Diritto d’autore e intelligenza artificiale

Nota a Cass., Sez. I civ., Ordinanza n. 1107 del 16 gennaio 2023
Intelligenza artificiale
Intelligenza artificiale

Diritto d’autore e intelligenza artificiale
 

La Suprema Corte di Cassazione si esprime sul diritto di autore dell'intelligenza artificiale: l’opera realizzata con l'intelligenza artificiale è frutto dell'ingegno dell'utente, tuttavia si rende necessario verificare se e in quale misura l'utilizzo del software abbia assorbito l'elaborazione creativa dell'artista.
 

Considerazioni di premessa

L’intelligenza artificiale (in sigla IA) è la disciplina che studia le possibilità e le modalità di realizzazione di “sistemi intelligenti”, in grado di simulare il pensiero umano.

La maggior parte delle voci enciclopediche la descrivono alla stregua seguente: “disciplina, appartenente alla scienza informatica, che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono la progettazione di sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, ad un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana”.

Le definizioni diventano, poi, più specifiche, se riferite ai processi interni di ragionamento del sistema intelligente ovvero al suo comportamento esterno, considerando la somiglianza, più o meno rilevante, col comportamento umano o con un comportamento ideale, detto razionale. Dal sistema intelligente si può avere un agire in modo analogo a quanto fatto dagli esseri umani (nel senso che il risultato dell’operazione compiuta dal sistema intelligente non è distinguibile da quella svolta da un umano) ovvero un pensiero analogo a quanto fatto dall’uomo.  

Dal punto di vista dottrinale, si discute della sua appartenenza alla scienza ovvero alla filosofia, atteso che è si tratta di una disciplina che manifesta sia aspetti teorico-pratici sia etici[1]. Le tecnologie IA incidendo, sempre più, sulla società e sui costumi, sollevano il problema della elaborazione di strumenti a protezione dei diritti fondamentali, della sicurezza e della protezione delle risorse conoscitive che si estraggono dai dati.

Ne deriva che i tradizionali paradigmi che caratterizzano i diversi ambiti del diritto sono inadeguati e devono, necessariamente, essere ripensati, per poter meglio svolgere una funzione volta alla tutela da eventuali rischi derivanti dalle attività che si compiono in un ambiente interconnesso.
 

La prospettiva eurounitaria

Come sopra argomentato, le tecnologie intelligenti si stanno massicciamente imponendo, nei vari settori delle attività umane, e in plurimi ambiti: dall’uso domestico a quello industriale e commerciale, comportando, inevitabilmente, con nuovi approcci ideologici, rischi, finora, sconosciuti.

I legislatori, sia eurounitario che nazionale devono, così, necessariamente si misurano con tale fenomeno.

 In particolare, l’Unione è molto sensibile ad ogni tematica connessa all’intelligenza artificiale e il piano di azione dell’Unione Europea pone attenzione, anzitutto, alla tutela dei consumatori, atteso che, come ricordato dal commissario alla Giustizia Didier Reynders, “adeguati standard di protezione per i cittadini dell’UE sono la base della fiducia dei consumatori e quindi dell’innovazione di successo”. In questo contesto, l’Unione sta seguendo un percorso scandito da diverse tappe per aggiornare l’ordinamento giuridico sull’intelligenza artificiale.

L’obiettivo perseguito è assicurare che i cittadini europei beneficino delle nuove tecnologie, anche di intelligenza artificiale, ma nel pieno rispetto e in conformità ai valori, ai diritti fondamentali e ai principi fondanti l’Unione, e, in tal senso, ha indicato una disciplina nel solco dell’armonizzazione degli aspetti regolatori della responsabilità civile dei singoli stati membri.  Nell’aprile del 2019, è stato elaborato un codice etico[2], con le linee guida su utilizzo e sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale.

Punto centrale dell’intero documento, che informa tutti i documenti che ne sono derivati, è che l’intelligenza artificiale deve avere l’uomo al centro e deve essere al servizio del bene comune, per migliorare il benessere e garantire la libertà.

