x

x

I contratti di sponsorizzazione

INDICE

Premessa;

a) Sponsorizzazione ed advertising;

b) Natura giuridica del contratto di sponsorizzazione;

c) Le diverse figure contrattuali;

d) Obblighi dello sponsor e dello sponsee ed inadempimento contrattuali.

Premessa

In questi ultimi anni si è andato sempre più diffondendo, nella prassi negoziale italiana e straniera, il fenomeno della cosiddetta sponsorizzazione, la quale si è imposta all’attenzione di giuristi ed esperti del settore in maniera sempre più forte, tale da acquisire una autonoma rilevanza nell’ambito più generale dei contratti pubblicitari.

Il fenomeno di cui trattasi, in realtà, è sempre esistito nella prassi, tanto che una dottrina molto suggestiva ed audace lo avrebbe visto operante addirittura nell’ "Iliade" di Omero, dove il catalogo interminabile delle navi che si ritrova nel Libro Secondo, sarebbe stato inserito dall’autore per accontentare gli "sponsor-finanziatori dell’opera", i quali erano appunto importanti costruttori di navi.

A parte questa curiosa ipotesi, il contratto di sponsorizzazione era però presente già in epoca romana, dove nobili e patrizi traevano vanto e fama dai giochi e dalle gare che finanziavano ed organizzavano, e sicuramente in epoca più recente in Inghilterra, dove mercanti e produttori traevano prestigio dal rendere noto che essi servivano la Casa Reale o nobili famiglie, al punto da accostare ai loro prodotti frasi del tipo "È usato dalla Casa Reale" o "È approvato da Sua Maestà la Regina".1

L’attuale epoca, caratterizzata da spinte consumistiche che inducono spesso a privilegiare sulla qualità dei beni commercializzati l’immagine degli stessi, non poteva certo rimanere estranea al fenomeno, ed anzi, ha incentivato notevolmente la sponsorizzazione; ecco allora nascere quel particolare contratto mediante il quale un contraente-impresa (sponsor) trasforma a suo vantaggio, in un veicolo pubblicitario, le prestazioni dell’altro contraente (sponsee), le quali si realizzano nei più diversi campi (allestimento di spettacoli sportivi, iniziative artistiche o culturali, ecc.).

Per quanto riguarda la storia della sponsorizzazione poi, si osserva come, da una prima fase in cui si è in presenza di un contratto a struttura fondamentalmente unilaterale in cui si assiste ad atti di donazione per spirito di mecenatismo, si passa dapprima ad una seconda fase in cui il contratto si evolve in qualcosa di più complesso, in cui lo spirito di liberalità sfuma, pur rimanendo il carattere di unilateralità, in quanto alla prestazione del "mecenate" non corrisponde a carico della controparte alcuna prestazione se non quella di opporsi a che il fatto venga divulgato, per arrivare infine ad un’ultima fase in cui si parla di sponsorizzazione vera e propria, in cui lo sponsor non si accontenta di un mero comportamento accondiscendente dello sponsorizzato, ma richiede a quest’ultimo degli specifici comportamenti, sicchè il contratto diviene a prestazioni corrispettive 2.

In un siffatto contesto la dottrina economica riconosce nella sponsorizzazione una autonoma forma di comunicazione aziendale, inquadrandola nel c.d. marketing-mix, inteso come l’insieme degli strumenti utilizzati dall’impresa per conseguire i propri obiettivi commerciali.

Il discorso si presenta invece più complesso sotto il versante giuridico, dove, nonostante gli sforzi della dottrina, lo stretto legame tra le forme moderne di sponsorizzazione e le molteplici esigenze economiche di mercato, spiega il perché l’istituto in esame non abbia ancora ricevuto una definitiva collocazione codicistica.

È noto infatti come, in tutti i settori influenzati e condizionati da mutamenti economici, risulti estremamente difficoltoso irrigidire in schemi predefiniti e poco flessibili una realtà in continua evoluzione, e come si avverta il notevole distacco tra l’agire dell’operatore economico, le cui fortune dipendono in gran parte da scelte proiettate nel futuro, ed il compito del giurista, che è quello di regolare il presente sulla base di strumenti normativi spesso già superati all’atto stesso in cui vengono in essere 3.

Ogni opera di classificazione e di sistemazione dogmatica dell’istituto in esame, è inoltre resa ancora più ardua dal significato ambivalente attribuito al termine "sponsorizzazione", adoperato sia per individuare il negozio giuridico che intercorre tra sponsor e sponsorizzato, sia per rappresentare il risultato di esso, e cioè quel particolare tipo di comunicazione che di questo fenomeno è peculiare.

Fatte queste premesse, vediamo allora come si caratterizza il contratto di sponsorizzazione e come si inserisce nell’ambito del diritto sportivo.

Per ragioni di chiarezza espositiva, vista la vastità dell’argomento e la complessità dello stesso, è preferibile dividere e trattare la materia per singoli punti: a) sponsorizzazione ed advertising; b) natura giuridica del contratto di sponsorizzazione; c) le diverse figure contrattuali: 1. sponsorizzazione di una manifestazione sportiva - 2. sponsorizzazione di un club o di una scuderia - 3. sponsorizzazione di singoli atleti - 4. sponsorizzazione tecnica; d) obblighi dello sponsor e dello sponsee ed inadempimento contrattuale.

a) Sponsorizzazione ed advertising

Dalla sponsorizzazione va tenuto distinto in primo luogo il patrocinio o mecenatismo, il quale non presuppone un intento commerciale e quindi un obbligo di una promozione pubblicitaria. Il patrocinio, pertanto, rientra negli atti di liberalità, in quanto non si è in presenza di un imprenditore, che in cambio della prestazione professionale resa attende come corrispettivo un ritorno pubblicitario, ma di un mecenate, che è mosso invece dall’intento di accrescere, attraverso finanziamenti, la diffusione dello sport, dell’arte o della cultura, pur se desidera in cuor suo ricevere gratitudine ed un’accresciuta popolarità a seguito del suo atto di liberalità.

La caratteristica più originale della sponsorizzazione rispetto alla pubblicità tradizionale, detta anche advertising, è data invece dall’uso in via indiretta del messaggio pubblicitario: infatti, mentre nella pubblicità in senso stretto si reclamizza in via immediata il prodotto che costituisce oggetto diretto ed esclusivo dell’attività promozionale, nella sponsorizzazione invece il messaggio pubblicitario viene ad essere inserito in un diverso ed autonomo evento (competizione sportiva, spettacolo artistico, ecc), utilizzato per valorizzare ed accrescere la conoscenza del prodotto o dell’impresa sponsorizzata 4.

Rispetto alle forme tradizionali di pubblicità, spesso penalizzate da una eccessiva ripetitività e da una scarsa varietà di contenuti, la sponsorizzazione si caratterizza inoltre per la maggiore efficacia e capacità di diffusione, pur se risulta impossibile nella realtà pianificare il messaggio perché sempre lasciato all’iniziativa dello sponsor, laddove nelle campagne pubblicitarie sono invece costanti la programmazione dei tempi e degli spazi impiegati ed il riferimento a precisi indici di audience del mezzo di comunicazione utilizzato.

Come è stato giustamente osservato, il tipo di sponsorizzazione che più si avvicina al contratto di diffusione pubblicitaria, è quella radiotelevisiva, che consiste nell’abbinamento del nome di un prodotto o di una azienda ad una trasmissione radiofonica o televisiva, in modo che il pubblico abbia ad identificarla come direttamente riferibile allo sponsor; ed invero la possibilità di determinare il contenuto, la durata e l’ambito di diffusione del messaggio divulgato, è l’elemento che maggiormente avvicina la sponsorizzazione di trasmissioni televisive alla pubblicità tradizionale. La sponsorizzazione radiotelevisiva viene però a divergere dalla tradizionale pubblicità per le particolari modalità di diffusione del messaggio, inserito in un programma riguardante attività estranee a quella dello sponsor, e condizionato nella sua efficacia dallo svolgimento del programma stesso e dalle doti comunicative di colui che conduce la trasmissione.

Se dal punto di vista teorico e dogmatico la sponsorizzazione si distingue quindi dai contratti pubblicitari, cui l’impresa fa ricorso per reclamizzare i propri prodotti, deve però affermarsi che quando la legislazione statale fa uso di espressioni come "pubblicità", "propaganda pubblicitaria", "messaggio" o "promozione pubblicitaria", tali espressioni vanno intese in senso ampio, dovendosi riferire a qualunque comportamento concretamente idoneo ad ingenerare od accrescere la propensione al consumo e, quindi, anche ad ogni mezzo indiretto di comunicazione pubblicitaria, quale quello riguardante il nome, i marchi o i simboli dell’impresa nell’ambito di un programma di sponsorizzazione.

Va infine aggiunto che, nonostante il divieto del legislatore di reclamizzare in determinati programmi alcuni prodotti, perché nocivi alla salute (ad es. sigarette), si è ugualmente assistito alla sponsorizzazione degli stessi, tramite azioni tese ad aggirare il divieto imposto.

