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Il decreto correttivo al Codice del Processo Amministrativo

Abstract

Il Codice del processo amministrativo (Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n. 104) è stato oggetto di un primo restyling a poco più di un anno dalla sua entrata in vigore, per effetto del Decreto Legislativo 15 novembre 2011, n. 195 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 23 novembre 2011, n. 273.

Indice

1)- Art. 25. Domicilio

2)- Art. 26. Spese di giudizio

3)- Art. 54. Deposito tardivo di memorie e documenti e sospensione dei termini

4)- Art. 57. Spese del procedimento cautelare

5)- Art. 73. Udienza di discussione

6)- Art. 112. Disposizioni generali sul giudizio di ottemperanza

7)- Art. 114. Procedimento

8)- Art. 120. Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’articolo 119, comma 1, lettera a)

9)- Art. 136. Disposizioni sulle comunicazioni e sui depositi informatici

Lo schema del decreto correttivo in esame è stato predisposto dal Consiglio di Stato “alla luce – si legge nella relazione illustrativa – delle questioni emerse nella prassi e delle sollecitazioni provenienti dalla dottrina e dagli operatori del settore dopo il primo periodo di applicazione”.

Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, in agosto è stato quindi sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari, ed infine approvato il giorno 11 novembre 2011 dal Consiglio dei Ministri.

In generale, alcune modifiche riguardano l’ambito del coordinamento testuale e del miglioramento della precisione lessicale, altre sono volte a coordinare il codice del processo amministrativo e quello di procedura civile ed altre ancora sono finalizzate a coordinare il testo vigente con le norme entrate in vigore dopo la promulgazione del codice del processo aministrativo.

Di seguito sono riportate le principali modifiche apportate dalle disposizioni correttive ed integrative di cui all’art. 1, comma 1, Decreto Legislativo 195/2011.

1)- Art. 25. Domicilio

Fermo quanto previsto, con riferimento alle comunicazioni di segreteria, dall’articolo 136, comma 1: a) nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali, la parte, se non elegge domicilio nel comune sede del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata dove pende il ricorso, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata; b) nei giudizi davanti al Consiglio di Stato, la parte, se non elegge domicilio in Roma, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del Consiglio di Stato."

[TESTO ORIGINARIO: 1. Nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali, la parte, se non elegge domicilio nel comune sede del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata dove pende il ricorso, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata.

2. Nei giudizi davanti al Consiglio di Stato, la parte, se non elegge domicilio in Roma, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del Consiglio di Stato.]

L’articolo in esame è stato rielaborato allo scopo di coordinare la disciplina ivi prevista in tema di domicilio processuale delle parti con quella di cui all’art. 136 in materia di comunicazioni di segreteria; è stato quindi chiarito il rapporto tra la disciplina in materia di domiciliazione e l’indicazione dell’indirizzo email o del fax.

2)- Art. 26. Spese di giudizio

2. Il giudice condanna d’ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio, quando la parte soccombente ha agito o resistito temerariamente in giudizio. Al gettito delle sanzioni previste dal presente comma si applica l’articolo 15 delle norme di attuazione.

[TESTO ORIGINARIO: 2. Il giudice, nel pronunciare sulle spese, può altresì condannare, anche d’ufficio, la parte soccombente al pagamento in favore dell’altra parte di una somma di denaro equitativamente determinata, quando la decisione è fondata su ragioni manifeste o orientamenti giurisprudenziali consolidati.]

L’articolo in esame estende ai giudizi amministrativi la disciplina già prevista dall’art. 246 bis del codice dei contratti pubblici introdotto con il Decreto Legge 13 maggio 2011 n. 70 – cd. “D.L. Sviluppo” e rubricato “Responsabilità per lite temeraria” (“Nei giudizi in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, il giudice, fermo quanto previsto dall’articolo 26 del codice del processo amministrativo approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, 104, condanna d’ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria in misura non inferiore al doppio e non superiore al triplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio quando la decisione e’ fondata su ragioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati. ...”).

