Trenta nuovi reati nel decreto sicurezza

Trenta nuovi reati nel decreto sicurezza
La sconfitta della politica che non sa leggere e governare la società
Il 18 settembre la Camera ha approvato il disegno di legge “Sicurezza”, presentato dal governo Meloni a gennaio e ora all’esame e approvazione del Senato, che propone di introdurre una trentina tra nuovi reati, aggravanti, sanzioni e ampliamenti di pena.
Nel dettaglio in carrellata:
Il nuovo reato sul terrorismo
Viene introdotto il nuovo reato nel codice penale, che punisce la “detenzione di materiale con finalità di terrorismo”. Chi si procura o detiene del materiale con le istruzioni per preparare o usare esplosivi, armi da fuoco o sostanze chimiche e batteriologiche con «finalità di terrorismo» è punito con il carcere da due a sei anni.
Viene inoltre ampliato il reato di “fabbricazione o detenzione di materie esplodenti”, reato già previsto e che con le novità contenute nel disegno di legge, prevede il carcere da sei mesi a quattro anni per chi pubblicizza istruzioni per preparare esplosivi. In un momento in cui il contesto internazionale vive la tensione dei conflitti si introduce una fattispecie di difficile declinazione con l’evidente spirito di deterrente ma senza una effettiva verifica circa la portata di una percezione rimasta tale. Come in tutto il decreto si respira l’aria della repressione difronte a fenomeni reali o potenziali verso i quali non vi è una analisi sociale per rimuoverne le cause preferendo concentrarsi sulla deterrenza degli eventuali effetti.
Il nuovo reato sulle occupazioni
Viene introdotto il nuovo reato di “occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui”. Questo reato punisce con il carcere dai due ai sette anni – chi occupa una casa, destinata a domicilio di qualcun altro, con la violenza o la minaccia. Rischia la stessa pena chi si appropria della casa di qualcuno raggirandolo oppure chi cede un immobile occupato. Non può essere punito, invece, chi collabora con le forze dell’ordine e si impegna volontariamente ad abbandonare l’immobile occupato.
Il codice penale punisce già comportamenti simili: da un lato, infatti, esiste il reato di “invasione di terreni o edifici” (art. 633), dall’altro lato c’è il reato di “turbativa violenta del possesso di cose immobili” (art. 634).
Il fenomeno delle occupazioni si circoscrive prevalentemente agli stranieri che occupano immobili nella maggior parte dei casi abbandonati da anni, in completo degrado per prevalente responsabilità dello Stato e/o degli enti territoriali. Due distinti considerazioni questa previsione suscita: Perché lo stato ha lasciato andare in degrado così tanti immobili, perché così tanti realtà edilizie abbandonate non da ieri ma da anni in alcuni casi da decenni senza che vi sia stato un programma organico di recupero e manutenzione ?! qui il tema non è destra o sinistra , questo o quel governo, ma la costatazione di una atavica incapacità e non volontà dello stato di porre mano a questo tema, in questi decenni si sono trascurati sembra volutamente enormi patrimoni immobiliari per favorire la nuova edilizia con conseguente occupazione progressiva delle campagne per assicurare nuove aree edilizie da costruire e contestuale abbandono di edifici, intere aree edificate lasciate andare in degrado, abbandonate all’incuria e preda di disperati che ne hanno approfittato per trovare riparo o addirittura per occuparli stabilmente.
Dall’altro lato, appare una crociata contro gli occupati che spesso sono stranieri extracomunitari irregolari, o minoritarie frange di contestatori del sistema
La nuova truffa aggravata
Il disegno di legge “Sicurezza” modifica il codice penale e il codice di procedura penale per ampliare il numero delle aggravanti, i casi di truffa e le corrispondenti pene.
In primo luogo viene introdotta una nuova aggravante. Le pene per un reato possono essere aumentate se chi ha commesso quel reato lo ha fatto dentro a una stazione ferroviaria o della metropolitana, o nelle loro vicinanze, oppure dentro ai vagoni di un treno o della metropolitana.
