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Giurisdizione: applicabili le condizioni generali di vendita on line linkate dal contratto

Ombre medioevali
Ph. Luca Martini / Ombre medioevali

Giurisdizione: applicabili le condizioni generali di vendita on line linkate dal contratto

 

Il caso 358/2021, sottoposto alla Corte di Giustizia, riguarda la proroga della giurisdizione e il rinvio alle condizioni generali del contratto on-line, sotto plurime prospettive:

Rinvio pregiudiziale

Competenza giurisdizionale ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale –

Convenzione di Lugano II

Clausola attributiva di competenza

Requisiti di forma

Clausola contenuta nelle condizioni generali

Condizioni generali che possono essere consultate e stampate a partire da un collegamento ipertestuale indicato in un contratto stipulato per iscritto

Consenso delle parti.

La recente sentenza 24 novembre 2022 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (C 358/21, Tilman SA c. Unilever Supply Chain Company AG) ha stabilito, a certe condizioni, l’applicabilità della clausola sulla competenza giurisdizionale[1], contenuta nelle condizioni generali di vendita[2], richiamate tramite link ad un sito Internet, specificato nel contratto tra le parti.

L’occasione per l’approfondimento del tema della legittimità della validazione delle condizioni generali di vendita si è, recentemente, posta alla Corte di Giustizia, a seguito della presentazione di un rinvio pregiudiziale circa l’interpretazione della relativa norma della Convenzione di Lugano II[3].

Più precisamente, la domanda pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 23, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 2, della convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata il 30 ottobre 2007, la cui conclusione è stata approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2009/430/CE del Consiglio, del 27 novembre 2008 (GU 2009, L 147, pag. 1: la «Convenzione di Lugano II»).

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia insorta tra due società, la Tilman SA, la cui sede sociale si trova in Belgio, e la Unilever Supply Chain Company AG, la cui sede sociale si trova in Svizzera, in merito al mancato pagamento, da parte della Unilever, di somme fatturate dalla Tilman.

Brevemente, i fatti.

Il 22 novembre 2010, la Tilman e la Unilever stipulavano un primo contratto, in forza del quale la prima si impegnava ad imballare e confezionare, per conto della seconda, scatole per bustine di tè per un prezzo determinato. Con un secondo contratto, stipulato l’anno successivo, il prezzo convenuto veniva modificato e in tale pattuizione, si prevedeva che, in mancanza di altre clausole, esso era disciplinato dalle condizioni generali di acquisto di prodotti della Unilever.

Tali condizioni generali – che potevano essere consultate e scaricate su un sito Internet, mediante un collegamento ipertestuale (link), contenuto in detto contratto – statuivano una competenza giurisdizionale elettiva ed esclusiva, prevedevano infatti che ciascuna parte contraente «si sottoponesse irrevocabilmente alla giurisdizione esclusiva dei tribunali inglesi, per la risoluzione di qualsiasi controversia che potesse derivare direttamente o indirettamente dal contratto».

A seguito di una modifica avvenuta nelle modalità di fatturazione, tra le parti insorgeva un disaccordo, avente ad oggetto la maggiorazione del prezzo fatturato e la Unilever pagava solo parzialmente le fatture emesse dalla Tilman.

A seguito di tale condotta, la Tilman citava in giudizio la Unilever, dinanzi ai giudici belgi, per ottenere il pagamento delle somme rimaste insolute. La convenuta eccepiva che, in applicazione delle condizioni generali del contratto, soltanto i giudici inglesi erano competenti a trattare la controversia.

Con sentenza del 12 agosto 2015, il giudice belga di primo grado si dichiarava competente a trattare la controversia, pur statuendo che il contratto era disciplinato dal diritto inglese, secondo il quale doveva essere interpretato.

La Tilman interponeva appello avverso tale sentenza, sostenendo che il contratto doveva essere disciplinato dal diritto belga, secondo il quale doveva essere anche interpretato. La Unilever proponeva appello incidentale affermando che la competenza spettava non già ai giudici belgi, bensì ai giudici inglesi.