Come si può notare il citato articolo 246 bis differisce (rectius : differiva essendo stato di fatto abrogato dal decreto correttivo in esame) solo per due aspetti : la condanna era collegata a “ragioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati” e l’importo della sanzione non poteva superare il triplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo.

Analogamente, ai sensi del novellato art. 26, il giudice ha l’obbligo di condannare d’ufficio la parte soccombente, mentre secondo il testo originario il giudice aveva la facoltà di condannare, anche d’ufficio, la parte soccombente al pagamento in favore dell’altra parte di una somma di denaro equitativamente determinata, in caso di decisione fondata su “ragioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati”.

Pertanto, affinchè ora il Giudice condanni una delle parti ai sensi dell’articolo in esame, occorre che la parte soccombente abbia “agito o resistito temerariamente in giudizio”, mentre prima della novella correttiva poteva scattare la condanna solo qualora la decisione fosse fondata su “ragioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati”.

La sanzione pecuniaria non è quindi più ancorata agli orientamenti giurisprudenziali dominanti, ma alla temerarietà vera e propria, come disciplinata dall’art. 96 cpc.

Altra importante innovazione riguarda il quantum della sanzione pecuniaria.

Prima del decreto correttivo veniva determinata in via equitativa dal Giudice, mentre ora sono stati previsti dei precisi parametri. Infatti, la sanzione pecuniaria dovrà essere irrogata in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio.

La scelta del Legislatore in tema di quantum della sanzione pecuniaria è criticabile in quanto nel tentativo di deflazionare i Tribunali Amministrativi cerca di disincentivare il ricorso dal Giudice aumentando i costi fissi per intraprendere l’azione giudiziaria. Così, ad esempio, mentre prima i costi – già esorbitanti – in materia di appalti non potevano superare i 12.000 € (il triplo del contributo unificato previsto per il ricorso ex art. 246 bis codice appalti), ora – ai sensi dell’articolo in esame - potranno arrivare anche a 20.000 € (pari al quintuplo del contributo unificato).

Si tratta di una cifra decisamente elevata, manifestamente volta a disincentivare il ricorso al Giudice Amministrativo.

3)- Art. 54. Deposito tardivo di memorie e documenti e sospensione dei termini

1. La presentazione tardiva di memorie o documenti può essere eccezionalmente autorizzata, su richiesta di parte, dal collegio, assicurando comunque il pieno rispetto del diritto delle controparti al contraddittorio su tali atti, qualora la produzione nel termine di legge sia risultata estremamente difficile.

[TESTO ORIGINARIO: 1. La presentazione tardiva di memorie o documenti, su richiesta di parte, può essere eccezionalmente autorizzata dal collegio, assicurando comunque il pieno rispetto del diritto delle controparti al contraddittorio su tali atti, quando la produzione nel termine di legge risulta estremamente difficile.]

La modifica apportata dal Legislatore - il quale ha sostituito il termine “risulta” con la dizione “sia risultata” - attribuisce al Collegio il potere di autorizzare il deposito tardivo successivamente alla scadenza del termine di legge.

4)- Art. 57. Spese del procedimento cautelare

1. Con l’ordinanza che decide sulla domanda il giudice provvede sulle spese della fase cautelare. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito.

[TESTO ORIGINARIO: 1. Con l’ordinanza che decide sulla domanda il giudice provvede sulle spese della fase cautelare. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo la sentenza che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza.]

Con questo articolo il Legislatore ha reso un’interpretazione autentica in tema di spese del procedimento cautelare, in quanto sussisteva il dubbio circa le sorti della pronuncia cautelare dopo la definizione del giudizio di merito.

Il legislatore ha quindi chiarito che la pronuncia sulle spese resa in sede cautelare è efficace anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, sia esso una sentenza, un decreto od una pronunzia di rito; l’unico modo in cui la condanna alle spese pronunciata in sede cautelare può essere emendata, consiste quindi in una sentenza di merito che statuisca espressamente sulle spese della fase cautelare.

5)- Art. 73. Udienza di discussione

1. Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell’udienza, fino a venti giorni liberi.