In secondo luogo è ampliato il reato di “truffa” (art. 640): chi commette questo reato approfittando, tra le altre cose, delle circostanze del luogo in cui viene commesso o dell’età della vittima, è punito con il carcere da due a sei anni e con una multa, che può andare da 700 a 3 mila euro.
Si consente inoltre il cosiddetto “arresto obbligatorio in flagranza” – regolato dal codice di procedura penale – proprio per il reato di truffa aggravato appena visto. Le forze dell’ordine hanno l’obbligo di arrestare chi commette questo reato se viene colto sul fatto, ossia nel momento in cui viene commesso il reato.
Anche in questo caso la risposta repressiva tende a dare una superficiale risposta all’allarme sociale dei borseggi e dei reati di furto e aggressione nelle stazioni. Anche in questo caso ci si concentra sull’effetto ignorando la causa di un fenomeno che è figlio di un disagio che andrebbe piuttosto analizzato, comprendendo se le stazioni o la metropolitana non possano essere tutelata alla fonte e non concentrandosi sull’effetto di azioni che represse non sono neutralizzate, anzi hanno già consumato il loro danno sui cittadini. Ancora una volta non si pensa ad una azione preventiva ma ci si concentra secondo una certa logica e filosofia sulla repressione.
L’ampliamento del reato di danneggiamento
Un altro reato che il disegno di legge “Sicurezza” vuole ampliare è quello di “danneggiamento”. Attualmente il codice penale punisce (art. 635) con una multa fino a 10 mila euro e con la reclusione da uno a cinque anni chi distrugge o rovina «cose mobili o immobili altrui» durante le manifestazioni che si svolgono in un luogo pubblico o aperto al pubblico.
Il testo approvato alla Camera stabilisce che se questo reato è commesso con la violenza o la minaccia, le pene aumentano: la multa può arrivare fino a 15 mila euro, mentre la reclusione parte da almeno un anno e sei mesi.
Le novità sul Daspo urbano
Il disegno di legge “Sicurezza” introduce poi alcune novità sul cosiddetto “Daspo urbano”, ossia il divieto di accedere a luoghi pubblici che può essere disposto dai sindaci o dalle autorità di pubblica sicurezza nei confronti di singoli cittadini.
Il testo approvato alla Camera dà ai questori il potere di disporre il divieto di accesso nei confronti di persone denunciate o condannate, anche senza una sentenza definitiva, se queste persone sono accusate di aver commesso nei cinque anni precedenti alcuni tipi di reato (tra cui lesioni, ma non solo) all’interno di stazioni, aeroporti, porti o strutture di trasporto pubblico locale.
Viene inoltre ampliata la possibilità di ricorrere al cosiddetto “arresto in flagranza differita” per chi è accusato di aver commesso il reato di lesioni personali (art. 583) nei confronti di un pubblico ufficiale durante le manifestazioni sportive o di un medico o infermiere in servizio. L’arresto in flagranza differita consente di arrestare entro 48 ore le persone che sono accusate di aver commesso alcuni tipi di reato, ma che, sebbene colte sul fatto grazie a foto o video, non possono essere immediatamente arrestate per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica.
Cambiano le regole sulla concessione della sospensione condizionale della pena: il disegno di legge “Sicurezza” prevede che la sospensione condizionale della pena nei confronti di condannati per alcuni tipi di reato, commessi nelle aree dei trasporti pubblici, possa essere concessa a patto di osservare il divieto di accedere a specifici luoghi, disposto da un giudice. Se questo divieto non viene osservato, viene revocata la sospensione condizionale della pena.
La stretta sui blocchi stradali
Attualmente la legge punisce già con una multa da mille euro a 4 mila euro chi impedisce la circolazione su una strada ordinaria (per intenderci, una comune strada asfaltata) usando il proprio corpo. Il disegno di legge “Sicurezza” propone che chi commette questa azione, su una strada e sui binari, possa essere punito con un mese di carcere e una multa di 300 euro. È prevista poi l’introduzione di un’aggravante: la pena della reclusione può andare da sei mesi a due anni se il blocco stradale è commesso insieme ad altre persone.