Una parte della dottrina ha considerato questo raggiro del divieto come "legittimo", in quanto le espressioni prima menzionate (pubblicità, propaganda pubblicitaria, ecc.) sono da intendersi in senso stretto, con riferimento al solo contratto di pubblicità e con esclusione, quindi, di quello di sponsorizzazione. Altra dottrina invece, riferendo (come in effetti si verifica nella prassi) tali termini anche alla sponsorizzazione, ha fatto rientrare nel divieto accennato anche quest’ultimo contratto, pur constatando che nella realtà fattuale si è verificato più volte, specialmente in ambito sportivo-motoristico, il fenomeno della sponsorizzazioni di prodotti nocivi ed in particolare recanti prodotti di fumo (un caso lampante è ad esempio la sponsorizzazione da parte delle grandi multinazionali del tabacco dei team iscritti ai campionati di Formula 1 o del motomondiale o addirittura delle singole manifestazioni motoristiche che si svolgono di volta in volta e che vengono seguite in tutto il mondo ).

Dal dibattito in materia è scaturita l’emanazione dell’art. 8, comma 14, della legge n. 223 del 1990, che ha vietato la sponsorizzazione dei programmi televisivi da parte di persone fisiche o giuridiche la cui attività principale consista nella fabbricazione o nella vendita di alcuni prodotti pericolosi per la salute o che possono diventarlo, quali sigarette, tabacco in genere, superalcolici, medicinali, ecc.

La disposizione in questione si ritiene ormai applicabile anche alle sponsorizzazioni artistiche e sportive, in base alla considerazione che specialmente gli eventi sportivi di grande importanza costituiscono oggetto di riprese televisive 5.

b) Natura giuridica del contratto di sponsorizzazione

Il tentativo di collocare la sponsorizzazione entro gli schemi di un contratto tipico, che trovi nella normativa codicistica una specifica regolamentazione, non ha sinora condotto a risultati positivi.

L’opinione che ravvisa nella sponsorizzazione un contratto di appalto di servizi 6, è stata invero ampiamente criticata in dottrina, essendosi evidenziato come, mentre nell’appalto l’obbligazione dedotta in contratto è un’obbligazione di risultato, e l’appaltatore è necessariamente un soggetto organizzato in forma d’impresa, nella sponsorizzazione invece non viene garantito alcun risultato, ed inoltre, il soggetto sponsorizzato non è quasi mai un imprenditore 7 (anche se, a dire il vero, oggi le maggiori società sportive si sono trasformate da associazioni a società con scopo di lucro e quindi in imprese commerciali; rimane tuttavia il diffuso fenomeno di sponsorizzazione di singoli atleti, di manifestazioni sportive e di spettacoli in genere).

Inoltre, come è stato puntualmente osservato, il soggetto sponsorizzato agisce per il perseguimento di finalità proprie (come ad es. la vittoria di una competizione sportiva), che nulla hanno a che vedere con il prestare servizi allo sponsor.

Le argomentazioni svolte inducono, pertanto, a condividere l’indirizzo predominante, che qualifica il contratto di sponsorizzazione come un contratto atipico a titolo oneroso ed a prestazioni corrispettive, la cui causa è individuata nell’utilizzazione a fini direttamente o indirettamente pubblicitari dell’attività, del nome o dell’immagine altrui in cambio di un corrispettivo che può consistere in un finanziamento in denaro o nella fornitura di materiale o di altri beni. Bisogna dire inoltre che la legittimazione di tale istituto passa attraverso il "vaglio" dell’art. 1322 c.c., comma 2, il quale afferma che "le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico". È quindi proprio grazie al disposto di questo articolo che vengono a trovare riconoscimento giuridico figure negoziali nuove come appunto il contratto di sponsorizzazione.

c) Le diverse figure contrattuali

La casistica presente nella realtà ha consentito di ricondurre le diverse forme di sponsorizzazione ad alcune ricorrenti figure contrattuali che, pur distinguendosi tra loro per lo specifico contenuto e le modalità di realizzazione delle rispettive prestazioni, presentano tuttavia numerose caratteristiche interne omogenee.

1. Sponsorizzazione di una manifestazione sportiva - Oggetto del contratto di sponsorizzazione può essere una manifestazione che si esaurisce in un breve spazio di tempo (ad es. una partita di calcio) o un evento sportivo di maggior rilievo e di più lunga durata (ad es. un’olimpiade, un campionato di basket, un giro ciclistico, ecc.).

Nel primo tipo di manifestazioni, lo sponsor consente con i propri contributi di organizzare la gara, riservandosi in genere il diritto di intitolare la suddetta manifestazione a suo nome, di usare gli spazi dove si svolge la competizione agonistica per posizionare cartelloni, striscioni ed altri mezzi di propaganda al fine di un ritorno pubblicitario, di distribuire nel corso della stessa manifestazione volantini ed opuscoli, e di ricordare il nome della propria ditta o dei propri prodotti tramite l’uso di altoparlanti.

A queste, che sono le modalità di sponsorizzazione più comuni, se ne aggiungono altre nei casi di eventi di più ampio respiro: nelle grandi manifestazioni, infatti, si assiste praticamente sempre ad un accordo c.d. di licensing, in forza del quale allo sponsor viene concesso di usare, nella propria pubblicità o nei propri prodotti, i marchi ufficiali della manifestazione (ad es. i cerchi olimpici sulla confezione di determinate bevande energetiche), accompagnati dalla dizione "sponsor ufficiale" o "fornitore ufficiale".

In entrambi i casi si riscontra comunque l’identica finalità promozionale-pubblicitaria perseguita dallo sponsor.

2. Sponsorizzazione di un club o di una scuderia - In questo raggruppamento di contratti rientrano le ipotesi nelle quali un club o una scuderia, lasciando immutata la propria denominazione giuridica, si obbliga, dietro corrispettivo, a "veicolare" un determinato messaggio pubblicitario apponendo scritte o altri simboli sull’abbigliamento degli atleti, dei tecnici, degli accompagnatori o sui veicoli di gara, mentre lo sponsor acquisisce il diritto di utilizzare le relative immagini a fini pubblicitari.

È stato notato che il contratto in questione può prevedere inoltre varie prestazioni accessorie a carico della squadra o del club sponsorizzato, con un maggior coinvolgimento dello sponsor alle iniziative del club stesso, cosicché possono essere prestabilite manifestazioni pubblicitarie durante le trasferte o i ritiri della squadra, oppure possono essere previsti appositi spazi pubblicitari sul luogo delle competizioni destinati alla propaganda del marchio dello sponsor (ad es. bordi dei campi da gioco, tetti delle panchine, sedili e poltroncine, quadri elettronici che annunciano i risultati della gara), sempre che detti luoghi siano di proprietà o nella piena disponibilità giuridica e materiale della squadra o del club 8.

È anche possibile che il club o la squadra, dietro corrispettivo, si obblighino al cambiamento della propria originaria denominazione, adottando quella dello sponsor o del suo marchio (c.d. abbinamento). Tale fenomeno, particolarmente evidente e frequente nel mondo del basket, del ciclismo e della pallavolo, si caratterizza dal fatto che è lo stesso club o la stessa squadra che costituisce, attraverso ogni sua attività, permanente veicolo pubblicitario per lo sponsor.

In relazione alla durata del contratto, l’abbinamento può essere limitato ad una o più stagioni sportive.

Per quanto riguarda poi il contenuto del contratto stesso, va ricordato come sovente il club conceda allo sponsor un diritto di opzione o di prelazione per il rinnovo del rapporto per una o più stagioni successive, ovviamente con una rivalutazione dei corrispettivi nel caso in cui si pervenga alla rinnovazione.

Tra le clausole di più frequente utilizzo, vanno poi ricordate le seguenti: la clausola che condiziona sospensivamente l’efficacia del negozio al nulla-osta o alla ratifica da parte degli organismi sportivi di appartenenza (Leghe o Federazioni); quella che prevede la risoluzione del rapporto in caso di retrocessione della squadra in una categoria inferiore; quella di c.d. esclusiva, che impedisce al club di pubblicizzare per tutta la durata del rapporto il nome o il marchio di altre imprese, anche se non in regime di concorrenza con l’impresa sponsor; quella compromissoria, che conferisce il potere di giudicare le eventuali controversie sorte tra lo sponsor ed il soggetto sponsorizzato ad un collegio di arbitri anziché all’autorità giudiziaria ordinaria.

È opportuno infine segnalare che, riguardo alla sponsorizzazione di un club o di una scuderia, sono sorte numerose problematiche relative ai rapporti tra atleti e squadra sponsorizzata.

Deve premettersi che l’atleta, nel momento in cui spiega la sua attività agonistica come lavoratore subordinato, è tenuto a farsi veicolo dello sponsor della squadra per cui milita; ed invero, l’atleta professionista, come ogni altro lavoratore subordinato, è tenuto a collaborare nell’impresa ex art. 2097 c.c. e ad eseguire con diligenza le proprie prestazioni osservando le disposizioni impartite dalla società sportiva (art. 2085 c.c.), e quindi di ricorrere anche alle sponsorizzazioni per recepire capitali e di conseguenza per potenziare la propria capacità economica.

Al di fuori delle prestazioni che egli è tenuto a fornire contrattualmente alla sua squadra nell’ambito del rapporto lavorativo, l’atleta possiede però il diritto di partecipare, dietro corrispettivo, a manifestazioni, riunioni, incontri e spettacoli organizzati dallo sponsor della sua squadra, e di sfruttare altresì il suo nome e la sua notorietà anche a vantaggio di sponsor diverso, sempre che non operi però in concorrenza con quello del sodalizio sportivo di appartenenza, perché in tal caso la condotta dell’atleta configurerebbe una violazione dell’obbligo di fedeltà alla cui osservanza è tenuto il lavoratore subordinato (art. 2105 c.c.).