[TESTO ORIGINARIO: 1. Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche fino a venti giorni liberi.]

Con l’articolo in esame viene chiarito che le repliche possono esser depositate solo qualora siano state precedentemente depositati dalla controparte documenti o memorie. Nel qual caso tali repliche devono riguardare nel merito le stesse deduzioni o produzioni depositate dalla controparte (cd. limite contenutistico), pena l’inammissibilità.

Conseguentemente, non dovrebbe più esser possibile replicare con memorie dal contenuto meramente riassuntivo degli scritti processuali già depositati in atti.

In definitiva, salvo eventuali nuove deduzioni o produzioni alle quali è possibile contro dedurre fino a venti giorni prima dell’udienza di discussione, il termine ordinario è quello dei 30 giorni antecedenti l’udienza de qua.

Peraltro – considerato che la cancelleria non ha alcun potere per impedire che nel fascicolo venga inserita una memoria di replica destinata ad esser dichiarata inammissibile (come invece avviene con l’inserimento nel fascicolo d’ufficio degli atti tardivi “in busta chiusa”) - qualora venga depositata una memoria di replica dal contenuto riassuntivo e non realmente contro deduttivo, il Collegio dovrà comunque leggerla interamente al fine di valutarne l’ammissibilità, con potenziale rischio di venirne influenzato.

6)- Art. 112. Disposizioni generali sul giudizio di ottemperanza

3. Può essere proposta, anche in unico grado dinanzi al giudice dell’ottemperanza, azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonché azione di risarcimento dei danni connessi all’impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale, del giudicato o alla sua violazione o elusione.

[TESTO ORIGINARIO: 3. Può essere proposta anche azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonché azione di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esecuzione, violazione o elusione del giudicato.]

Il decreto correttivo in esame ha abrogato il comma 4 dell’art. 112 e conseguentemente il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 30, comma 5 può essere ora chiesto solo innanzi al giudice di primo grado.

Precedentemente, in applicazione della disposizione abrogata, era invece possibile proporre nel giudizio di ottemperanza la domanda risarcitoria “nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza”.

Tale disposizione aveva già suscitato numerose perplessità relative all’ipotesi che il giudice dell’ottemperanza fosse il giudice amministrativo di secondo grado, tanto che sulla questione si è pronunciato il Consiglio di Stato (Sez. V, n. 2031/2011) che ha chiarito che “il codice ha recepito l’indirizzo minoritario che ammetteva la proposizione, in sede di ottemperanza, della domanda risarcitoria dei danni discendenti dall’originario illegittimo esercizio della funzione pubblica, tuttavia l’ha ammesso a condizione che venisse introdotta davanti al T.a.r. per evitare la violazione del principio del doppio grado di giudizio”.

Peraltro, la disciplina è immutata per quanto riguarda il termine di 120 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, per il regime fiscale e per la domanda di risarcimento dei danni da mancata esecuzione, violazione o elusione del giudicato, che può essere proposta anche in unico grado.

7)- Art. 114. Procedimento

2.Unitamente al ricorso è depositato in copia autentica il provvedimento di cui si chiede l’ottemperanza, con l’eventuale prova del suo passaggio in giudicato.

[TESTO ORIGINARIO: 2. Il ricorso è allegata in copia autentica la sentenza di cui si chiede l’ottemperanza, con l’eventuale prova del suo passaggio in giudicato.]

6. Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’ottemperanza, nonché, tra le parti nei cui confronti si è formato il giudicato, di quelle inerenti agli atti del commissario ad acta. Avverso gli atti del commissario ad acta le stesse parti possono proporre, dinanzi al giudice dell’ottemperanza, reclamo, che e’ depositato, previa notifica ai contro interessati, nel termine di sessanta giorni. Gli atti emanati dal giudice dell’ottemperanza o dal suo ausiliario sono impugnabili dai terzi estranei al giudicato ai sensi dell’articolo 29, con il rito ordinario.

[TESTO ORIGINARIO: 6. Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta ottemperanza, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario.]