Con sentenza del 12 febbraio 2020, la Corte d’Appello belga accoglieva l’eccezione, stabilendo la carenza di giurisdizione sollevata, dichiarando che, conformemente alla clausola attributiva di competenza giurisdizionale contenuta nelle condizioni generali del contratto, i giudici belgi non erano competenti a trattare la controversia sorta dall’esecuzione di detto contratto.

La Tilman proponeva ricorso per cassazione avverso tale sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione dell’articolo 23, paragrafi 1 e 2, della Convenzione di Lugano II.

L’argomentazione, a corredo dell’appellante, è che la Corte d’appello di Liegi avrebbe erroneamente equiparato la situazione di cui al procedimento principale a quella in cui il contratto è stipulato via Internet, ma l’acquirente deve spuntare una casella che indica che egli ha accettato le condizioni generali del venditore.

Dunque, il giudice del rinvio si chiede se, nel procedimento principale, siano soddisfatte le condizioni per la prova dell’effettività del consenso della Tilman sulla clausola attributiva di competenza giurisdizionale, atteso che tale clausola era enunciata nelle condizioni generali di acquisto di prodotti della Unilever, e non già nel contratto di cui trattasi nel procedimento principale, e che tali condizioni non erano direttamente allegate al suddetto contratto.

La questione, così, veniva sottoposta alla Corte di Giustizia nei termini seguenti: «Se quanto disposto all’articolo 23, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 2, della Convenzione [di Lugano II] sia soddisfatto nel caso in cui una clausola attributiva di competenza sia contenuta nelle condizioni generali alle quali rinvia un contratto concluso per iscritto mediante l’indicazione del link ipertestuale a un sito Internet il cui accesso consente di conoscere le suddette condizioni generali, di scaricarle e di stamparle, senza che la parte alla quale tale clausola è opposta sia stata invitata ad accettare suddette condizioni generali selezionando una casella sul sito Internet di cui trattasi».

Il percorso argomentativo dei giudici rileva che le clausole attributive di competenza giurisdizionale rappresentano, di per sé stesse, espressione di una facoltà di scelta del giudice competente, i cui effetti si verificano solo nel momento in cui viene proposta una domanda giudiziale, dando inizio all’azione[4]. Questa è, dunque, la data dirimente per valutare la portata di una siffatta clausola relativamente alla norma giuridica applicabile.

Orbene, nel caso di specie risulta che l’azione giudiziaria, oggetto della controversia da cui è sorta la questione pregiudiziale, stata proposta prima del 31 dicembre 2020, data di scadenza del periodo di transizione previsto all’articolo 126 dell’accordo di recesso, cosicché l’interpretazione della Convenzione di Lugano II rimane necessaria per dirimere la controversia di cui al procedimento principale.

Quanto al merito, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 23, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 2, della Convenzione di Lugano II debba essere interpretato nel senso che una clausola attributiva di competenza giurisdizionale sia validamente stipulata quando essa è contenuta in condizioni generali alle quali il contratto concluso per iscritto rinvia mediante la menzione del collegamento ipertestuale di un sito Internet l’accesso al quale consente di conoscere dette condizioni generali, di scaricarle e di stamparle, senza che la parte alla quale tale clausola è opposta sia stata invitata ad accettare dette condizioni generali spuntando una casella sul citato sito Internet.

Al fine di rispondere a tale questione, i Giudici chiariscono che, come risulta dall’articolo 1, paragrafo 1, del protocollo n. 2 sull’interpretazione della Convenzione di Lugano II, nell’applicare e interpretare tale convenzione, si deve tenere debitamente conto dei princìpi definiti dalla Corte in relazione a dette disposizioni o a disposizioni analoghe contenute in altri atti normativi, tra i quali si annoverano la Convenzione di Bruxelles e il regolamento Bruxelles I.