Problematiche di non facile soluzione vengono a delinearsi anche in materia di sfruttamento dell’immagine degli atleti.

A tal proposito, bisogna fare un distinguo: quando le riproduzioni fotografiche della squadra o degli atleti si realizzano nel corso di una pubblica manifestazione sportiva, non è necessaria alcuna preventiva autorizzazione da parte della società 9, mentre nei restanti casi (diversi da una manifestazione pubblica), lo sponsor deve essere espressamente autorizzato dalla società sportiva ad utilizzare foto collettive della squadra, essendo ormai pacifica l’esistenza, nello stesso sodalizio sportivo, di un diritto di gestire, a fini di lucro, la propria immagine e non invece quella dei singoli atleti, con la conseguente possibile applicazione del disposto dell’art. 2043 c.c. in caso di abusiva divulgazione di tale ultima immagine 10 .

Un discorso a parte va fatto invece circa la posizione del singolo atleta nei riguardi delle riproduzioni fotografiche dell’intera squadra.

Concordemente con quanto sostenuto dalla dottrina 11 più recente, si può notare come "l’atleta non può opporsi alla riproduzione collettiva allorquando svolga la sua attività agonistica alle dipendenze di una società sportiva professionistica"; detta società infatti costituisce un’impresa addetta all’allestimento di veri e propri spettacoli, sicchè il singolo atleta, per la sua qualità di lavoratore subordinato, non può arrogare un proprio diritto alla ripartizione di utili nascenti dalla sponsorizzazione e poi dalla manifestazione organizzata dalla società e dallo sponsor, ma anzi deve semmai agevolare la circolazione dell’immagine della squadra di appartenenza, per favorirne la notorietà e gli eventuali guadagni. Nel caso invece di svolgimento di prestazioni agonistiche per associazioni dilettantistiche, si conviene nel ritenere che il singolo giocatore rimanga l’unico titolare della propria immagine e che, pertanto, possa rivendicare un diritto alla ripartizione dei proventi derivanti da contratti di sponsorizzazione il cui oggetto sia lo sfruttamento dell’immagine della squadra a fini pubblicitari.

Ulteriore profilo problematico attiene alle conseguenze scaturenti dall’impossibilità per la società sportiva di assolvere gli obblighi assunti nei riguardi del suo sponsor, a causa del rifiuto da parte dei propri atleti ad eseguire le prestazioni dovute.

Secondo un’opinione ormai largamente condivisa in dottrina e giurisprudenza, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera degli ausiliari, è responsabile ex art. 1228 c.c. (Responsabilità per fatto degli ausiliari) anche dei fatti dolosi e colposi di costoro, in quanto in questo caso l’esatto adempimento richiesto dall’art.1218 c.c., comporta anche l’apprestare ed il mantenere un’organizzazione adeguata a soddisfare l’interesse del creditore. Corollario di ciò è l’affermazione secondo la quale la mancata collaborazione dei singoli sportivi con la società di appartenenza, se non è dovuta ad impossibilità non imputabile allo sponsorizzato (ad es. per malattia o per sciopero), si risolverà in una inadempienza del contratto e, qualora si tratti di collaborazione rilevante, ne causerà la risoluzione 12.

3. Sponsorizzazione di singoli atleti - Oltre alla sponsorizzazione di un club, è possibile anche la sponsorizzazione di un singolo atleta. In alcune discipline particolarmente popolari infatti, come il tennis, il pugilato, il motociclismo od il calcio, lo sponsor ricorre molto spesso (per non dire sempre) ad atleti conosciuti fornendo loro materiali od attrezzature sportive al fine di pubblicizzarli (ad es. racchette, guantoni, caschi, scarpe ecc.). L’atleta assume l’obbligo di usare quelle determinate attrezzature, quel determinato abbigliamento ed, in genere, tutti quei prodotti forniti dallo sponsor, in tutte le sue apparizioni in pubblico e, talvolta, si vincola altresì a dichiarare, in ogni occasione possibile, di fare uso di quei prodotti e di esserne ovviamente soddisfatto.

È stato notato che quanto maggiore è la notorietà ed il prestigio dello sponsee, tanto maggiori saranno non solo i compensi cui lo sponsor si obbliga, ma anche le prestazioni accessorie richieste allo sponsorizzato, le quali potranno consistere tanto nell’obbligo di esibirsi sotto i colori, il marchio e l’emblema dello sponsor, quanto nell’obbligo di partecipare alle manifestazioni promozionali in favore del prodotto e, a volte, persino ad operare in veste di "public relation man" dell’azienda, nel pieno rispetto della facoltà concessa allo sponsor di usare la sua immagine ed il suo nome nella pubblicità, per finire addirittura nella concessione allo sponsor di poter utilizzare il nome e l’autografo dell’atleta come marchio da apporre sui prodotti reclamizzati (pratica molto sfruttata nel settore delle calzature sportive).

Va comunque precisato che ogni genere di obbligo che l’atleta assume nei confronti del proprio sponsor incontra un duplice limite: da un lato, l’atleta non può estendere i suoi impegni promozionali a vantaggio dell’impresa sponsorizzata sino al punto da incidere negativamente, per effetto del tempo impiegato in tali impegni, sulla qualità delle prestazioni agonistiche che è chiamato a fornire per la propria squadra; dall’altro lato, pur essendogli consentito il libero sfruttamento del proprio nome e della propria immagine, non può danneggiare con tale comportamento la società di appartenenza, dovendo coordinare la propria condotta con i diritti della società stessa e dovendo rispettare le contemporanee iniziative in materia di sponsorizzazioni da questa intraprese. Nella realtà fattuale, per evitare che un possibile intreccio di posizioni contrattuali tra società sportive, singoli atleti ed aziende sponsor finisca per creare delle controversie capaci di danneggiare il regolare andamento dell’attività sportiva, le federazioni - ed in particolare quella calcistica - hanno consigliato di disciplinare l’eventuale conflitto concorrenziale tra gli sponsor dell’atleta e quelli della società, in base al criterio della priorità temporale, ossia della prevalenza dei contratti stipulati in epoca anteriore.

4. Sponsorizzazione tecnica - La sponsorizzazione può infine consistere anche nella fornitura di beni o prestazioni di servizi. A tale riguardo si è distinto tra "sponsorizzazioni tecniche vere e proprie", aventi ad oggetto la prestazione, da parte dello sponsor, di un elemento specialistico strettamente inerente allo svolgimento delle manifestazioni dei club sponsorizzati (ad es. fornire impianti sportivi, servizi di cronometraggio, calzature speciali per vari sport, carburanti, pezzi di ricambio, pneumatici ecc.) e "forniture ufficiali" - c.d. officials supplies - aventi invece ad oggetto dei beni o dei servizi più generici, utilizzati in occasione dell’evento o dell’attività sportiva (ad es. generi alimentari, trasporti ecc.).

Tra le ipotesi di sponsorizzazione tecnica deve essere incluso anche il c.d. pool, rappresentato da un consorzio di imprese commerciali che assumono l’obbligo, nei riguardi di una federazione, di fornire materiale sportivo o propri prodotti, dietro il riconoscimento del diritto di potersi fregiare della qualifica di fornitore ufficiale della stessa federazione. Il gruppo di imprese persegue così, oltre alla finalità promozionale, anche il vantaggio di natura tecnica di saggiare la qualità e la effettiva tenuta dei propri prodotti attraverso le prestazioni agonistiche, servendosi dell’esperienza e della collaborazione degli atleti per migliorare la qualità e le caratteristiche di tali prodotti.

Da un punto di vista strettamente giuridico, infine, la formazione di pools si concretizza attraverso la creazione di un consorzio tra imprese con attività esterna, avente per oggetto specifico una particolare azione pubblicitaria a favore dei partecipanti al consorzio stesso.

d) Obblighi dello sponsor e dello sponsee ed inadempimento contrattuale

In genere, l’obbligo principale previsto a carico dello sponsor è il pagamento di una somma di denaro che, se non fissata nel suo preciso ammontare, può essere determinata ricorrendo al disposto dell’art. 2225 c.c. in tema di contratto d’opera, secondo cui "il corrispettivo, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo".

Oltre al versamento di denaro, possono essere trasferiti allo sponsorizzato in proprietà o in godimento temporaneo altri beni, come attrezzature sportive o generi di abbigliamento, o possono essere forniti specifici servizi, quali quelli di trasporto, di cronometraggio, di segreteria.

Nell’ambito di ciascuno di tali rapporti deve farsi riferimento alla specifica normativa del settore: così se lo sponsor trasferisce la proprietà di beni, si applicherà la disciplina codicistica della vendita e le leggi collegate; se invece lo sponsor concede i beni solo per un uso temporaneo (ad es. una barca per una traversata oceanica) al rapporto instauratosi si applicherà la disciplina della locazione.

È opportuno comunque sottolineare come, in un contratto in cui spesso la posizione delle parti si articola in una molteplicità di obblighi, l’inadempimento o l’inesatto adempimento di una singola obbligazione può agire sulla funzionalità dell’intero contratto tanto da legittimare la risoluzione solo quando la prestazione rimasta inadempiuta ha nell’economia del contratto valore preminente o finisce per acquisire notevole rilevanza da far venire meno l’utilità della prestazione principale.

