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Avvocato Generale UE: nozione di centro degli interessi principali per procedura di insolvenza in UE

Domanda di pronuncia pregiudiziale – Regolamento (CE) n. 1346/2000 – Procedure di insolvenza – Competenza internazionale – Art. 3, n. 1, del regolamento n. 1346/2000 – Centro degli interessi principali del debitore – Presunzione in favore del luogo in cui si trova la sede statutaria – Trasferimento della sede statutaria in un altro Stato membro – Art. 3, n. 2, e art. 2, lett. h), del regolamento n. 1346/2000 – Nozione di “dipendenza” – Facoltà di un giudice che non sia di ultima istanza di adire la Corte di giustizia
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

Causa C‑396/09 (1)

Interedil Srl, in liquidazione

contro

Fallimento Interedil Srl

Intesa Gestione Crediti SpA

(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Tribunale di Bari)

I – Introduzione

1. L’art. 3 del regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle procedure di insolvenza (2) (in prosieguo: il «regolamento sull’insolvenza») individua gli Stati membri i cui giudici sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza nelle fattispecie transfrontaliere riguardanti il mercato interno (3). Sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Il presente procedimento fornisce alla Corte di giustizia l’occasione di precisare ulteriormente la nozione di «centro degli interessi principali».

2. Il procedimento in esame si caratterizza per il fatto che una società italiana ha trasferito la propria sede statutaria dall’Italia al Regno Unito. Più di un anno dopo la liquidazione e la cancellazione della società dal registro delle imprese britannico, una creditrice ha presentato in Italia un’istanza per l’apertura della procedura di insolvenza. Il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla possibilità di ritenersi internazionalmente competente a trattare la causa sottopostagli.

II – Ambito normativo

A – Diritto dell’Unione

3. Ai sensi dell’art. 2 del regolamento sull’insolvenza la nozione di «dipendenza» è così definita:

«Ai fini del presente regolamento, s’intende per

(…)

h) “Dipendenza”, qualsiasi luogo di operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e con beni».

4. L’art. 3 del regolamento sull’insolvenza verte sulla «competenza internazionale» (giurisdizione) ed è così redatto:

«(1) Sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria.

(2) Se il centro degli interessi principali del debitore è situato nel territorio di uno Stato membro, i giudici di un altro Stato membro sono competenti ad aprire una procedura di insolvenza nei confronti del debitore solo se questi possiede una dipendenza nel territorio di tale altro Stato membro. Gli effetti di tale procedura sono limitati ai beni del debitore che si trovano in tale territorio.

(…)».

5. Il tredicesimo ‘considerando’ del regolamento sull’insolvenza è redatto nei seguenti termini:

«Per “centro degli interessi principali” si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei suoi interessi».

B – Diritto nazionale

6. Il giudice del rinvio sottolinea che, ai sensi dell’art. 382 del Codice di procedura civile italiano e della consolidata giurisprudenza che ne è scaturita, la statuizione della Corte di Cassazione sulla questione di giurisdizione è definitiva e vincolante per il giudice di merito investito della causa.

III – Causa principale e questioni pregiudiziali

7. I fatti, come esposti nell’ordinanza di rinvio, sono i seguenti.

8. La Interedil Srl è stata costituita in Italia, con sede legale in Monopoli. In data 18 luglio 2001 essa ha trasferito la propria sede statutaria a Londra ed è stata iscritta nel registro della camera di commercio inglese (4) con la dicitura «FC» (Foreign Company). Parallelamente, in data 18 luglio 2001 essa è stata cancellata dal registro delle imprese (5) italiano (6).

9. Ai sensi dell’ordinanza di rinvio, la Interedil ha fatto valere che contestualmente al trasferimento della sede statutaria, vale a dire in data 18 luglio 2001, essa avrebbe posto in essere a Londra talune transazioni nel cui ambito il gruppo britannico Canopus avrebbe acquisito la Interedil Srl e sarebbero stati negoziati e conclusi contratti di cessione dell’azienda. Inoltre, alcuni mesi dopo gli immobili siti a Taranto sarebbero stati conferiti nella Windowmist Limited quali componenti dell’azienda trasferita.

10. Secondo l’ordinanza di rinvio, in data 22 luglio 2002 la Interedil Srl sarebbe stata «chiusa» e «cancellata» dal registro delle imprese del Regno Unito (7).

11. Nell’ottobre 2003 la Intesa Gestione Crediti Spa ha chiesto al Tribunale di Bari di dichiarare il fallimento della Interedil.

12. La Interedil Srl in liquidazione (in prosieguo: la «Interedil») ha contestato la giurisdizione del citato giudice italiano e nel dicembre 2003 ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione dinanzi alla Corte di Cassazione. Dal momento che la sede statutaria dell’impresa era stata trasferita dall’Italia al Regno Unito, i giudici italiani non avrebbero avuto più alcuna giurisdizione in ordine all’apertura di una procedura d’insolvenza.

13. Il Tribunale di Bari, ritenendo manifestamente infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano, ed accertata la sussistenza dello stato di insolvenza della società, nel maggio 2004 ha dichiarato il fallimento della «Interedil srl», in liquidazione, già con sede in Londra, Chelsea Chambers 262 Fulham Road», senza attendere l’esito del regolamento di giurisdizione pendente dinanzi alla Corte di Cassazione.

14. Con atto del 18 giugno 2004 la Interedil ha proposto opposizione avverso detta sentenza dichiarativa di fallimento.

15. Con ordinanza 20 maggio 2005, n. 10606/2005, la Corte di Cassazione ha dichiarato sussistente la giurisdizione del giudice italiano. A superare la presunzione di cui all’art. 3 n. 1, seconda frase, del regolamento n. 1346/2000, secondo cui si presume che il centro degli interessi principali sia il luogo in cui si trova la sede statutaria della società, sono state ritenute sufficienti le seguenti circostanze: l’esistenza, in Italia, di beni immobili della Interedil, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri, di un contratto stipulato con un istituto bancario e la mancata comunicazione al registro delle imprese di Bari del trasferimento della sede sociale a Londra.

16. Alla luce della sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia nella causa Eurofood (8) il Tribunale di Bari nutre dubbi quanto alla statuizione della Corte di Cassazione. Esso ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1) Se la nozione di «centro degli interessi principali del debitore» di cui all’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1346/2000 debba essere interpretata alla stregua dell’ordinamento comunitario, oppure dell’ordinamento nazionale e, in caso di risposta affermativa in ordine alla prima ipotesi, in che cosa consiste la detta nozione e quali sono i fattori o elementi determinanti per identificare il «centro degli interessi principali»;

2) Se la presunzione prevista dall’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1346/2000, secondo cui «per le società si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statuaria», sia superabile sulla base dell’accertamento di una effettiva attività imprenditoriale nello Stato diverso da quello in cui si trova la sede statuaria della società, oppure, affinché possa ritenersi superata la detta presunzione, sia necessario accertare che la società non abbia svolto alcuna attività imprenditoriale nello Stato ove ha la propria sede statuaria;

3) Se l’esistenza, in uno Stato membro diverso da quello ove si trova la sede statuaria della società, di beni immobili della società, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri, stipulato dalla società debitrice con altra società, e di un contratto stipulato dalla società con un istituto bancario siano elementi o fattori sufficienti a far ritenere superata la presunzione prevista dall’art. 3 del regolamento n. 1346/2000 a favore della «sede statuaria» della società e se tali circostanze siano sufficienti a far ritenere sussistente una «dipendenza» della società, ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1346/2000;

4) Se nel caso in cui la statuizione sulla giurisdizione resa dalla Corte di Cassazione con la richiamata ordinanza n. 10606/2005 si basi su un’interpretazione dell’art. 3 del regolamento n. 1346/2000 difforme da quella della Corte di Giustizia delle Comunità europee, osti all’applicazione della detta disposizione comunitaria, come interpretata dalla Corte di Giustizia, l’art. 382 c.p.c. in base al quale la Corte di Cassazione statuisce sulla giurisdizione in maniera definitiva e vincolante.

IV – Valutazione giuridica

A – Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

17. Prima di esaminare le questioni pregiudiziali, si deve chiarire in una prima fase se la domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari sia ricevibile.

1. Restrizione della legittimazione al rinvio pregiudiziale dei giudici ai sensi dell’art. 68 CE

18. Il Tribunale di Bari ha sottoposto alla Corte le proprie questioni con ordinanza 6 luglio 2009, pervenuta alla cancelleria della Corte il 13 ottobre 2009. A tale data non era ancora entrato in vigore il Trattato di Lisbona.

19. Il regolamento sull’insolvenza è stato adottato sulla scorta degli artt. 61, lett. c) e 67 n. 1, CE. Si tratta quindi di un atto giuridico per il quale, ai sensi dell’art. 68 CE, i giudici non di ultima istanza non erano legittimati a proporre un rinvio pregiudiziale. Come sostenuto dalla Commissione, avverso le decisioni del giudice remittente possono opporsi, in linea di principio, ricorsi giurisdizionali di diritto interno (9). Ai sensi dell’art. 68 CE il giudice remittente non era quindi legittimato a proporre alcun rinvio pregiudiziale.

20. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona in data 1° dicembre 2009, tuttavia, l’art. 68 CE è venuto meno, cosicché la detta restrizione della legittimazione al rinvio non è più attuale (10). Come stabilito dalla Corte di giustizia nella sua sentenza pronunciata nella causa Werynski, in simili circostanze la legittimazione al rinvio pregiudiziale deve essere valutata sulla base del contesto normativo esistente al momento della decisione della Corte in merito alla domanda di pronuncia pregiudiziale e non sulla base del contesto normativo esistente al momento in cui è pervenuta la domanda di pronuncia pregiudiziale (11). Successivamente al 1° dicembre 2009, la Corte è quindi competente a conoscere di una domanda di pronuncia pregiudiziale proveniente da una giurisdizione avverso le cui decisioni possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno, e ciò anche qualora la domanda sia stata depositata prima di tale data (12). La domanda di pronuncia pregiudiziale non è, pertanto, irricevibile in ragione di una carenza di legittimazione al rinvio pregiudiziale.

2. Irricevibilità per inesistenza della società

21. Nel corso dell’udienza svoltasi dinanzi alla Corte la Interedil (in liquidazione) ha affermato che le questioni pregiudiziali erano ipotetiche e pertanto irricevibili, poiché sin dalla sua cancellazione dal registro della camera di commercio inglese la Interedil non esisterebbe più e le questioni sottoposte alla Corte avrebbero di conseguenza natura ipotetica. Anche la Commissione, nella propria memoria, ha sollevato tale problematica.

22. Si deve a tale proposito rammentare che la Corte può rifiutarsi di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solamente qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario chiesta da tale giudice non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa a qua, qualora il problema sia di natura ipotetica ovvero qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (13).

23. Dalle indicazioni fornite nell’ambito dell’ordinanza di rinvio non appare in modo manifesto che le questioni proposte non abbiano alcuna relazione con l’oggetto della causa principale. Anche qualora la Interedil non esistesse più da un punto di vista giuridico, non può escludersi che il diritto italiano preveda in questo caso alcune possibilità di soddisfare i creditori mediante una liquidazione complementare e che il giudice del rinvio intenda, per questa ragione, aprire una procedura d’insolvenza.

3. Eccezioni dei convenuti nella causa principale in merito alla ricevibilità del rinvio pregiudiziale e soluzione della quarta questione pregiudiziale

24. I convenuti nella causa principale sono dell’avviso che il rinvio pregiudiziale sia irricevibile per tre ulteriori ragioni. Essi fanno riferimento alla decisione della Corte di Cassazione, che nell’ambito di un regolamento di giurisdizione ha già accertato in termini vincolanti la giurisdizione dei giudici italiani in ordine alla procedura d’insolvenza. Poiché detta decisione avrebbe forza di giudicato, non vi sarebbe più alcun giudizio pendente ai sensi dell’art. 267 TFUE.

