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Genuzio Bentini, maestro dell’oratoria forense

Genuzio Bentini
Genuzio Bentini

Nato a Forlì il 27 giugno 1874 e morto a Lodi il 15 agosto 1943, Genuzio Bentini fu uno dei principali avvocati del suo tempo.

Unitamente alla carriera forense, fu un importante esponente del socialismo romagnolo, venendo anche eletto alla Camera dei Deputati nel 1904 per il Partito Socialista.

Famoso per la sua strepitosa eloquenza (Alfredo De Marsico definiva le sue arringhe “opere d’arte”, con le quali “esprime tutto, senza dir tutto”), le sue difese erano sempre dense di umanità. Le sue arringhe avanti le Corti di Assise erano lineari, ordinate, e sempre organiche, con un disegno strategico e senza mai digressioni.

Sosteneva che “una causa può difendersi per mille punti ma è un punto che vive e che pulsa. È quello che bisogna sviluppare e dilatare. Chi cerca la vita corre al cuore”.

Bentini era dotato anche di una straordinaria preparazione giuridica, intesa non come fine a sè stessa ma al servizio della difesa dell’assistito. Celebre un episodio avvenuto avanti la Corte di Assise di Ravenna. Il difensore intervenuto prima di lui aveva citato a memoria uno scritto di Vincenzo Manzini, e prendendo la parola Bentini (con un certo sarcasmo) replicò: “Manzini, Manzini, Manzini! E avanti con Manzini, e dàgli con Manzini! Io non posso mettere piede in un’aula senza udire il suo nome. Ma si, è un bravo uomo, un grande uomo ma, per carità, non ne fate la “scatola Cirio” della dottrina e della giurisprudenza!”.

 

Come detto, egli assunse la difesa in innumerevoli processi penali di particolare interesse. Viene qui ricordato il processo per l’omicidio di Battista Emaldi (sindaco di Fusignano, assassinato per mano di due squadristi nel 1923), ove Bentini difese la famiglia Emaldi, costituita parte civile. Si riporta la prima parte della sua arringa conclusiva:

“Signori,

Io parlo in nome di un uomo che è stato ucciso barbaramente, senza colpa, a 44 anni, parlo in nome di una vedova e di orfani che precipitarono in un attimo dalla gioia nella sventura e dalla agiatezza nel bisogno di tutto, del pane, dell’amore e nel consiglio. Ne rappresento, si o no, del danno e del dolore, in questa causa? Ebbene, in nome del danno e del dolore avrei ragione di chiedervi un verdetto di esemplare condanna; ma io ascolto in quest’ora più la voce della giustizia che le voci che sanno di pianto o di rampogna. Io vi chiedo più di quello che darei io, se fossi al vostro posto*”.

 

*Laura Orlandini, BATTISTA EMALDI: L’ASSASSIONIO DI UN SINDACO, ed. La Mandragora 2019.

Altre citazioni tratte da N. Graziani, GENUZIO BENTINI E L’ORATORIA FORENSE NELLA ROMAGNA DEL SUO TEMPO, ed. Forum.