È stato affermato che, mentre la prestazione dello sponsor è determinata o quantomeno determinabile (dazione di una somma di denaro, fornitura di materiali o latri beni), la prestazione dello sponsorizzato prevede a volte degli obblighi troppo generici, come accade allorquando lo sponsee si impegni a fare "quanto necessario" per divulgare il marchio dell’impresa sponsor.

La rilevante diffusione dei contratti di sponsorizzazione ha portato però ad un progressivo abbandono degli schemi normativi basati sulla genericità ed ha spinto gli esperti del settore a ricorrere invece ad un’elencazione minuziosa delle prestazioni dovute: così, per quanto attiene allo sponsee, è sovente previsto, in maniera chiara e precisa, di pubblicizzare il marchio o il prodotto dell’impresa sponsorizzatrice sulla divisa degli atleti, sui biglietti d’ingresso della gara, sugli inviti a manifestazioni sportive ecc., mentre per quanto riguarda le sponsorizzazioni tecniche è stabilito generalmente anche l’obbligo, per lo sponsee, di indossare i capi d’abbigliamento od utilizzare le attrezzature sportive fornite dallo sponsor, soprattutto alla presenza dei mass media o di grandi folle.

Non tutte le clausole inserite nei contratti di sponsorizzazione risultano però sempre valide e quindi giuridicamente vincolanti: alcuni impegni richiesti ai soggetti sponsorizzati, potrebbero infatti apparire contrari alla volontà dell’atleta e quindi sicuramente non vincolanti sul piano giuridico. Si pensi a quelle clausole che impongono all’atleta di nutrirsi e consumare esclusivamente i prodotti alimentari o dietetici forniti dall’impresa sponsor; o ancora a quelle che fanno divieto all’atleta di esercitare altre attività sportive che potrebbero rilevarsi pericolose per la sua incolumità o metterne a repentaglio la salute fisica, necessaria per l’adempimento degli obblighi assunti con l’impresa sponsor.

È stato osservato in dottrina che nello svolgimento del rapporto, chi sponsorizza si trova in una posizione "debole" o "di svantaggio" rispetto a chi è sponsorizzato, poichè le sue pretese e le sue speranze poggiano su una combinazione quanto mai precaria di fattori in larga misura incontrollabili, in quanto qualsiasi imprevisto negativo o qualsiasi comportamento inappropriato dello sponsee, può essere rischioso per la realizzazione di dette speranze ed attese 13.

Proprio in quest’ottica di svantaggio del soggetto-sponsor, si è anche sottolineato come uno sfondo aleatorio caratterizzi la sponsorizzazione e la distingua dal contratto pubblicitario tradizionale: la squadra sponsorizzata, infatti, può giocare per motivi esclusivamente tecnici un cattivo campionato, i suoi atleti possono non rendere secondo le aspettative o possono procurarsi gravi infortuni. In tutti questi casi un’alea risulta certamente fisiologica al contratto di sponsorizzazione, in quanto la realizzazione del ritorno pubblicitario auspicato ed atteso dallo sponsor dipende sicuramente da fattori incerti ed imponderabili.

A parte quest’area di rischio che, come detto, non è eliminabile dall’essenza stessa della sponsorizzazione, si sono cercati dei rimedi idonei a garantire la posizione dello sponsor, ridimensionando quella debolezza che caratterizza la sua posizione contrattuale. Passaggio obbligato per l’individuazione di tali rimedi, è la presa d’atto che l’obbligazione del soggetto sponsorizzato si configura come un’obbligazione di mezzi e non di risultato, in quanto il debitore è tenuto a svolgere solo quelle attività previste dal contratto, ma senza garantire un ritorno pubblicitario al creditore, con la conseguenza che l’eventuale mancata realizzazione delle aspettative dello sponsor non legittimano quest’ultimo a chiedere la risoluzione del contratto né, tanto meno, il risarcimento dei danni allo sponsee. Si è però giustamente precisato 14 che l’obbligazione di mezzi comporta per il debitore lo stesso sforzo volitivo e tecnico necessario per l’obbligazione di risultato e che, in base al principio di buona fede, la tutela dell’interesse del creditore si allarga fino a ricomprendere nel contenuto del vincolo anche l’osservanza di quel complesso di cautele normalmente necessarie per evitare ogni pregiudizio: il che equivale ad essere un corollario dei generali principi di correttezza e buona fede che sono alla base dell’adempimento dell’obbligazione e dell’esecuzione del contratto ex artt. 1175 e 1375 c.c.; alla stregua di tali principi, pertanto, deve essere di volta in volta valutato il comportamento del soggetto sponsorizzato, al fine di accertare eventuali sue responsabilità nei riguardi dello sponsor e di legittimare quest’ultimo a recedere dal contratto 15.

Per quanto riguarda infine i possibili danni cagionati ai terzi dal soggetto sponsorizzato nel corso dell’espletamento dell’attività finanziata, deve escludersi ogni responsabilità contrattuale od extracontrattuale dello sponsor, potendosi configurare una sua responsabilità in solido con lo sponsorizzato, solo nelle rare ipotesi in cui si sia intromesso nell’organizzazione dell’avvenimento. Un diverso discorso va fatto, invece, nel caso in cui i danni cagionati ai soggetti sponsorizzati o ai terzi, si siano verificati per l’utilizzo di beni o materiali forniti dallo stesso sponsor, e che abbiano mostrato un cattivo funzionamento o abbiano rivelato pericolose inefficienze nel loro uso (ad es. vettura sportiva priva di un efficiente sistema frenante). In tali casi si viene a configurare in capo allo sponsor un concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale se il danneggiato sia parte del contratto di sponsorizzazione (ad es. l’atleta sponsorizzato), e soltanto aquiliana se invece si stratti di un terzo (ad es. uno spettatore).



1 FRANCESCHELLI, I contratti di sponsorizzazione, in Giur. Comm. 1987, I, p. 289

2 Si consideri, ad esempio, il dover indossare in pubblico o alla presenza dei mass media solo certi capi d’abbigliamento, solo certi cappellini raffiguranti un dato marchio, oppure guidare solo una determinata marca di automobili ecc.

3 VIDIRI, Società sportive e contratti di sponsorizzazione, in Giur. It., 1993, IV, p. 419.

4 BIANCA, I contratti di sponsorizzazione, in Giur. It., 1991, I, p. 823 e ss.

5 A parte la Formula 1, il Rally ed il Motociclismo, dove, dopo tante discussioni, è stata accettata la sponsorizzazione di marche di sigarette, proprio richiamandosi all’articolo summenzionato, il quale parla di "divieto di pubblicizzare prodotti nocivi in programmi televisivi" senza nessun richiamo alle manifestazioni sportive, in effetti nel mondo dello sport si assiste rarissimamente a sponsorizzazioni del genere; forse perché le competizioni motoristiche non sono da tutti considerate sport in senso stretto e quindi non legate all’immagine dell’atleta dalla forma fisica perfetta, anche se in realtà anche il pilota deve essere sempre in una condizione di salute totalmente integra. Diciamo piuttosto che gli interessi economici in gioco in quelle competizioni, sono talmente elevati da spingere gli operatori del settore ad interpretare l’art. 8 della legge 223/90 nella maniera più rigida e letterale possibile.

6 PASCERINI, L’abbinamento delle associazioni sportive a scopo pubblicitario, Bologna, 1979, p. 68.

7 DE SILVESTRI, Le operazioni di sponsorizzazione e il merchandising delle società calcistiche, in Riv. Dir. Sport., 1983, I, pp. 127-129

8 BIANCA, I contratti di sponsorizzazione, in Giur. It, 1991, pp. 823 e ss.

9 A conferma di ciò si fa riferimento in particolare alla legge n. 633 del 22 aprile 1941, la quale, all’art. 97 consente di "ritrarre l’immagine altrui senza alcun consenso dei soggetti ritrattati, allorquando la riproduzione e la diffusione dell’immagine siano giustificate dalla notorietà della persona, dall’ufficio pubblico da questa ricoperto, dalla necessità di giustizia o di polizia, o ancora da scopi scientifici, didattici o culturali, o allorquando siano invece collegate a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltesi in pubblico, sempre però che non siano lesi l’onore, la reputazione ed il decoro della persona ritratta".

10 Per l’esistenza del diritto della società sportiva di utilizzare delle riproduzioni fotografiche della squadra, vedi Sent. Pret. Roma, 24 dicembre 1981, secondo cui "…l’immagine di singole persone fisiche, in quanto strettamente collegate ad un autonomo soggetto giuridico per costituirne in toto l’elemento personale più rappresentativo, finisce in concreto per identificare l’autonomo sogetto giuridico suddetto", in Riv. Dir. Sport., 1983, p. 578.

11 VIDIRI, Società sportive e contratti di sponsorizzazione, in Giur. It, 1993, vol. IV, pp. 419 e ss.

12 DE GIORGI, Sponsorizzazione e mecenatismo, Padova, 1988.

13 DE GIORGI, Scorrettezze dello sponsee e diritti dello sponsor, in Dir. inf. e informatica, 1991, p.642

14 DE GIORGI, Sponsorizzazione e mecenatismo, Padova, 1988, p. 114

15 Possono essere esempi di inadempimento di questo tipo il comportamento dell’atleta che, invece di pubblicizzare il prodotto del proprio sponsor, dichiari di preferire quello di un’impresa concorrente, oppure quello della squadra che, propagandando a mezzo stampa una nuova sponsorizzazione senza attendere la scadenza del precedente contratto, arrechi al primo sponsor diversi danni in termini di ritorno pubblicitario.