25. Inoltre, i convenuti nella causa principale criticano la formulazione delle domande pregiudiziali: dalla prima e dalla quarta questione non emergerebbe alcuna divergenza tra le disposizioni del diritto dell’Unione e la loro applicazione ad opera dei giudici nazionali. La seconda e la terza questione richiederebbero alla Corte di giustizia di applicare le norme dell’Unione al caso concreto.

26. Con le sue prime tre questioni il giudice remittente desidera in sostanza sapere come debba essere interpretata la nozione di centro degli interessi principali di cui all’art. 3 del regolamento sull’insolvenza. Ciò rappresenta un oggetto lecito nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale.

27. Nel prosieguo ci si dovrà pertanto occupare solo delle due prime eccezioni sollevate dai convenuti nella causa principale, le quali si fondano sulla decisione definitiva della Corte di Cassazione.

28. In tale contesto si rende opportuno anche esaminare la quarta questione posta dal giudice a quo. Con essa egli chiede in sostanza se la decisione resa dalla Corte di Cassazione, vincolante in forza del diritto nazionale e con la quale viene confermata la giurisdizione dei giudici italiani, sia per lui vincolante anche nel caso in cui tale decisione dovesse rivelarsi incompatibile con la giurisprudenza della Corte di giustizia. Se così fosse, le altre questioni sarebbero irrilevanti ai fini dell’esito del procedimento principale e pertanto irricevibili.

29. In base all’art. 382 del codice di procedura civile, la decisione assunta dalla Corte di Cassazione nell’ambito di un regolamento di giurisdizione è vincolante per il giudice di merito.

30. La Corte ha già stabilito che una norma di procedura nazionale, secondo cui un giudice, al quale spetti decidere la causa in seguito al rinvio ad esso fatto da un organo giurisdizionale di grado superiore adito in sede di ricorso, sia vincolato dalle valutazioni formulate in diritto dall’organo giurisdizionale di grado superiore, non può rimettere in discussione la facoltà, spettante ai giudici nazionali non di ultima istanza, di investire la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale qualora essi nutrano dubbi in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione (14).

31. Non è possibile discostarsi da tale conclusione nel caso in esame, in cui si tratta di una norma processuale nazionale che riguarda l’efficacia vincolante di decisioni di un organo giurisdizionale di grado superiore nell’ambito di un regolamento di giurisdizione.

32. Infine, secondo giurisprudenza costante, un giudice nazionale, incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni di diritto dell’Unione, ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme disapplicando, all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (15). In tale ambito può rientrare anche una norma di procedura quale quella qui rilevante, dalla quale discende l’efficacia vincolante della decisione dell’organo giurisdizionale di grado superiore (16).

33. La decisione della Corte di giustizia continua così ad essere l’unica determinante ai fini dell’interpretazione del diritto dell’Unione, senza che rilevi in alcun modo il fatto che un giudice nazionale di ultima istanza abbia già proceduto ad interpretare il diritto dell’Unione nell’ambito di un procedimento incidentale.

4. Conclusione parziale:

34. A titolo di conclusione parziale occorre quindi dichiarare che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

35. Si deve risolvere la quarta questione pregiudiziale come segue: è incompatibile con il diritto dell’Unione il fatto che un organo giurisdizionale nazionale, al quale spetti decidere in merito alla causa a seguito di una statuizione vincolante di un’istanza superiore in materia di giurisdizione, sia vincolato, conformemente al diritto nazionale di procedura, dalle valutazioni formulate in diritto dall’istanza superiore qualora esso ritenga, alla luce dell’interpretazione da esso richiesta alla Corte, che dette valutazioni non siano conformi al diritto dell’Unione.

B – Questioni pregiudiziali

36. La prima, la seconda e la terza questione pregiudiziale vertono sull’interpretazione della nozione di centro degli interessi principali del debitore, di cui all’art. 3, n. 1, del regolamento sull’insolvenza; esse possono quindi essere esaminate congiuntamente (in prosieguo sub 1). La terza questione pregiudiziale verte inoltre sulla nozione di dipendenza ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento sull’insolvenza (in prosieguo sub 2).

1. Nozione di centro degli interessi principali di cui all’art. 3, n. 1, del regolamento sull’insolvenza

37. L’art. 3, n. 1, disciplina la competenza internazionale ad aprire una procedura d’insolvenza. A termini dello stesso, sono competenti ad aprire la procedura d’insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore.

a) Definizione autonoma della nozione

38. Con la sua prima questione pregiudiziale il giudice remittente vuole anzitutto sapere se la nozione di centro degli interessi principali debba essere definita autonomamente, in base al regolamento, ovvero alla stregua dell’ordinamento nazionale.

39. Secondo giurisprudenza costante, tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza esigono che una disposizione di diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo, nell’intera Unione europea, ad un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione stessa e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi (17).

40. Nella sua sentenza nella causa Eurofood la Corte ha pertanto già stabilito, in ordine all’art. 3, n. 1, del regolamento sull’insolvenza, che il concetto di centro degli interessi principali è proprio del regolamento. Esso ha dunque un significato autonomo, e deve perciò essere interpretato in modo uniforme e indipendente dalle normative nazionali (18).

b) Definizione di centro degli interessi principali

41. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria.

42. Il giudice del rinvio chiede che sia fornita un’interpretazione della nozione di centro degli interessi principali e che siano indicati i criteri in base ai quali può essere superata la presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, seconda frase.

i) Momento determinante

43. La fattispecie qui rilevante è caratterizzata da due elementi peculiari. Per un verso, secondo quanto risulta dalla decisione di rinvio, al momento della richiesta di apertura della procedura d’insolvenza la società interessata era già «chiusa» da più di un anno e «cancellata» dal registro delle imprese del Regno Unito. Per altro verso, prima della fase di liquidazione la società aveva trasferito la propria sede statutaria dall’Italia al Regno Unito. È necessario pertanto esaminare, anzitutto, come il trasferimento della sede possa incidere sulle disposizioni che determinano la competenza internazionale. Si dovrà successivamente verificare quale sia il momento determinante per l’individuazione del foro competente per la procedura di insolvenza nel caso in cui la società sia stata cancellata dal registro delle imprese molto tempo prima della richiesta di apertura della procedura d’insolvenza.

44. Il regolamento non contiene alcuna esplicita disciplina riguardante il trasferimento della sede statutaria. Conformemente alla disciplina generale di cui all’art. 3, quindi, ci si deve riferire all’ultima sede statutaria, a meno che la presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, sia smentita fornendo la prova che il centro degli interessi principali non si è spostato in occasione del trasferimento della sede statutaria, ma che è rimasto nello Stato di partenza.

45. Tali conseguenze di un trasferimento della sede statutaria ai fini della determinazione del giudice internazionalmente competente per la procedura d’insolvenza possono eventualmente arrecare uno svantaggio a quei creditori che hanno instaurato rapporti giuridici con il debitore nello Stato di partenza, in quanto, nel momento in cui detti rapporti giuridici sono sorti, i creditori potevano supporre che un’eventuale procedura d’insolvenza si sarebbe svolta in un determinato luogo. A seguito del trasferimento della sede statutaria, tuttavia, tale luogo non è più rilevante. Per questa ragione, le aspettative dei creditori dello Stato di partenza risultano frustrate se, ai fini dell’individuazione della competenza internazionale, si tiene conto del trasferimento della sede statutaria.

46. Le disposizioni del regolamento sull’insolvenza in merito alla competenza internazionale perseguono proprio l’obiettivo di consentire ai potenziali creditori di individuare univocamente ex ante l’ordinamento giuridico in cui si deciderà in merito a qualsiasi insolvenza riguardante i loro interessi (19). La competenza internazionale, che ai sensi dell’art. 4, n. 1, conduce altresì all’applicazione delle disposizioni sostanziali in materia di insolvenza dello Stato interessato, è fondata sul luogo conosciuto ai potenziali creditori del debitore, permettendo così di calcolare i rischi giuridici che si dovrebbero assumere in caso di insolvenza (20).

47. L’ipotesi che, nel caso di trasferimento della sede statutaria, anche la competenza internazionale per una procedura d’insolvenza possa a posteriori spostarsi è tuttavia coscientemente accettata dal legislatore nel regolamento. Diversamente da quanto disposto nel progetto di convenzione CE sul fallimento del 1980 (21), il regolamento non contiene infatti alcuna disciplina specifica per il caso di un trasferimento di sede statutaria a seguito del quale per un periodo transitorio successiva trasferimento della sede permanga la competenza internazionale dei giudici dello Stato di partenza.

48. Concentrandosi invece esclusivamente sul centro degli interessi principali, con la conseguenza che l’effettivo trasferimento dello stesso comporta anche un cambiamento della competenza internazionale per una procedura d’insolvenza, il regolamento rispetta, coerentemente, la libertà fondamentale di stabilimento, che risulterebbe quantomeno indirettamente compromessa da una disciplina maggiormente restrittiva. In linea di principio, quindi, non si può neanche pretendere che la nuova sede sia perdurata un certo tempo prima della proposizione dell’istanza di fallimento. Non si deve qui esaminare se, in casi eccezionali di diretta concatenazione temporale del trasferimento della sede statutaria e della presentazione dell’istanza di fallimento, valgano altri criteri, poiché, nel caso in esame, tra il trasferimento della sede e la domanda di apertura della procedura d’insolvenza è trascorso un anno.

49. Rimane da chiarire, nel prosieguo, quale sia il momento cui fare riferimento nel caso in cui una società sia già stata cancellata dal registro delle imprese alla data della domanda di apertura della procedura d’insolvenza.

50. La Corte di giustizia ha stabilito, con riferimento ad un trasferimento della sede statutaria intervenuto successivamente alla proposizione della domanda, ma anteriormente alla decisione di apertura della procedura d’insolvenza, che resta competente a decidere sull’apertura della detta procedura lo Stato membro di partenza (22). Decisivo per stabilire il centro degli interessi principali è pertanto, in linea di principio, il momento della presentazione della domanda d’apertura della procedura d’insolvenza.

51. In una fattispecie quale quella che ci occupa, nella quale al momento della proposizione della domanda di apertura della procedura di insolvenza la società era già da tempo liquidata e cancellata dal registro, se ci si basa sul momento di proposizione di tale domanda sorge però, prima facie, il problema che in tale momento la società non dispone più di alcun interesse ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento, in quanto essa non esiste più.

52. Tale problematica potrebbe essere risolta facendo riferimento, in un caso siffatto, esclusivamente alla sede statutaria, escludendo la possibilità di superamento della presunzione. Ciò in quanto una società mantiene una sede statutaria anche dopo la propria liquidazione. In caso di società liquidata, sarebbe quindi inderogabilmente competente ad aprire la procedura d’insolvenza lo Stato membro della sede statutaria.

53. Questa puntuale osservazione non convince, tuttavia, quanto al suo esito. È certo vero che essa consente di individuare agevolmente la sede statutaria anche nel caso di una società liquidata, garantendo in tal modo, mediante il riferimento alla stessa, la certezza del diritto. Essa non può comunque essere accolta in quanto porterebbe alla conseguenza che, anche nell’ipotesi in cui il centro degli interessi principali della società, prima della sua cancellazione, non si sia mai localizzato in corrispondenza della sede statutaria, esso sarebbe comunque determinante ai fini della competenza. Una tale conclusione non è accettabile, dal momento che, avvalendosi della nozione di centro degli interessi principali, il regolamento intende riferirsi al luogo con il quale la società presenta i più stretti rapporti in termini obiettivi e riconoscibili dai creditori. Laddove, a titolo di esempio, la sede statutaria della società attiva si rivelasse un mero recapito postale e il centro dei suoi interessi principali si trovasse in ogni caso altrove, non sarebbe corretto riferirsi nondimeno alla sede statutaria della società anche dopo la cancellazione della stessa.

