da cosa dipende? Precisamente dall’anticipato pagamento degli interessi, perché, tutte le volte che si assolvano medio tempore interessi si distoglie un importo equivalente al soddisfo del capitale, che non si riduce della medesima cifra.
Si potrebbe, allora, essere indotti a pensare, come ha fatto il Tribunale di Roma citato, che sia comunque il capitale a produrre quegli interessi, salva la presenza di un misterioso anatocismo finanziario nascosto, ma, a ben vedere, così dicendo si salta un ulteriore passaggio. Infatti, come sono stati pagati gli interessi anticipati? Attingendo al capitale, cioè prendendo i soldi in prestito dal capitale, che non diminuisce, come dovrebbe, dello stesso importo degli accessori assolti.
In realtà, dunque, questi sono scambiati col capitale, cioè trasformati in capitale, dunque capitalizzati. In altri termini, l’operazione di capitalizzazione degli interessi è immediata e non necessita di sommare interessi ad interessi, ma ciò non vuol dire che ci si trovi in presenza di un anatocismo nascosto o finanziario, ma, al contrario, che l’indebita capitalizzazione precede addirittura l’ulteriore conteggio degli interessi ed è solo apparentemente dissimulata dalla permanenza di un debito di solo capitale, perché una parte di quel capitale è costituito da interessi trasformati in capitale.
Inoltre, resta dimostrato che il fenomeno della capitalizzazione riguarda ogni piano di rientro di un debito che preveda il pagamento medio tempore degli interessi, le cui ulteriori specificazioni provocano soltanto confusione negli operatori.
Da ultimo merita un accenno soltanto l’obiezione dei giuristi, che reclamano l’operatività dell’articolo 1194 Codice Civile, a tenore del quale l’imputazione agli interessi prima che al capitale è del tutto legittima; hanno ragione, solo che non sarebbero in grado di dimostrare dove il codice autorizzi una locupletazione a favore del creditore da tale imputazione, che si eviterebbe neutralizzando l’effetto distorsivo dell’anticipato pagamento degli interessi, cioè restituendo al debitore i frutti che maturano sull’importo destinato ad assolvere anticipatamente gli accessori maturati, sulla prima rata negli esempi fatti, su ciascuna rata in qualunque altro caso.