INDICE

Premessa;

a) Sponsorizzazione ed advertising;

b) Natura giuridica del contratto di sponsorizzazione;

c) Le diverse figure contrattuali;

d) Obblighi dello sponsor e dello sponsee ed inadempimento contrattuali.

Premessa

In questi ultimi anni si è andato sempre più diffondendo, nella prassi negoziale italiana e straniera, il fenomeno della cosiddetta sponsorizzazione, la quale si è imposta all’attenzione di giuristi ed esperti del settore in maniera sempre più forte, tale da acquisire una autonoma rilevanza nell’ambito più generale dei contratti pubblicitari.

Il fenomeno di cui trattasi, in realtà, è sempre esistito nella prassi, tanto che una dottrina molto suggestiva ed audace lo avrebbe visto operante addirittura nell’ "Iliade" di Omero, dove il catalogo interminabile delle navi che si ritrova nel Libro Secondo, sarebbe stato inserito dall’autore per accontentare gli "sponsor-finanziatori dell’opera", i quali erano appunto importanti costruttori di navi.

A parte questa curiosa ipotesi, il contratto di sponsorizzazione era però presente già in epoca romana, dove nobili e patrizi traevano vanto e fama dai giochi e dalle gare che finanziavano ed organizzavano, e sicuramente in epoca più recente in Inghilterra, dove mercanti e produttori traevano prestigio dal rendere noto che essi servivano la Casa Reale o nobili famiglie, al punto da accostare ai loro prodotti frasi del tipo "È usato dalla Casa Reale" o "È approvato da Sua Maestà la Regina".1

L’attuale epoca, caratterizzata da spinte consumistiche che inducono spesso a privilegiare sulla qualità dei beni commercializzati l’immagine degli stessi, non poteva certo rimanere estranea al fenomeno, ed anzi, ha incentivato notevolmente la sponsorizzazione; ecco allora nascere quel particolare contratto mediante il quale un contraente-impresa (sponsor) trasforma a suo vantaggio, in un veicolo pubblicitario, le prestazioni dell’altro contraente (sponsee), le quali si realizzano nei più diversi campi (allestimento di spettacoli sportivi, iniziative artistiche o culturali, ecc.).

Per quanto riguarda la storia della sponsorizzazione poi, si osserva come, da una prima fase in cui si è in presenza di un contratto a struttura fondamentalmente unilaterale in cui si assiste ad atti di donazione per spirito di mecenatismo, si passa dapprima ad una seconda fase in cui il contratto si evolve in qualcosa di più complesso, in cui lo spirito di liberalità sfuma, pur rimanendo il carattere di unilateralità, in quanto alla prestazione del "mecenate" non corrisponde a carico della controparte alcuna prestazione se non quella di opporsi a che il fatto venga divulgato, per arrivare infine ad un’ultima fase in cui si parla di sponsorizzazione vera e propria, in cui lo sponsor non si accontenta di un mero comportamento accondiscendente dello sponsorizzato, ma richiede a quest’ultimo degli specifici comportamenti, sicchè il contratto diviene a prestazioni corrispettive 2.

In un siffatto contesto la dottrina economica riconosce nella sponsorizzazione una autonoma forma di comunicazione aziendale, inquadrandola nel c.d. marketing-mix, inteso come l’insieme degli strumenti utilizzati dall’impresa per conseguire i propri obiettivi commerciali.

Il discorso si presenta invece più complesso sotto il versante giuridico, dove, nonostante gli sforzi della dottrina, lo stretto legame tra le forme moderne di sponsorizzazione e le molteplici esigenze economiche di mercato, spiega il perché l’istituto in esame non abbia ancora ricevuto una definitiva collocazione codicistica.

È noto infatti come, in tutti i settori influenzati e condizionati da mutamenti economici, risulti estremamente difficoltoso irrigidire in schemi predefiniti e poco flessibili una realtà in continua evoluzione, e come si avverta il notevole distacco tra l’agire dell’operatore economico, le cui fortune dipendono in gran parte da scelte proiettate nel futuro, ed il compito del giurista, che è quello di regolare il presente sulla base di strumenti normativi spesso già superati all’atto stesso in cui vengono in essere 3.

Ogni opera di classificazione e di sistemazione dogmatica dell’istituto in esame, è inoltre resa ancora più ardua dal significato ambivalente attribuito al termine "sponsorizzazione", adoperato sia per individuare il negozio giuridico che intercorre tra sponsor e sponsorizzato, sia per rappresentare il risultato di esso, e cioè quel particolare tipo di comunicazione che di questo fenomeno è peculiare.

Fatte queste premesse, vediamo allora come si caratterizza il contratto di sponsorizzazione e come si inserisce nell’ambito del diritto sportivo.

Per ragioni di chiarezza espositiva, vista la vastità dell’argomento e la complessità dello stesso, è preferibile dividere e trattare la materia per singoli punti: a) sponsorizzazione ed advertising; b) natura giuridica del contratto di sponsorizzazione; c) le diverse figure contrattuali: 1. sponsorizzazione di una manifestazione sportiva - 2. sponsorizzazione di un club o di una scuderia - 3. sponsorizzazione di singoli atleti - 4. sponsorizzazione tecnica; d) obblighi dello sponsor e dello sponsee ed inadempimento contrattuale.

a) Sponsorizzazione ed advertising

Dalla sponsorizzazione va tenuto distinto in primo luogo il patrocinio o mecenatismo, il quale non presuppone un intento commerciale e quindi un obbligo di una promozione pubblicitaria. Il patrocinio, pertanto, rientra negli atti di liberalità, in quanto non si è in presenza di un imprenditore, che in cambio della prestazione professionale resa attende come corrispettivo un ritorno pubblicitario, ma di un mecenate, che è mosso invece dall’intento di accrescere, attraverso finanziamenti, la diffusione dello sport, dell’arte o della cultura, pur se desidera in cuor suo ricevere gratitudine ed un’accresciuta popolarità a seguito del suo atto di liberalità.

La caratteristica più originale della sponsorizzazione rispetto alla pubblicità tradizionale, detta anche advertising, è data invece dall’uso in via indiretta del messaggio pubblicitario: infatti, mentre nella pubblicità in senso stretto si reclamizza in via immediata il prodotto che costituisce oggetto diretto ed esclusivo dell’attività promozionale, nella sponsorizzazione invece il messaggio pubblicitario viene ad essere inserito in un diverso ed autonomo evento (competizione sportiva, spettacolo artistico, ecc), utilizzato per valorizzare ed accrescere la conoscenza del prodotto o dell’impresa sponsorizzata 4.

Rispetto alle forme tradizionali di pubblicità, spesso penalizzate da una eccessiva ripetitività e da una scarsa varietà di contenuti, la sponsorizzazione si caratterizza inoltre per la maggiore efficacia e capacità di diffusione, pur se risulta impossibile nella realtà pianificare il messaggio perché sempre lasciato all’iniziativa dello sponsor, laddove nelle campagne pubblicitarie sono invece costanti la programmazione dei tempi e degli spazi impiegati ed il riferimento a precisi indici di audience del mezzo di comunicazione utilizzato.

Come è stato giustamente osservato, il tipo di sponsorizzazione che più si avvicina al contratto di diffusione pubblicitaria, è quella radiotelevisiva, che consiste nell’abbinamento del nome di un prodotto o di una azienda ad una trasmissione radiofonica o televisiva, in modo che il pubblico abbia ad identificarla come direttamente riferibile allo sponsor; ed invero la possibilità di determinare il contenuto, la durata e l’ambito di diffusione del messaggio divulgato, è l’elemento che maggiormente avvicina la sponsorizzazione di trasmissioni televisive alla pubblicità tradizionale. La sponsorizzazione radiotelevisiva viene però a divergere dalla tradizionale pubblicità per le particolari modalità di diffusione del messaggio, inserito in un programma riguardante attività estranee a quella dello sponsor, e condizionato nella sua efficacia dallo svolgimento del programma stesso e dalle doti comunicative di colui che conduce la trasmissione.

Se dal punto di vista teorico e dogmatico la sponsorizzazione si distingue quindi dai contratti pubblicitari, cui l’impresa fa ricorso per reclamizzare i propri prodotti, deve però affermarsi che quando la legislazione statale fa uso di espressioni come "pubblicità", "propaganda pubblicitaria", "messaggio" o "promozione pubblicitaria", tali espressioni vanno intese in senso ampio, dovendosi riferire a qualunque comportamento concretamente idoneo ad ingenerare od accrescere la propensione al consumo e, quindi, anche ad ogni mezzo indiretto di comunicazione pubblicitaria, quale quello riguardante il nome, i marchi o i simboli dell’impresa nell’ambito di un programma di sponsorizzazione.

Va infine aggiunto che, nonostante il divieto del legislatore di reclamizzare in determinati programmi alcuni prodotti, perché nocivi alla salute (ad es. sigarette), si è ugualmente assistito alla sponsorizzazione degli stessi, tramite azioni tese ad aggirare il divieto imposto.

