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Agenzia: concorrenza e utilizzo di informazioni aziendali dopo la cessazione del contratto

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Offre spunti estremamente interessanti la sentenza della Sezione Specializzata in materia di Impresa civile del Tribunale di Bologna n.590 del 15 aprile 2020, Giudice Relatore Dottoressa Rita Chierici, nella causa introdotta da una società nei confronti dell’ex agente di commercio e della società concorrente per la quale, dopo la cessazione dei rapporti con la prima, l’agente svolgeva la propria attività di responsabile vendite.

La società attrice chiedeva che il proprio ex agente fosse condannato al risarcimento dei danni per concorrenza sleale, storno di personale, sviamento della clientela, sfruttamento di informazioni segrete e screditamento della propria immagine.

Nel caso di specie, l’ex preponente lamentava che, all’approssimarsi della cessazione del rapporto di agenzia commerciale – durato oltre sette anni e già preceduto da un lungo rapporto di lavoro subordinato come responsabile dell’ufficio vendite –, l’agente si fosse fatto consegnare da una dipendente gli elenchi di tutti i clienti nel territorio nazionale, con il pretesto di voler comunicare loro il proprio imminente ritiro dall’attività lavorativa.

Solo pochi giorni dopo la cessazione del rapporto, invece, l’ex agente aveva iniziato a collaborare – come consulente prima e come agente in seguito – con un’altra società (già cliente della prima), che aveva costituito una nuova divisione commerciale dedicata alla vendita degli stessi prodotti commercializzati dalla società attrice, che l’agente proponeva anche ai clienti dell’ex mandante a un prezzo inferiore.

Il Tribunale ha ritenuto infondate tutte le domande dell’attrice all’esito di un’attenta analisi, nel corso della quale sono stati esaminati i profili di responsabilità sollevati dalla preponente svolgendo interessanti considerazioni, in particolare, in materia di concorrenza sleale da parte dell’ex agente e di utilizzo delle informazioni interne dell’azienda ottenute nel corso del rapporto.

Quanto alla concorrenza sleale, il Tribunale di Bologna rileva che – analogamente a quanto accade per il lavoratore dipendente – in mancanza di un patto di non concorrenza, l’ex agente è libero di intraprendere un’attività in concorrenza con quella della preponente, in proprio, come collaboratore o nuovamente come agente, ed è vincolato solo dalle regole che valgono per qualunque altro soggetto, a prescindere dalla sua qualità: la concorrenza è illecita e vietata, ai sensi dell’articolo 2598 del Codice Civile, se si concretizza in atti oggettivamente sleali e idonei a danneggiare l’altrui azienda.

Nel caso di specie, l’agente non era vincolato da un patto di non concorrenza – che nel contratto di agenzia deve essere concluso per iscritto ad substantiam ai sensi dell’articolo 1751 Codice Civile e deve essere retribuito –, la sua condotta deve pertanto essere considerata alla luce della regola generale sulla concorrenza sleale rilevante a mero titolo di responsabilità extracontrattuale.

Quanto alle informazioni aziendali, il Tribunale precisa che l’agente può legittimamente utilizzare le cognizioni e le esperienze acquisite nel corso del rapporto di agenzia, che inevitabilmente entrano a far parte del suo patrimonio professionale.

L’utilizzo di tali informazioni e cognizioni, sia da parte dell’agente che da parte del nuovo preponente per il quale svolga la sua attività, deve tuttavia attenersi alla correttezza: non possono essere utilizzate a favore della nuovo mandante le informazioni che non sono conoscenze professionali dell’agente (i) in quanto informazioni segrete ai sensi degli articoli 98-99 del Codice della Proprietà Industriale o (ii) in quanto, comunque, “riservate, interne all’azienda e non suscettibili di divulgazione e di utilizzazione al di fuori di essa (Trib. Milano 5.03.2013, Trib. Torino 19.02.2011, Trib. Torino 2.07.2009, Trib. Milano 27.05.2004).    

Nel caso in esame, il Tribunale ha stigmatizzato la scorrettezza della condotta dell’agente che, avvalendosi di un espediente – l’intento dichiarato di avvisare i clienti della preponente del proprio ritiro dall’attività lavorativa –, si era fatto consegnare gli elenchi dei clienti da un’impiegata della preponente, nascondendo l’intenzione di proseguire l’attività con altra azienda operante nel medesimo settore.

Il Tribunale osserva, in primo luogo, che le notizie ottenute dall’agente e di cui l’attrice chiedeva la tutela in giudizio non sono informazioni segrete ai sensi degli articoli 98-99 del Codice della Proprietà Industriale, non avendo, appunto, i requisiti di (i) segretezza, da intendersi quale conoscenza qualificata e di non facile accessibilità, (ii) adeguata protezione da parte dell’azienda (tramite misure preventive interne) e (iii) di valore economico in quanto segrete e, pertanto, tali da attribuire all’azienda che le possiede una posizione privilegiata rispetto ai concorrenti che non vi hanno accesso. Nulla di tutto ciò veniva infatti provato dall’attrice.

In seconda battuta, il Tribunale rileva che, anche quando non siano informazioni segrete ai sensi del Codice della Proprietà Industriale, le notizie interne all’azienda – quali, ad esempio, informazioni commerciali relative a clienti e fornitori, condizioni contrattuali, strategie imprenditoriali – possono avere comunque carattere di riservatezza nell’ambito dell’azienda ed essere, pertanto, tutelate ai sensi dell’articolo 2598 n.3 Codice Civile in materia di concorrenza sleale.

Nemmeno questo presupposto ricorreva tuttavia nel caso in esame: non era infatti provata la commissione di atti illeciti mediante l’utilizzo delle informazioni dell’azienda attrice richieste e ottenute dall’ex agente, in termini di concorrenza sleale e/o sviamento della clientela. I fatti accertati (contatti con un paio di clienti dell’ex preponente) presentavano infatti carattere meramente episodico, isolato e non sistematico.

Sul punto, il Tribunale di Bologna richiama i principi enunciati dalla Corte di Cassazione “In tema di concorrenza sleale per sviamento di clientela, l’illiceità della condotta non dev’essere ricercata episodicamente, ma va desunta dalla qualificazione tendenziale dell’insieme della manovra posta in essere per danneggiare il concorrente, o per approfittare sistematicamente del suo avviamento. (…) deve ritenersi fisiologico il fatto che il nuovo imprenditore, nella sua opera di proposizione promozione sul mercato della sua nuova attività, acquisisca o tenti di acquisire anche taluni clienti già in rapporti con l’impresa alle cui dipendenze aveva prestato lavoro” (Cass. Civ. n.12681 del 30.05.2007). 

Rigettate le domande dell’attrice, il Tribunale di Bologna ha però parzialmente compensato le spese legali fra le parti, per gravi motivi, tenendo conto della violazione, da parte dell’ex agente, delle regole di correttezza professionale per aver approfittato – seppur limitatamente e senza incorrere nell’illecito della concorrenza sleale – di informazioni e dati della preponente.