Sono stati, infine, individuati i diritti inderogabili che, nell’Unione Europea, devono essere rispettati per l’intelligenza artificiale, ovvero:

  • Rispetto per la dignità dell’uomo
  • Libertà dell’individuo
  • Rispetto per la democrazia e per la giustizia
  • Eguaglianza e non discriminazione
  • Diritti dei cittadini

Nell’ambito della Strategia europea per l’Intelligenza artificiale, la Commissione nel 2021 ha pubblicato la Proposta di Regolamento sull’approccio europeo all’Intelligenza Artificiale[3], che valuta i rischi dell’AI, con la finalità di salvaguardare i valori e i diritti fondamentali dei cittadini UE unitamente alla sicurezza degli utenti dei servizi resi dalle amministrazioni e istituzioni UE, fornendo il primo quadro giuridico definito europeo sull’AI, il Piano coordinato sull’Intelligenza Artificiale,[4] che dovrà rafforzare l’adozione dell’AI, gli investimenti e l’innovazione in tema di IA nella UE e il Libro Bianco sull’Intelligenza Artificiale.
 

La prospettiva interna

Quanto all’ordinamento interno, il Piano Strategico dell’Italia per l’Intelligenza Artificiale 20220-2024, nel solco di quanto deciso in sede eurounitaria, ha tracciato le politiche da mettere in atto, entro il 2024, ritenute fondamentali perché si persegua la competitività tecnologica a livello internazionale e si trasformino i risultati della ricerca in valore aggiunto per l’industria, arrivando alle sfide tecnologiche e sociali del futuro prossimo in condizioni tali da poterle sostenere e superare[5].

Le aree d’intervento sono dirette a “rafforzare le competenze a attrarre talenti per sviluppare un ecosistema dell’intelligenza artificiale in Italia”, “aumentare i finanziamenti per la ricerca avanzata nell’intelligenza artificiale”, “incentivare l’adozione dell’intelligenza artificiale e delle sue applicazioni sia nella pubblica amministrazione che nei settori produttivi in generale”.

Quanto alla prospettiva ermeneutica, di recente, i Giudici della Suprema Corte hanno intersecato la problematica dell’intelligenza artificiale, in particolare sotto il profilo dei rischi e dei limiti che sono connessi all’utilizzo dei modelli di intelligenza artificiale, cd. generativa.

Si tratta di un campo settoriale della più ampia fattispecie categoriale dell'intelligenza artificiale, concentrata sulla creazione di sistemi in grado di generare nuovi dati o creare nuove versioni di dati esistenti, sulla base di algoritmi che consentono di creare immagini di volti estremamente realistici [6].

Risultati, questi, che possono essere raggiunti attraverso varie metodologie, deterministiche e non: il machine learning, l'elaborazione del linguaggio naturale (natural language processing) e l'elaborazione delle immagini digitali (computer vision).

 Il dibattito giuridico, allora, necessariamente, si incentra sulla liceità dello scraping[7] sulla rete, alla base dei sistemi di addestramento dei modelli di IA generativa.

Ma la riflessione si pone, soprattutto, sull’output, ovvero sul contenuto prodotto dai modelli di Ai, in particolare, ci si chiede se si tratti di opere tutelate dal diritto d’autore, oppure no, rilevato che i contenuti sono elaborati da algoritmi, che rispondono alle istruzioni impartite dell’utilizzatore finale. 

Un primo orientamento ritiene che non si tratti di opere protette, deficitando l’apporto creativo dell’autore.

Altro orientamento, viceversa, le include nella categoria da proteggere e tutelare.

Il dibattito è diventato più stimolante, a seguito del lancio dei sistemi Chat GPT, di OPEN AI.

Si tratta del più importante sviluppo tecnologico, dopo l'invenzione della stampa o di Internet. Chat GPT è capace di generare istantaneamente risposte, storie, romanzi, codici informatici e persino semplici modelli contrattuali. Parimenti, si sono diffuse piattaforme in grado di generare immagini di quasi qualsiasi cosa, anche la più fantasiosa, con lo stile, preciso, richiesto dall’utente, il tutto in tempi eccezionalmente brevi: Midjournev e Dall- E2.

La velocità e facilità con cui questi strumenti possono creare nuovi contenuti ha determinato un massiccio ricorso delle aziende a modelli di IA generativa.

Inevitabili, allora, taluni quesiti, primo tra tutti quello relativo alla tutelabilità in base al diritto d’autore dei contenuti generati dai modelli di Ai e, subito dopo, quella relativa alla possibilità di attribuirne la paternità all’uomo o alla macchina.