Con l’articolo in esame il Legislatore ha opportunamente chiarito che il reclamo deve esser presentato innanzi al giudice dell’ottemperanza (e quindi nel caso anche innanzi al Consiglio di Stato) entro il termine di sessanta giorni e che la copia autentica del provvedimento di cui si chiede l’ottemperanza deve esser depositata unitamente al ricorso ed ai documenti offerti in comunicazione, senza necessità di notificarla alla controparte.

Per quanto riguarda la tutela giurisdizionale avverso gli atti compiuti dal commissario ad acta di cui al comma 6 in esame, si distingue la tutela prevista per le le parti nei cui confronti si è formato il giudicato e per i soggetti terzi estranei al giudicato e quindi non soggetti al relativo vincolo.

Nel primo caso le parti possono presentare reclamo allo stesso giudice dell’ottemperanza, previa notifica nel termine di sessanta giorni; mentre nel secondo, i soggetti terzi devono esperire il rito ordinario di annullamento ai sensi dell’art. 29 del codice amministrativo, in quanto la sentenza resa tra le parti del processo rappresenta un mero fatto giuridico che non vincola i soggetti terzi.

8)- Art. 120. Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’articolo 119, comma 1, lettera a)

5. Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto. Per il ricorso incidentale la decorrenza del termine è disciplinata dall’articolo 42.

[TESTO ORIGINARIO: 5. Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto.]

In tema di procedure di affidamento di appalti pubblici, il comma 5 dell’art. 120 in esame estende al ricorso incidentale il termine di 30 giorni decorrente dalla ricevuta notificazione del ricorso principale, abbreviando quindi il relativo termine che prima dell’entrata in vigore del decreto correttivo era di 60 giorni.

Il correttivo in esame ha posto rimedio all’imprecisione del legislatore delegato che originariamente aveva previsto che anche nei giudizi in materia di appalti il ricorso incidentale rimanesse regolato dal termine generale di sessanta giorni decorrente dalla ricevuta notificazione del ricorso principale (a differenza dei termini per il ricorso introduttivo e per i motivi aggiunti che erano già tutti dimezzati ai sensi degli artt. 120 e 119 comma 2).

La disciplina originaria determinava un illogico vantaggio temporale per il controinteressato, il quale poteva beneficiare di tempi più lunghi rispetto a quelli a disposizione del ricorrente in via principale seppur da un punto di vista sostanziale il contro interessato sia notoriamente l’aggiudicatario della commessa pubblica e quindi si trovi già in una posizione di vantaggio.

9)- Art. 136. Disposizioni sulle comunicazioni e sui depositi informatici

1. I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un indirizzo di posta elettronica certificata e un recapito di fax, che possono essere anche diversi dagli indirizzi del domiciliatario, dove intendono ricevere le comunicazioni relative al processo.

[TESTO ORIGINARIO: 1. I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito di fax dove intendono ricevervi le comunicazioni relative al processo. Una volta espressa tale indicazione si presumono conosciute le comunicazioni pervenute con i predetti mezzi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione dei suddetti dati.]

L’articolo in esame va interpretato in modo sistematico, con riferimento all’art. 25 in materia di elezione di domicilio.

Il legislatore ha scelto la via del potenziamento del cosiddetto domicilio informatico, introducendo una netta distinzione tra questo ed il domicilio fisico.

E’ interessante notare che i due tipi di domicilio possono anche non coincidere; infatti, è pur vero che l’eventuale elezione del domicilio fisico presso lo proprio studio professionale (o presso quello di un collega domiciliatario o presso la cancelleria del TAR adito) rimane l’unico valido a cui far riferimento ai fini della notifica degli atti processuali, ma può esser diverso da quello informatico (che di norma corrisponde con l’indirizzo email del dominus) presso cui è invece possibile ricevere le comunicazioni di cancelleria.

La modifica apportata dall’articolo in esame è innovativa, ma non realizza compiutamente il cd. processo telematico.

Ciò che va però colto con soddisfazione è lo spirito riformatore del Legislatore il quale, almeno apparentemente, sembra sostenere l’uso delle tecnologie informatiche anche nel processo, che con il tempo potrà divenire sempre più telematico.

