Il trattamento civilistico degli interessi usurari dopo la riforma del ‘96
Il trattamento civilistico degli interessi usurari dopo la riforma del ‘96
Abstract in italiano
In materia di obbligazioni, specialmente quelle pecuniarie, necessariamente si pone il tema della configurazione di interessi usurari. Dopo aver premesso la distinzione tra interessi corrispettivi e moratori, occorre passare alla trattazione delle principali problematiche in tema di usura pecuniaria e reale, passando per l’analisi delle norme di riferimento. In ultima battuta, bisogna affrontare l’apparente problema posto dalla cd. usura sopravvenuta post riforma del ’96.
Abstract in inglese
In the matter of bonds, especially pecuniary ones, the question of the configuration of usurious interests necessarily arises. After having made the distinction between interest payments and moratoriums, it is necessary to move on to the treatment of the main issues regarding pecuniary and real usury, through the analysis of the reference standards. Finally, we must deal with the apparent problem posed by the “occured usury” after the 1996 reform.
Indice
- Premessa sugli interessi
- L’usura pecuniaria: dall’approfittamento dello stato di bisogno al superamento del tasso soglia
- Il caso dell’usura reale e il problema dei rimedi
- Il falso problema dell’usura sopravvenuta
1. Premessa sugli interessi
In merito alle obbligazioni pecuniarie, uno dei temi di maggior rilievo riguarda il regime degli interessi e il correlato problema dell’usura pecuniaria.
Il nostro ordinamento conosce almeno due tipologie di interessi, quelli corrispettivi e quelli moratori.
I primi, disciplinati dall’articolo 1282 Codice Civile, sono il corrispettivo, appunto, che un soggetto paga per avere il godimento del denaro altrui e trovano normalmente titolo nel contratto.
Si pensi, ad esempio, al mutuo oneroso ex articoli 1813 Codice Civile e ss.: nel momento in cui si va a restituire il capitale concesso grazie al mutuo, il soggetto beneficiario dovrà corrispondere anche gli interessi corrispettivi. Tali interessi servono a compensare, da un lato, il vantaggio derivante dalla messa a disposizione del denaro da parte del mutuante (come un istituto di credito) a beneficio del mutuatario; dall’altro lato, invece, compensano lo svantaggio del mutuante che ha emesso subito l’intera somma di denaro oggetto del mutuo.
Dal momento che il denaro è un bene naturalmente fruttifero, la regola prevede che se un credito pecuniario è liquido (determinato nel suo ammontare) ed esigibile (non è stato previsto un termine, ovvero esso è scaduto), gli interessi corrispettivi sono dovuti ex lege, quindi anche se non è stato diversamente previsto dai contraenti.
Gli interessi moratori ex 1224 Codice Civile invece, presuppongono la mora e quindi muta anche il titolo, che non sarà più il contratto, bensì il ritardo qualificato dalla costituzione in mora. In questo caso di regola c’è una coincidenza tra esigibilità e mora, perché alla scadenza del termine, il debitore è in mora.
Questo ha portato ad una sorta di tendenziale sovrapposizione tra interessi corrispettivi ed interessi moratori, tanto che ci si è focalizzati sulle principali differenze tra queste due categorie di interessi.
Innanzitutto, vi è una differenza funzionale, consistente nel fatto che l’interesse corrispettivo rappresenta una forma di controprestazione; al contrario, l’interesse moratorio è una forma di risarcimento del danno da inadempimento del debitore moroso. Ancora, non è sempre detto che ci sia coincidenza tra interessi corrispettivi ed interessi moratori, per via della diversa natura che possono assumere le obbligazioni pecuniarie; esse, invero, sono di regola portable (quindi si adempiono al domicilio del creditore) e, in questo caso, la mora opera automaticamente (mora ex re).
Però, laddove per la legge o per titolo le obbligazioni fossero querable (si estinguono adempiendo in un luogo diverso dal domicilio del creditore) ci sarebbe un momento a partire dal quale l’obbligazione pecuniaria è esigibile e quindi produce interessi corrispettivi e non anche moratori. Quando ci sarà la costituzione in mora, che in tal caso opererà ex persona, quegli interessi diventeranno moratori.
2. L’usura pecuniaria: dall’approfittamento dello stato di bisogno al superamento del tasso soglia
Il trattamento civilistico dell’usura è mutato dopo la riforma apportata dalla Legge n. 108/1996, la quale ha sganciato la nozione di interesse usurario, contenuta nel codice penale all’articolo 644, dall’approfittamento dello stato di bisogno e ha introdotto una maggiore determinatezza circa la definizione di interesse usurario: quest’ultimo oggi è ancorato al superamento di un tasso soglia predeterminato.
Quindi è usurario l’interesse che, al momento della pattuizione, supera il tasso soglia. In questo caso, le conseguenze civilistiche rispetto alla cd. usura pecuniaria, cioè quella che si realizza mediante lo scambio di denaro contro interessi, sono disciplinate dall’articolo 1815, comma 2 Codice Civile. Quest’ultimo recita: “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti più interessi”. Questo comma contempla l’ipotesi di una nullità parziale e necessaria, nel senso che la clausola che prevede interessi usurari è nulla, il contratto di mutuo resta valido per il resto e sono dovuti più interessi.