Astrattamente, sia per il legislatore italiano che eurounitario, è escluso che il modello di AI possa qualificarsi in termini di “autore” dell’opera.

L’opera, invero, viene tutelata se assurge a creazione che sia nuova e sia dotata di carattere creativo. In base alla Convenzione di Berna, la creazione intellettuale è esplicita nel concetto di opera letteraria e artistica, mentre per il nostro ordinamento interno, l’opera che può essere tutelata in base al diritto d’autore l’opera che sia frutto dell’ingegno, quale opera letteraria, musicale o opera appartenenti alle arti figurative, dell’architettura, del teatro ecc.., ma anche, a talune condizioni, i software e le banche dati, qualunque sia il modo o la forma di espressione.

Ciò che rileva è che l’opera deve essere nuova e originale, nel senso che essa deve essere espressione della creazione intellettuale dell’autore stesso.

La paternità dell’opera, allora, è legata alla possibilità di interpretare l’output generato dall'Ai come espressione della creazione intellettuale dell'autore e il fatto che solo un essere umano possa essere un autore di un’opera sembrerebbe un dogma assoluto.  

Tuttavia, la prospettiva cambia se sia identificabile un autonomo e sufficiente contributo creativo umano nel processo che ha visto il concorso, anche consistente, dell’AI.
 

Il decisum – incidenter tantum - degli Ermellini

Di recente la Suprema Corte di Cassazione, si è espressa sul punto, con la pronuncia 1107 del 16 gennaio 2023, relativa alla lamentata violazione diritto d'autore sull'opera usata come scenografia fissa per il Festival di Sanremo del 2016.

Brevemente, i fatti.

Il 18.7.2018, l'architetto B.C. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Genova, la Rai - Radiotelevisione Italiana s.p.a., assumendo di essere la creatrice dell'opera grafica "The Scent of the night[8]", lamentando la violazione del proprio diritto d'autore sull'opera, utilizzata, senza alcuna autorizzazione concessa dalla realizzatrice dell’opera, dalla RAI come scenografia fissa per il Festival di Sanremo del 2016.

Chiedeva, dunque, di essere risarcita per il patito danno.

La RAI si costituiva in giudizio, chiedendo la reiezione delle avversarie domande in quanto infondate. La sentenza di primo grado, del Tribunale di Genova, del 6/6/2018, accertava la paternità dell'opera in capo a B.C. e la violazione del diritto d'autore ad ella spettante da parte della RAI, condannando conseguentemente quest’ultima al risarcimento del danno, liquidato equitativamente in euro 40.000,00.

Il Tribunale riteneva provata la titolarità dell'opera all'attrice, sulla base delle stampe dei siti Internet da essa prodotte e di una rapida ricerca on line, nonché di un libro edito da Mondadori che conteneva l'immagine con l'attrice.  

L'opera, dunque, doveva considerarsi creativa.

Avverso la predetta sentenza, la RAI, proponeva appello dinnanzi alla Corte di appello di Genova che, con sentenza del 11.11.2020, respingeva il gravame.  

Il procedimento giunge, così, alla Corte di Legittimità, cui la RAI ricorre per tre motivi: Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente RAI denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente, violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, dell'art. 118disp. att. c.p.c. e dell'art. 111 Cost.

La RAI assume che la Corte di appello abbia errato nel postulare il carattere creativo dell'immagine senza in alcun modo indicare il ragionamento seguito per la formazione del proprio convincimento e rendere così percepibile il fondamento della decisione.

Invero, a seguito della riformulazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all'obbligo di motivazione previsto in via generale dall'art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa, pur graficamente esistente, risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (ad esempio per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e non renda, così, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture. e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4[9].

La Corte di appello è partita dall'esatta premessa, conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale, in tema di diritto d'autore, il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento la L. n. 633 del 1941, art. 1,  non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, ma si riferisce, per converso, alla personale e individuale espressione di un'oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell'art. 1 della legge citata, di modo che un'opera dell'ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore.