Abstract

Il Codice del processo amministrativo (Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n. 104) è stato oggetto di un primo restyling a poco più di un anno dalla sua entrata in vigore, per effetto del Decreto Legislativo 15 novembre 2011, n. 195 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 23 novembre 2011, n. 273.

Indice

1)- Art. 25. Domicilio

2)- Art. 26. Spese di giudizio

3)- Art. 54. Deposito tardivo di memorie e documenti e sospensione dei termini

4)- Art. 57. Spese del procedimento cautelare

5)- Art. 73. Udienza di discussione

6)- Art. 112. Disposizioni generali sul giudizio di ottemperanza

7)- Art. 114. Procedimento

8)- Art. 120. Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’articolo 119, comma 1, lettera a)

9)- Art. 136. Disposizioni sulle comunicazioni e sui depositi informatici

Lo schema del decreto correttivo in esame è stato predisposto dal Consiglio di Stato “alla luce – si legge nella relazione illustrativa – delle questioni emerse nella prassi e delle sollecitazioni provenienti dalla dottrina e dagli operatori del settore dopo il primo periodo di applicazione”.

Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, in agosto è stato quindi sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari, ed infine approvato il giorno 11 novembre 2011 dal Consiglio dei Ministri.

In generale, alcune modifiche riguardano l’ambito del coordinamento testuale e del miglioramento della precisione lessicale, altre sono volte a coordinare il codice del processo amministrativo e quello di procedura civile ed altre ancora sono finalizzate a coordinare il testo vigente con le norme entrate in vigore dopo la promulgazione del codice del processo aministrativo.

Di seguito sono riportate le principali modifiche apportate dalle disposizioni correttive ed integrative di cui all’art. 1, comma 1, Decreto Legislativo 195/2011.

1)- Art. 25. Domicilio

Fermo quanto previsto, con riferimento alle comunicazioni di segreteria, dall’articolo 136, comma 1: a) nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali, la parte, se non elegge domicilio nel comune sede del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata dove pende il ricorso, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata; b) nei giudizi davanti al Consiglio di Stato, la parte, se non elegge domicilio in Roma, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del Consiglio di Stato."

[TESTO ORIGINARIO: 1. Nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali, la parte, se non elegge domicilio nel comune sede del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata dove pende il ricorso, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata.

2. Nei giudizi davanti al Consiglio di Stato, la parte, se non elegge domicilio in Roma, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del Consiglio di Stato.]

L’articolo in esame è stato rielaborato allo scopo di coordinare la disciplina ivi prevista in tema di domicilio processuale delle parti con quella di cui all’art. 136 in materia di comunicazioni di segreteria; è stato quindi chiarito il rapporto tra la disciplina in materia di domiciliazione e l’indicazione dell’indirizzo email o del fax.

2)- Art. 26. Spese di giudizio

2. Il giudice condanna d’ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio, quando la parte soccombente ha agito o resistito temerariamente in giudizio. Al gettito delle sanzioni previste dal presente comma si applica l’articolo 15 delle norme di attuazione.

[TESTO ORIGINARIO: 2. Il giudice, nel pronunciare sulle spese, può altresì condannare, anche d’ufficio, la parte soccombente al pagamento in favore dell’altra parte di una somma di denaro equitativamente determinata, quando la decisione è fondata su ragioni manifeste o orientamenti giurisprudenziali consolidati.]

L’articolo in esame estende ai giudizi amministrativi la disciplina già prevista dall’art. 246 bis del codice dei contratti pubblici introdotto con il Decreto Legge 13 maggio 2011 n. 70 – cd. “D.L. Sviluppo” e rubricato “Responsabilità per lite temeraria” (“Nei giudizi in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, il giudice, fermo quanto previsto dall’articolo 26 del codice del processo amministrativo approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, 104, condanna d’ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria in misura non inferiore al doppio e non superiore al triplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio quando la decisione e’ fondata su ragioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati. ...”).

