Archivi, conservazione e rischio di distruzione: principi, responsabilità e tutela penale tra diritto interno e standard internazionali

Archivi, conservazione e rischio di distruzione: principi, responsabilità e tutela penale tra diritto interno e standard internazionali
"Noi siamo la nostra memoria, siamo quel chimerico museo di forme mutevoli, quel mucchio di specchi rotti."[^1]
"Rosalie Tobia, che un tempo era stata una modella di nudo ma ora era completamente sformata, gestiva un piccolo ristorante, Chez Rosalie, ed era solidale con gli artisti affamati. Modigliani era uno dei suoi favoriti, anche se spesso litigavano per la sua incapacità di pagare il conto. Talvolta la pagava con disegni, come facevano altri artisti. La leggenda, probabilmente vera, vuole che lei li conservasse, coperti di grasso, in un mobile della cucina, che i topi li rosicchiassero e che, quando pensò di ricavarne qualcosa, fosse troppo tardi"[^2]
La vicenda dell'ostessa ciociara, proprietaria della trattoria "Chez Rosalie", al 3 di Rue Campagne Première, figura chiave della comunità artistica parigina nei primi decenni del Novecento, rappresenta una delle storie più note di perdita irreparabile di patrimonio artistico dovuta a incuria, povertà e mancanza di consapevolezza del valore documentario e culturale degli archivi personali e delle opere d'arte restituisce con forza il senso della responsabilità collettiva nella conservazione degli archivi e dei documenti: la loro perdita non è solo perdita materiale, ma cancellazione di memoria, identità e possibilità di conoscenza per le generazioni future.
Oggi ad essere esposta a rischio è la porzione degli Archivi Modigliani che una mercante italo-svizzera detiene all'interno del free port di Ginevra[^3].
Negli ultimi decenni, l'evoluzione del mercato dell'arte ha portato alla diffusione di strutture specializzate note come free port, zone franche dove i beni si trovano in regime di sospensione dai dazi doganali e dalle imposte e che offrono servizi di conservazione, stoccaggio e movimentazione di beni di alto valore. L'analisi delle caratteristiche di queste strutture e della loro idoneità per la conservazione archivistica rivela un quadro complesso che merita approfondimento critico e scientifico.
I freeport sono stati spesso criticati per la loro opacità e per il rischio di favorire attività illecite come riciclaggio di denaro, traffico di opere rubate, evasione fiscale e occultamento di patrimoni[^4]. Le autorità doganali richiedono la tenuta di registri degli agenti e dei clienti, ma la segretezza rimane elevata: spesso non è obbligatorio dichiarare il valore o la natura precisa dei beni, né l'identità del reale proprietario[^5].
Nel corso degli anni sono emersi casi eclatanti di traffico illecito di opere d'arte attraverso i freeport, come quello del porto franco di Ginevra, coinvolto in reti internazionali di oggetti rubati e in dispute legali tra grandi collezionisti e case d'asta[^6]. La difficoltà di applicare normative internazionali e la frammentazione delle giurisdizioni rendono complesso il contrasto agli abusi.
I free port moderni presentano caratteristiche tecniche avanzate per la conservazione di beni culturali tradizionali (dipinti e sculture). Secondo le ricerche più recenti, queste strutture "forniscono servizi di qualità per la conservazione con temperatura e umidità costantemente controllate (la condizione termica non supera i diciassette gradi), condizioni di luce e temperatura particolari, e elevatissimi standard di sicurezza"[^7]. La precisione del controllo ambientale rappresenta un elemento di continuità con gli standard archivistici internazionali, che richiedono il mantenimento di parametri termoigrometrici stabili per la conservazione preventiva dei materiali cartacei.
La sicurezza fisica costituisce un ulteriore elemento di forza: i free port implementano sistemi di controllo degli accessi multilivello, sorveglianza continua e protocolli di sicurezza che potrebbero soddisfare i requisiti di protezione richiesti per archivi di particolare rilevanza storica o commerciale. Inoltre, molte di queste strutture offrono servizi specializzati di restauro, valutazione e trasporto che potrebbero risultare complementari alle esigenze di gestione archivistica.
