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Il patrocinio a spese dello Stato dopo il Decreto Salvini: il nuovo articolo 131

Decreto sicurezza
Decreto sicurezza

Il 13 giugno 2018 l’attuale Ministro dell’Interno Matteo Salvini denunciava, in un’intervista rilasciata al Corriere della sera, l’inopportuno arricchimento di una lobby: quella degli avvocati d’ufficio. Secondo il Ministro chi si vedeva negata la propria richiesta d’asilo e proponeva ricorso aveva diritto ad un avvocato pagato dallo Stato; per giunta l’elevato numero dei ricorsi promossi sovraccaricava di lavoro i tribunali. Si minacciava pertanto, di concerto col competente Ministro della Giustizia, un intervento in materia.

Il Ministro ha evidentemente confuso l’istituto della “difesa d’ufficio” (che fra l’altro riguarda il solo processo penale) con quello del “patrocinio a spese dello Stato”: due istituti profondamente diversi che rispondono a esigenze altrettanto diverse ma accomunati dal fatto che entrambi presuppongono l’attività difensiva dell’avvocato.

Ad ogni modo sulle gravissime “sgrammaticature” giuridiche del Ministro si è già espresso con precisione (e probabilmente con rammarico) il Presidente del C.N.F. con una lettera aperta di cui si consiglia la lettura.

Ai nostri fini però rileva che il minacciato intervento di cui sopra si è tradotto nell’introduzione del nuovo articolo 131-bis nel d.P.R. 115/2002 ad opera del D.L. 113/2018 (c.d. Decreto Salvini) convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132.

Nonostante il decreto fosse rubricato ‹‹Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata›› la disposizione è di portata generale e riguarda l’intero processo civile.

Si estendono a tale processo due ipotesi di esclusione dalla liquidazione del compenso già previste per il processo penale dall’articolo 106 d.P.R. 115/2002.

La prima ipotesi è contenuta nel primo comma del nuovo articolo e riguarda il difensore: non gli può essere liquidato alcun compenso qualora l’impugnazione, anche incidentale, venga dichiarata inammissibile.

L’altra ipotesi è contenuta nel secondo ed ultimo comma dell’articolo e riguarda i consulenti tecnici di parte: qualora nel processo emerga l’irrilevanza o la superfluità ai fini della prova della consulenza tecnica della parte, le relative spese non potranno essere liquidate.

In quest’ultimo caso si va a colpire una figura, quale quella del consulente tecnico di parte, che il più delle volte, non essendo necessariamente un giurista, ben poco sa dell’utilizzo giudiziale che verrà fatto della sua perizia, limitandosi a svolgere l’incarico commissionatogli: addebitargli una responsabilità diretta per l’irrilevanza o la superfluità della sua consulenza potrebbe apparire una forzatura.

In ogni caso la disposizione si riferisce alle sole spese sostenute per lo svolgimento dell’incarico (es. spese di viaggio) ex articolo 131, comma 4, lett. c, d.P.R. 115/2002 e non all’onorario (voce, di norma, economicamente più significativa) che può invece essere prenotato a debito ex articolo 131, comma 3, dello stesso d.P.R..

Per quanto riguarda, invece, la prima ipotesi di esclusione (il comma 1 dell’articolo 131-bis) è necessaria una riflessione più ampia.

Il rischio di incostituzionalità della norma sembrerebbe scongiurato dalla lettura della disposizione “gemella”, contenuta nell’articolo 106 del d.P.R., fatta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 16/2018.

Nella sentenza la Corte Costituzionale afferma che, in tema di patrocinio a spese dello Stato, è di cruciale importanza l’individuazione di un punto di equilibrio fra la garanzia del diritto di difesa per i non abbienti e la necessità di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia.

È evidente che l’articolo 106 del d.P.R. 115/02 si muove proprio in questa direzione scoraggiando la proposizione, a spese dello Stato, di impugnazioni superflue, meramente dilatorie e improduttive di effetti favorevoli per la parte.

Tuttavia, secondo i giudici, il rigido tenore letterale della disposizione non ne impedisce un’interpretazione più elastica che consenta di distinguere fra le diverse cause di inammissibilità.

La logica della norma non è infatti quella di limitare irragionevolmente il diritto di difesa, ma di sollecitare una particolare attenzione in capo al difensore di chi è ammesso al gratuito patrocinio, poiché i costi di una eventuale superflua attività difensiva sarebbero a carico della collettività.

Pertanto l’inammissibilità che impedisce la liquidazione del compenso all’avvocato difensore dovrà essere largamente prevedibile se non addirittura già prevista prima della presentazione del ricorso.

Sulla base di tale giudizio di prevedibilità ex ante, che ben si accorda con la ratio legis, la Corte Costituzionale ha dichiarato, nella suindicata sentenza, l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 106 del d.P.R. 115/02 per contrasto con gli articoli 3, 24 e 36 della Costituzione.

Analoghe riflessioni dovrebbero dunque potersi applicare, questa volta in materia civile, al nuovo articolo 131-bis dello stesso d.P.R.

Anche in questo caso l’obiettivo è evidentemente quello della responsabilizzazione del difensore; difatti il meccanismo punitivo opera sul solo compenso spettante a quest’ultimo senza incidere sulla situazione giuridica della parte ammessa al patrocinio che, in ogni caso, non dovrà sostenere alcuna spesa processuale.

Dunque si tratta dell’applicazione anche al processo civile di una norma che, così come interpretata dai giudici della Corte Costituzionale, pare ragionevole e di buon senso; auspicabile sarebbe, al più, un adeguamento della lettera della legge a tale saggia interpretazione.

Ciò che sicuramente rimane oscuro è lo stretto legame tra il nuovo articolo 131- bis e le questioni della sicurezza pubblica e della protezione internazionale.

 

Intervista al Ministro dell’Interno – Corriere della Sera

Lettera aperta del Presidente C.N.F. al Ministro dell’Interno

Sentenza n. 16/2018 Corte Costituzionale