Come si può notare il citato articolo 246 bis differisce (rectius : differiva essendo stato di fatto abrogato dal decreto correttivo in esame) solo per due aspetti : la condanna era collegata a “ragioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati” e l’importo della sanzione non poteva superare il triplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo.

Analogamente, ai sensi del novellato art. 26, il giudice ha l’obbligo di condannare d’ufficio la parte soccombente, mentre secondo il testo originario il giudice aveva la facoltà di condannare, anche d’ufficio, la parte soccombente al pagamento in favore dell’altra parte di una somma di denaro equitativamente determinata, in caso di decisione fondata su “ragioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati”.

Pertanto, affinchè ora il Giudice condanni una delle parti ai sensi dell’articolo in esame, occorre che la parte soccombente abbia “agito o resistito temerariamente in giudizio”, mentre prima della novella correttiva poteva scattare la condanna solo qualora la decisione fosse fondata su “ragioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati”.

La sanzione pecuniaria non è quindi più ancorata agli orientamenti giurisprudenziali dominanti, ma alla temerarietà vera e propria, come disciplinata dall’art. 96 cpc.

Altra importante innovazione riguarda il quantum della sanzione pecuniaria.

Prima del decreto correttivo veniva determinata in via equitativa dal Giudice, mentre ora sono stati previsti dei precisi parametri. Infatti, la sanzione pecuniaria dovrà essere irrogata in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio.

La scelta del Legislatore in tema di quantum della sanzione pecuniaria è criticabile in quanto nel tentativo di deflazionare i Tribunali Amministrativi cerca di disincentivare il ricorso dal Giudice aumentando i costi fissi per intraprendere l’azione giudiziaria. Così, ad esempio, mentre prima i costi – già esorbitanti – in materia di appalti non potevano superare i 12.000 € (il triplo del contributo unificato previsto per il ricorso ex art. 246 bis codice appalti), ora – ai sensi dell’articolo in esame - potranno arrivare anche a 20.000 € (pari al quintuplo del contributo unificato).

Si tratta di una cifra decisamente elevata, manifestamente volta a disincentivare il ricorso al Giudice Amministrativo.

3)- Art. 54. Deposito tardivo di memorie e documenti e sospensione dei termini

1. La presentazione tardiva di memorie o documenti può essere eccezionalmente autorizzata, su richiesta di parte, dal collegio, assicurando comunque il pieno rispetto del diritto delle controparti al contraddittorio su tali atti, qualora la produzione nel termine di legge sia risultata estremamente difficile.

[TESTO ORIGINARIO: 1. La presentazione tardiva di memorie o documenti, su richiesta di parte, può essere eccezionalmente autorizzata dal collegio, assicurando comunque il pieno rispetto del diritto delle controparti al contraddittorio su tali atti, quando la produzione nel termine di legge risulta estremamente difficile.]

La modifica apportata dal Legislatore - il quale ha sostituito il termine “risulta” con la dizione “sia risultata” - attribuisce al Collegio il potere di autorizzare il deposito tardivo successivamente alla scadenza del termine di legge.

4)- Art. 57. Spese del procedimento cautelare

1. Con l’ordinanza che decide sulla domanda il giudice provvede sulle spese della fase cautelare. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito.

[TESTO ORIGINARIO: 1. Con l’ordinanza che decide sulla domanda il giudice provvede sulle spese della fase cautelare. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo la sentenza che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza.]

Con questo articolo il Legislatore ha reso un’interpretazione autentica in tema di spese del procedimento cautelare, in quanto sussisteva il dubbio circa le sorti della pronuncia cautelare dopo la definizione del giudizio di merito.

Il legislatore ha quindi chiarito che la pronuncia sulle spese resa in sede cautelare è efficace anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, sia esso una sentenza, un decreto od una pronunzia di rito; l’unico modo in cui la condanna alle spese pronunciata in sede cautelare può essere emendata, consiste quindi in una sentenza di merito che statuisca espressamente sulle spese della fase cautelare.

5)- Art. 73. Udienza di discussione

1. Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell’udienza, fino a venti giorni liberi.

[TESTO ORIGINARIO: 1. Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche fino a venti giorni liberi.]