54. Anche nel caso di una società cancellata, quindi, la presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, può essere superata qualora si dimostri che prima della cancellazione la società non aveva il suo centro degli interessi principali nello Stato della sede statutaria. Determinante è pertanto il centro dei suoi interessi prima della chiusura. Il momento da prendere in considerazione in tale ambito dovrà essere individuato mediante una valutazione globale, da effettuarsi partendo dalla prospettiva dei creditori.

ii) Interpretazione della nozione di «centro degli interessi principali»

55. Nel prosieguo vanno individuati i criteri in base ai quali si determina il centro degli interessi principali del debitore ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento sull’insolvenza.

56. Purtroppo, l’art. 2 del regolamento, che definisce le principali nozioni del regolamento, non contiene alcuna definizione di centro degli interessi principali. La commissione per le libertà, i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni ha giustamente criticato tale omissione già nel corso del procedimento legislativo (23). Solo il tredicesimo ‘considerando’ del regolamento precisa che per centro degli interessi principali «si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei suoi interessi».

57. Sulla base del tredicesimo ‘considerando’ citato, la Corte di giustizia ha dichiarato, nella causa Eurofood, che «il centro degli interessi principali deve essere individuato in base a criteri al tempo stesso obiettivi e verificabili dai terzi. Tale obiettività e tale possibilità di verifica da parte dei terzi sono necessarie per garantire la certezza del diritto e la prevedibilità dell’individuazione del giudice competente ad aprire una procedura di insolvenza principale» (24). La Corte ha sottolineato la rilevanza della certezza del diritto e della prevedibilità proprio in un contesto nel quale determinare il giudice competente significa anche, ai sensi dell’art. 4, n. 1, del regolamento, determinare la legge applicabile.

58. Di conseguenza, la presunzione semplice prevista dall’art. 3 a favore della sede statutaria può essere superata soltanto se elementi obiettivi e verificabili da parte di terzi consentono di determinare l’esistenza di una situazione reale diversa da quella che si ritiene corrispondere alla collocazione nella detta sede statutaria (25). Quale possibile esempio di superamento della presunzione, la Corte ha citato l’ipotesi di una società fantasma, la quale non svolga alcuna attività sul territorio dello Stato membro in cui si trova la sua sede sociale (26).

59. Nella decisione adottata all’esito del procedimento incidentale, la Corte di Cassazione sottolinea che dal trasferimento della sede statutaria la Interedil non ha svolto alcuna attività nel Regno Unito, non vi ha realizzato alcuna operazione e non vi ha neppure svolto le attività di liquidazione, sicché, di fatto, il centro amministrativo e organizzativo non sarebbe stato affatto trasferito a Londra.

60. Nel caso di una società che non svolga alcuna attività commerciale né alcuna attività amministrativa nello Stato della sede statutaria, in effetti, potrebbe essere smentita la presunzione introdotta dall’art. 3 del regolamento.

61. Dalla seconda domanda pregiudiziale emerge tuttavia che il giudice remittente non parte dal presupposto che a Londra, nella sua nuova sede statutaria, la Interedil non abbia svolto alcuna attività. Diversamente dal caso di una mera società fantasma, come indicato nella causa Eurofood a titolo di esempio per il superamento della presunzione, si pone pertanto ulteriormente la questione della modalità in cui debba determinarsi, più in dettaglio, il centro degli interessi principali.

62. A tal proposito non risulta particolarmente utile esaminare la genesi del regolamento, posto che da essa emerge che già nel corso del procedimento legislativo vi erano controversie quanto alla concreta terminologia. Il punto di partenza è costituito da un’iniziativa della Germania e della Finlandia del 20 maggio 1999, che ha ripreso quasi letteralmente la convenzione dell’Unione europea relativa alle procedure d’insolvenza (27). Detta proposta conteneva, al suo tredicesimo ‘considerando’, una definizione dettagliata della nozione di centro degli interessi principali. Ivi si stabiliva che «per “centro degli interessi principali” si intende un luogo con il quale il debitore intrattiene regolarmente strettissimi rapporti, nel quale si concentrano le sue molteplici relazioni commerciali e nel quale è per lo più situato il nucleo del suo patrimonio. Tale luogo è ben noto anche ai creditori». A tal proposito, la delegazione lussemburghese ha sollevato critiche per il fatto che in tal modo si assumeva come riferimento il luogo in cui si trova il nucleo del patrimonio e non, come auspicato da tale delegazione, le attività del debitore ovvero l’amministrazione del suo patrimonio (28).

63. Dopo che anche una proposta modificata (29) del segretariato generale del Consiglio è stata accolta criticamente (30), il legislatore ha deciso di riprendere la prima frase del punto 75 della relazione esplicativa sulla convenzione relativa alle procedure d’insolvenza (31) come tredicesimo ‘considerando’, assumendo quindi come riferimento il luogo della gestione degli interessi.

64. A fronte di tutte queste imprecisioni concettuali, nella sua sentenza Eurofood la Corte di giustizia ha giustamente accolto come criterio decisivo la prospettiva dei creditori (32). Essa si basa in tal senso sul tenore letterale del tredicesimo ‘considerando’, che parla di riconoscibilità da parte dei terzi. I potenziali creditori devono avere la possibilità di sapere in anticipo quale sarà lo Stato membro che – tenendo conto dello status quo - sarebbe competente per una procedura d’insolvenza e in tal modo anche quale sarà la legge ad esso applicabile.

65. Pertanto, al fine di individuare il centro degli interessi principali si deve procedere ad una valutazione globale e completa che parta dalla prospettiva dei creditori. Come già sottolineato dall’avvocato generale Jacobs nelle sue conclusioni presentate nella causa Eurofood, in tal senso ogni caso specifico dovrà essere deciso in base alle sue circostanze peculiari (33).

66. Va quindi da subito esclusa una valutazione isolata, applicabile in termini generali, di specifici fattori. Né l’ubicazione del patrimonio immobiliare della debitrice insolvente, né il luogo in cui si trovano i beni che sono stati oggetto di contratti di locazione stipulati con un’altra società, come neppure la sussistenza di un contratto della società insolvente con un istituto bancario situato in un determinato Stato membro rappresentano, in se stessi, fattori che consentono di stabilire in modo definitivo il centro degli interessi principali.

67. Come evidenziato dall’esame della genesi del regolamento, nel fornire una definizione del centro degli interessi principali il legislatore ha rinunciato a riferirsi al nucleo del patrimonio, il che esclude la possibilità di riferirsi semplicemente all’ubicazione della parte essenziale del patrimonio societario. Tale conclusione risulta convincente anche alla luce del fatto che spesso, per i terzi, non risulta facile individuare il luogo ove si trovi il nucleo del patrimonio del debitore, in particolar modo qualora tale patrimonio sia distribuito in più Stati membri.

68. Piuttosto, partendo dalla presunzione semplice introdotta dall’art. 3, n. 1, nonché dal tenore letterale del tredicesimo ‘considerando’, incentrato sulla gestione degli interessi, la necessaria valutazione globale deve sempre includere l’esame di quali siano le attività, obiettivamente riconoscibili da terzi, che la società svolge nel luogo della sua sede statutaria.

69. Se l’amministrazione principale di una società si trova nel luogo della sua sede statutaria, vale a dire che ivi ha sede la direzione aziendale e che da tale luogo essa dirige le sorti della società, presentandosi in modo riconoscibile dall’esterno, alla luce dell’economia del regolamento non riveste alcuna importanza ai fini della determinazione della competenza il luogo in cui si trovano i principali elementi patrimoniali o gli stabilimenti della società. Alla base della presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, e del suo riferimento alla sede statutaria vi è proprio l’intenzione di individuare il luogo dell’amministrazione principale della società, che per regola generale si troverà in tale luogo, quale punto di riferimento riconoscibile anche da terzi. La relazione esplicativa sulla convenzione, da cui è tratta la formulazione del tredicesimo ‘considerando’, muove dal presupposto secondo cui la sede statutaria corrisponde abitualmente alla sede principale del debitore (34). Pertanto, nel caso in cui l’amministrazione principale si trovi, di fatto, nel luogo della sede statutaria, deve escludersi in partenza ogni diversa ubicazione degli interessi principali.

70. Un superamento della presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, in considerazione dell’ubicazione del patrimonio della società, dei suoi stabilimenti o anche delle sue attività commerciali potrà quindi concretizzarsi solo qualora, dal punto di vista dei creditori, il luogo dell’amministrazione principale non corrisponda al luogo della sede statutaria. In un caso siffatto risulterebbero necessari ulteriori fattori di carattere oggettivo, da esaminarsi comunque adottando la prospettiva dei creditori, al fine di acclarare la competenza internazionale in ordine alla procedura d’insolvenza. A tal proposito occorrerà procedere ad una valutazione globale del caso di specie.

71. Nel caso di cui alla causa principale, sembra che dopo il trasferimento della propria sede la debitrice abbia svolto esclusivamente attività di liquidazione. Anche gli atti giuridici e le attività svolti nell’ambito della liquidazione di una società sono in linea di principio rilevanti ai fini della determinazione del centro degli interessi principali di una società. In fin dei conti, anche il trasferimento di una società in un altro Stato membro per procedere ivi alla liquidazione rientra nelle libertà fondamentali garantite dal diritto dell’Unione. Pertanto, qualora la gestione di tale attività di liquidazione sia stata svolta a partire dalla nuova sede statutaria in maniera riconoscibile dai terzi, nel periodo rilevante prima della cancellazione della società, la gestione degli interessi principali della stessa si sarebbe svolta presso la sua sede statutaria, escludendosi quindi la possibilità di un superamento della presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1.

72. Nel contesto che ci occupa, non è necessario affrontare la questione di un trasferimento del centro degli interessi principali allo scopo di eludere le norme dello Stato di origine in materia di insolvenza o di responsabilità, ovvero allo scopo di sottrarre la massa patrimoniale all’azione dei creditori. La questione di un potenziale abuso del diritto sotteso ad un trasferimento pone interessanti questioni quanto agli attriti che possono sorgere tra le libertà fondamentali del debitore, da un lato, e la tutela dei creditori nonché la volontà, espressa dal quarto ‘considerando’ del regolamento, di evitare il «forum shopping», dall’altro (35). Poiché tuttavia il giudice del rinvio non ha formulato alcun quesito in tal senso, e poiché dalle circostanze descritte non emergono elementi sufficienti per ipotizzare un abuso del diritto, il caso di specie non si presta ad un esame esaustivo di tali questioni.

73. Neppure dovrà esaminarsi – non essendo stata sollevata dal giudice a quo alcuna questione in tal senso – un aspetto che emerge dalla lettura dell’ordinanza della Corte di Cassazione pronunciata nel regolamento di giurisdizione svoltosi nell’ambito del procedimento principale. Vi si afferma che il trasferimento della sede statutaria non è stato comunicato al registro delle imprese italiano. Tuttavia, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che in data 18 luglio 2001 la Interedil è stata cancellata dal registro delle imprese italiano. Nel caso in cui, alla data della presentazione della domanda di apertura della procedura di insolvenza, una società dovesse risultare iscritta nei registri di due Stati membri, dalla prospettiva dei creditori potrebbe sorgere una problematica di apparenza giuridica. Poiché, tuttavia, il giudice remittente parte dal presupposto che la società sia stata cancellata dal registro italiano, non vi è alcuna ragione di approfondire tale aspetto.

c) Conclusione provvisoria

74. La prima e la seconda questione pregiudiziale, nonché la prima parte della terza questione pregiudiziale devono essere pertanto così risolte:

La nozione di «centro degli interessi principali del debitore» ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1346/2000, ha un significato autonomo e deve perciò essere interpretata in modo uniforme e indipendente dalle normative nazionali.