Al momento, dunque, se si impedisce la libera circolazione su una strada con il proprio corpo, si commette un illecito amministrativo, essendo prevista solo una multa. Se il disegno di legge “Sicurezza” diventerà legge, questo illecito diventerà penale, essendo previsto il carcere. (inasprimenti introdotti nel 2018 dal primo Decreto Sicurezza del Governo giallo verde)
Certo chi danneggia ingiustamente e gratuitamente va sanzionato, ma la fattispecie era già prevista, ora aggravarla con una specifica individuazione (strada e binari) significa ancora una volta inseguire gli eventi e non prevenirli o governarli. Che dire allora della infinita quantità di soggetti che lasciano veicoli di ogni specie parcheggiati sui marciapiedi ad intralcio della circolazione pedonale ?!
Il problema è educarci ad un rispetto dell’altro, ovviare e rimuovere le cause: se le auto non ci stanno più si potenziano i trasporti pubblici e si lasciano le auto fuori dai centri abitati. Vogliamo impedire veramente che gruppi di persone, in aggregazioni spontanee possano far conoscere una protesta manifestando per le vie di un centro abitato, o voglia opporsi civilmente manifestando contro opere discusse e discutibili (pensiamo ai No TAV). Le previsioni del Decreto potrebbe risultare alla fine un espediente per zittire i dissensi o peggio per dare esecuzione forzata a opere vessilli di battaglie ideologiche.
Il carcere per le donne incinte
In base al codice penale, l’esecuzione di una pena deve essere spostata (art. 146) se riguarda una donna incinta o una donna madre di un bambino con meno di un anno di età. In questi casi il rinvio dell’esecuzione della pena, come la detenzione in carcere, è obbligatorio.
Il disegno di legge “Sicurezza” vuole eliminare questa obbligatorietà, rendendo il rinvio solo facoltativo. Al momento il rinvio facoltativo della pena può riguardare (art. 147), tra gli altri, le madri che hanno figli con un’età inferiore ai tre anni.
Il disegno di legge “Sicurezza” propone che nel caso in cui venga disposto il rinvio della pena per una donna incinta o con un figlio con un’età inferiore ai tre anni, questo rinvio possa essere revocato se la madre adotta comportamenti «che causano un grave pregiudizio alla crescita del minore». In più, chiede che il rinvio non venga concesso se «derivi una situazione di pericolo, di eccezionale rilevanza, di commissione di ulteriori delitti» da parte della madre.
Se le regole approvate dalla Camera diventeranno legge, le donne incinte o madri di bambini con un’età inferiore a un anno dovranno scontare la pena in carcere, qualora comminata, presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri (abbreviato con la sigla “Icam”). Per le madri di bambini con un’età tra gli uno e i tre anni la pena potrà essere eseguita in un Icam solo se «le esigenze di eccezionale rilevanza lo consentano».
Mentre a parole il Ministro Nordio cerca di alleggerire il sovraffollamento carcerario, si inaspriscono le condizioni di punibilità e di esecuzione anche nei confronti di soggetti fragili quali le donne gravide. Sembra più un espediente per una crociata contro le donne Rom notoriamente avvezze alle gravidanze per evitare il carcere. Anche in questo caso si insegue l’effetto per non voler affrontare la causa. La condizione femminile nelle comunità Rom e una politica seria di integrazione di queste nella società
La stretta sull’accattonaggio
Attualmente chi usa un bambino con un’età inferiore ai 14 anni «per mendicare» è punito (art. 600-octies) con il carcere fino a tre anni.