Tuttavia, l'analisi rivela significative criticità che compromettono l'idoneità dei free port per la conservazione archivistica standard. La prima e più rilevante concerne l'accessibilità: i free port sono concepiti per la conservazione privata e riservata, non per l'accesso pubblico tipicamente richiesto dagli archivi storici e culturali. Come evidenziato dalla definizione del Geneva Free Port da parte del direttore del Louvre come "il più grande museo che nessuno può vedere"[^8] queste strutture sono intrinsecamente incompatibili con la funzione pubblica della documentazione archivistica.
Un secondo ordine di problematiche riguarda la trasparenza operativa. Dal 2016, "la Svizzera ha stretto le maglie nei free port per garantire la tracciabilità delle merci"[^9], evidenziando storiche problematiche di opacità che contrastano nettamente con i principi di trasparenza e accessibilità che governano la gestione archivistica pubblica. Questa opacità strutturale è incompatibile con i principi di accountability e di accesso democratico alla documentazione che caratterizzano la funzione sociale degli archivi.
L'analisi comparativa tra le caratteristiche dei free port e gli standard scientifici per la conservazione di materiali cartacei rivela ulteriori elementi di incompatibilità. Mentre i free port potrebbero tecnicamente soddisfare i parametri termoigrometrici ottimali identificati dalla letteratura scientifica (18-20°C e 50-55% di umidità relativa), la specificità dei requisiti per materiali cartacei richiede competenze e protocolli specializzati che queste strutture potrebbero non possedere.
La conservazione di archivi cartacei richiede, infatti, personale formato specificamente in tecniche di spolveratura specializzata, sanificazione e gestione di infestazioni e altri agenti biodeterioranti. I free port, orientati principalmente alla conservazione di opere d'arte, non offrono servizi di tale natura e competenze specifica archivistica necessaria per gestire le problematiche specifiche dei materiali cellulosici, inclusa la gestione della ventilazione meccanica controllata (minimo 3 volumi/ora) necessaria per prevenire la proliferazione di muffe e funghi e materiali di contenimento archival quality, evitando contenitori plastici che potrebbero causare deterioramenti chimici.
Dal punto di vista normativo, l'utilizzo di free port per la conservazione di archivi di interesse storico e culturale non consente il rispetto agli obblighi previsti dal Codice dei beni culturali (D.Lgs. 42/2004, artt. 20-21). Il potere di vigilanza stringente esercitato dalla Soprintendenza Archivistica, che può "prescrivere adeguamenti, sequestrare archivi in pericolo e, nei casi di inadempienza, segnalare la condotta all'autorità giudiziaria", risulta impossibile da esercitare in strutture free port caratterizzate da riservatezza e limitazioni di accesso e soprattutto situate all'estero, dove la Soprintendenza, organo amministrativo difetta di giurisdizione.
Il caso degli archivi di Amedeo Modigliani presso la trattoria "Chez Rosalie" rappresenta uno dei più emblematici esempi di perdita irreparabile di patrimonio archivístico e artistico dovuta a mancanza di consapevolezza e inadeguate condizioni di conservazione. Rosalie Tobia, ex modella che gestiva il piccolo ristorante al 3 di Rue Campagne Première nel quartiere di Montparnasse, era diventata una figura centrale nella comunità artistica parigina dei primi decenni del Novecento.
La pratica di Modigliani di pagare i propri debiti con disegni e schizzi era comune tra gli artisti dell'epoca, ma la gestione di questi materiali da parte di Rosalie rivela le problematiche tipiche della conservazione archivistica non professionale. I documenti e le opere venivano conservati "coperti di grasso, in un mobile della cucina", esposte quindi a contaminanti chimici. I grassi di cucina, infatti, creano un ambiente acido che accelera il deterioramento della cellulosa, inoltre le condizioni termoigrometriche dell'ambiente cucina presentano oscillazioni di temperatura e umidità deleterie per i materiali cartacei e Infestazioni. I topi non hanno bisogno di commenti.
Quando Rosalie "pensò di ricavarne qualcosa, fosse troppo tardi", il danno era ormai irreversibile.
