x

x

Il processo Priebke: una tragedia in farsa

Processo priebke
Processo priebke

Il primo agosto del 1996, nel tardo pomeriggio di una giornata afosa, il tribunale militare di Roma presieduto dal Dott. Agostino Quistelli uscì dalla camera di consiglio per emettere la sentenza che i parenti delle vittime dell’eccidio aspettavano da 52 anni.

Si alzò l’imputato, l’ex capitano delle Ss Erich Priebke, e il suo avvocato Velio Di Rezze la piccola aula era quasi vuota. Il Tribunale aveva ordinato ai carabinieri di impedire l’accesso in aula, durante la lettura della sentenza, a chiunque tranne ai legali e ai giornalisti. Un brutto segnale per i parenti delle vittime e per i rappresentanti della comunità ebraica di Roma che in circa 300 sostavano nell’angusto corridoio antistante l’aula di udienza.

In nome del popolo italiano il Tribunale militare di Roma....” seguì la lettura di una serie di articoli che indicavano che la corte aveva deciso di riconoscere le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e pertanto il reato: era prescritto.

Un silenzio irreale si irradiò sui protagonisti e il presidente Quistelli alzò lo sguardo e disse: “Cioè, colpevole ma non punibile”.

L’avvocato Di Rezze rassicurò il proprio assistito: “Lei è un uomo libero”, sul volto dell’oramai vecchio Priebke si dipinse un sorriso. L’ex nazista l’aveva fatta franca grazie ad una condotta processuale mite e sempre sulla difensiva da parte del suo legale.

Fuori dall’aula il silenzio attonito si trasformò in grida e urla, ma soprattutto nella consapevolezza che i giudici, gli avvocati e l’imputato per uscire dovevano passare da lì. I parenti delle vittime e i giovani della comunità ebraica non erano più impotenti e furono inutili i tentativi di disperderli. Intanto, la notizia si diffuse e il Presidente della Repubblica Scalfaro espresse pubblicamente la sua solidarietà alle vittime e il Vaticano affermò che i crimini tanto atroci “non possono essere prescritti per legge”.

Le ore trascorrevano e la soluzione dell’impasse sembrava un puzzle inestricabile. Come uscire da una situazione ingestibile, la corte aveva emesso una sentenza che nessuno intendeva rispettare; tranne Priebke e il suo avvocato.

Possiamo solo immaginare le telefonate e le riunioni intercorse tra il Dottor Intelisano, che rappresentava l’accusa, il ministro della Giustizia Flick, il Presidente della Repubblica Scalfaro e il presidente del Consiglio Romano Prodi.

Alla fine del lungo conciliabolo, si trovò la “soluzione”. Pochi giorni prima della sentenza le autorità giudiziarie di Dortmund avevano emesso un avviso di custodia cautelare contro Priebke per richiedere l’estradizione e processarlo in Germania.

Il ministro della Giustizia rassicurò la folla e solo alle 2,00 antimeridiane del 2 agosto l’imputato Priebke lasciò il Tribunale militare per essere scortato a Regina Coeli, il carcere dove 52 anni prima aveva prelevato le vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

Nei giorni seguenti la stampa internazionale, che si era sistematicamente disinteressata del processo, si risvegliò dal letargo per dileggiare la sentenza definita “grottesca” e una “farsa” la giustizia romana.

Intanto, il 15 ottobre del 1996, la Corte di Cassazione accogliendo il ricorso di ricusazione nei confronti dei giudici; presentato dalla Procura generale militare e dalle parti civili annullò la sentenza di proscioglimento. Il processo doveva rifarsi e Priebke prese una decisione inaspettata: decise di cambiare avvocato! La strategia processuale dell’avvocato Di Rezze era stata superlativa per il proprio assistito ed aveva portato un risultato processualmente inaspettato.

Il 28 novembre del 1996 l’agenzia di stampa Adnkronos scriveva:

Avvocato di centro con cultura resistenziale”. In altre parole, troppo “morbido”. Queste le ‘‘accuse’’ rivolte al difensore di Erich Priebke, Velio Di Rezze, al quale lunedì mattina, alla vigilia dell’udienza in Corte Costituzionale, è stato revocato il mandato difensivo. Di Rezze, che aveva assistito fin dall’inizio l’ex ufficiale delle Ss, racconta di avere incontrato Priebke sabato scorso, per decidere la linea difensiva che avrebbero adottato davanti alla Consulta. ‘‘Il giorno dopo - spiega Di Rezze - ho ricevuto la telefonata del figlio che mi annunciava la revoca del mandato. Revoca puntualmente arrivata lunedì, senza che mi fosse stata fornita alcuna spiegazione”’.

Ma il giallo non finisce qui: ‘‘Poco dopo - rivela l’ormai ex difensore di Priebke - ho ricevuto un’altra telefonata, questa volta dalla Germania. Una persona, che si diceva in contatto con colui che aveva offerto ospitalità all’ex ufficiale delle Ss, qualora avesse ottenuto gli arresti domiciliari, spiegava così i motivi della mia sostituzione: ‘abbiamo riletto la sua arringa difensiva, dalla quale risulta che lei ha definito il nazionalsocialismo un’atrocità’. Tanto è bastato - continua Di Rezze - per arrivare a definire la mia difesa troppo debole e per rinfacciarmi una ‘cultura resistenziale’”.

