In carcere si continua a morire e a soffrire

In carcere si continua a morire e a soffrire
Il Ministro Nordio glissa ed ha paura di adottare misure di indulgenza lineare
La Conferenza nazionale dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale a Maggio del 2024 aveva attirato l’attenzione sulla situazione grave delle carceri con una mobilitazione (18 maggio 2024) in tutta Italia.
Gli ottantasei Garanti territoriali avevano redatto un documento-appello dal titolo “Indignarsi non basta più!”, rivolto alla politica, alla magistratura e al dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.
Le quattro proposte principali dei Garanti: 1) approvare immediatamente misure deflattive del sovraffollamento; 2) intervenire urgentemente per migliorare le condizioni detentive attuali; 3) attenuare l’applicazione della circolare sul riordino del circuito media sicurezza; 4) intervenire per rendere praticabile il diritto all’affettività in carcere, anche con più telefonate e videochiamate.
Le parole dei Garanti:
“‘Rispetto all’indifferenza della politica e all’acuirsi dello stato di sofferenza dei detenuti, chiediamo l’approvazione urgente di misure deflattive del sovraffollamento, l’accesso alle misure alternative ai detenuti che stanno scontando una pena o un residuo pena inferiore ai tre anni, progetti di inclusione socio lavorativa, attività culturali ricreative e relazionali – spiega il portavoce della Conferenza nazionale e Garante campano Samuele Ciambriello – Chiediamo subito l’aumento di telefonate e videochiamate e chiediamo misure alternative urgenti per i detenuti tossicodipendenti e malati di mente. Ci sono pene sproporzionate per i reati minori, reati minori anche in famiglia che hanno pene maggiori! Rispetto ai suicidi, ai tentativi di suicidio e agli atti di autolesionismo, occorrono figure di sostegno psicologico e psichiatrico, occorrono assistenti sociali che fanno da ponte tra il dentro e il fuori. Occorrono mediatori linguistici per gli immigrati”.
Da allora nulla sembra essere cambiato, anzi la situazione per certi versi è peggiorata e le iniziative del Ministro della Giustizia sono risultate vacue e inconsistenti, fumo e nessuna soluzione.
Dall’inizio del 2025, siamo già a 25 suicidi , più i (15) morti da accertare, a cui si aggiungono 29 (35) decessi per cause naturali. Cifre che raccontano di un’unica patologia: mal di sovraffollamento. E di una sostanziale fuga dalle responsabilità. Sulla quale pesano ancora come macigni le parole pronunciate la scorsa estate dal presidente Mattarella. “Condizioni angosciose – sottolineò il Capo dello Stato partendo dalla lettera di un detenuto - Indecorose per un Paese civile, qual è, e deve essere, l'Italia. Il carcere non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza, non va trasformato in palestra criminale".
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è detto «d’accordo “per tre quarti”» con le proposte contenute nel documento-appello che gli è stato consegnato dai Garanti dei detenuti durante un incontro al dicastero di Via Arenula. Il Guardasigilli ha confermato la sua contrarietà «ad amnistia, indulto e a qualsiasi forma di indulgenza lineare», ha riferito Samuele Ciambriello, portavoce della conferenza dei Garanti. Novità in arrivo per le cosiddette “stanze dell’amore”: a breve il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) emanerà una circolare per «garantire una omogeneità nell’applicazione e nella possibilità di riconoscere l’esercizio del diritto all’affettività in ogni istituto penitenziario».
Ciambriello, all’uscita dalla Casa Circondariale di Poggioreale, alcuni giorni fa (28.3.2025) ha dichiarato: “Ieri, nella tarda sera, Harar Houssem algerino di 32 anni si è tolto la vita nel bagno della sua stanza. I compagni di cella, 5 detenuti in una stanza piccola e con scarse condizioni igieniche sanitarie, mi hanno mostrato la corda utilizzata da Harar realizzata con un lenzuolo intrecciato. Il ragazzo era stato trasferito da un paio di mesi nel carcere di Poggioreale da Benevento, in questi giorni aveva ricevuto la notifica di una nuova condanna. Ho parlato con tutta la comunità penitenziaria fatta di detenuti, detenenti, direzione, agenti e educatori voglio rimarcare che dalla ore 19:00 fino alla mattina ci sono pochissimi agenti di polizia penitenziaria, a volte anche un solo agente per due piani. Va rafforzata anche nel pomeriggio e nella notte la presenza sanitaria per un pronto intervento, molte volte è questione di pochi minuti per salvare una vita“.
