Ad un anno di distanza dal Decreto Carcere il ministro Nordio torna sulle solite proposte

Ad un anno di distanza dal Decreto Carcere il ministro Nordio torna sulle solite proposte
Ennesima bufala per coprire una mancanza di una visione prospettica incapacità di affrontare un problema strutturale -culturale e giuridico
Era luglio 2024 quando il Governo emanava il Decreto Carceri (D.l. n.92 del 4 luglio 2024, conv. l. n. 112 dell’ 8 agosto 2024), noto anche come “Carcere sicuro”, e annunciava propositi di rispondere alla necessità di un sistema più efficiente e rispettoso dei diritti umani.
De cardini del decreto che avrebbero dovuto, a detta del ministro nel giro di tre mesi, liberare la morsa del sovraffollamento si stanno rivelando inutili ed inefficaci al fine
La liberazione anticipata (misura già esistente – art. 54 O.P.- che consente ai detenuti di ridurre la propria pena in base alla buona condotta) modificata passando da un sistema di richiesta (petitorio) ad un sistema di concessione diretta da parte del Magistrato di Sorveglianza. Misura rimasta inapplicata per carenza di struttura e personale : tutto è rimasto come prima con l’aggravante che i detenuti non hanno più certecca e contezza del loro fine pena.
I roboanti proclami del Ministro secondo il quale già a fine settembre 2024 si sarebbero dovuti vedere i primi effetti della riforma sono, non solo disattesi ma assolutamente delusi e frustrati, con l’aggravante di rendere maggiore il carico di lavoro sui Magistrati e sulle cancellerie della Sorveglianza ora occupati anche a far di conto.
Il secondo caposaldo del Decreto che avrebbe dovuto garantire il rapido svuotamento delle carceri con il proclama di 15/20 mila detenuti scarcerati entro ottobre 2024, si basava sul più rapido accesso alle misure alternative. Da un lato agevolato dalla più rapida concessione automatica della L.A. (cosa che abbiamo visto non essere), dall’altro l’introduzione delle strutture residenziali per l’accoglienza e il reinserimento sociale delle persone detenute apprezzabile appare la soluzione dell’istituzione di un apposito elenco tenuto presso il Ministero della Giustizia (art. 8, comma 1). Anche in questo caso occorrerà attendere l’adozione di un successivo atto normativo (decreto ministeriale) al quale fa rinvio il comma 2 dell’art. 8 del decreto-legge.
Il Decreto su questo versante è risultato improvvisato, assente di prospettiva e di finalità. Al di la delle enunciazioni, roboanti e pompose, il Decreto ha fatto sfoggio dell’ovvio senza mettere mano ai cardini dei problemi, il tutto in nome del mantra di questo governo e dei suo esponenti: la certezza della pena, il detenuto deve espiare la punizione a prescindere dalla risocializzazione.
Ad un anno esatto di distanza da quel decreto, con le carceri che scoppiano di sovraffollamento, in condizioni igienico sanitarie al limite del collasso, in condizioni umane degradanti su ogni fronte, dove lo stesso personale amministrativo – educativo e di polizia penitenziaria è stremato, in sottorganico non più capace di far fronte alle necessità, in condizioni di lavoro che meriterebbero una attenta reprimenda allo Stato datore di lavoro, difronte alla incessante mattanza dei sudici in carcere (41 dall’inizio dell’anno 2025 al 15 luglio - ultimo a morire, in ordine di tempo, è un giovane di trenta anni detenuto a Frosinone e che venerdì scorso aveva tentato il suicidio: dopo tre giorni di agonia, il suo corpo si è spento nell'ospedale dove era stato trasportato con urgenza -) il ministro Nordio non ha trovato di meglio che annunciare “ pene alternative per 10 mila detenuti per reati comuni” e per questo istituisce una task force per affrontare l’emergenza del sovraffollamento carcerario, che dovrebbe collaborare con la magistratura di sorveglianza e con gli istituti penitenziari per facilitare la definizione delle posizioni e l’applicazione delle misure alternative. La squadra, insediata di recente, si riunirà settimanalmente e prevede di completare i lavori entro settembre 2025. Il ministro Nordio ha sottolineato l’importanza del dialogo instaurato con la magistratura di sorveglianza, definendolo un “utile confronto” che potrà accelerare l’adozione di soluzioni efficaci.
Ancora una volta il Ministro fissa i tempi e prevede nel mese di settembre il tempo della panacea.
Doveva essere settembre 2024 che le carceri si sarebbero vuotate e sarebbero stati messi a disposizione gli spazi nelle caserme dismesse, siamo arrivati all’estate 2025 (un anno dopo) e non essendo stato fatto nulla, il Ministro istituisce una task force che dovrebbe studiare i rimedi insieme alla magistratura di sorveglianza entro settembre 2025.
Ministro lei da magistrato è sempre andato in vacanza ad agosto e i suoi colleghi magistrati vanno in vacanza anche ad agosto quest’anno anzi lo saranno dal 20 luglio quando entrerà in funzione la corte estiva per le pratiche urgenti ed indifferibile, ad agosto chiude anche il parlamento, la sua task force che cosa vuole che faccia ad agosto 2025 ?
Ma perché vogliamo prenderci in giro ancora ?
Noi detenuti saremmo disposti a soffrire in carcere un altro anno se Lei la smettesse di prendere in giro tutti, e si dedicasse ad una vera e seria riforma del sistema penale. Non si tratta di svuotare le carceri si tratta di rivedere il sistema penale, rivedere la pena oggi unica e detentiva basata su una cultura carcero centrica, e finalmente introdurre un sistema sanzionatoria differenziato, dove siano individuate differenti pene a seconda dei reati e delle circostanze, pene che possano essere anche riviste lungo il percorso di espiazione a seconda del grado di risocializzazione raggiunto dal reo, in conformità al dettato costituzionale dell’art. 27 ed alla sua effettiva e piena attuazione. Accompagnando la riforma di sistema con una coerente legge che garantisca la certezza delle pene sì ma anche la certezza della risocializzazione il rispetto della vittima imponendo il silenzio della speculazione informativa, nel rispetto del dolore di chi ha sofferto e soffre ogni volta che la cicatrice viene riaperta…
Le pene, quale che ne sia la forma, devono puntare a ricostruire il legame sociale, partendo dal presupposto che la commissione del reato ne ha determinato la lacerazione. È per questa semplice ragione, avente un ben preciso fondamento costituzionale, che l’opzione repressiva, per quanto sempre presente nelle scelte di politica criminale, non può mai relegare nell’ombra il profilo rieducativo (così Corte cost., sent. n. 257 del 2006), imponendo particolare e costante attenzione nei confronti del singolo condannato, come di nuovo richiede l’art. 27, terzo comma, della Costituzione.