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Quando il “procacciatore di affari” è invece agente in esclusiva

Continuità del rapporto e entità delle provvigioni tra gli indici da valutare per distinguere tra procacciatore e agente.
Goldoca, Henry Magritte, Houston, Menil Collection
Goldoca, Henry Magritte, Houston, Menil Collection

L’orientamento giurisprudenziale consolidato distingue le due figure giuridiche del contratto di agenzia di commercio (contratto tipico disciplinato dal Codice Civile, articoli 1742-1753) e del contratto atipico di procacciamento di affari in quanto connotato l’uno da continuità, stabilità e assegnazione di un territorio, e l’altro da occasionalità rimessa alla mera iniziativa del procacciatore.

Muovendo da tale presupposto, il Tribunale di Reggio Emilia (sentenza 1139 del 17/21 agosto 2018) qualifica come agenzia un rapporto che le parti avevano inquadrato nel procacciamento di affari, individuando indici rivelatori di continuità del rapporto e, addirittura, di esclusiva.

Nell’azione promossa, la società mandante chiedeva al giudice di accertare la natura del rapporto con il proprio intermediario di vendita come procacciamento di affari, in quanto la lettera di incarico così lo qualificava e per il fatto che, nel corso del rapporto, l’intermediario aveva segnalato solo due clienti, uno dei quali peraltro sottoposto a direzione e controllo del procacciatore.

La mandante lamentava inoltre di aver subito danni per l’attività di concorrenza sleale che sarebbe stata svolta dal procacciatore, indirettamente, tramite la propria controllata.

Il Giudice, rilevava che

(i) il rapporto era durato un considerevole periodo di tempo (dodici anni),

(ii) l’intermediario aveva ricevuto compensi di ingente entità (458.367,79 euro) e

(iii) la mandante aveva corrisposto i compensi all’intermediario con cadenza periodica, seppur non regolare.

Da tali indici, “contrariamente a quanto sostenuto dalle parti”, il Giudice di Reggio Emilia deduceva che “non può quindi ritenersi che l’attività di Beta si sia limitata ad una episodica e occasionale collaborazione, dovendosi evidenziare come la continuità dei rapporti e l’entità delle provvigioni conducano a ritenere che il rapporto fosse connotato invece da stabilità”.

Il Tribunale riteneva pertanto del tutto superato il dato testuale della lettera di incarico di “procacciamento di affari”.

Inoltre, rilevato che per tutta la durata del rapporto controverso la società preponente non si era avvalsa nel territorio di altri agenti, il Giudice riteneva che l’intermediario si dovesse qualificare come agente esclusivo dell’attrice, per quella zona.

La diversa qualificazione giuridica del rapporto può comportare – come ha comportato nel caso di specie – notevoli conseguenze in termini economici: la preponente è stata infatti condannata a versare all’agente l’indennità sostitutiva del mancato preavviso di recesso (inderogabile dalle parti). Non è stato invece riconosciuto all’agente il diritto all’indennità di fine rapporto, in ragione del fatto che l’intermediario non ha adempiuto all’onere della prova dei relativi presupposti.