Il caso degli Archivi Modigliani è la versione contemporanea della Mense di Rosalie e rivela un'evoluzione attuale delle minacce alla conservazione archivistica e dei pericoli per il patrimonio.
Mentre nel caso Rosalie la perdita derivava da inadeguate condizioni di conservazione fisica, nel caso contemporaneo la minaccia principale è la dispersione dovuta a controversie legali e interessi commerciali.
Dall'ignoranza del valore alla speculazione sul valore: La consapevolezza del valore archivistico, assente nel caso storico, nel caso contemporaneo diventa paradossalmente fonte di problemi, alimentando speculazioni e controversie.
Entrambi i casi evidenziano l'importanza di sistemi di identificazione precoce e tutela preventiva degli archivi di rilevanza culturale, prima che problemi conservativi o dispute legali ne compromettano l'integrità e l'accessibilità.
Gli archivi d'artista, come evidenziato dalla casistica giudiziaria (Trib. Milano, 2018; Trib. Roma, 2019)[^10], non hanno solo funzione certificativa, ma sono custodi qualificati dell'identità e della memoria dell'artista, con obblighi di cura, conservazione e diffusione della conoscenza della sua opera. La perdita, la dispersione o la distruzione di un archivio d'artista comportano una damnatio memoriae, una perdita della memoria collettiva e identitaria che può essere solo parzialmente compensata da iniziative di restituzione o ricostruzione.
L'archivio, nella sua accezione più autentica, è una universitas rerum: un complesso organico e inscindibile di documenti, la cui integrità materiale e funzionale è condizione imprescindibile per la funzione di testimonianza storica, giuridica e identitaria che esso svolge. La dottrina archivistica italiana (Cencetti, Penzo Doria), la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, VI, 5732/2017) e la riflessione filosofica recente^11 concordano nel riconoscere all'archivio non solo il valore di contenitore della memoria, ma la funzione di custode attivo della conoscenza come bene comune.
La Raccomandazione UNESCO 2015 sulla conservazione e l'accesso al patrimonio documentario, inclusa la forma digitale, stabilisce che "la conservazione e l'accessibilità del patrimonio documentario nazionale richiedono la stabilità e la prevedibilità a lungo termine di istituzioni della memoria, sostenute da un quadro legislativo adeguato e aggiornato"[^12]. Il programma Memory of the World promuove la salvaguardia degli archivi contro distruzione, degrado e dispersione, raccomandando digitalizzazione, collaborazione tra istituzioni e reporting periodico degli Stati membri.
Le UNESCO/PERSIST Guidelines (2016) raccomandano la ridondanza delle copie digitali, la gestione attiva dei metadati, l'adozione di formati aperti, la definizione di policy istituzionali e la conservazione in più luoghi fisici distinti[^13].
L'International Council on Archives (ICA), con lo standard ISAD(G), e la National Archives UK[^14], propongono pratiche di conservazione fondate su:
- controllo ambientale (temperatura, umidità, filtri UV, pulizia regolare, sistemi di sicurezza);
- uso di materiali archivistici a norma (acid-free), posizionamento corretto, stoccaggio orizzontale per materiali fragili;
- personale formato, procedure di emergenza, piani di recupero, audit periodici;
- digitalizzazione integrata alla conservazione dell'originale fisico;
- gestione attiva dei dati digitali secondo la regola "3-2-1": tre copie, due supporti diversi, una copia off-site[^15].
La National Archives and Records Administration (NARA) statunitense[^16] sottolinea che la scelta del tipo di storage e delle metodologie di conservazione è il primo e più importante presidio contro la distruzione accidentale o dolosa.
Il Codice dei beni culturali (D.Lgs. 42/2004, artt. 20-21) impone a chiunque detenga archivi pubblici o privati dichiarati di interesse storico e aventi interesse culturale l'obbligo di garantirne la conservazione e la sicurezza, adottando tutte le misure necessarie a prevenire situazioni di rischio. La dispersione, lo smembramento o l'uso illecito di archivi sono vietati e, dopo la riforma 2022, sanzionati penalmente dall'art. 518-duodecies c.p.^17.