75. L’esistenza, in uno Stato membro diverso da quello ove si trova la sede statutaria della società, di immobili della stessa, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri stipulato dalla società debitrice con un’altra società e di un contratto stipulato dalla società con un istituto bancario non sono, di per se stessi, elementi sufficienti a superare la presunzione introdotta dall’art. 3 del regolamento n. 1346/2000 a favore della «sede statutaria» della società. È necessario procedere ad una valutazione globale che determini, in base a criteri al tempo stesso obiettivi e riconoscibili dai terzi, il luogo in cui la società gestisce i propri interessi. Nel caso in cui l’amministrazione principale si svolga di fatto nel luogo della sede statutaria, è esclusa qualsiasi diversa ubicazione degli interessi principali.

2. Nozione di dipendenza ai sensi dell’art. 3 n. 2 del regolamento sull’insolvenza

76. Con la seconda parte della sua terza questione il giudice remittente fa riferimento alle circostanze che devono sussistere affinché possa ritenersi esistente una dipendenza ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento sull’insolvenza. Infatti, se dovesse emergere che il centro degli interessi della Interedil non si trovava in Italia, e che quindi i giudici italiani non hanno la competenza internazionale in ordine all’apertura di una procedura principale di insolvenza, potrebbe venire in considerazione comunque l’ipotesi dello svolgimento di una procedura d’insolvenza secondaria. Ai sensi dell’art. 3 n. 2, ciò presuppone che la Interedil abbia una dipendenza in Italia. La questione è se siano sufficienti, ai fini della sussistenza di una dipendenza, l’esistenza di immobili, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri nonché un contratto della società con un istituto bancario.

77. Per dipendenza si intende, ai sensi dell’art. 2, lett. h, del regolamento sull’insolvenza, qualsiasi luogo di operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e con beni.

78. In tal modo il regolamento sull’insolvenza fa proprio il tenore letterale della convenzione del 23 novembre 1995 relativa alle procedure d’insolvenza. Nella relazione esplicativa sulla convenzione si precisa quanto segue: «“Luogo di operazioni” è il luogo a partire dal quale si svolgono le attività economiche - siano esse commerciali, industriali o professionali - nel mercato (ossia all’esterno). Il riferimento al fatto che l’attività economica si deve esercitare con mezzi umani pone in rilievo la necessità di un minimo di organizzazione. Un luogo di operazioni occasionale non può essere qualificato come dipendenza: è necessaria una certa stabilità. (…) Fattore determinante sono le modalità con cui l’attività si manifesta all’esterno e non le intenzioni del debitore» (36).

79. Analogamente a quanto accade per il superamento della presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, seconda frase, del regolamento, anche ai fini dell’art. 3, n. 2, non è di per sé sufficiente l’esistenza di elementi patrimoniali. Il giudice del rinvio dovrà piuttosto verificare se ivi fosse impiegato personale e se sussistesse un livello minimo di organizzazione.

80. La seconda parte della terza questione pregiudiziale dev’essere pertanto risolta in questi termini:

L’esistenza, in uno Stato membro diverso da quello ove si trova la sede statutaria della società, di immobili della stessa, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri stipulato dalla società debitrice con un’altra società e di un contratto stipulato dalla società con un istituto bancario possono far ritenere che la società possieda una «dipendenza» in tale Stato ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1346/2000, solo qualora gli elementi citati, da soli o nel loro complesso, in quanto integrati in una struttura organizzativa stabilmente allestita, risultino ubicati in un luogo di operazioni in cui il debitore eserciti in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e con beni.

V – Conclusione

81. Alla luce delle suesposte osservazioni, propongo pertanto alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dichiarando quanto segue:

1) La nozione di «centro degli interessi principali del debitore» ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1346/2000, relativo alle procedure di insolvenza, ha un significato autonomo e deve perciò essere interpretata in modo uniforme e indipendente dalle normative nazionali.

2) L’esistenza, in uno Stato membro diverso da quello ove si trova la sede statutaria della società, di immobili della stessa, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri stipulato dalla società debitrice con un’altra società e di un contratto stipulato dalla società con un istituto bancario non sono, di per se stessi, elementi sufficienti a superare la presunzione introdotta dall’art. 3 del regolamento n. 1346/2000 a favore della «sede statutaria» della società. È necessario procedere ad una valutazione globale che determini, in base a criteri al tempo stesso obiettivi e riconoscibili dai terzi, il luogo in cui la società gestisce i propri interessi. Nel caso in cui l’amministrazione principale si svolga di fatto nel luogo della sede statutaria, è esclusa qualsiasi diversa ubicazione degli interessi principali.

3) L’esistenza, in uno Stato membro diverso da quello ove si trova la sede statutaria della società, di immobili della stessa, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri stipulato dalla società debitrice con un’altra società e di un contratto stipulato dalla società con un istituto bancario possono far ritenere che la società possieda una «dipendenza» in tale Stato ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1346/2000, solo qualora gli elementi citati, da soli o nel loro complesso, in quanto integrati in una struttura organizzativa stabilmente allestita, risultino ubicati in un luogo di operazioni in cui il debitore eserciti in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e con beni.

4) È incompatibile con il diritto dell’Unione il fatto che un organo giurisdizionale nazionale, al quale spetti decidere in merito alla causa a seguito di una statuizione vincolante di un’istanza superiore in materia di giurisdizione, sia vincolato, conformemente al diritto nazionale di procedura, dalle valutazioni formulate in diritto dall’istanza superiore qualora esso ritenga, alla luce dell’interpretazione da esso richiesta alla Corte, che dette valutazioni non siano conformi al diritto dell’Unione.



1 – Lingua originale: il tedesco.

2 – GU L 160, pag. 1. Il regolamento vige attualmente nella versione modificata dal regolamento di esecuzione (UE) del Consiglio 25 febbraio 2010, n. 210 (GU L 65, pag. 1).

3 – Ai sensi del suo trentatreesimo ‘considerando’, il regolamento sull’insolvenza non vincola la Danimarca. Peraltro, esso vige entro i limiti sanciti dal suo art. 44, che ne disciplina i rapporti con altre convenzioni stipulate dagli Stati membri.

4 – Companies House.

5 – [Nota non rilevante per la versione italiana].

6 – La predetta cancellazione sembra essere considerata illegittima dal Tribunale di Bari, senza tuttavia che quest’ultimo precisi le ragioni per cui la ritiene tale.

7 – «Chiusa e dunque cancellata dal Registro delle Imprese».

8 – Sentenza della Corte 2 maggio 2006, causa C‑341/04, Eurofood IFSC, (Racc. pag. I‑3813).

9 – Ai sensi dell’art. 18 della Legge Fallimentare, nella versione di cui al decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169, contro la sentenza del Tribunale di Bari può proporsi ricorso.

10 – In merito alla fase transitoria, v. il paragrafo 4 delle mie conclusioni presentate il 2 settembre 2010 nella causa C‑283/09, Weryński (non ancora pubblicate nella Raccolta).

11 – Sentenza 17 febbraio 2011, causa C‑283/09, Weryński (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30), v. inoltre le mie conclusioni presentate il 2 settembre 2010 nella medesima causa (cit. alla nota 10, paragrafi 23‑25).

12 Sentenza Weryński (cit. alla nota 11, punto 31).

13 – Giurisprudenza constante. V. ad es. sentenza della Corte 22 dicembre 2010, causa C‑77/09, Gowan Comércio (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 25).

14 – Sentenza 5 ottobre 2010, causa C‑173/09, Elchinov (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 25).

15 – Sentenza Elchinov (cit. alla nota 13, punto 31, con un rinvio alle sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 24, nonché 19 novembre 2009, causa C‑314/08, Filipiak (Racc. pag. I‑11049, punto 81).

16 – V. in tal senso sentenza Elchinov (cit. alla nota 13, punto 31).

17 – Sentenze 18 ottobre 2007, causa C‑195/06, Österreichischer Rundfunk (Racc. pag. I‑8817, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata) e 29 ottobre 2009, causa C‑174/08, NCC Construction Danmark (Racc. pag. I‑10567, punto 24).

18 – Sentenza Eurofood (cit. alla nota 8, punto 31).

19 – V. conclusioni dell’avvocato generale Jacobs presentate il 27 settembre 2005 nella causa C‑341/04, Eurofood IFSC (Racc. pag. I‑3813, paragrafo 118).

20 – Conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Eurofood IFSC (cit. alla nota 19, paragrafo 122).

21 – V. art. 6 e segg. del progetto di convenzione relativa al fallimento, ai concordati ed ai procedimenti affini; Doc. CE III/D/72/80, riprodotto in: Gerhard Kegel (editore) e Jürgen Thieme (redattore), Vorschläge und Gutachten zum Entwurf eines EG-Konkursübereinkommens, Tubinga, 1988.

22 – Sentenza 17 gennaio 2006, causa C‑1/04, Staubitz-Schreiber Racc. pag. I‑701, punto 29).

23 – V. la relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alle procedure d’insolvenza della commissione giuridica e del mercato interno (relatore Kurt Lechner), doc. A5-0039/2000, ove si proponeva la seguente definizione nell’ambito dell’art. 2 del regolamento: «“centro degli interessi principali del debitore” il luogo a partire dal quale il debitore intrattiene principalmente relazioni commerciali ed esercita attività economiche di altro tipo e con il quale intrattiene pertanto strettissimi rapporti ».

24 – Sentenza Eurofood IFSC (cit. alla nota 8, punto 33).

25 – Sentenza Eurofood IFSC (cit. alla nota 8, punto 34).

26 – Sentenza Eurofood (cit. alla nota 8, punti 34 e 35).

27 – Iniziativa della Repubblica federale di Germania e della Repubblica di Finlandia ai fini dell’adozione di un regolamento del Consiglio relativo alle procedure d’insolvenza, presentata al Consiglio il 26 maggio 1999 (GU C 221, pag. 8).

28 – Nota della delegazione lussemburghese, documento del Consiglio 20 luglio 1999, n. 10342/99.

29 – V. documento del Consiglio 29 luglio 1999, n. 9934/1/99, v., per una diversa formulazione, documento del Consiglio 22 ottobre 1999, n. 9934/2/99.

30 – Così, ad es., la delegazione britannica ha criticato la problematicità della definizione in quanto un debitore può gestire i propri interessi da diversi luoghi e in quanto i criteri di determinazione degli interessi «principali» sarebbero comunque poco chiari, v. documento del Consiglio 13 settembre 1999, n. 10683/99.

31 – Virgós, M., e Schmit, E., Relazione esplicativa sulla convenzione dell’Unione europea relativa alle procedure di insolvenza, versione in tedesco a seguito di modifiche apportate dal «Gruppe der Rechts- und Sprachverständigen», Consiglio dell’Unione europea, Doc. 6500/1/96 REV 1, punto 75.

32 – È necessario qui adottare una definizione ampia del concetto di creditore, che comprenda anche i lavoratori di un’impresa.

33 – Conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Eurofood IFSC (cit. alla nota 19, paragrafo 125).

34 – Relazione esplicativa sulla convenzione dell’Unione europea relativa alle procedure di insolvenza (cit. alla nota 31, punto 75).