Pertanto, e poiché l’articolo 23, paragrafi 1 e 2, della Convenzione di Lugano II è identico all’articolo 23, paragrafi 1 e 2, del regolamento Bruxelles I, e dato che l’articolo 23, paragrafo 1, di tale regolamento era a sua volta redatto in termini pressoché identici all’articolo 17, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, ai fini dell’interpretazione dell’articolo 23, paragrafi 1 e 2, della Convenzione di Lugano II occorre tener conto dell’interpretazione fornita dalla Corte delle corrispondenti disposizioni della Convenzione di Bruxelles e del regolamento Bruxelles I[5]. Parimenti, nei limiti in cui l’articolo 25, paragrafi 1 e 2, del regolamento Bruxelles I bis ha sostituito, in termini pressoché identici, l’articolo 23, paragrafi 1 e 2, del regolamento Bruxelles I, occorre prendere altresì in considerazione la giurisprudenza della Corte per quanto riguarda la prima di tali disposizioni.

La Convenzione di Lugano II, all’art. 23, paragrafo 1, prevede che le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio di uno Stato vincolato da detta convenzione, possono convenire di attribuire la competenza esclusiva a un giudice di uno Stato parimenti vincolato da tale convenzione a trattare le controversie nate da un determinato rapporto giuridico. Per essere valida, tale attribuzione di competenza deve essere conclusa, in particolare, come risulta dalla lettera a) di tale disposizione, «per iscritto o oralmente con conferma scritta».

Per quanto riguarda le disposizioni dell’articolo 23 del regolamento Bruxelles I, la Corte ha statuito che, poiché esse escludono sia la competenza determinata dal principio generale del foro del convenuto, sancita all’articolo 2 di detto regolamento, sia le competenze speciali di cui agli articoli da 5 a 7 dello stesso, vanno interpretate restrittivamente per quanto concerne le condizioni ivi fissate[6].

Orbene, l’articolo 23, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I indica chiaramente che il suo ambito di applicazione è circoscritto ai casi in cui le parti «abbiano attribuito la competenza» ad un giudice: è tale incontro delle manifestazioni di volontà delle parti che giustifica il primato accordato, in nome del principio dell’autonomia della volontà, alla scelta di un giudice diverso da quello che sarebbe stato eventualmente competente ai sensi di detto regolamento[7].

Subordinando la validità di una tale clausola attributiva di competenza giurisdizionale all’esistenza di un «accordo» tra le parti, l’articolo 23, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I obbliga il giudice adito a verificare se la clausola che gli attribuisce la competenza giurisdizionale abbia effettivamente costituito oggetto del consenso delle parti, consenso che deve manifestarsi in maniera chiara e precisa[8]. In effetti, i requisiti di forma stabiliti dall’articolo 23, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I hanno lo scopo di garantire che il consenso delle parti è effettivamente provato.

In proposito, la Corte ha statuito, per quanto riguarda la Convenzione di Bruxelles, che una clausola attributiva di competenza giurisdizionale figurante fra le condizioni generali di vendita predisposte da una delle parti rispetta, in linea di principio, il requisito della forma scritta stabilito dall’articolo 17, primo comma, di tale convenzione, nel caso in cui dette condizioni generali siano stampate a tergo del contratto e quest’ultimo contenga un richiamo espresso a siffatte condizioni generali, o ancora nel caso in cui, nel testo del loro contratto, le parti facciano riferimento ad una proposta la quale, a sua volta, si richiama espressamente alle condizioni generali, laddove tale riferimento espresso sia atto ad essere notato da una parte che usi la normale diligenza e ove sia provato che le condizioni generali contenenti la clausola attributiva della competenza sono state effettivamente comunicate alla controparte.

La Corte ha, tuttavia, precisato che il requisito della forma scritta di cui all’articolo 17, primo comma, della Convenzione di Bruxelles non viene soddisfatto nel caso di riferimenti indiretti o impliciti ad un precedente carteggio, dato che nessuna certezza viene in tal caso fornita che la clausola attributiva di competenza abbia effettivamente costituito oggetto del contratto propriamente detto e, ancora che una clausola attributiva di competenza giurisdizionale non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 25, paragrafo 1, lettera a), del regolamento Bruxelles I bis, il cui testo è analogo a quello dell’articolo 23, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Lugano II, qualora il contratto sia stato concluso oralmente, senza successiva conferma per iscritto, e le condizioni generali che contengono tale clausola attributiva siano state menzionate unicamente nelle fatture emesse da una delle parti.