Una parte della dottrina ha considerato questo raggiro del divieto come "legittimo", in quanto le espressioni prima menzionate (pubblicità, propaganda pubblicitaria, ecc.) sono da intendersi in senso stretto, con riferimento al solo contratto di pubblicità e con esclusione, quindi, di quello di sponsorizzazione. Altra dottrina invece, riferendo (come in effetti si verifica nella prassi) tali termini anche alla sponsorizzazione, ha fatto rientrare nel divieto accennato anche quest’ultimo contratto, pur constatando che nella realtà fattuale si è verificato più volte, specialmente in ambito sportivo-motoristico, il fenomeno della sponsorizzazioni di prodotti nocivi ed in particolare recanti prodotti di fumo (un caso lampante è ad esempio la sponsorizzazione da parte delle grandi multinazionali del tabacco dei team iscritti ai campionati di Formula 1 o del motomondiale o addirittura delle singole manifestazioni motoristiche che si svolgono di volta in volta e che vengono seguite in tutto il mondo ).

Dal dibattito in materia è scaturita l’emanazione dell’art. 8, comma 14, della legge n. 223 del 1990, che ha vietato la sponsorizzazione dei programmi televisivi da parte di persone fisiche o giuridiche la cui attività principale consista nella fabbricazione o nella vendita di alcuni prodotti pericolosi per la salute o che possono diventarlo, quali sigarette, tabacco in genere, superalcolici, medicinali, ecc.

La disposizione in questione si ritiene ormai applicabile anche alle sponsorizzazioni artistiche e sportive, in base alla considerazione che specialmente gli eventi sportivi di grande importanza costituiscono oggetto di riprese televisive 5.

b) Natura giuridica del contratto di sponsorizzazione

Il tentativo di collocare la sponsorizzazione entro gli schemi di un contratto tipico, che trovi nella normativa codicistica una specifica regolamentazione, non ha sinora condotto a risultati positivi.

L’opinione che ravvisa nella sponsorizzazione un contratto di appalto di servizi 6, è stata invero ampiamente criticata in dottrina, essendosi evidenziato come, mentre nell’appalto l’obbligazione dedotta in contratto è un’obbligazione di risultato, e l’appaltatore è necessariamente un soggetto organizzato in forma d’impresa, nella sponsorizzazione invece non viene garantito alcun risultato, ed inoltre, il soggetto sponsorizzato non è quasi mai un imprenditore 7 (anche se, a dire il vero, oggi le maggiori società sportive si sono trasformate da associazioni a società con scopo di lucro e quindi in imprese commerciali; rimane tuttavia il diffuso fenomeno di sponsorizzazione di singoli atleti, di manifestazioni sportive e di spettacoli in genere).

Inoltre, come è stato puntualmente osservato, il soggetto sponsorizzato agisce per il perseguimento di finalità proprie (come ad es. la vittoria di una competizione sportiva), che nulla hanno a che vedere con il prestare servizi allo sponsor.

Le argomentazioni svolte inducono, pertanto, a condividere l’indirizzo predominante, che qualifica il contratto di sponsorizzazione come un contratto atipico a titolo oneroso ed a prestazioni corrispettive, la cui causa è individuata nell’utilizzazione a fini direttamente o indirettamente pubblicitari dell’attività, del nome o dell’immagine altrui in cambio di un corrispettivo che può consistere in un finanziamento in denaro o nella fornitura di materiale o di altri beni. Bisogna dire inoltre che la legittimazione di tale istituto passa attraverso il "vaglio" dell’art. 1322 c.c., comma 2, il quale afferma che "le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico". È quindi proprio grazie al disposto di questo articolo che vengono a trovare riconoscimento giuridico figure negoziali nuove come appunto il contratto di sponsorizzazione.

c) Le diverse figure contrattuali

La casistica presente nella realtà ha consentito di ricondurre le diverse forme di sponsorizzazione ad alcune ricorrenti figure contrattuali che, pur distinguendosi tra loro per lo specifico contenuto e le modalità di realizzazione delle rispettive prestazioni, presentano tuttavia numerose caratteristiche interne omogenee.

1. Sponsorizzazione di una manifestazione sportiva - Oggetto del contratto di sponsorizzazione può essere una manifestazione che si esaurisce in un breve spazio di tempo (ad es. una partita di calcio) o un evento sportivo di maggior rilievo e di più lunga durata (ad es. un’olimpiade, un campionato di basket, un giro ciclistico, ecc.).

Nel primo tipo di manifestazioni, lo sponsor consente con i propri contributi di organizzare la gara, riservandosi in genere il diritto di intitolare la suddetta manifestazione a suo nome, di usare gli spazi dove si svolge la competizione agonistica per posizionare cartelloni, striscioni ed altri mezzi di propaganda al fine di un ritorno pubblicitario, di distribuire nel corso della stessa manifestazione volantini ed opuscoli, e di ricordare il nome della propria ditta o dei propri prodotti tramite l’uso di altoparlanti.

A queste, che sono le modalità di sponsorizzazione più comuni, se ne aggiungono altre nei casi di eventi di più ampio respiro: nelle grandi manifestazioni, infatti, si assiste praticamente sempre ad un accordo c.d. di licensing, in forza del quale allo sponsor viene concesso di usare, nella propria pubblicità o nei propri prodotti, i marchi ufficiali della manifestazione (ad es. i cerchi olimpici sulla confezione di determinate bevande energetiche), accompagnati dalla dizione "sponsor ufficiale" o "fornitore ufficiale".

In entrambi i casi si riscontra comunque l’identica finalità promozionale-pubblicitaria perseguita dallo sponsor.

2. Sponsorizzazione di un club o di una scuderia - In questo raggruppamento di contratti rientrano le ipotesi nelle quali un club o una scuderia, lasciando immutata la propria denominazione giuridica, si obbliga, dietro corrispettivo, a "veicolare" un determinato messaggio pubblicitario apponendo scritte o altri simboli sull’abbigliamento degli atleti, dei tecnici, degli accompagnatori o sui veicoli di gara, mentre lo sponsor acquisisce il diritto di utilizzare le relative immagini a fini pubblicitari.

È stato notato che il contratto in questione può prevedere inoltre varie prestazioni accessorie a carico della squadra o del club sponsorizzato, con un maggior coinvolgimento dello sponsor alle iniziative del club stesso, cosicché possono essere prestabilite manifestazioni pubblicitarie durante le trasferte o i ritiri della squadra, oppure possono essere previsti appositi spazi pubblicitari sul luogo delle competizioni destinati alla propaganda del marchio dello sponsor (ad es. bordi dei campi da gioco, tetti delle panchine, sedili e poltroncine, quadri elettronici che annunciano i risultati della gara), sempre che detti luoghi siano di proprietà o nella piena disponibilità giuridica e materiale della squadra o del club 8.

È anche possibile che il club o la squadra, dietro corrispettivo, si obblighino al cambiamento della propria originaria denominazione, adottando quella dello sponsor o del suo marchio (c.d. abbinamento). Tale fenomeno, particolarmente evidente e frequente nel mondo del basket, del ciclismo e della pallavolo, si caratterizza dal fatto che è lo stesso club o la stessa squadra che costituisce, attraverso ogni sua attività, permanente veicolo pubblicitario per lo sponsor.

In relazione alla durata del contratto, l’abbinamento può essere limitato ad una o più stagioni sportive.

Per quanto riguarda poi il contenuto del contratto stesso, va ricordato come sovente il club conceda allo sponsor un diritto di opzione o di prelazione per il rinnovo del rapporto per una o più stagioni successive, ovviamente con una rivalutazione dei corrispettivi nel caso in cui si pervenga alla rinnovazione.

Tra le clausole di più frequente utilizzo, vanno poi ricordate le seguenti: la clausola che condiziona sospensivamente l’efficacia del negozio al nulla-osta o alla ratifica da parte degli organismi sportivi di appartenenza (Leghe o Federazioni); quella che prevede la risoluzione del rapporto in caso di retrocessione della squadra in una categoria inferiore; quella di c.d. esclusiva, che impedisce al club di pubblicizzare per tutta la durata del rapporto il nome o il marchio di altre imprese, anche se non in regime di concorrenza con l’impresa sponsor; quella compromissoria, che conferisce il potere di giudicare le eventuali controversie sorte tra lo sponsor ed il soggetto sponsorizzato ad un collegio di arbitri anziché all’autorità giudiziaria ordinaria.

È opportuno infine segnalare che, riguardo alla sponsorizzazione di un club o di una scuderia, sono sorte numerose problematiche relative ai rapporti tra atleti e squadra sponsorizzata.

Deve premettersi che l’atleta, nel momento in cui spiega la sua attività agonistica come lavoratore subordinato, è tenuto a farsi veicolo dello sponsor della squadra per cui milita; ed invero, l’atleta professionista, come ogni altro lavoratore subordinato, è tenuto a collaborare nell’impresa ex art. 2097 c.c. e ad eseguire con diligenza le proprie prestazioni osservando le disposizioni impartite dalla società sportiva (art. 2085 c.c.), e quindi di ricorrere anche alle sponsorizzazioni per recepire capitali e di conseguenza per potenziare la propria capacità economica.

Al di fuori delle prestazioni che egli è tenuto a fornire contrattualmente alla sua squadra nell’ambito del rapporto lavorativo, l’atleta possiede però il diritto di partecipare, dietro corrispettivo, a manifestazioni, riunioni, incontri e spettacoli organizzati dallo sponsor della sua squadra, e di sfruttare altresì il suo nome e la sua notorietà anche a vantaggio di sponsor diverso, sempre che non operi però in concorrenza con quello del sodalizio sportivo di appartenenza, perché in tal caso la condotta dell’atleta configurerebbe una violazione dell’obbligo di fedeltà alla cui osservanza è tenuto il lavoratore subordinato (art. 2105 c.c.).