Con l’articolo in esame viene chiarito che le repliche possono esser depositate solo qualora siano state precedentemente depositati dalla controparte documenti o memorie. Nel qual caso tali repliche devono riguardare nel merito le stesse deduzioni o produzioni depositate dalla controparte (cd. limite contenutistico), pena l’inammissibilità.

Conseguentemente, non dovrebbe più esser possibile replicare con memorie dal contenuto meramente riassuntivo degli scritti processuali già depositati in atti.

In definitiva, salvo eventuali nuove deduzioni o produzioni alle quali è possibile contro dedurre fino a venti giorni prima dell’udienza di discussione, il termine ordinario è quello dei 30 giorni antecedenti l’udienza de qua.

Peraltro – considerato che la cancelleria non ha alcun potere per impedire che nel fascicolo venga inserita una memoria di replica destinata ad esser dichiarata inammissibile (come invece avviene con l’inserimento nel fascicolo d’ufficio degli atti tardivi “in busta chiusa”) - qualora venga depositata una memoria di replica dal contenuto riassuntivo e non realmente contro deduttivo, il Collegio dovrà comunque leggerla interamente al fine di valutarne l’ammissibilità, con potenziale rischio di venirne influenzato.

6)- Art. 112. Disposizioni generali sul giudizio di ottemperanza

3. Può essere proposta, anche in unico grado dinanzi al giudice dell’ottemperanza, azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonché azione di risarcimento dei danni connessi all’impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale, del giudicato o alla sua violazione o elusione.

[TESTO ORIGINARIO: 3. Può essere proposta anche azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonché azione di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esecuzione, violazione o elusione del giudicato.]

Il decreto correttivo in esame ha abrogato il comma 4 dell’art. 112 e conseguentemente il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 30, comma 5 può essere ora chiesto solo innanzi al giudice di primo grado.

Precedentemente, in applicazione della disposizione abrogata, era invece possibile proporre nel giudizio di ottemperanza la domanda risarcitoria “nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza”.

Tale disposizione aveva già suscitato numerose perplessità relative all’ipotesi che il giudice dell’ottemperanza fosse il giudice amministrativo di secondo grado, tanto che sulla questione si è pronunciato il Consiglio di Stato (Sez. V, n. 2031/2011) che ha chiarito che “il codice ha recepito l’indirizzo minoritario che ammetteva la proposizione, in sede di ottemperanza, della domanda risarcitoria dei danni discendenti dall’originario illegittimo esercizio della funzione pubblica, tuttavia l’ha ammesso a condizione che venisse introdotta davanti al T.a.r. per evitare la violazione del principio del doppio grado di giudizio”.

Peraltro, la disciplina è immutata per quanto riguarda il termine di 120 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, per il regime fiscale e per la domanda di risarcimento dei danni da mancata esecuzione, violazione o elusione del giudicato, che può essere proposta anche in unico grado.

7)- Art. 114. Procedimento

2.Unitamente al ricorso è depositato in copia autentica il provvedimento di cui si chiede l’ottemperanza, con l’eventuale prova del suo passaggio in giudicato.

[TESTO ORIGINARIO: 2. Il ricorso è allegata in copia autentica la sentenza di cui si chiede l’ottemperanza, con l’eventuale prova del suo passaggio in giudicato.]

6. Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’ottemperanza, nonché, tra le parti nei cui confronti si è formato il giudicato, di quelle inerenti agli atti del commissario ad acta. Avverso gli atti del commissario ad acta le stesse parti possono proporre, dinanzi al giudice dell’ottemperanza, reclamo, che e’ depositato, previa notifica ai contro interessati, nel termine di sessanta giorni. Gli atti emanati dal giudice dell’ottemperanza o dal suo ausiliario sono impugnabili dai terzi estranei al giudicato ai sensi dell’articolo 29, con il rito ordinario.

[TESTO ORIGINARIO: 6. Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta ottemperanza, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario.]