La recente giurisprudenza (Cass. pen., Sez. III, n. 39603/2024) ha chiarito la perfetta continuità normativa tra l'art. 518-duodecies c.p. e le precedenti aggravanti dell'art. 635 c.p., salvo la novità della punibilità del "rendere non fruibili" i beni culturali. La distruzione e il danneggiamento materiale sono reati a perfezionamento istantaneo, mentre la dispersione e l'uso illecito configurano reati permanenti, la cui consumazione si protrae finché non viene ripristinata la legalità e l'archivio non viene restituito alla sua funzione originaria.
La gestione di archivi impone agli operatori una diligenza qualificata (art. 1176 c.c.), che si traduce nell'obbligo di adottare tutte le cautele tecniche, organizzative e procedurali idonee a prevenire la perdita, la distruzione o la dispersione dei documenti. La Soprintendenza Archivistica esercita un potere di vigilanza stringente e può prescrivere adeguamenti, sequestrare archivi in pericolo e, nei casi di inadempienza, segnalare la condotta all'autorità giudiziaria.
La responsabilità non si esaurisce nell'evitare la distruzione volontaria, ma si estende alla prevenzione di ogni situazione di rischio, anche potenziale, che possa compromettere l'integrità e la funzione dell'archivio[^18].
La digitalizzazione e la catalogazione dei beni culturali comportano nuovi rischi di perdita, manipolazione, dispersione o uso improprio dei dati, soprattutto se non accompagnate da una rigorosa disciplina di accesso, controllo e aggiornamento. La direttiva 96/9/CE e la normativa nazionale riconoscono una duplice tutela: diritto d'autore sulla struttura creativa e diritto "sui generis" a tutela degli investimenti nella realizzazione e gestione della banca dati, anche se non creativa[^19].
Parafrasando Borges chi ordina un archivio esercita in silenzio ed umiltà l’arte dello storico.
[^1]: J.L. Borges, Elogio dell'ombra (In Praise of Darkness), 1969. Trad. it. in "Opere complete 1952-1972", Milano, Mondadori, 1984, p. 116.
[^2]: M. Secrest da Modigliani: A Life, Alfred A. Knopf, 2011, p. 156.
[^3]: Finestre sull'Arte, "C'è un patrimonio di 6.000 documenti su Modigliani, ma non si sa di chi sono: forse dello Stato", https://www.finestresullarte.info/attualita/archivi-legali-modigliani-patrimonio-seimila-oggetti-chiarezza-proprieta
[^4]: P. Ghirardelli, *Il diritto dell’arte*, Key Editore, Milano, 2025, p. 359.
[^5]: Ghirardelli, *op. cit.*, p. 362.
[^6]: Ghirardelli, *op. cit.*, p. 368.
[^7]: Geneva Freeport, Technical Standards for Conservation Services, 2024.
[^8]: A. Martinez, "The Secretive World of Art Storage", Art News, March 2024.
[^9]: Swiss Federal Customs Administration, New Regulations for Free Ports, Official Bulletin, 2016.
[^10]: C.E. Mezzetti, "Archivi d'artista in Tribunale", Giurisprudenza italiana, 2020.
[^12]: UNESCO, Recommendation concerning the preservation of, and access to, documentary heritage including in digital form, 2015. https://en.unesco.org/sites/default/files/2015_mow_recommendation_implementation_guidelines_en.pdf
[^13]: UNESCO/PERSIST Guidelines, 2016.
[^14]: National Archives UK, Caring for Archives, https://www.nationalarchives.gov.uk/archives-sector/advice-and-guidance/managing-your-collection/caring-for-archives/
[^15]: Smithsonian, Best Practices for Storing, Archiving and Preserving Data, https://library.si.edu/research/best-practices-storing-archiving-and-preserving-data
[^16]: NARA, Preservation Strategies, https://www.archives.gov/preservation/storage
[^18]: Visconti, "La riforma (della riforma) del danneggiamento di beni culturali", DPC Rivista trimestrale 1/2024.
[^19]: C.E. Mezzetti, "La catalogazione dei beni culturali e la nuova disciplina comunitaria delle banche dati", 2020.