Orbene, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento Bruxelles I[9], la validità di una clausola attributiva di competenza giurisdizionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale può dipendere, in particolare, dalla possibilità di registrarla durevolmente. Da un’interpretazione letterale di tale disposizione emerge che quest’ultima impone che sia prevista la «possibilità» di registrare durevolmente la convenzione attributiva della competenza giurisdizionale, a prescindere dalla circostanza che il testo delle condizioni generali sia stato effettivamente registrato durevolmente dal compratore prima o dopo che egli abbia spuntato la casella che indica l’accettazione delle suddette condizioni.

In effetti, la finalità di tale disposizione è di equiparare determinate forme di comunicazione elettronica alla forma per iscritto, nell’ottica di semplificare la conclusione dei contratti con mezzi elettronici, poiché la comunicazione delle informazioni in questione si realizza anche quando tali informazioni sono accessibili attraverso uno schermo. Affinché la comunicazione elettronica possa offrire le stesse garanzie, in particolare in materia di prova, è sufficiente che sia «possibile» salvare e stampare le informazioni prima della conclusione del contratto.

La clausola attributiva di competenza giurisdizionale di cui trattasi nel procedimento principale è stipulata nelle condizioni generali della Unilever, alle quali si rinvia espressamente nel contratto scritto concluso tra le parti.

Per quanto riguarda una situazione in cui, come nel caso di specie, le condizioni generali in cui figura la clausola attributiva di competenza giurisdizionale non sono direttamente allegate al contratto, si deve dichiarare che, tenuto conto della giurisprudenza costante, una clausola del genere è lecita qualora, nel testo stesso del contratto firmato da entrambe le parti, sia fatto un riferimento espresso a tali condizioni generali contenenti detta clausola.

Ciò è valido, tuttavia, soltanto nel caso di un riferimento espresso, verificabile dalla parte che faccia uso della normale diligenza e qualora risulti provato che le condizioni generali contenenti la clausola attributiva di competenza giurisdizionale siano state effettivamente comunicate all’altro contraente.

Nel caso di specie, sembra pacifico che il testo del contratto di cui al procedimento principale contenga un siffatto riferimento espresso, che può essere verificato dalla ricorrente nel procedimento principale, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio valutare.

Occorre pertanto verificare se le condizioni generali siano state effettivamente comunicate a tale parte contraente.  Poiché, conformemente all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento Bruxelles I, come interpretato dalla Corte, già si realizza una comunicazione delle informazioni di cui trattasi se tali informazioni sono accessibili mediante uno schermo, il riferimento, nel contratto scritto, a condizioni generali mediante l’indicazione del collegamento ipertestuale di un sito Internet l’accesso al quale consenta, in linea di principio, di conoscere tali condizioni generali, sempreché tale collegamento ipertestuale funzioni e possa essere attivato da una parte che fa uso della normale diligenza, equivale a maggior ragione ad una prova di tali informazioni.

In una fattispecie del genere, la circostanza che sulla pagina del sito Internet in questione non esista alcuna casella che possa essere spuntata al fine di esprimere l’accettazione di tali condizioni generali o che la pagina contenente tali condizioni non si apra automaticamente al momento dell’accesso a detto sito Internet non è in grado di rimettere in discussione tale conclusione dal momento che l’accesso alle suddette condizioni generali è possibile prima della firma del contratto e che l’accettazione di tali condizioni avviene mediante firma della parte contraente interessata.

Alla luce delle argomentate premesse, i Giudici risolvono la questione ermeneutica, dichiarando che l’articolo 23, paragrafi 1 e 2, della Convenzione di Lugano II, deve essere interpretato nel senso che una clausola attributiva di competenza giurisdizionale è stipulata validamente quando è contenuta nelle condizioni generali alle quali un contratto concluso per iscritto rinvia mediante l’indicazione del collegamento ipertestuale a un sito Internet il cui accesso consente, prima della firma di tale contratto, di conoscere le suddette condizioni generali, di scaricarle e di stamparle, senza che la parte alla quale tale clausola è opposta, sia stata formalmente invitata ad accettare tali condizioni generali spuntando una casella sul sito Internet di cui trattasi.