Problematiche di non facile soluzione vengono a delinearsi anche in materia di sfruttamento dell’immagine degli atleti.

A tal proposito, bisogna fare un distinguo: quando le riproduzioni fotografiche della squadra o degli atleti si realizzano nel corso di una pubblica manifestazione sportiva, non è necessaria alcuna preventiva autorizzazione da parte della società 9, mentre nei restanti casi (diversi da una manifestazione pubblica), lo sponsor deve essere espressamente autorizzato dalla società sportiva ad utilizzare foto collettive della squadra, essendo ormai pacifica l’esistenza, nello stesso sodalizio sportivo, di un diritto di gestire, a fini di lucro, la propria immagine e non invece quella dei singoli atleti, con la conseguente possibile applicazione del disposto dell’art. 2043 c.c. in caso di abusiva divulgazione di tale ultima immagine 10 .

Un discorso a parte va fatto invece circa la posizione del singolo atleta nei riguardi delle riproduzioni fotografiche dell’intera squadra.

Concordemente con quanto sostenuto dalla dottrina 11 più recente, si può notare come "l’atleta non può opporsi alla riproduzione collettiva allorquando svolga la sua attività agonistica alle dipendenze di una società sportiva professionistica"; detta società infatti costituisce un’impresa addetta all’allestimento di veri e propri spettacoli, sicchè il singolo atleta, per la sua qualità di lavoratore subordinato, non può arrogare un proprio diritto alla ripartizione di utili nascenti dalla sponsorizzazione e poi dalla manifestazione organizzata dalla società e dallo sponsor, ma anzi deve semmai agevolare la circolazione dell’immagine della squadra di appartenenza, per favorirne la notorietà e gli eventuali guadagni. Nel caso invece di svolgimento di prestazioni agonistiche per associazioni dilettantistiche, si conviene nel ritenere che il singolo giocatore rimanga l’unico titolare della propria immagine e che, pertanto, possa rivendicare un diritto alla ripartizione dei proventi derivanti da contratti di sponsorizzazione il cui oggetto sia lo sfruttamento dell’immagine della squadra a fini pubblicitari.

Ulteriore profilo problematico attiene alle conseguenze scaturenti dall’impossibilità per la società sportiva di assolvere gli obblighi assunti nei riguardi del suo sponsor, a causa del rifiuto da parte dei propri atleti ad eseguire le prestazioni dovute.

Secondo un’opinione ormai largamente condivisa in dottrina e giurisprudenza, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera degli ausiliari, è responsabile ex art. 1228 c.c. (Responsabilità per fatto degli ausiliari) anche dei fatti dolosi e colposi di costoro, in quanto in questo caso l’esatto adempimento richiesto dall’art.1218 c.c., comporta anche l’apprestare ed il mantenere un’organizzazione adeguata a soddisfare l’interesse del creditore. Corollario di ciò è l’affermazione secondo la quale la mancata collaborazione dei singoli sportivi con la società di appartenenza, se non è dovuta ad impossibilità non imputabile allo sponsorizzato (ad es. per malattia o per sciopero), si risolverà in una inadempienza del contratto e, qualora si tratti di collaborazione rilevante, ne causerà la risoluzione 12.

3. Sponsorizzazione di singoli atleti - Oltre alla sponsorizzazione di un club, è possibile anche la sponsorizzazione di un singolo atleta. In alcune discipline particolarmente popolari infatti, come il tennis, il pugilato, il motociclismo od il calcio, lo sponsor ricorre molto spesso (per non dire sempre) ad atleti conosciuti fornendo loro materiali od attrezzature sportive al fine di pubblicizzarli (ad es. racchette, guantoni, caschi, scarpe ecc.). L’atleta assume l’obbligo di usare quelle determinate attrezzature, quel determinato abbigliamento ed, in genere, tutti quei prodotti forniti dallo sponsor, in tutte le sue apparizioni in pubblico e, talvolta, si vincola altresì a dichiarare, in ogni occasione possibile, di fare uso di quei prodotti e di esserne ovviamente soddisfatto.

È stato notato che quanto maggiore è la notorietà ed il prestigio dello sponsee, tanto maggiori saranno non solo i compensi cui lo sponsor si obbliga, ma anche le prestazioni accessorie richieste allo sponsorizzato, le quali potranno consistere tanto nell’obbligo di esibirsi sotto i colori, il marchio e l’emblema dello sponsor, quanto nell’obbligo di partecipare alle manifestazioni promozionali in favore del prodotto e, a volte, persino ad operare in veste di "public relation man" dell’azienda, nel pieno rispetto della facoltà concessa allo sponsor di usare la sua immagine ed il suo nome nella pubblicità, per finire addirittura nella concessione allo sponsor di poter utilizzare il nome e l’autografo dell’atleta come marchio da apporre sui prodotti reclamizzati (pratica molto sfruttata nel settore delle calzature sportive).

Va comunque precisato che ogni genere di obbligo che l’atleta assume nei confronti del proprio sponsor incontra un duplice limite: da un lato, l’atleta non può estendere i suoi impegni promozionali a vantaggio dell’impresa sponsorizzata sino al punto da incidere negativamente, per effetto del tempo impiegato in tali impegni, sulla qualità delle prestazioni agonistiche che è chiamato a fornire per la propria squadra; dall’altro lato, pur essendogli consentito il libero sfruttamento del proprio nome e della propria immagine, non può danneggiare con tale comportamento la società di appartenenza, dovendo coordinare la propria condotta con i diritti della società stessa e dovendo rispettare le contemporanee iniziative in materia di sponsorizzazioni da questa intraprese. Nella realtà fattuale, per evitare che un possibile intreccio di posizioni contrattuali tra società sportive, singoli atleti ed aziende sponsor finisca per creare delle controversie capaci di danneggiare il regolare andamento dell’attività sportiva, le federazioni - ed in particolare quella calcistica - hanno consigliato di disciplinare l’eventuale conflitto concorrenziale tra gli sponsor dell’atleta e quelli della società, in base al criterio della priorità temporale, ossia della prevalenza dei contratti stipulati in epoca anteriore.

4. Sponsorizzazione tecnica - La sponsorizzazione può infine consistere anche nella fornitura di beni o prestazioni di servizi. A tale riguardo si è distinto tra "sponsorizzazioni tecniche vere e proprie", aventi ad oggetto la prestazione, da parte dello sponsor, di un elemento specialistico strettamente inerente allo svolgimento delle manifestazioni dei club sponsorizzati (ad es. fornire impianti sportivi, servizi di cronometraggio, calzature speciali per vari sport, carburanti, pezzi di ricambio, pneumatici ecc.) e "forniture ufficiali" - c.d. officials supplies - aventi invece ad oggetto dei beni o dei servizi più generici, utilizzati in occasione dell’evento o dell’attività sportiva (ad es. generi alimentari, trasporti ecc.).

Tra le ipotesi di sponsorizzazione tecnica deve essere incluso anche il c.d. pool, rappresentato da un consorzio di imprese commerciali che assumono l’obbligo, nei riguardi di una federazione, di fornire materiale sportivo o propri prodotti, dietro il riconoscimento del diritto di potersi fregiare della qualifica di fornitore ufficiale della stessa federazione. Il gruppo di imprese persegue così, oltre alla finalità promozionale, anche il vantaggio di natura tecnica di saggiare la qualità e la effettiva tenuta dei propri prodotti attraverso le prestazioni agonistiche, servendosi dell’esperienza e della collaborazione degli atleti per migliorare la qualità e le caratteristiche di tali prodotti.

Da un punto di vista strettamente giuridico, infine, la formazione di pools si concretizza attraverso la creazione di un consorzio tra imprese con attività esterna, avente per oggetto specifico una particolare azione pubblicitaria a favore dei partecipanti al consorzio stesso.

d) Obblighi dello sponsor e dello sponsee ed inadempimento contrattuale

In genere, l’obbligo principale previsto a carico dello sponsor è il pagamento di una somma di denaro che, se non fissata nel suo preciso ammontare, può essere determinata ricorrendo al disposto dell’art. 2225 c.c. in tema di contratto d’opera, secondo cui "il corrispettivo, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo".

Oltre al versamento di denaro, possono essere trasferiti allo sponsorizzato in proprietà o in godimento temporaneo altri beni, come attrezzature sportive o generi di abbigliamento, o possono essere forniti specifici servizi, quali quelli di trasporto, di cronometraggio, di segreteria.

Nell’ambito di ciascuno di tali rapporti deve farsi riferimento alla specifica normativa del settore: così se lo sponsor trasferisce la proprietà di beni, si applicherà la disciplina codicistica della vendita e le leggi collegate; se invece lo sponsor concede i beni solo per un uso temporaneo (ad es. una barca per una traversata oceanica) al rapporto instauratosi si applicherà la disciplina della locazione.

È opportuno comunque sottolineare come, in un contratto in cui spesso la posizione delle parti si articola in una molteplicità di obblighi, l’inadempimento o l’inesatto adempimento di una singola obbligazione può agire sulla funzionalità dell’intero contratto tanto da legittimare la risoluzione solo quando la prestazione rimasta inadempiuta ha nell’economia del contratto valore preminente o finisce per acquisire notevole rilevanza da far venire meno l’utilità della prestazione principale.