Dopo la riforma, dunque, l’usura s’individua nel momento in cui viene superato, con la pattuizione, il tasso soglia. Questa soglia è calcolata partendo da una base periodicamente variabile, ossia il c.d., tasso effettivo globale medio (TEGM), che rappresenta il costo medio del credito, adottato con decreto del Ministero dell’Economia e Finanze, sulla base delle rilevazioni della Banca d’Italia.
A questo TEGM, bisogna poi aggiungere un delta, ossia un margine entro cui, a seconda delle situazioni, il finanziatore può superare quel tasso effettivo. Tale delta, un tempo si otteneva aggiungendo il 50% del valore del tasso effettivo globale medio; oggi, invece, esiste un’altra modalità di calcolo del tasso soglia, che avviene moltiplicando il TEGM per un coefficiente pari ad 1,25 e aggiungendo 4 punti percentuali secchi.
3. Il caso dell’usura reale e il tema dei rimedi
Sempre in termini generali, l’articolo 1815, comma 2 Codice Civile stabilisce qual è la sorte degli interessi usurari: questi non sono più dovuti ed il mutuo continua senza oneri, quindi si converte in mutuo gratuito.
Tuttavia, il problema del trattamento civilistico dell’usura investe non soltanto quella pecuniaria, ma anche la cd. usura reale.
Questo perché la definizione penalistica di usura è molto ampia, soprattutto dopo la riforma legislativa del 1996, la quale ha novellato l’articolo 644 Codice Penale che adesso, al primo comma, recita: “Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di danaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000”.
Quindi può esserci una forma di usura reale che si realizza attraverso lo scambio di vantaggi usurari diversi dagli interessi, in cambio di utilità diverse dal denaro, che può essere un qualsiasi tipo di prestazione. Questo implica che oggi, gran parte dei contratti sinallagmatici, che hanno ad oggetto lo scambio di utilità contro altri vantaggi, può rientrare nell’ambito di disciplina dell’usura.
Tuttavia, rispetto all’usura pecuniaria dove si ha il tasso soglia che contiene la discrezionalità giudiziaria, nel senso che il giudice deve semplicemente accertare che gli interessi pattuiti non superino il tasso soglia, nell’usura reale non c’è un tasso soglia, ad esempio, di una prestazione professionale o del valore di un bene diverso dal denaro. Quindi non c’è un tetto massimo alla luce del quale il giudice può sindacare sull’equilibrio economico di quel contratto.
Ciò non toglie, comunque, che pur in assenza di quel tetto, il giudice possa ritenere quel contratto talmente sproporzionato da essere usurario e qui si pone il problema dei rimedi a fronte dell’usura reale. Invero, non si può applicare la disciplina del 1815, comma 2 Codice Civile, in quanto norma eccezionale che prevede la nullità parziale e necessaria del contratto di mutuo oneroso che si converte in mutuo gratuito.
Né tanto meno si può prendere in considerazione il rimedio della rescissione, poiché essa presuppone l’approfittamento dello stato di bisogno, il quale, oggi, non rileva più ai fini della configurazione dell’usura. Pertanto, la tesi prevalente ritiene che nel campo dell’usura reale venga in considerazione un’ipotesi di nullità virtuale per violazione di norma imperativa ex articolo 1418, comma 1 Codice Civile. L’usura, infatti è un reato contratto, anche se ad essere punita è solo una delle parti di questo rapporto contrattuale; il legislatore, quindi, vieta proprio il patto usurario. Dunque, il trattamento civilistico dell’usura reale trova probabilmente la sua risposta nella nullità virtuale, a differenza dell’usura pecuniaria che rientra, invece, nel campo di applicazione dell’articolo 1815, comma 2 Codice Civile.
4. Il falso problema dell’usura sopravvenuta
Il tema dell’usura sopravvenuta si è posto in due momenti, uno a regime transitorio e l’altro a regime fisiologicomma Con riguardo al primo, dopo la riforma legislativa del ’96 che ha portato all’introduzione del tasso soglia prima inesistente, si è posto il problema degli interessi di quei contratti di finanziamento che, al momento della pattuizione non erano usurari, ma lo sono diventati dopo la riforma; quindi l’interrogativo riguarda l’incidenza della nuova legge sui rapporti in corso. Il secondo profilo riguarda la variabilità del tasso soglia; quest’ultimo, infatti, è ancorato ad un valore periodicamente aggiornato, ossia il TEGM.
Quindi, anche rispettando il tasso soglia al momento della pattuizione degli interessi, può capitare che quel tasso soglia si abbassi in un secondo momento, andando così a rendere usurari interessi che prima non lo erano. A fronte di questo problema della potenziale realizzazione di un’usura sopravvenuta, è intervenuto il legislatore con una legge di interpretazione autentica (l. n. 24/2001), la quale ha statuito che l’articolo 644 Codice Penale e l’articolo 1815, comma 2 Codice Civile s’interpretano nel senso che l’usura dev’essere valutata al momento della pattuizione.
Pertanto, a seguito di questo intervento legislativo, il problema dell’usura sopravvenuta viene meno, perché l’interesse può essere considerato usurario solo se supera il tasso soglia al momento della pattuizione. In tal senso, negando l’esistenza dell’usura sopravvenuta, appare irragionevole porsi il tema della sorte di quei contratti che prevedevano interessi non usurari quando sono stati pattuiti, ma divenuti tali in fase di riscossione; questo perché rileva solo l’usura originaria.