Dunque, l’assenza di una casella da spuntare non influisce sulla validità della clausola, essendo, viceversa, sufficiente il mero rinvio a un sito Internet mediante un collegamento ipertestuale.

[1] Valorizzando l’autonomia privata come criterio di collegamento e titolo di giurisdizione (cfr. considerando n. 19), l’art. 25 del Regolamento Bruxelles I-bis – che a decorrere dal 10 gennaio 2015 sostituisce l’art. 23 del precedente Regolamento n. 44/2001 (c.d. Bruxelles I) – prevede, in relazione all’ipotesi di proroga espressa di giurisdizione in materia civile e commerciale: <<1. Qualora le parti, indipendentemente dal loro domicilio2, abbiano convenuto la competenza di un’autorità o di autorità giurisdizionali di uno Stato membro a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza spetta a questa autorità giurisdizionale o alle autorità giurisdizionali di questo Stato membro, salvo che l’accordo sia nullo dal punto di vista della validità sostanziale secondo la legge di tale Stato membro. Detta competenza è esclusiva salvo diverso accordo tra le parti. L’accordo attributivo di competenza deve essere: a) concluso per iscritto o provato per iscritto; b) in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro; o c) nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale ambito, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel settore commerciale considerato.

2. La forma scritta comprende qualsiasi comunicazione con mezzi elettronici che permetta una registrazione durevole dell’accordo attributivo di competenza.

3. L’autorità o le autorità giurisdizionali di uno Stato membro alle quali l’atto costitutivo di un trust ha attribuito competenza a giudicare hanno competenza esclusiva per le azioni contro un fondatore, un trustee o un beneficiario di un trust, ove si tratti di relazioni tra tali persone o di loro diritti od obblighi nell’ambito del trust.

4. Gli accordi attributivi di competenza e le clausole simili di atti costitutivi di trust non sono valide se in contrasto con le disposizioni degli articoli 15, 19 o 23 o se derogano alle norme sulla competenza esclusiva attribuita alle autorità giurisdizionali ai sensi dell’articolo 24. 

5. Una clausola attributiva di competenza che fa parte di un contratto si considera indipendente dalle altre clausole contrattuali.

La validità della clausola attributiva di competenza non può essere contestata per il solo motivo che il contratto è invalido>>.

[2] Si tratta delle condizioni d’uso che si applicano a tutte le transazioni concluse tra venditore e acquirente, senza la necessità di un espresso richiamo alla conclusione di ogni singola transazione.

[3] La Convenzione I, del 1992, stabiliva le competenze internazionali dei tribunali degli Stati contraenti. La Convenzione di Lugano II, riveduta, prevede una procedura più rapida e semplice per il riconoscimento reciproco e per l’esecuzione delle decisioni e contiene, inoltre, nuove disposizioni sul commercio elettronico.

[4] Sentenza del 13 novembre 1979, Sanicentral, 25/79, EU:C:1979:255, punto 6.

[5] v., per analogia, sentenze del 7 febbraio 2013, Refcomp, C-543/10, EU:C:2013:62, punti 18 e 19, nonché del 21 maggio 2015, El Majdoub, C-322/14, EU:C:2015:334, punti 27 e 28).

[6] In questo senso, sentenza del 2 maggio 2015, El Majdoub, C-322/14, EU:C:2015:334, punto 25 e giurisprudenza ivi citata.

[7] In tal senso, sentenze del 21 maggio 2015, El Majdoub, C-322/14, EU:C:2015:334, punto 39 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 20 aprile 2016, Profit Investment SIM, C-366/13, EU:C:2016:282, punto 24

[8] Per analogia, sentenze del 14 dicembre 1976, Estasis Saloti di Colzani, 24/76, EU:C:1976:177, punto 7; del 7 febbraio 2013, Refcomp, C-543/10, EU:C:2013:62, punto 27, e del 20 aprile 2016, Profit Investment SIM, C-366/13, EU:C:2016:282, punto 27.

[9] La norma costituisce una nuova disposizione rispetto all’articolo 17 della Convenzione di Bruxelles, aggiunta per tener conto dello sviluppo delle nuove tecniche di comunicazione.