Di conseguenza la creatività non può essere esclusa soltanto perché l'opera consiste in idee e nozioni semplici, ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia; inoltre, la creatività non è costituita dall'idea in sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere, che sono o possono essere diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende e che, in quanto tale, rileva ai fini della protezione[10].  Più precisamente, nella fattispecie, la Corte di appello hanno ritenuto l'opera creativa, allorché espressione di un’idea originale, proveniente solo dall'ispirazione del suo autore e ha confermato la valutazione espressa dal giudice di primo grado, sostenendo che l'immagine non era una semplice riproduzione di un fiore, ma ne comportava una vera e propria rielaborazione, perciò meritevole di tutela autorale per il suo carattere creativo.

La Corte di appello, poi, ha rafforzato tale valutazione, dando conto dell'ampia valorizzazione impressa all'opera da parte della stessa RAI in occasione della presentazione della manifestazione alla stampa periodica, volta a porre in risalto il fiore e la sua valenza simbolica facendolo campeggiare sul palco spoglio, invece tradizionalmente addobbato con vere decorazioni floreali. Ha infine considerato quale ulteriore indizio confirmativo il grado di notorietà raggiunto dall'opera sul web, dando conto di visualizzazioni, preferenze e commenti.

Secondo i giudici di legittimità, dunque, la motivazione è pertanto esistente e non    meramente apparente.  

Ancora, la protezione del diritto d'autore postula il requisito dell'originalità e della creatività, consistente non già nell'idea che è alla base della sua realizzazione, ma nella forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, presupponendo che l'opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative; la consistenza in concreto di tale autonomo apporto forma oggetto di una valutazione destinata a risolversi in un giudizio di fatto, come tale sindacabile in sede di legittimità soltanto per eventuali vizi di motivazione (Sez. 1, n. 10300 del 29.5.2020; Sez. 1, n. 13524 del 13.6.2014; Sez. 1, n. 20925 del 27.10.2005).

Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2575 e 2576 c.c. e alla L. 22 aprile 1941, n. 633, artt. 1,2 e 6.

Invero, la RAI si duole del fatto che la Corte di appello abbia erroneamente qualificato come opera dell'ingegno una immagine generata da un software e non attribuibile a una idea creativa della sua supposta autrice.

Più precisamente, la ricorrente sostiene che l'opera della resistente sia una immagine digitale, a soggetto floreale, a figura c.d. "frattale", ossia caratterizzata da autosimilarità, ovvero da ripetizione delle sue forme su scale di grandezza diverse ed è stata elaborata da un software, che ne ha elaborato forma, colori e dettagli tramite algoritmi matematici.

La pretesa autrice avrebbe solamente scelto un algoritmo da applicare e approvato a posteriori il risultato generato dal computer.

Gli ermellini hanno ritenuto inammissibile tale motivo, come puntualmente eccepito dalla controricorrente, perché volto a introdurre per la prima volta in sede di legittimità una questione nuova, non trattata nel giudizio di merito.

Infatti, secondo giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, qualora una questione giuridica - implicante un accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell'inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa[11].

Sebbene la questione nuova impedisca alla Corte di indagarne la dinamica, i giudici, invero, giungono alla medesima conclusione della Corte territoriale, affermando che sarebbe stato necessario un accertamento di fatto per verificare se e in qual misura l'utilizzo del software avesse assorbito l'elaborazione creativa dell'artista che se ne era avvalsa.

Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. dell'art. 97 disp. att. c.p.c. e dell'art. 111 Cost.

In particolare, la ricorrente si lamenta del fatto che la Corte di appello abbia reputata provata la paternità dell'immagine in capo all'arch. B. sulla base di documentazione estranea al processo e reperita dal giudicante sulla rete telematica di propria iniziativa.

 Secondo la RAI, il giudice si sarebbe sobbarcato, in contrasto con il divieto di utilizzo di scienza privata, una indagine sul web, che sarebbe spettata all'attrice, per accertare la riconducibilità dell'opera all'arch. B. sulla base di siti internet di immediato reperimento e di informazioni anteriori al festival di Sanremo del 2016 per cui è causa.

Così facendo, la Corte avrebbe violato sia il divieto di scienza privata, sia il principio di disponibilità delle prove, sia in ultima analisi le regole del giusto processo.

Il motivo è stato ritenuto inammissibile.