Il disegno di legge “Sicurezza” vuole alzare l’età del minore a 16 anni e portare la pena da uno a cinque anni di carcere, e aumentare le pene per chi induce gli altri all’accattonaggio, portandole fino a sei anni di carcere. Questa pena è aumentata «da un terzo alla metà» se il reato è commesso usando la violenza e le minacce nei confronti di un bambino di età inferiore ai 16 anni.
Le norme sulla violenza contro i pubblici ufficiali
Il codice penale punisce (art. 336) con il carcere da sei mesi a cinque anni chi minaccia «un pubblico ufficiale» o «un incaricato di un pubblico servizio», o usa la violenza nei suoi confronti, per costringerlo a fare qualcosa di contrario ai propri doveri. Il disegno di legge “Sicurezza” vuole aumentare di un terzo questa pena se il reato di “violenza o minaccia a un pubblico ufficiale” è commesso nei confronti «di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza». Lo stesso inasprimento delle pene è stato introdotto per il reato di “resistenza a pubblico ufficiale” (art. 337).
Il testo approvato dalla Camera chiede che la pena sia aumentata di un terzo se le violenze o le minacce contro i pubblici ufficiali sono commesse per «impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica».
Vengono riscritte anche le pene per le ipotesi di lesioni nei confronti di un pubblico ufficiale. In base alle modifiche proposte dal disegno di legge “Sicurezza”, le lesioni considerate «semplici» contro un pubblico ufficiale sono punite con una reclusione da due a cinque anni; le lesioni «gravi» da quattro a dieci anni; e quelle «gravissime» da otto a 16 anni.
Il pensiero è per le forze dell’ordine, una previsione che appare come un dazio da pagare per “far finta” di tutelare chi con il proprio lavoro si impegna a garantire la sicurezza. Ma questo non è la soluzione , anzi appare di tutta evidenza una non soluzione. Chi sarà ritenuto responsabile della violenza avrà già commesso quella violenza e a nulla serve evitarla inasprendo la pena, se non a creare un clima di terrore…ma è questo ciò che serve ? è questo ciò che ricompone un clima di convivenza?
Contro gli imbrattamenti
Il codice penale punisce già il reato di “deturpamento e imbrattamento di cose altrui” (art. 639). Il disegno di legge “Sicurezza” propone di ampliare questo reato: nel caso in cui sia commesso contro «beni mobili o immobili adibiti all’esercizio di funzioni pubbliche» e «con la finalità di ledere l’onore, il prestigio o il decoro dell’istituzione cui il bene appartiene», il reato di deturpamento è punito con il carcere da sei mesi a un anno e sei mesi e con una multa da mille a 3 mila euro.
In caso di recidiva, le pene aumentano: la reclusione va da sei mesi a tre anni e la multa può arrivare fino a 12 mila euro.
Le novità per il Codice della strada
Il testo approvato dalla Camera interviene pure sul Codice della strada, aumentando le sanzioni per chi non rispetta una serie di regole:
- gli autisti che non mostrano il documento di identità o la patente rischiano una multa da 100 euro a 400 euro.
- chi non si ferma all’alt delle forze dell’ordine rischia una multa da 200 euro a 600 euro, e se è recidivo nei due anni successivi, gli viene tolta la patente per un mese.
- chi invece forza un posto di blocco può essere punito con una multa da 1.500 euro a 6 mila euro e, una volta accertata la violazione del Codice della strada, gli viene sospesa la patente per un periodo che va da tre mesi a un anno.
Anche il Codice della navigazione ha subìto un paio di modifiche: per i capitani delle navi italiane e straniere che non obbediscono all’intimidazione del fermo della Guardia di finanza possono essere puniti con il carcere fino a due anni (questa pena è già in vigore per chi non obbedisce all’ordine di una nave da guerra nazionale).
Il nuovo reato di rivolta in carcere
A oggi chiunque istiga (art. 415) pubblicamente «alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico» oppure «all’odio fra le classi sociali» è punito con il carcere da sei mesi a cinque anni. Con il disegno di legge “Sicurezza” le pene sono aumentate – senza specificare di quanto – se il reato di “istigazione a disobbedire alle leggi” è commesso in un istituto penitenziario oppure nelle comunicazioni dirette a detenuti.