35 – V., a tale proposito, anche sentenze 9 marzo 1999, causa C‑212/97, Centros (Racc. pag. I‑1459), 15 novembre 2002, causa C‑208/00, Überseering (Racc. pag. I‑9919), nonché 30 settembre 2003, causa C‑167/01, Inspire Art (Racc. pag. I‑10155).

36 – Relazione esplicativa sulla convenzione dell’Unione europea relativa alle procedure di insolvenza (cit. alla nota 31, punto 71).

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

Causa C‑396/09 (1)

Interedil Srl, in liquidazione

contro

Fallimento Interedil Srl

Intesa Gestione Crediti SpA

(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Tribunale di Bari)

I – Introduzione

1. L’art. 3 del regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle procedure di insolvenza (2) (in prosieguo: il «regolamento sull’insolvenza») individua gli Stati membri i cui giudici sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza nelle fattispecie transfrontaliere riguardanti il mercato interno (3). Sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Il presente procedimento fornisce alla Corte di giustizia l’occasione di precisare ulteriormente la nozione di «centro degli interessi principali».

2. Il procedimento in esame si caratterizza per il fatto che una società italiana ha trasferito la propria sede statutaria dall’Italia al Regno Unito. Più di un anno dopo la liquidazione e la cancellazione della società dal registro delle imprese britannico, una creditrice ha presentato in Italia un’istanza per l’apertura della procedura di insolvenza. Il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla possibilità di ritenersi internazionalmente competente a trattare la causa sottopostagli.

II – Ambito normativo

A – Diritto dell’Unione

3. Ai sensi dell’art. 2 del regolamento sull’insolvenza la nozione di «dipendenza» è così definita:

«Ai fini del presente regolamento, s’intende per

(…)

h) “Dipendenza”, qualsiasi luogo di operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e con beni».

4. L’art. 3 del regolamento sull’insolvenza verte sulla «competenza internazionale» (giurisdizione) ed è così redatto:

«(1) Sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria.

(2) Se il centro degli interessi principali del debitore è situato nel territorio di uno Stato membro, i giudici di un altro Stato membro sono competenti ad aprire una procedura di insolvenza nei confronti del debitore solo se questi possiede una dipendenza nel territorio di tale altro Stato membro. Gli effetti di tale procedura sono limitati ai beni del debitore che si trovano in tale territorio.

(…)».

5. Il tredicesimo ‘considerando’ del regolamento sull’insolvenza è redatto nei seguenti termini:

«Per “centro degli interessi principali” si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei suoi interessi».

B – Diritto nazionale

6. Il giudice del rinvio sottolinea che, ai sensi dell’art. 382 del Codice di procedura civile italiano e della consolidata giurisprudenza che ne è scaturita, la statuizione della Corte di Cassazione sulla questione di giurisdizione è definitiva e vincolante per il giudice di merito investito della causa.

III – Causa principale e questioni pregiudiziali

7. I fatti, come esposti nell’ordinanza di rinvio, sono i seguenti.

8. La Interedil Srl è stata costituita in Italia, con sede legale in Monopoli. In data 18 luglio 2001 essa ha trasferito la propria sede statutaria a Londra ed è stata iscritta nel registro della camera di commercio inglese (4) con la dicitura «FC» (Foreign Company). Parallelamente, in data 18 luglio 2001 essa è stata cancellata dal registro delle imprese (5) italiano (6).

9. Ai sensi dell’ordinanza di rinvio, la Interedil ha fatto valere che contestualmente al trasferimento della sede statutaria, vale a dire in data 18 luglio 2001, essa avrebbe posto in essere a Londra talune transazioni nel cui ambito il gruppo britannico Canopus avrebbe acquisito la Interedil Srl e sarebbero stati negoziati e conclusi contratti di cessione dell’azienda. Inoltre, alcuni mesi dopo gli immobili siti a Taranto sarebbero stati conferiti nella Windowmist Limited quali componenti dell’azienda trasferita.

10. Secondo l’ordinanza di rinvio, in data 22 luglio 2002 la Interedil Srl sarebbe stata «chiusa» e «cancellata» dal registro delle imprese del Regno Unito (7).

11. Nell’ottobre 2003 la Intesa Gestione Crediti Spa ha chiesto al Tribunale di Bari di dichiarare il fallimento della Interedil.

12. La Interedil Srl in liquidazione (in prosieguo: la «Interedil») ha contestato la giurisdizione del citato giudice italiano e nel dicembre 2003 ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione dinanzi alla Corte di Cassazione. Dal momento che la sede statutaria dell’impresa era stata trasferita dall’Italia al Regno Unito, i giudici italiani non avrebbero avuto più alcuna giurisdizione in ordine all’apertura di una procedura d’insolvenza.

13. Il Tribunale di Bari, ritenendo manifestamente infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano, ed accertata la sussistenza dello stato di insolvenza della società, nel maggio 2004 ha dichiarato il fallimento della «Interedil srl», in liquidazione, già con sede in Londra, Chelsea Chambers 262 Fulham Road», senza attendere l’esito del regolamento di giurisdizione pendente dinanzi alla Corte di Cassazione.

14. Con atto del 18 giugno 2004 la Interedil ha proposto opposizione avverso detta sentenza dichiarativa di fallimento.

15. Con ordinanza 20 maggio 2005, n. 10606/2005, la Corte di Cassazione ha dichiarato sussistente la giurisdizione del giudice italiano. A superare la presunzione di cui all’art. 3 n. 1, seconda frase, del regolamento n. 1346/2000, secondo cui si presume che il centro degli interessi principali sia il luogo in cui si trova la sede statutaria della società, sono state ritenute sufficienti le seguenti circostanze: l’esistenza, in Italia, di beni immobili della Interedil, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri, di un contratto stipulato con un istituto bancario e la mancata comunicazione al registro delle imprese di Bari del trasferimento della sede sociale a Londra.

16. Alla luce della sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia nella causa Eurofood (8) il Tribunale di Bari nutre dubbi quanto alla statuizione della Corte di Cassazione. Esso ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1) Se la nozione di «centro degli interessi principali del debitore» di cui all’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1346/2000 debba essere interpretata alla stregua dell’ordinamento comunitario, oppure dell’ordinamento nazionale e, in caso di risposta affermativa in ordine alla prima ipotesi, in che cosa consiste la detta nozione e quali sono i fattori o elementi determinanti per identificare il «centro degli interessi principali»;

2) Se la presunzione prevista dall’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1346/2000, secondo cui «per le società si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statuaria», sia superabile sulla base dell’accertamento di una effettiva attività imprenditoriale nello Stato diverso da quello in cui si trova la sede statuaria della società, oppure, affinché possa ritenersi superata la detta presunzione, sia necessario accertare che la società non abbia svolto alcuna attività imprenditoriale nello Stato ove ha la propria sede statuaria;

3) Se l’esistenza, in uno Stato membro diverso da quello ove si trova la sede statuaria della società, di beni immobili della società, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri, stipulato dalla società debitrice con altra società, e di un contratto stipulato dalla società con un istituto bancario siano elementi o fattori sufficienti a far ritenere superata la presunzione prevista dall’art. 3 del regolamento n. 1346/2000 a favore della «sede statuaria» della società e se tali circostanze siano sufficienti a far ritenere sussistente una «dipendenza» della società, ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1346/2000;

4) Se nel caso in cui la statuizione sulla giurisdizione resa dalla Corte di Cassazione con la richiamata ordinanza n. 10606/2005 si basi su un’interpretazione dell’art. 3 del regolamento n. 1346/2000 difforme da quella della Corte di Giustizia delle Comunità europee, osti all’applicazione della detta disposizione comunitaria, come interpretata dalla Corte di Giustizia, l’art. 382 c.p.c. in base al quale la Corte di Cassazione statuisce sulla giurisdizione in maniera definitiva e vincolante.

IV – Valutazione giuridica

A – Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

17. Prima di esaminare le questioni pregiudiziali, si deve chiarire in una prima fase se la domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari sia ricevibile.

1. Restrizione della legittimazione al rinvio pregiudiziale dei giudici ai sensi dell’art. 68 CE

18. Il Tribunale di Bari ha sottoposto alla Corte le proprie questioni con ordinanza 6 luglio 2009, pervenuta alla cancelleria della Corte il 13 ottobre 2009. A tale data non era ancora entrato in vigore il Trattato di Lisbona.

19. Il regolamento sull’insolvenza è stato adottato sulla scorta degli artt. 61, lett. c) e 67 n. 1, CE. Si tratta quindi di un atto giuridico per il quale, ai sensi dell’art. 68 CE, i giudici non di ultima istanza non erano legittimati a proporre un rinvio pregiudiziale. Come sostenuto dalla Commissione, avverso le decisioni del giudice remittente possono opporsi, in linea di principio, ricorsi giurisdizionali di diritto interno (9). Ai sensi dell’art. 68 CE il giudice remittente non era quindi legittimato a proporre alcun rinvio pregiudiziale.

20. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona in data 1° dicembre 2009, tuttavia, l’art. 68 CE è venuto meno, cosicché la detta restrizione della legittimazione al rinvio non è più attuale (10). Come stabilito dalla Corte di giustizia nella sua sentenza pronunciata nella causa Werynski, in simili circostanze la legittimazione al rinvio pregiudiziale deve essere valutata sulla base del contesto normativo esistente al momento della decisione della Corte in merito alla domanda di pronuncia pregiudiziale e non sulla base del contesto normativo esistente al momento in cui è pervenuta la domanda di pronuncia pregiudiziale (11). Successivamente al 1° dicembre 2009, la Corte è quindi competente a conoscere di una domanda di pronuncia pregiudiziale proveniente da una giurisdizione avverso le cui decisioni possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno, e ciò anche qualora la domanda sia stata depositata prima di tale data (12). La domanda di pronuncia pregiudiziale non è, pertanto, irricevibile in ragione di una carenza di legittimazione al rinvio pregiudiziale.

2. Irricevibilità per inesistenza della società

21. Nel corso dell’udienza svoltasi dinanzi alla Corte la Interedil (in liquidazione) ha affermato che le questioni pregiudiziali erano ipotetiche e pertanto irricevibili, poiché sin dalla sua cancellazione dal registro della camera di commercio inglese la Interedil non esisterebbe più e le questioni sottoposte alla Corte avrebbero di conseguenza natura ipotetica. Anche la Commissione, nella propria memoria, ha sollevato tale problematica.

22. Si deve a tale proposito rammentare che la Corte può rifiutarsi di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solamente qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario chiesta da tale giudice non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa a qua, qualora il problema sia di natura ipotetica ovvero qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (13).

23. Dalle indicazioni fornite nell’ambito dell’ordinanza di rinvio non appare in modo manifesto che le questioni proposte non abbiano alcuna relazione con l’oggetto della causa principale. Anche qualora la Interedil non esistesse più da un punto di vista giuridico, non può escludersi che il diritto italiano preveda in questo caso alcune possibilità di soddisfare i creditori mediante una liquidazione complementare e che il giudice del rinvio intenda, per questa ragione, aprire una procedura d’insolvenza.

3. Eccezioni dei convenuti nella causa principale in merito alla ricevibilità del rinvio pregiudiziale e soluzione della quarta questione pregiudiziale

24. I convenuti nella causa principale sono dell’avviso che il rinvio pregiudiziale sia irricevibile per tre ulteriori ragioni. Essi fanno riferimento alla decisione della Corte di Cassazione, che nell’ambito di un regolamento di giurisdizione ha già accertato in termini vincolanti la giurisdizione dei giudici italiani in ordine alla procedura d’insolvenza. Poiché detta decisione avrebbe forza di giudicato, non vi sarebbe più alcun giudizio pendente ai sensi dell’art. 267 TFUE.

