A.I. & tre civette sul comò

intelligenza artificiale
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A.I. & tre civette sul comò

 

“Conoscere per deliberare”, scrisse illo tenpore Luigi Enaudi: se il tema dell’intelligenza artificiale mi provocava un istintivo fastidio, tant’è che sia del punto di vista professionale che da quello della riflessione intellettuale sinora me ne ero tenuto alla larga, ora che mi hanno gentilmente costretto a studiarlo posso dire che il fastidio resta, ma con ragion di causa. Invecchiando, del resto, ho capito che l’istinto, che c’è stato tramandato dai tempi immemori degli uomini, è buona guida.

Ciò detto condivido con il lettore quello che sino ad ora ho capito.

Primo, l’A.I. non “nasce imparata” (come si dice simpaticamente a Napoli):  la rete neurale che è la sua colonna vertebrale va nutrita di informazioni; tante e buone, ad evitare l’effetto che i tecnici del settore chiamano “gico” (carbage in, carbage out): se butti dentro spazzatura, uscirà spazzatura.

Ma chi decide cosa e buono? Naturalmente i programmatori,  guidati magari dalle loro opzioni ideologiche o  dalle istruzioni dei loro committenti che certo non sono disinteressate.

Secondo, è una fandonia che A.I. attinga all’intero scibile. Si basa sulla stocastica e sulla funzione performativa del linguaggio, i.e. “fare cose con parole” per dirla con gli antropologi del diritto: cambiare il mondo con il linguaggio come anticamente i maghi. Ciò è potere.

Terzo, il fine della A.I. è l’efficienza realizzativa. Per il resto non comprende senso, ma solo correlazione; non è in grado di interpretare, solo di calcolare,  il che l’appiattisce su un eterno presente. Cert,o ha una qualche capacità predittiva: se ben istruita, vi dirà magari di cosa morirete e quando, ma la vita umana non si basa su una logica binaria e lineare: è fatta di sogni, progetti, follia e poesia, amore e desiderio; l’aspetto quantitativo è un minus nel nostro esistere. E poi c’è il libero arbitrio, baby!

Quarto, per quanto la democrazia rende i processi decisionali spesso lenti e confusi, nostro padre Aristotele ci ha insegnato che l’uomo è un animale politico, i.e. appartenente a una polis: una specifica comunità sulla gestione della quale vuole dire la sua.

Ciò è inviso agli oligarchi digitali che su scala mondiale controllano lo sviluppo dell’ A.I., ma se ne facciano una ragione; come ha detto S. Harvey, acclamata autrice di “Orbital” in una recentissima intervista alla Lettura del Corriere della sera (9 febbraio 2025) “mandare in orbita un robot non è per noi abbastanza. Ci serve una coscienza umana che osservi lassù per renderci di nuovo coscienti di noi stessi”.

L’”algocrazia” (Governo dell’algoritmo) che le big tech vorrebbero imporci? Per quel che mi riguarda continuo a preferire la democrazia, per quanti nefasti errori abbia prodotto nella storia. Come qualcuno ha scritto (Dostojesckj)! “ho sbagliato? La prossima volta sbaglierò meglio”.

E nel frattempo il diritto che fa? Ba di bo tre civette sul comò.

Civetta uno: Unione Europea, che in attesa della conferenza ai massimi livelli che si terrà a Parigi nei prossimi giorni ha proclamato lo slogan “keep humans in the loop” (tenere gli uomini al centro).

Civetta due: gli Stati Uniti d’America che, in attesa delle magnifiche sorti e progressive e dei deliberata di una Commissione Federale che  pare sarà formata da illustri sconosciuti di diretta nomina presidenziale, nella mitraglia di ordini esecutivi sparata il 23 gennaio da Trump ha stabilito in materia una moratoria di sei mesi senza regola alcuna (sei mesi?! Ma nel settore dell’informatica sei mesi equivalgono a    cent’ anni!) e bando a ogni “dogma ideologico”. Precedono tracotanti riferimenti al genio americano e allo spirito della frontiera puro far west, il primo a estrarre la Colt mavy (quella a canna lunga, per capirci……) spari!

Civetta tre: Cina. Da tempo è stata emanata una legge che prescrive l’A.I. debba conformarsi all’etica e preservare la cultura e la politica nazionale. Sia lode Confucio!

La civetta come tutti sanno era sacra perchè sapeva vedere nel buio dal quale portava ìnformazioni ad Atena ma, la dea della sapienza ha da secoli abdicato e la sua preziosa informatrice e si è ritirata a vita privata.

I grandi decisori brancolano nel buio a parte forse la Cina, ma tenuto conto che secondo la filosofia confuciana chi è nato mandarino tale resterà nell’altra vita e ugualmente accadrà a chi è nato pezzente, peggio mi sento (per usare un’altra simpatica espressione napoletana).

Tacendo, poi, che l’incertezza del diritto regna sovrana sui rapporti tra A.I. e proprietà intellettuale. Una “mappatura delle principali questioni al riguardo è stata recentemente tracciata da Eleonora Rosati citazione in inglese inviata via mail.

Come ha efficacemente scritto la co-direttrice di questa rubrica in un recente articolo pubblicato su About Art: “solo l’uomo è capace quel vogliano tutto che gli permetta con ogni mezzo di trasformare qualsiasi materia in arte”. Cerchiamo di rammentare ciò per favore, prima che una schifezza prodotta dal A.I. e stampata a getto di inchiostro sia battuta all’asta per centinaia di migliaia di sterline.

Che è come dire: rammentiamo la nostra umanità. L’homo sapiens torni a Lascaux.