Con l’articolo in esame il Legislatore ha opportunamente chiarito che il reclamo deve esser presentato innanzi al giudice dell’ottemperanza (e quindi nel caso anche innanzi al Consiglio di Stato) entro il termine di sessanta giorni e che la copia autentica del provvedimento di cui si chiede l’ottemperanza deve esser depositata unitamente al ricorso ed ai documenti offerti in comunicazione, senza necessità di notificarla alla controparte.

Per quanto riguarda la tutela giurisdizionale avverso gli atti compiuti dal commissario ad acta di cui al comma 6 in esame, si distingue la tutela prevista per le le parti nei cui confronti si è formato il giudicato e per i soggetti terzi estranei al giudicato e quindi non soggetti al relativo vincolo.

Nel primo caso le parti possono presentare reclamo allo stesso giudice dell’ottemperanza, previa notifica nel termine di sessanta giorni; mentre nel secondo, i soggetti terzi devono esperire il rito ordinario di annullamento ai sensi dell’art. 29 del codice amministrativo, in quanto la sentenza resa tra le parti del processo rappresenta un mero fatto giuridico che non vincola i soggetti terzi.

8)- Art. 120. Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’articolo 119, comma 1, lettera a)

5. Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto. Per il ricorso incidentale la decorrenza del termine è disciplinata dall’articolo 42.

[TESTO ORIGINARIO: 5. Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto.]

In tema di procedure di affidamento di appalti pubblici, il comma 5 dell’art. 120 in esame estende al ricorso incidentale il termine di 30 giorni decorrente dalla ricevuta notificazione del ricorso principale, abbreviando quindi il relativo termine che prima dell’entrata in vigore del decreto correttivo era di 60 giorni.

Il correttivo in esame ha posto rimedio all’imprecisione del legislatore delegato che originariamente aveva previsto che anche nei giudizi in materia di appalti il ricorso incidentale rimanesse regolato dal termine generale di sessanta giorni decorrente dalla ricevuta notificazione del ricorso principale (a differenza dei termini per il ricorso introduttivo e per i motivi aggiunti che erano già tutti dimezzati ai sensi degli artt. 120 e 119 comma 2).

La disciplina originaria determinava un illogico vantaggio temporale per il controinteressato, il quale poteva beneficiare di tempi più lunghi rispetto a quelli a disposizione del ricorrente in via principale seppur da un punto di vista sostanziale il contro interessato sia notoriamente l’aggiudicatario della commessa pubblica e quindi si trovi già in una posizione di vantaggio.

9)- Art. 136. Disposizioni sulle comunicazioni e sui depositi informatici

1. I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un indirizzo di posta elettronica certificata e un recapito di fax, che possono essere anche diversi dagli indirizzi del domiciliatario, dove intendono ricevere le comunicazioni relative al processo.

[TESTO ORIGINARIO: 1. I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito di fax dove intendono ricevervi le comunicazioni relative al processo. Una volta espressa tale indicazione si presumono conosciute le comunicazioni pervenute con i predetti mezzi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione dei suddetti dati.]

L’articolo in esame va interpretato in modo sistematico, con riferimento all’art. 25 in materia di elezione di domicilio.

Il legislatore ha scelto la via del potenziamento del cosiddetto domicilio informatico, introducendo una netta distinzione tra questo ed il domicilio fisico.

E’ interessante notare che i due tipi di domicilio possono anche non coincidere; infatti, è pur vero che l’eventuale elezione del domicilio fisico presso lo proprio studio professionale (o presso quello di un collega domiciliatario o presso la cancelleria del TAR adito) rimane l’unico valido a cui far riferimento ai fini della notifica degli atti processuali, ma può esser diverso da quello informatico (che di norma corrisponde con l’indirizzo email del dominus) presso cui è invece possibile ricevere le comunicazioni di cancelleria.

La modifica apportata dall’articolo in esame è innovativa, ma non realizza compiutamente il cd. processo telematico.

Ciò che va però colto con soddisfazione è lo spirito riformatore del Legislatore il quale, almeno apparentemente, sembra sostenere l’uso delle tecnologie informatiche anche nel processo, che con il tempo potrà divenire sempre più telematico.