La Corte di appello, a scrutinio dei giudici di Legittimità, ha fondato il proprio accertamento di fatto sulla paternità dell'opera in capo all'attrice sulla base di una pluralità di prove univocamente convergenti: le stampe dei siti Internet prodotte dall'attrice; la ricerca on line effettuata dal Tribunale; la copertina di un libro edito da Mondadori che riporta l'opera attribuita espressamente all’attrice; l'immagine prodotta da RAI e associata allo pseudonimo dell’artista.

In secondo luogo, la ricerca on line menzionata dalla Corte di appello è stata eseguita dal Tribunale. Il ricorso non dà assolutamente conto di presupposti e modalità con cui il Tribunale avrebbe condotto la predetta ricerca on line, che per quanto è dato sapere ben avrebbe potuto essere condotta nel contraddittorio o su richiesta delle parti o ancora per verificare de visu una evidenza probatoria segnalata dalle parti; cosa questa tanto più grave, visto che la controricorrente assume che il Tribunale abbia semplicemente verificato i siti indicati da entrambe le parti. Tantomeno la ricorrente dà conto del contenuto della sentenza di primo grado sul punto e riferisce di aver proposto al riguardo un motivo di impugnazione circa l'inammissibilità dell'acquisizione della predetta prova.

Il che vizia di inammissibilità il mezzo per non autosufficienza.

Il ricorso, dunque, viene complessivamente rigettato.
 

Conclusioni

Da quanto argomentato, allora, si ricava che il tema della “misurazione” dell’apporto creativo umano nel processo generativo di un’opera digitale diventa dirimente ai fini dell’attribuzione della tutela autoriale.

 Più precisamente, seguendo l’iter argomentativo degli Ermellini, è probabile che i risultati dei modelli di intelligenza artificiale generativa oggi utilizzati non possano facilmente ambire alla tutela autoriale, se sono il frutto di un processo decisionale automatizzato dell'algoritmo sotteso al modello di IA, con un input minimo da parte dell'utente, che si risolve nelle indicazioni testuali di base. 

Viceversa, è indiscussa la tutela autoriale, nei casi in cui l’utente della piattaforma di IA sia in grado di provare che il modello di intelligenza artificiale abbia rappresentato un momento o uno strumento all’interno di un processo creativo più complesso e sofisticato.

Note:

[1] Kaplan Andreas e Haenlein Michael, Siri, Siri in my Hand, who’s the airest in the Land? On the Intepretations, Illustrations and Implications of Artificial Intelligence, 2018.

[2]Il documento, che è stato predisposto da un gruppo di 52 esperti, rappresentati da informatici, ingegneri ma anche giuristi, filosofi, industriali, matematici, ha avuto un iter lungo e vari fasi di approfondimento.

[3] COM – 2021 – 206 final.

[5] A elaborarlo è stato un Gruppo di lavoro congiunto tra i Ministeri dell’Università e della ricerca, dello Sviluppo economico e il Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale.

[6] Si pensi il caso di This person does not exit, ossia alla piattaforma in grado di generare autonomamente volti realistici che non appartengono ad esseri umani realmente esistenti, ma anche quelli che generano dati più strutturati, oppure suoni, video.

[7] Il web scraping (detto anche web harvesting o web data extraction) è quella particolare tecnica informatica di estraazione dei dati da un sito web, per mezzo di programmi di software.

[8] Si tratta di un’opera floreale, arricchita con effetti luce, con composizione e progressione cromatica a sfondo freddo.

[9] In tal senso, Sez. L, n. 3819 del 14.2.2020; Sez. 6 - 5, n. 13977 del 23.5.2019; Sez. 6 - 3, n. 22598 del 25.9.2018; Sez. 1, n. 16057 del 18.6.2018; Sez. 3, n. 4448 del 25.2.2014.

[10] (Sez. 1, n. 25173 del 28.11.2011; Sez. 1, n. 21172 del 13.10.2011; Sez. 1, n. 20925 del 27.10.2005).

[11] Sez. 6 - 5, n. 32804 del 13.12.2019; Sez. 2, n. 2038 del. 24.1.2019; Sez. 1, n. 25319 del 25.10.2017; Sez. 2, n. 8206 del 22.4.2016; Sez. 2, n. 7048 del 11.4.2016).