A questo punto è chiaro - spiega l’ex difensore - che si sta cercando di trasformare la battaglia da giuridica in politica. Come dire il modo più rapido per scavare la fossa a Priebke. Quale corte - si domanda Di Rezze - potrà mai concedergli benevolenza se la sua difesa rifiuterà di condannare il nazismo?”. “Per ora solo una cosa è certa - conclude Di Rezze che da sabato mattina non ha più potuto vedere il suo ex assistito - mi hanno impedito di incontrare Priebke perché avevano paura che lo avrei dissuaso dall’accettare una linea difensiva che lo porterà alla fossa”.

La linea difensiva cambiò, al posto del “morbido” Di Rezze vennero nominati i pugnaci Carlo Taormina e Giosuè Bruno Naso.

Il tempo diede ragione a Di Rezze e nel novembre del 1998 la Corte di Cassazione emise la sentenza definitiva contro l’ex nazista Priebke: “Ergastolo”.

 

Sentenza della Corte Suprema di Cassazione, in data 16.11.1998

Repubblica Italiana

In nome del Popolo Italiano

La Corte Suprema di Cassazione Sezione Prima Penale composta dagli Ill.mi Sigg.:

Dott. SACCHETTI Francesco - Presidente 

Dott. GEMELLI Torquato - Consigliere

Dott. ROSSI Bruno - Consigliere

Dott. CANZIO Giovanni - Consigliere relatore

Dott. DELEHAYE Enrico - Consigliere relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) HASS Karl, nato a Elmscherhagen (Kiel - Germania) il 5.10.1912

2) PRIEBKE Erich, nato a Berlino (Germania) il 29.7.1913

avverso la sentenza della Corte militare d’appello in data 7 marzo1998 che, in parziale riforma di quella 22 luglio 1997 del Tribunale militare di Roma, condannava entrambi gli imputati alla pena dell’ergastolo per il reato di “concorso in violenza con omicidio aggravato e continuato in danno di cittadini italiani” (artt. 13 e 185, co. 1 e 2, c.p.m.g., in relazione agli artt. 81, 110, 575, 577, nn. 3 e 4, 61 n. 4 c.p.), in Roma località Cave Ardeatine il 24 marzo 1944.

Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;

Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere, dott. Giovanni Canzio;

Udito il P.M. in persona del sostituto Procuratore Generale militare, dott. Vittorio Garino, il quale ha concluso: per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al diniego delle attenuanti generiche e dell’attenuante prevista dall’art. 59 n. 1 c.p.m.p., e per il rigetto nel resto dei ricorsi degli imputati; per l’accoglimento del ricorso della parte civile Roberto Massari e per la condanna degli imputati alla rifusione delle spese sostenute dalla medesima parte civile nel giudizio di secondo grado;

Uditi i difensori delle parti civili: avv. P. Nicotera, avv. Domenico Panetta, avv. Sebastiano Di Lascio, avv. Marcello Gentili, avv. Giancarlo Maniga, avv. G. Lo Mastro, avv. Bruno Andreozzi, avv. Paolo A. Sodani;

Uditi i difensori degli imputati: avv. Alberto Pisani per Karl Hass; avv. prof. Carlo Taormina e avv. Giosué Bruno Naso per Erich Priebke.

VII) In conclusione, i ricorsi degli imputati vanno integralmente respinti, con la conseguente condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, nonché di quelle sostenute dalle parti civili costituite, liquidate come in dispositivo in correlazione al numero di esse rispettivamente rappresentate e difese da ciascun difensore.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi degli imputati e li condanna al pagamento in solido delle spese processuali; li condanna altresì alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili - in solido limitatamente alle costituzioni nei confronti di entrambi - così liquidate: …

Così deliberato in camera di consiglio il 16 novembre 1998.

Il Consigliere estensore

Dott. Giovanni Canzio 

Il Presidente

Dott. Francesco Sacchetti

 

Così si concluse la vicenda processuale Priebke, che appare una metafora del pensiero del grande Piero Calamandrei:

È sorprendente la costanza colla quale i clienti, nello scegliere i loro avvocati, ricercano in loro proprio le qualità opposte a quelle che sono pregiate dai giudici. I giudici amano gli avvocati discreti e laconici, i clienti li vogliono verbosi e prepotenti; i giudici hanno in uggia gli ingegnosi fabbricatori di cavilli, i clienti vedono nella fertilità con cui si escogitano i sottili espedienti la dote più cospicua dell’ingegno avvocatesco; i giudici preferiscono i difensori che nell’esporre la loro tesi contano sulla bontà oggettiva degli argomenti e non sulla imposizione della loro autorità personale, e i clienti vanno a cercare i difensori tra i deputati o i professori”.

La considerazione di Calamandrei continua con il paradosso che: “Ma il più strano è questo: che anche il giudice quando per qualche sua controversia personale diventa giudicabile e ha bisogno di un difensore, cade nella stessa aberrazione dei clienti profani; e lo va a cercare col lumicino proprio tra quelle categorie di avvocati di cui, come giudice, ha sempre diffidato”.