Nella notte tra il 30 e il 31 marzo si è tolta la vita in carcere a Milano Francesca Brandoli, ed il garante dei detenuto dr. Francesco Maisto incredulo ha dichiarato: «L'ho incontrata 15 giorni fa - dice - Anche se aveva qualche problema di salute, nulla mi ha fatto pensare che fosse in una situazione tale da compiere un simile gesto. Sono sconvolto»
Ad agosto 2023, il neo-ministro della Giustizia Carlo Nordio si rivolgeva ai reclusi, promettendo un impegno concreto per migliorare le condizioni di vita nelle carceri, primo impegno : «Più telefonate per i detenuti, ogni suicidio è mia sconfitta» . A quasi due anni non sono aumentate le telefonate (al rallentatore il regolamento ministeriale) e in carcere si continua a morire . Il Ministro Nordio ed il Governo nonostante l’allarme da più e più parti sollevato rispetto all’emergenza carceri al sovraffollamento che toglie il respiro a detenuti, Agenti penitenziari e operatori che non reggono più le condizioni sempre più degradate in cui si trovano ad operare, non hanno saputo far altro che approvare un “decreto carceri” vuoto di contenuti e soluzioni ed emanare decreti con cui si aumentano i livelli edittali delle pene e si istituiscono oltre 16 nuovi reati, che andranno ad affollare ancora di più le celle senza risolvere alcun problema emergenziale dentro e fuori il carcere.
Il tragico bollettino delle carceri italiane: 378 già i tentativi di suicidi; in Campania ad oggi sono 2 i suicidi avvenuti e 8 i tentativi di suicidio solo nel carcere di Poggioreale, ed 1 suicidio nella REMS di San Nicola Baronia. Ha concluso il garante Ciambriello: “I numeri sono dati allarmanti di un problema che si trascina da decenni. Oltre alla carenza di personale di agenti di polizia penitenziaria, mancanza di figure sociali di ascolto, mancanza di condizioni dignitose della pena, di spazi di socialità, di attività trattamentali, si resta chiusi in cella 20 ore su 24. La politica continua a proporre la costruzione di nuovi fabbricati dimentica invece di garantire condizioni dignitose della pena“.
L’ultima fantasia del Ministro e del Governo è il piano da 32 milioni del ministero della Giustizia prevede 384 posti distribuiti in 9 istituti. Una goccia nel mare del sovraffollamento che al momento conta 62.165 detenuti per una disponibilità di 51.323 posti.
Il ministero della Giustizia qualche giorno fa ha annunciato l’avvio di una gara da 32 milioni di euro per l’ampliamento di nove istituti penitenziari mediante l’installazione di moduli detentivi prefabbricati. Nel gergo tecnico, si parla di “container”. I nuovi posti letto previsti sono appena 384, una goccia nel mare rispetto ai 62.165 detenuti attuali e ai 51.323 posti regolamentari (molti dei quali inagibili). Non solo: se mai venisse realizzato, dal documento emergerebbe uno stratosferico costo di 83.333 euro a posto letto, equivalente a quello di un piccolo appartamento in una cittadina italiana.
Il piano di ampliamento delineato nel documento tecnico di Invitalia prevede l’installazione di 16 strutture denominate “Blocchi Detenzione”, ciascuna progettata per accogliere 24 detenuti. La distribuzione geografica degli interventi segue una logica tripartita: nel Nord Italia verranno realizzati 5 blocchi (120 posti letto) tra gli istituti di Alba, Milano e Biella; il Centro-Nord ospiterà 6 blocchi (144 posti) tra L’Aquila, Reggio Emilia e Voghera; mentre il Centro-Sud vedrà l’aggiunta di 5 blocchi (120 posti) a Frosinone, Palmi e Agrigento. Il tutto con un costo di 2 milioni di euro per ogni singolo blocco, l’investimento totale ammonta a 32 milioni, destinati a moduli prefabbricati in calcestruzzo trasportabili.
Dalla verifica tecnica del progetto emerge un dato emblematico: ogni posto letto nei nuovi moduli costerà allo Stato 83.333 euro, quasi quanto il prezzo di un monolocale. Il progetto, finanziato con 32 milioni, prevede la costruzione di 16 blocchi prefabbricati (24 posti ciascuno) per un totale di soli 384 posti aggiuntivi distribuiti in nove carceri. Una spesa esorbitante, considerando che l’intervento richiederà oltre 8 mesi di lavori, con collaudi non prima del 2026.
Con 384 posti aggiuntivi, il tasso di sovraffollamento rimarrebbe al 123% (62.165 detenuti vs 51.707 posti), vicino alla soglia che provocò la condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Servirebbero politiche coraggiose, come richiesto dal deputato Roberto Giachetti (Italia Viva) e dall’associazione Nessuno Tocchi Caino, allineate alle raccomandazioni di Antigone, dell’osservatorio delle camere penali e dei garanti territoriali: potenziamento delle misure alternative, ampliamento della liberazione anticipata, amnistia. Si aggiunge il nodo delle risorse umane.