Viene inoltre introdotto il nuovo reato di “rivolta all’interno di un istituto penitenziario”: «Chiunque, all’interno di un istituto penitenziario, partecipa a una rivolta mediante atti di violenza o minaccia o di resistenza all’esecuzione degli ordini impartiti, commessi da tre o più persone riunite, è punito con la reclusione da uno a cinque anni», si legge nel disegno di legge “Sicurezza”. Tra gli «atti di resistenza» rientrano anche i comportamenti di resistenza passiva che impediscono il compimento di atti d’ufficio necessari alla gestione dell’ordine nel carcere. Le pene per questo nuovo reato sono aumentate per chi lo commette usando le armi oppure se ne derivano lesioni per le persone, o la morte di qualcuno. La pena massima può arrivare fino a vent’anni di carcere.
Viene modificato anche il Testo unico sull’immigrazione prevedendo di punire con il carcere da uno a sei anni chiunque, insieme ad almeno altre tre persone, organizzi o partecipi a una «rivolta» in un centro di accoglienza per migranti o in un centro per i rimpatri (assimilabili in tutto soprattutto nelle condizioni logistiche al carcere), usando violenza o atti di resistenza passiva.
Infine, a proposito di immigrazione, il disegno di legge “Sicurezza” obbliga i negozi che vendono le schede telefoniche SIM a chiedere una copia del permesso di soggiorno ai clienti di nazionalità non appartenente all’Unione europea. Chi (negozio) non rispetta questa norma rischia di vedersi chiudere il negozio per un periodo da cinque a trenta giorni.
Se il Governo con il Decreto carcere aveva proclamato di voler risolvere il sovraffollamento, certo con l’introduzione di 30 nuovi reati e l’inasprimento di molte pena con la proposizione di svariate aggravanti, dimostra di andare nella direzione opposta a quelle proclamata.
Le carceri non si sono alleggerite, anzi esattamente l’opposto, e a 90 gg dall’entrata in vigore del D.L. Nordio ora rischia di decongestionarsi ancora di più con una serie di misure sanzionatorie che reprimono in una visione miope della società e sanza affrontare i problemi che rimangono irrisolti.
L’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) a proposito del D.L. Sicurezza ritiene che sia un testo che mina le basi dello Stato di diritto. Va a criminalizzare grandi problemi come quello dell’abitare e, più in generale, ogni forma di dissenso e si sanzionano i comportamenti di «resistenza passiva» palesando una evidente «deriva liberticida» del governo.
Ad impressionare per la manifestazione repressiva sono le norme che tendono a criminalizzare e colpire anche le azioni pacifiche e non violente : un pacifico sit-in di studenti davanti scuola che ferma il traffico, o un classico picchetto di operai davanti a una fabbrica senza cassonetti rovesciati, niente mezzi di traverso, niente violenza, semplicemente una libera manifestazione di dissenso rischia di far scattare un reato penale punibile addirittura con il carcere se commessa in più di due persone. «Con questa norma, Gandhi e Pannella sarebbero sbattuti in carcere e trattati alla stregua di violenti criminali»
Un Governo ed uno Stato che ricorrono sistematicamente al reato penale per legittimare la loro forza, evidenziano la debolezza dello stato stesso incapace di orientare la società interpretandone i malumori ed i bisogni con azioni positive capaci di ridurre le distanze sociale e dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini in specie quelli più deboli.
La vera impresa dello Stato è identificabile nell’esigenza di mettere insieme Stato di diritto e Sato sociale, legalità ed equità, norma e valore, interesse e solidarietà.
Questo è il problema, perché si badi bene che uno Stato debole, uno Stato inefficiente, uno Stato partigiano, è uno Stato che non corrisponde alle ragioni di solidarietà, ma è assai inerme ed arreso rispetto ai torti della prepotenza.