25. Inoltre, i convenuti nella causa principale criticano la formulazione delle domande pregiudiziali: dalla prima e dalla quarta questione non emergerebbe alcuna divergenza tra le disposizioni del diritto dell’Unione e la loro applicazione ad opera dei giudici nazionali. La seconda e la terza questione richiederebbero alla Corte di giustizia di applicare le norme dell’Unione al caso concreto.

26. Con le sue prime tre questioni il giudice remittente desidera in sostanza sapere come debba essere interpretata la nozione di centro degli interessi principali di cui all’art. 3 del regolamento sull’insolvenza. Ciò rappresenta un oggetto lecito nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale.

27. Nel prosieguo ci si dovrà pertanto occupare solo delle due prime eccezioni sollevate dai convenuti nella causa principale, le quali si fondano sulla decisione definitiva della Corte di Cassazione.

28. In tale contesto si rende opportuno anche esaminare la quarta questione posta dal giudice a quo. Con essa egli chiede in sostanza se la decisione resa dalla Corte di Cassazione, vincolante in forza del diritto nazionale e con la quale viene confermata la giurisdizione dei giudici italiani, sia per lui vincolante anche nel caso in cui tale decisione dovesse rivelarsi incompatibile con la giurisprudenza della Corte di giustizia. Se così fosse, le altre questioni sarebbero irrilevanti ai fini dell’esito del procedimento principale e pertanto irricevibili.

29. In base all’art. 382 del codice di procedura civile, la decisione assunta dalla Corte di Cassazione nell’ambito di un regolamento di giurisdizione è vincolante per il giudice di merito.

30. La Corte ha già stabilito che una norma di procedura nazionale, secondo cui un giudice, al quale spetti decidere la causa in seguito al rinvio ad esso fatto da un organo giurisdizionale di grado superiore adito in sede di ricorso, sia vincolato dalle valutazioni formulate in diritto dall’organo giurisdizionale di grado superiore, non può rimettere in discussione la facoltà, spettante ai giudici nazionali non di ultima istanza, di investire la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale qualora essi nutrano dubbi in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione (14).

31. Non è possibile discostarsi da tale conclusione nel caso in esame, in cui si tratta di una norma processuale nazionale che riguarda l’efficacia vincolante di decisioni di un organo giurisdizionale di grado superiore nell’ambito di un regolamento di giurisdizione.

32. Infine, secondo giurisprudenza costante, un giudice nazionale, incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni di diritto dell’Unione, ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme disapplicando, all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (15). In tale ambito può rientrare anche una norma di procedura quale quella qui rilevante, dalla quale discende l’efficacia vincolante della decisione dell’organo giurisdizionale di grado superiore (16).

33. La decisione della Corte di giustizia continua così ad essere l’unica determinante ai fini dell’interpretazione del diritto dell’Unione, senza che rilevi in alcun modo il fatto che un giudice nazionale di ultima istanza abbia già proceduto ad interpretare il diritto dell’Unione nell’ambito di un procedimento incidentale.

4. Conclusione parziale:

34. A titolo di conclusione parziale occorre quindi dichiarare che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

35. Si deve risolvere la quarta questione pregiudiziale come segue: è incompatibile con il diritto dell’Unione il fatto che un organo giurisdizionale nazionale, al quale spetti decidere in merito alla causa a seguito di una statuizione vincolante di un’istanza superiore in materia di giurisdizione, sia vincolato, conformemente al diritto nazionale di procedura, dalle valutazioni formulate in diritto dall’istanza superiore qualora esso ritenga, alla luce dell’interpretazione da esso richiesta alla Corte, che dette valutazioni non siano conformi al diritto dell’Unione.

B – Questioni pregiudiziali

36. La prima, la seconda e la terza questione pregiudiziale vertono sull’interpretazione della nozione di centro degli interessi principali del debitore, di cui all’art. 3, n. 1, del regolamento sull’insolvenza; esse possono quindi essere esaminate congiuntamente (in prosieguo sub 1). La terza questione pregiudiziale verte inoltre sulla nozione di dipendenza ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento sull’insolvenza (in prosieguo sub 2).

1. Nozione di centro degli interessi principali di cui all’art. 3, n. 1, del regolamento sull’insolvenza

37. L’art. 3, n. 1, disciplina la competenza internazionale ad aprire una procedura d’insolvenza. A termini dello stesso, sono competenti ad aprire la procedura d’insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore.

a) Definizione autonoma della nozione

38. Con la sua prima questione pregiudiziale il giudice remittente vuole anzitutto sapere se la nozione di centro degli interessi principali debba essere definita autonomamente, in base al regolamento, ovvero alla stregua dell’ordinamento nazionale.

39. Secondo giurisprudenza costante, tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza esigono che una disposizione di diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo, nell’intera Unione europea, ad un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione stessa e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi (17).

40. Nella sua sentenza nella causa Eurofood la Corte ha pertanto già stabilito, in ordine all’art. 3, n. 1, del regolamento sull’insolvenza, che il concetto di centro degli interessi principali è proprio del regolamento. Esso ha dunque un significato autonomo, e deve perciò essere interpretato in modo uniforme e indipendente dalle normative nazionali (18).

b) Definizione di centro degli interessi principali

41. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria.

42. Il giudice del rinvio chiede che sia fornita un’interpretazione della nozione di centro degli interessi principali e che siano indicati i criteri in base ai quali può essere superata la presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, seconda frase.

i) Momento determinante

43. La fattispecie qui rilevante è caratterizzata da due elementi peculiari. Per un verso, secondo quanto risulta dalla decisione di rinvio, al momento della richiesta di apertura della procedura d’insolvenza la società interessata era già «chiusa» da più di un anno e «cancellata» dal registro delle imprese del Regno Unito. Per altro verso, prima della fase di liquidazione la società aveva trasferito la propria sede statutaria dall’Italia al Regno Unito. È necessario pertanto esaminare, anzitutto, come il trasferimento della sede possa incidere sulle disposizioni che determinano la competenza internazionale. Si dovrà successivamente verificare quale sia il momento determinante per l’individuazione del foro competente per la procedura di insolvenza nel caso in cui la società sia stata cancellata dal registro delle imprese molto tempo prima della richiesta di apertura della procedura d’insolvenza.

44. Il regolamento non contiene alcuna esplicita disciplina riguardante il trasferimento della sede statutaria. Conformemente alla disciplina generale di cui all’art. 3, quindi, ci si deve riferire all’ultima sede statutaria, a meno che la presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, sia smentita fornendo la prova che il centro degli interessi principali non si è spostato in occasione del trasferimento della sede statutaria, ma che è rimasto nello Stato di partenza.

45. Tali conseguenze di un trasferimento della sede statutaria ai fini della determinazione del giudice internazionalmente competente per la procedura d’insolvenza possono eventualmente arrecare uno svantaggio a quei creditori che hanno instaurato rapporti giuridici con il debitore nello Stato di partenza, in quanto, nel momento in cui detti rapporti giuridici sono sorti, i creditori potevano supporre che un’eventuale procedura d’insolvenza si sarebbe svolta in un determinato luogo. A seguito del trasferimento della sede statutaria, tuttavia, tale luogo non è più rilevante. Per questa ragione, le aspettative dei creditori dello Stato di partenza risultano frustrate se, ai fini dell’individuazione della competenza internazionale, si tiene conto del trasferimento della sede statutaria.

46. Le disposizioni del regolamento sull’insolvenza in merito alla competenza internazionale perseguono proprio l’obiettivo di consentire ai potenziali creditori di individuare univocamente ex ante l’ordinamento giuridico in cui si deciderà in merito a qualsiasi insolvenza riguardante i loro interessi (19). La competenza internazionale, che ai sensi dell’art. 4, n. 1, conduce altresì all’applicazione delle disposizioni sostanziali in materia di insolvenza dello Stato interessato, è fondata sul luogo conosciuto ai potenziali creditori del debitore, permettendo così di calcolare i rischi giuridici che si dovrebbero assumere in caso di insolvenza (20).

47. L’ipotesi che, nel caso di trasferimento della sede statutaria, anche la competenza internazionale per una procedura d’insolvenza possa a posteriori spostarsi è tuttavia coscientemente accettata dal legislatore nel regolamento. Diversamente da quanto disposto nel progetto di convenzione CE sul fallimento del 1980 (21), il regolamento non contiene infatti alcuna disciplina specifica per il caso di un trasferimento di sede statutaria a seguito del quale per un periodo transitorio successiva trasferimento della sede permanga la competenza internazionale dei giudici dello Stato di partenza.

48. Concentrandosi invece esclusivamente sul centro degli interessi principali, con la conseguenza che l’effettivo trasferimento dello stesso comporta anche un cambiamento della competenza internazionale per una procedura d’insolvenza, il regolamento rispetta, coerentemente, la libertà fondamentale di stabilimento, che risulterebbe quantomeno indirettamente compromessa da una disciplina maggiormente restrittiva. In linea di principio, quindi, non si può neanche pretendere che la nuova sede sia perdurata un certo tempo prima della proposizione dell’istanza di fallimento. Non si deve qui esaminare se, in casi eccezionali di diretta concatenazione temporale del trasferimento della sede statutaria e della presentazione dell’istanza di fallimento, valgano altri criteri, poiché, nel caso in esame, tra il trasferimento della sede e la domanda di apertura della procedura d’insolvenza è trascorso un anno.

49. Rimane da chiarire, nel prosieguo, quale sia il momento cui fare riferimento nel caso in cui una società sia già stata cancellata dal registro delle imprese alla data della domanda di apertura della procedura d’insolvenza.

50. La Corte di giustizia ha stabilito, con riferimento ad un trasferimento della sede statutaria intervenuto successivamente alla proposizione della domanda, ma anteriormente alla decisione di apertura della procedura d’insolvenza, che resta competente a decidere sull’apertura della detta procedura lo Stato membro di partenza (22). Decisivo per stabilire il centro degli interessi principali è pertanto, in linea di principio, il momento della presentazione della domanda d’apertura della procedura d’insolvenza.

51. In una fattispecie quale quella che ci occupa, nella quale al momento della proposizione della domanda di apertura della procedura di insolvenza la società era già da tempo liquidata e cancellata dal registro, se ci si basa sul momento di proposizione di tale domanda sorge però, prima facie, il problema che in tale momento la società non dispone più di alcun interesse ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento, in quanto essa non esiste più.

52. Tale problematica potrebbe essere risolta facendo riferimento, in un caso siffatto, esclusivamente alla sede statutaria, escludendo la possibilità di superamento della presunzione. Ciò in quanto una società mantiene una sede statutaria anche dopo la propria liquidazione. In caso di società liquidata, sarebbe quindi inderogabilmente competente ad aprire la procedura d’insolvenza lo Stato membro della sede statutaria.

53. Questa puntuale osservazione non convince, tuttavia, quanto al suo esito. È certo vero che essa consente di individuare agevolmente la sede statutaria anche nel caso di una società liquidata, garantendo in tal modo, mediante il riferimento alla stessa, la certezza del diritto. Essa non può comunque essere accolta in quanto porterebbe alla conseguenza che, anche nell’ipotesi in cui il centro degli interessi principali della società, prima della sua cancellazione, non si sia mai localizzato in corrispondenza della sede statutaria, esso sarebbe comunque determinante ai fini della competenza. Una tale conclusione non è accettabile, dal momento che, avvalendosi della nozione di centro degli interessi principali, il regolamento intende riferirsi al luogo con il quale la società presenta i più stretti rapporti in termini obiettivi e riconoscibili dai creditori. Laddove, a titolo di esempio, la sede statutaria della società attiva si rivelasse un mero recapito postale e il centro dei suoi interessi principali si trovasse in ogni caso altrove, non sarebbe corretto riferirsi nondimeno alla sede statutaria della società anche dopo la cancellazione della stessa.