Ma questo Ministro e questo Governo non intendo fare passi indietro rispetto al loro mantra: Certezza della pena intesa come “buttiamo le chiavi”
Neppure il giubileo della Speranza e il gesto di papa Francesco che apre una porta santa, la porta della Speranza nel carcere di Regina Celi ha piegato a opportunità umana secondo la declamazione costituzionale indicata dall’art. 27, la determinazione di un governo sordo al grido che si leva dalle carcere italiane.
Ma questo atteggiamento non provoca solo la violazione costituzionale della finalità della pena, ma pone Agenti penitenziari e operatori, che in carcere lavorano in condizioni illegali, dove questi lavoratori e servitori dello stato sono costretti ad operare in condizioni oltre ogni limite, sottorganico ed in vere e proprie polveriere di disperazione.
Questi sono i nostri governanti che pur di inseguire il consenso alimentano la vendetta che essi stessi si incaricano di infliggere a quanti devono scontare una pena che dovrebbe portarli ad una autentica e sincera risocializzazione e che invece vedono annientati tutti i diritti che la pena non può e non deve annientare, costretti a vivere in condizioni disumane e degradanti.
Eppure la Speranza invocata dal Papa con il giubileo è tracciata nella stessa costituzione e nell’ordinamento penitenziario, vi sono li norme che aprono alla clemenza e dal perdono e che ispirano condizioni di esecuzione della pena alternative, condizioni che questo Ministro non vuole considerare, anzi incontrando i Garanti riafferma : mai misure di indulgenza orizzontale.
Nordio ha paura dell’indulgenza, ha paura di usare quegli strumenti che pure il nostro ordinamento ed il diritto prevedono.
Mala tempora currunt: il carcere è malato in maniera irreversibile e la filosofia del governo è legata a una concezione della pena vendicativa contro la risocializzazione prevista dall’art. 27 della Costituzione, tanto è vero che Fratelli d’Italia ha presentato proposte di legge per lo stravolgimento di quel principio con le firme di Meloni, Delmastro Delle Vedove e Cirielli. Per questo il sovraffollamento e i suicidi non turbano e sono considerati effetti collaterali inevitabili.
Diceva Nordio nel 2010 – in un dialogo con Giuliano Pisapia affermando l’ipocrisia di un provvedimento di indulto, senza amnistia – che «la mancata riforma del Codice penale, il continuo sovrapporsi di norme contraddittorie, oscure e complicate, l’illusione demagogica che ogni infrazione debba essere punita dai tribunali hanno riproposto subito gli stessi problemi: processi eterni, pene incerte, carceri sovraffollate». Addirittura, per condannare l’impotenza della politica attraverso una “resa” denunciava il fatto che si aprivano le porte delle prigioni «senza domandarsi perché esse si siano chiuse, a suo tempo, alle spalle di persone che non ci sarebbero mai dovute entrare».
La vera resa dello Stato si realizza nella violazione dei principi costituzionali del reinserimento sociale dei condannati; perciò, in una situazione di emergenza, si può immaginare una misura di clemenza per rendere umano il sistema. Oggi questa scelta è però impraticabile, dopo la modifica avvenuta nel 1992 dell’articolo 79 della Costituzione, che prevede una maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera per varare una amnistia.
Dalla bulimia alla anoressia, un vero paradosso. L’eliminazione della scelta utilizzata per quarant’anni (21 provvedimenti di amnistia e indulto) che teneva in equilibrio il sistema della giustizia ha comportato l’intasamento dei tribunali e l’affollamento carcerario.
Di fronte alla proposta dell’onorevole Giachetti per l’aumento dei giorni di liberazione anticipata, il neo-garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà è volato in soccorso non dei reclusi ma del governo, sostenendo che occorrono misure sistemiche.
Insomma, non si vuole guardare in faccia la realtà delle cose, si preferisce aggirare la costituzione, voltarsi dall’altra parte, rimanere sordi ai continui richiami provenienti da più realtà che hanno a cuore la società ed i detenuti, non si vuole neppure fare tesoro di quella giustizia ripartiva che guarda alla ricomposizione della frattura tra individuo e società provocata dal reato, si preferisce dare segnali di muscolatura irreprensibile, salvo quando di mezzo ci sono gli amici…o litigare con la magistratura… intanto aumentano le pene, aumentano i reati e la società è sempre più insicura e sola.