È stato affermato che, mentre la prestazione dello sponsor è determinata o quantomeno determinabile (dazione di una somma di denaro, fornitura di materiali o latri beni), la prestazione dello sponsorizzato prevede a volte degli obblighi troppo generici, come accade allorquando lo sponsee si impegni a fare "quanto necessario" per divulgare il marchio dell’impresa sponsor.

La rilevante diffusione dei contratti di sponsorizzazione ha portato però ad un progressivo abbandono degli schemi normativi basati sulla genericità ed ha spinto gli esperti del settore a ricorrere invece ad un’elencazione minuziosa delle prestazioni dovute: così, per quanto attiene allo sponsee, è sovente previsto, in maniera chiara e precisa, di pubblicizzare il marchio o il prodotto dell’impresa sponsorizzatrice sulla divisa degli atleti, sui biglietti d’ingresso della gara, sugli inviti a manifestazioni sportive ecc., mentre per quanto riguarda le sponsorizzazioni tecniche è stabilito generalmente anche l’obbligo, per lo sponsee, di indossare i capi d’abbigliamento od utilizzare le attrezzature sportive fornite dallo sponsor, soprattutto alla presenza dei mass media o di grandi folle.

Non tutte le clausole inserite nei contratti di sponsorizzazione risultano però sempre valide e quindi giuridicamente vincolanti: alcuni impegni richiesti ai soggetti sponsorizzati, potrebbero infatti apparire contrari alla volontà dell’atleta e quindi sicuramente non vincolanti sul piano giuridico. Si pensi a quelle clausole che impongono all’atleta di nutrirsi e consumare esclusivamente i prodotti alimentari o dietetici forniti dall’impresa sponsor; o ancora a quelle che fanno divieto all’atleta di esercitare altre attività sportive che potrebbero rilevarsi pericolose per la sua incolumità o metterne a repentaglio la salute fisica, necessaria per l’adempimento degli obblighi assunti con l’impresa sponsor.

È stato osservato in dottrina che nello svolgimento del rapporto, chi sponsorizza si trova in una posizione "debole" o "di svantaggio" rispetto a chi è sponsorizzato, poichè le sue pretese e le sue speranze poggiano su una combinazione quanto mai precaria di fattori in larga misura incontrollabili, in quanto qualsiasi imprevisto negativo o qualsiasi comportamento inappropriato dello sponsee, può essere rischioso per la realizzazione di dette speranze ed attese 13.

Proprio in quest’ottica di svantaggio del soggetto-sponsor, si è anche sottolineato come uno sfondo aleatorio caratterizzi la sponsorizzazione e la distingua dal contratto pubblicitario tradizionale: la squadra sponsorizzata, infatti, può giocare per motivi esclusivamente tecnici un cattivo campionato, i suoi atleti possono non rendere secondo le aspettative o possono procurarsi gravi infortuni. In tutti questi casi un’alea risulta certamente fisiologica al contratto di sponsorizzazione, in quanto la realizzazione del ritorno pubblicitario auspicato ed atteso dallo sponsor dipende sicuramente da fattori incerti ed imponderabili.

A parte quest’area di rischio che, come detto, non è eliminabile dall’essenza stessa della sponsorizzazione, si sono cercati dei rimedi idonei a garantire la posizione dello sponsor, ridimensionando quella debolezza che caratterizza la sua posizione contrattuale. Passaggio obbligato per l’individuazione di tali rimedi, è la presa d’atto che l’obbligazione del soggetto sponsorizzato si configura come un’obbligazione di mezzi e non di risultato, in quanto il debitore è tenuto a svolgere solo quelle attività previste dal contratto, ma senza garantire un ritorno pubblicitario al creditore, con la conseguenza che l’eventuale mancata realizzazione delle aspettative dello sponsor non legittimano quest’ultimo a chiedere la risoluzione del contratto né, tanto meno, il risarcimento dei danni allo sponsee. Si è però giustamente precisato 14 che l’obbligazione di mezzi comporta per il debitore lo stesso sforzo volitivo e tecnico necessario per l’obbligazione di risultato e che, in base al principio di buona fede, la tutela dell’interesse del creditore si allarga fino a ricomprendere nel contenuto del vincolo anche l’osservanza di quel complesso di cautele normalmente necessarie per evitare ogni pregiudizio: il che equivale ad essere un corollario dei generali principi di correttezza e buona fede che sono alla base dell’adempimento dell’obbligazione e dell’esecuzione del contratto ex artt. 1175 e 1375 c.c.; alla stregua di tali principi, pertanto, deve essere di volta in volta valutato il comportamento del soggetto sponsorizzato, al fine di accertare eventuali sue responsabilità nei riguardi dello sponsor e di legittimare quest’ultimo a recedere dal contratto 15.

Per quanto riguarda infine i possibili danni cagionati ai terzi dal soggetto sponsorizzato nel corso dell’espletamento dell’attività finanziata, deve escludersi ogni responsabilità contrattuale od extracontrattuale dello sponsor, potendosi configurare una sua responsabilità in solido con lo sponsorizzato, solo nelle rare ipotesi in cui si sia intromesso nell’organizzazione dell’avvenimento. Un diverso discorso va fatto, invece, nel caso in cui i danni cagionati ai soggetti sponsorizzati o ai terzi, si siano verificati per l’utilizzo di beni o materiali forniti dallo stesso sponsor, e che abbiano mostrato un cattivo funzionamento o abbiano rivelato pericolose inefficienze nel loro uso (ad es. vettura sportiva priva di un efficiente sistema frenante). In tali casi si viene a configurare in capo allo sponsor un concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale se il danneggiato sia parte del contratto di sponsorizzazione (ad es. l’atleta sponsorizzato), e soltanto aquiliana se invece si stratti di un terzo (ad es. uno spettatore).



1 FRANCESCHELLI, I contratti di sponsorizzazione, in Giur. Comm. 1987, I, p. 289

2 Si consideri, ad esempio, il dover indossare in pubblico o alla presenza dei mass media solo certi capi d’abbigliamento, solo certi cappellini raffiguranti un dato marchio, oppure guidare solo una determinata marca di automobili ecc.

3 VIDIRI, Società sportive e contratti di sponsorizzazione, in Giur. It., 1993, IV, p. 419.

4 BIANCA, I contratti di sponsorizzazione, in Giur. It., 1991, I, p. 823 e ss.

5 A parte la Formula 1, il Rally ed il Motociclismo, dove, dopo tante discussioni, è stata accettata la sponsorizzazione di marche di sigarette, proprio richiamandosi all’articolo summenzionato, il quale parla di "divieto di pubblicizzare prodotti nocivi in programmi televisivi" senza nessun richiamo alle manifestazioni sportive, in effetti nel mondo dello sport si assiste rarissimamente a sponsorizzazioni del genere; forse perché le competizioni motoristiche non sono da tutti considerate sport in senso stretto e quindi non legate all’immagine dell’atleta dalla forma fisica perfetta, anche se in realtà anche il pilota deve essere sempre in una condizione di salute totalmente integra. Diciamo piuttosto che gli interessi economici in gioco in quelle competizioni, sono talmente elevati da spingere gli operatori del settore ad interpretare l’art. 8 della legge 223/90 nella maniera più rigida e letterale possibile.

6 PASCERINI, L’abbinamento delle associazioni sportive a scopo pubblicitario, Bologna, 1979, p. 68.

7 DE SILVESTRI, Le operazioni di sponsorizzazione e il merchandising delle società calcistiche, in Riv. Dir. Sport., 1983, I, pp. 127-129

8 BIANCA, I contratti di sponsorizzazione, in Giur. It, 1991, pp. 823 e ss.

9 A conferma di ciò si fa riferimento in particolare alla legge n. 633 del 22 aprile 1941, la quale, all’art. 97 consente di "ritrarre l’immagine altrui senza alcun consenso dei soggetti ritrattati, allorquando la riproduzione e la diffusione dell’immagine siano giustificate dalla notorietà della persona, dall’ufficio pubblico da questa ricoperto, dalla necessità di giustizia o di polizia, o ancora da scopi scientifici, didattici o culturali, o allorquando siano invece collegate a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltesi in pubblico, sempre però che non siano lesi l’onore, la reputazione ed il decoro della persona ritratta".

10 Per l’esistenza del diritto della società sportiva di utilizzare delle riproduzioni fotografiche della squadra, vedi Sent. Pret. Roma, 24 dicembre 1981, secondo cui "…l’immagine di singole persone fisiche, in quanto strettamente collegate ad un autonomo soggetto giuridico per costituirne in toto l’elemento personale più rappresentativo, finisce in concreto per identificare l’autonomo sogetto giuridico suddetto", in Riv. Dir. Sport., 1983, p. 578.

11 VIDIRI, Società sportive e contratti di sponsorizzazione, in Giur. It, 1993, vol. IV, pp. 419 e ss.

12 DE GIORGI, Sponsorizzazione e mecenatismo, Padova, 1988.

13 DE GIORGI, Scorrettezze dello sponsee e diritti dello sponsor, in Dir. inf. e informatica, 1991, p.642

14 DE GIORGI, Sponsorizzazione e mecenatismo, Padova, 1988, p. 114

15 Possono essere esempi di inadempimento di questo tipo il comportamento dell’atleta che, invece di pubblicizzare il prodotto del proprio sponsor, dichiari di preferire quello di un’impresa concorrente, oppure quello della squadra che, propagandando a mezzo stampa una nuova sponsorizzazione senza attendere la scadenza del precedente contratto, arrechi al primo sponsor diversi danni in termini di ritorno pubblicitario.