54. Anche nel caso di una società cancellata, quindi, la presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, può essere superata qualora si dimostri che prima della cancellazione la società non aveva il suo centro degli interessi principali nello Stato della sede statutaria. Determinante è pertanto il centro dei suoi interessi prima della chiusura. Il momento da prendere in considerazione in tale ambito dovrà essere individuato mediante una valutazione globale, da effettuarsi partendo dalla prospettiva dei creditori.

ii) Interpretazione della nozione di «centro degli interessi principali»

55. Nel prosieguo vanno individuati i criteri in base ai quali si determina il centro degli interessi principali del debitore ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento sull’insolvenza.

56. Purtroppo, l’art. 2 del regolamento, che definisce le principali nozioni del regolamento, non contiene alcuna definizione di centro degli interessi principali. La commissione per le libertà, i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni ha giustamente criticato tale omissione già nel corso del procedimento legislativo (23). Solo il tredicesimo ‘considerando’ del regolamento precisa che per centro degli interessi principali «si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei suoi interessi».

57. Sulla base del tredicesimo ‘considerando’ citato, la Corte di giustizia ha dichiarato, nella causa Eurofood, che «il centro degli interessi principali deve essere individuato in base a criteri al tempo stesso obiettivi e verificabili dai terzi. Tale obiettività e tale possibilità di verifica da parte dei terzi sono necessarie per garantire la certezza del diritto e la prevedibilità dell’individuazione del giudice competente ad aprire una procedura di insolvenza principale» (24). La Corte ha sottolineato la rilevanza della certezza del diritto e della prevedibilità proprio in un contesto nel quale determinare il giudice competente significa anche, ai sensi dell’art. 4, n. 1, del regolamento, determinare la legge applicabile.

58. Di conseguenza, la presunzione semplice prevista dall’art. 3 a favore della sede statutaria può essere superata soltanto se elementi obiettivi e verificabili da parte di terzi consentono di determinare l’esistenza di una situazione reale diversa da quella che si ritiene corrispondere alla collocazione nella detta sede statutaria (25). Quale possibile esempio di superamento della presunzione, la Corte ha citato l’ipotesi di una società fantasma, la quale non svolga alcuna attività sul territorio dello Stato membro in cui si trova la sua sede sociale (26).

59. Nella decisione adottata all’esito del procedimento incidentale, la Corte di Cassazione sottolinea che dal trasferimento della sede statutaria la Interedil non ha svolto alcuna attività nel Regno Unito, non vi ha realizzato alcuna operazione e non vi ha neppure svolto le attività di liquidazione, sicché, di fatto, il centro amministrativo e organizzativo non sarebbe stato affatto trasferito a Londra.

60. Nel caso di una società che non svolga alcuna attività commerciale né alcuna attività amministrativa nello Stato della sede statutaria, in effetti, potrebbe essere smentita la presunzione introdotta dall’art. 3 del regolamento.

61. Dalla seconda domanda pregiudiziale emerge tuttavia che il giudice remittente non parte dal presupposto che a Londra, nella sua nuova sede statutaria, la Interedil non abbia svolto alcuna attività. Diversamente dal caso di una mera società fantasma, come indicato nella causa Eurofood a titolo di esempio per il superamento della presunzione, si pone pertanto ulteriormente la questione della modalità in cui debba determinarsi, più in dettaglio, il centro degli interessi principali.

62. A tal proposito non risulta particolarmente utile esaminare la genesi del regolamento, posto che da essa emerge che già nel corso del procedimento legislativo vi erano controversie quanto alla concreta terminologia. Il punto di partenza è costituito da un’iniziativa della Germania e della Finlandia del 20 maggio 1999, che ha ripreso quasi letteralmente la convenzione dell’Unione europea relativa alle procedure d’insolvenza (27). Detta proposta conteneva, al suo tredicesimo ‘considerando’, una definizione dettagliata della nozione di centro degli interessi principali. Ivi si stabiliva che «per “centro degli interessi principali” si intende un luogo con il quale il debitore intrattiene regolarmente strettissimi rapporti, nel quale si concentrano le sue molteplici relazioni commerciali e nel quale è per lo più situato il nucleo del suo patrimonio. Tale luogo è ben noto anche ai creditori». A tal proposito, la delegazione lussemburghese ha sollevato critiche per il fatto che in tal modo si assumeva come riferimento il luogo in cui si trova il nucleo del patrimonio e non, come auspicato da tale delegazione, le attività del debitore ovvero l’amministrazione del suo patrimonio (28).

63. Dopo che anche una proposta modificata (29) del segretariato generale del Consiglio è stata accolta criticamente (30), il legislatore ha deciso di riprendere la prima frase del punto 75 della relazione esplicativa sulla convenzione relativa alle procedure d’insolvenza (31) come tredicesimo ‘considerando’, assumendo quindi come riferimento il luogo della gestione degli interessi.

64. A fronte di tutte queste imprecisioni concettuali, nella sua sentenza Eurofood la Corte di giustizia ha giustamente accolto come criterio decisivo la prospettiva dei creditori (32). Essa si basa in tal senso sul tenore letterale del tredicesimo ‘considerando’, che parla di riconoscibilità da parte dei terzi. I potenziali creditori devono avere la possibilità di sapere in anticipo quale sarà lo Stato membro che – tenendo conto dello status quo - sarebbe competente per una procedura d’insolvenza e in tal modo anche quale sarà la legge ad esso applicabile.

65. Pertanto, al fine di individuare il centro degli interessi principali si deve procedere ad una valutazione globale e completa che parta dalla prospettiva dei creditori. Come già sottolineato dall’avvocato generale Jacobs nelle sue conclusioni presentate nella causa Eurofood, in tal senso ogni caso specifico dovrà essere deciso in base alle sue circostanze peculiari (33).

66. Va quindi da subito esclusa una valutazione isolata, applicabile in termini generali, di specifici fattori. Né l’ubicazione del patrimonio immobiliare della debitrice insolvente, né il luogo in cui si trovano i beni che sono stati oggetto di contratti di locazione stipulati con un’altra società, come neppure la sussistenza di un contratto della società insolvente con un istituto bancario situato in un determinato Stato membro rappresentano, in se stessi, fattori che consentono di stabilire in modo definitivo il centro degli interessi principali.

67. Come evidenziato dall’esame della genesi del regolamento, nel fornire una definizione del centro degli interessi principali il legislatore ha rinunciato a riferirsi al nucleo del patrimonio, il che esclude la possibilità di riferirsi semplicemente all’ubicazione della parte essenziale del patrimonio societario. Tale conclusione risulta convincente anche alla luce del fatto che spesso, per i terzi, non risulta facile individuare il luogo ove si trovi il nucleo del patrimonio del debitore, in particolar modo qualora tale patrimonio sia distribuito in più Stati membri.

68. Piuttosto, partendo dalla presunzione semplice introdotta dall’art. 3, n. 1, nonché dal tenore letterale del tredicesimo ‘considerando’, incentrato sulla gestione degli interessi, la necessaria valutazione globale deve sempre includere l’esame di quali siano le attività, obiettivamente riconoscibili da terzi, che la società svolge nel luogo della sua sede statutaria.

69. Se l’amministrazione principale di una società si trova nel luogo della sua sede statutaria, vale a dire che ivi ha sede la direzione aziendale e che da tale luogo essa dirige le sorti della società, presentandosi in modo riconoscibile dall’esterno, alla luce dell’economia del regolamento non riveste alcuna importanza ai fini della determinazione della competenza il luogo in cui si trovano i principali elementi patrimoniali o gli stabilimenti della società. Alla base della presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, e del suo riferimento alla sede statutaria vi è proprio l’intenzione di individuare il luogo dell’amministrazione principale della società, che per regola generale si troverà in tale luogo, quale punto di riferimento riconoscibile anche da terzi. La relazione esplicativa sulla convenzione, da cui è tratta la formulazione del tredicesimo ‘considerando’, muove dal presupposto secondo cui la sede statutaria corrisponde abitualmente alla sede principale del debitore (34). Pertanto, nel caso in cui l’amministrazione principale si trovi, di fatto, nel luogo della sede statutaria, deve escludersi in partenza ogni diversa ubicazione degli interessi principali.

70. Un superamento della presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, in considerazione dell’ubicazione del patrimonio della società, dei suoi stabilimenti o anche delle sue attività commerciali potrà quindi concretizzarsi solo qualora, dal punto di vista dei creditori, il luogo dell’amministrazione principale non corrisponda al luogo della sede statutaria. In un caso siffatto risulterebbero necessari ulteriori fattori di carattere oggettivo, da esaminarsi comunque adottando la prospettiva dei creditori, al fine di acclarare la competenza internazionale in ordine alla procedura d’insolvenza. A tal proposito occorrerà procedere ad una valutazione globale del caso di specie.

71. Nel caso di cui alla causa principale, sembra che dopo il trasferimento della propria sede la debitrice abbia svolto esclusivamente attività di liquidazione. Anche gli atti giuridici e le attività svolti nell’ambito della liquidazione di una società sono in linea di principio rilevanti ai fini della determinazione del centro degli interessi principali di una società. In fin dei conti, anche il trasferimento di una società in un altro Stato membro per procedere ivi alla liquidazione rientra nelle libertà fondamentali garantite dal diritto dell’Unione. Pertanto, qualora la gestione di tale attività di liquidazione sia stata svolta a partire dalla nuova sede statutaria in maniera riconoscibile dai terzi, nel periodo rilevante prima della cancellazione della società, la gestione degli interessi principali della stessa si sarebbe svolta presso la sua sede statutaria, escludendosi quindi la possibilità di un superamento della presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1.

72. Nel contesto che ci occupa, non è necessario affrontare la questione di un trasferimento del centro degli interessi principali allo scopo di eludere le norme dello Stato di origine in materia di insolvenza o di responsabilità, ovvero allo scopo di sottrarre la massa patrimoniale all’azione dei creditori. La questione di un potenziale abuso del diritto sotteso ad un trasferimento pone interessanti questioni quanto agli attriti che possono sorgere tra le libertà fondamentali del debitore, da un lato, e la tutela dei creditori nonché la volontà, espressa dal quarto ‘considerando’ del regolamento, di evitare il «forum shopping», dall’altro (35). Poiché tuttavia il giudice del rinvio non ha formulato alcun quesito in tal senso, e poiché dalle circostanze descritte non emergono elementi sufficienti per ipotizzare un abuso del diritto, il caso di specie non si presta ad un esame esaustivo di tali questioni.

73. Neppure dovrà esaminarsi – non essendo stata sollevata dal giudice a quo alcuna questione in tal senso – un aspetto che emerge dalla lettura dell’ordinanza della Corte di Cassazione pronunciata nel regolamento di giurisdizione svoltosi nell’ambito del procedimento principale. Vi si afferma che il trasferimento della sede statutaria non è stato comunicato al registro delle imprese italiano. Tuttavia, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che in data 18 luglio 2001 la Interedil è stata cancellata dal registro delle imprese italiano. Nel caso in cui, alla data della presentazione della domanda di apertura della procedura di insolvenza, una società dovesse risultare iscritta nei registri di due Stati membri, dalla prospettiva dei creditori potrebbe sorgere una problematica di apparenza giuridica. Poiché, tuttavia, il giudice remittente parte dal presupposto che la società sia stata cancellata dal registro italiano, non vi è alcuna ragione di approfondire tale aspetto.

c) Conclusione provvisoria

74. La prima e la seconda questione pregiudiziale, nonché la prima parte della terza questione pregiudiziale devono essere pertanto così risolte:

La nozione di «centro degli interessi principali del debitore» ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1346/2000, ha un significato autonomo e deve perciò essere interpretata in modo uniforme e indipendente dalle normative nazionali.

75. L’esistenza, in uno Stato membro diverso da quello ove si trova la sede statutaria della società, di immobili della stessa, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri stipulato dalla società debitrice con un’altra società e di un contratto stipulato dalla società con un istituto bancario non sono, di per se stessi, elementi sufficienti a superare la presunzione introdotta dall’art. 3 del regolamento n. 1346/2000 a favore della «sede statutaria» della società. È necessario procedere ad una valutazione globale che determini, in base a criteri al tempo stesso obiettivi e riconoscibili dai terzi, il luogo in cui la società gestisce i propri interessi. Nel caso in cui l’amministrazione principale si svolga di fatto nel luogo della sede statutaria, è esclusa qualsiasi diversa ubicazione degli interessi principali.

2. Nozione di dipendenza ai sensi dell’art. 3 n. 2 del regolamento sull’insolvenza

76. Con la seconda parte della sua terza questione il giudice remittente fa riferimento alle circostanze che devono sussistere affinché possa ritenersi esistente una dipendenza ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento sull’insolvenza. Infatti, se dovesse emergere che il centro degli interessi della Interedil non si trovava in Italia, e che quindi i giudici italiani non hanno la competenza internazionale in ordine all’apertura di una procedura principale di insolvenza, potrebbe venire in considerazione comunque l’ipotesi dello svolgimento di una procedura d’insolvenza secondaria. Ai sensi dell’art. 3 n. 2, ciò presuppone che la Interedil abbia una dipendenza in Italia. La questione è se siano sufficienti, ai fini della sussistenza di una dipendenza, l’esistenza di immobili, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri nonché un contratto della società con un istituto bancario.

77. Per dipendenza si intende, ai sensi dell’art. 2, lett. h, del regolamento sull’insolvenza, qualsiasi luogo di operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e con beni.

78. In tal modo il regolamento sull’insolvenza fa proprio il tenore letterale della convenzione del 23 novembre 1995 relativa alle procedure d’insolvenza. Nella relazione esplicativa sulla convenzione si precisa quanto segue: «“Luogo di operazioni” è il luogo a partire dal quale si svolgono le attività economiche - siano esse commerciali, industriali o professionali - nel mercato (ossia all’esterno). Il riferimento al fatto che l’attività economica si deve esercitare con mezzi umani pone in rilievo la necessità di un minimo di organizzazione. Un luogo di operazioni occasionale non può essere qualificato come dipendenza: è necessaria una certa stabilità. (…) Fattore determinante sono le modalità con cui l’attività si manifesta all’esterno e non le intenzioni del debitore» (36).

79. Analogamente a quanto accade per il superamento della presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, seconda frase, del regolamento, anche ai fini dell’art. 3, n. 2, non è di per sé sufficiente l’esistenza di elementi patrimoniali. Il giudice del rinvio dovrà piuttosto verificare se ivi fosse impiegato personale e se sussistesse un livello minimo di organizzazione.

80. La seconda parte della terza questione pregiudiziale dev’essere pertanto risolta in questi termini:

L’esistenza, in uno Stato membro diverso da quello ove si trova la sede statutaria della società, di immobili della stessa, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri stipulato dalla società debitrice con un’altra società e di un contratto stipulato dalla società con un istituto bancario possono far ritenere che la società possieda una «dipendenza» in tale Stato ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1346/2000, solo qualora gli elementi citati, da soli o nel loro complesso, in quanto integrati in una struttura organizzativa stabilmente allestita, risultino ubicati in un luogo di operazioni in cui il debitore eserciti in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e con beni.

V – Conclusione

81. Alla luce delle suesposte osservazioni, propongo pertanto alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dichiarando quanto segue:

1) La nozione di «centro degli interessi principali del debitore» ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1346/2000, relativo alle procedure di insolvenza, ha un significato autonomo e deve perciò essere interpretata in modo uniforme e indipendente dalle normative nazionali.

2) L’esistenza, in uno Stato membro diverso da quello ove si trova la sede statutaria della società, di immobili della stessa, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri stipulato dalla società debitrice con un’altra società e di un contratto stipulato dalla società con un istituto bancario non sono, di per se stessi, elementi sufficienti a superare la presunzione introdotta dall’art. 3 del regolamento n. 1346/2000 a favore della «sede statutaria» della società. È necessario procedere ad una valutazione globale che determini, in base a criteri al tempo stesso obiettivi e riconoscibili dai terzi, il luogo in cui la società gestisce i propri interessi. Nel caso in cui l’amministrazione principale si svolga di fatto nel luogo della sede statutaria, è esclusa qualsiasi diversa ubicazione degli interessi principali.

3) L’esistenza, in uno Stato membro diverso da quello ove si trova la sede statutaria della società, di immobili della stessa, di un contratto di affitto relativo a due complessi alberghieri stipulato dalla società debitrice con un’altra società e di un contratto stipulato dalla società con un istituto bancario possono far ritenere che la società possieda una «dipendenza» in tale Stato ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1346/2000, solo qualora gli elementi citati, da soli o nel loro complesso, in quanto integrati in una struttura organizzativa stabilmente allestita, risultino ubicati in un luogo di operazioni in cui il debitore eserciti in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e con beni.

4) È incompatibile con il diritto dell’Unione il fatto che un organo giurisdizionale nazionale, al quale spetti decidere in merito alla causa a seguito di una statuizione vincolante di un’istanza superiore in materia di giurisdizione, sia vincolato, conformemente al diritto nazionale di procedura, dalle valutazioni formulate in diritto dall’istanza superiore qualora esso ritenga, alla luce dell’interpretazione da esso richiesta alla Corte, che dette valutazioni non siano conformi al diritto dell’Unione.



1 – Lingua originale: il tedesco.

2 – GU L 160, pag. 1. Il regolamento vige attualmente nella versione modificata dal regolamento di esecuzione (UE) del Consiglio 25 febbraio 2010, n. 210 (GU L 65, pag. 1).

3 – Ai sensi del suo trentatreesimo ‘considerando’, il regolamento sull’insolvenza non vincola la Danimarca. Peraltro, esso vige entro i limiti sanciti dal suo art. 44, che ne disciplina i rapporti con altre convenzioni stipulate dagli Stati membri.

4 – Companies House.

5 – [Nota non rilevante per la versione italiana].

6 – La predetta cancellazione sembra essere considerata illegittima dal Tribunale di Bari, senza tuttavia che quest’ultimo precisi le ragioni per cui la ritiene tale.

7 – «Chiusa e dunque cancellata dal Registro delle Imprese».

8 – Sentenza della Corte 2 maggio 2006, causa C‑341/04, Eurofood IFSC, (Racc. pag. I‑3813).

9 – Ai sensi dell’art. 18 della Legge Fallimentare, nella versione di cui al decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169, contro la sentenza del Tribunale di Bari può proporsi ricorso.

10 – In merito alla fase transitoria, v. il paragrafo 4 delle mie conclusioni presentate il 2 settembre 2010 nella causa C‑283/09, Weryński (non ancora pubblicate nella Raccolta).

11 – Sentenza 17 febbraio 2011, causa C‑283/09, Weryński (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30), v. inoltre le mie conclusioni presentate il 2 settembre 2010 nella medesima causa (cit. alla nota 10, paragrafi 23‑25).

12 Sentenza Weryński (cit. alla nota 11, punto 31).

13 – Giurisprudenza constante. V. ad es. sentenza della Corte 22 dicembre 2010, causa C‑77/09, Gowan Comércio (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 25).

14 – Sentenza 5 ottobre 2010, causa C‑173/09, Elchinov (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 25).

15 – Sentenza Elchinov (cit. alla nota 13, punto 31, con un rinvio alle sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 24, nonché 19 novembre 2009, causa C‑314/08, Filipiak (Racc. pag. I‑11049, punto 81).

16 – V. in tal senso sentenza Elchinov (cit. alla nota 13, punto 31).

17 – Sentenze 18 ottobre 2007, causa C‑195/06, Österreichischer Rundfunk (Racc. pag. I‑8817, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata) e 29 ottobre 2009, causa C‑174/08, NCC Construction Danmark (Racc. pag. I‑10567, punto 24).

18 – Sentenza Eurofood (cit. alla nota 8, punto 31).

19 – V. conclusioni dell’avvocato generale Jacobs presentate il 27 settembre 2005 nella causa C‑341/04, Eurofood IFSC (Racc. pag. I‑3813, paragrafo 118).

20 – Conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Eurofood IFSC (cit. alla nota 19, paragrafo 122).

21 – V. art. 6 e segg. del progetto di convenzione relativa al fallimento, ai concordati ed ai procedimenti affini; Doc. CE III/D/72/80, riprodotto in: Gerhard Kegel (editore) e Jürgen Thieme (redattore), Vorschläge und Gutachten zum Entwurf eines EG-Konkursübereinkommens, Tubinga, 1988.

22 – Sentenza 17 gennaio 2006, causa C‑1/04, Staubitz-Schreiber Racc. pag. I‑701, punto 29).

23 – V. la relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alle procedure d’insolvenza della commissione giuridica e del mercato interno (relatore Kurt Lechner), doc. A5-0039/2000, ove si proponeva la seguente definizione nell’ambito dell’art. 2 del regolamento: «“centro degli interessi principali del debitore” il luogo a partire dal quale il debitore intrattiene principalmente relazioni commerciali ed esercita attività economiche di altro tipo e con il quale intrattiene pertanto strettissimi rapporti ».

24 – Sentenza Eurofood IFSC (cit. alla nota 8, punto 33).

25 – Sentenza Eurofood IFSC (cit. alla nota 8, punto 34).

26 – Sentenza Eurofood (cit. alla nota 8, punti 34 e 35).

27 – Iniziativa della Repubblica federale di Germania e della Repubblica di Finlandia ai fini dell’adozione di un regolamento del Consiglio relativo alle procedure d’insolvenza, presentata al Consiglio il 26 maggio 1999 (GU C 221, pag. 8).

28 – Nota della delegazione lussemburghese, documento del Consiglio 20 luglio 1999, n. 10342/99.

29 – V. documento del Consiglio 29 luglio 1999, n. 9934/1/99, v., per una diversa formulazione, documento del Consiglio 22 ottobre 1999, n. 9934/2/99.

30 – Così, ad es., la delegazione britannica ha criticato la problematicità della definizione in quanto un debitore può gestire i propri interessi da diversi luoghi e in quanto i criteri di determinazione degli interessi «principali» sarebbero comunque poco chiari, v. documento del Consiglio 13 settembre 1999, n. 10683/99.

31 – Virgós, M., e Schmit, E., Relazione esplicativa sulla convenzione dell’Unione europea relativa alle procedure di insolvenza, versione in tedesco a seguito di modifiche apportate dal «Gruppe der Rechts- und Sprachverständigen», Consiglio dell’Unione europea, Doc. 6500/1/96 REV 1, punto 75.

32 – È necessario qui adottare una definizione ampia del concetto di creditore, che comprenda anche i lavoratori di un’impresa.

33 – Conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Eurofood IFSC (cit. alla nota 19, paragrafo 125).

34 – Relazione esplicativa sulla convenzione dell’Unione europea relativa alle procedure di insolvenza (cit. alla nota 31, punto 75).

35 – V., a tale proposito, anche sentenze 9 marzo 1999, causa C‑212/97, Centros (Racc. pag. I‑1459), 15 novembre 2002, causa C‑208/00, Überseering (Racc. pag. I‑9919), nonché 30 settembre 2003, causa C‑167/01, Inspire Art (Racc. pag. I‑10155).

36 – Relazione esplicativa sulla convenzione dell’Unione europea relativa alle procedure di insolvenza (cit. alla nota 31, punto 71).