Telefonate con i figli minori: irragionevole sottoporre il detenuto per reati ostativi ad un regime più restrittivo
Telefonate con i figli minori: irragionevole sottoporre il detenuto per reati ostativi ad un regime più restrittivo
Premessa
La motivazione della sentenza in approfondimento, in materia di esecuzione penale, verte sull'esame della questione sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., in ordine al quale la Consulta, nel dichiarare fondata la questione sollevata, ha stabilito che qualora il detenuto sia stato condannato per un reato compreso nell'elenco del primo comma, primo periodo dell'art. 4-bis ord. pen., ma abbia comunque accesso a tutti i benefici penitenziari, è irragionevole sottoporlo ad un regime più restrittivo solo per quel che riguarda i colloqui telefonici con i figli minori.
Nel comunicato reso il 13 maggio 2024 dall' Ufficio comunicazione e stampa della Corte Costituzionale, viene evidenziato che ogni disciplina - come l'art. 4 bis - che, a parità di pena inflitta, deroga in senso peggiorativo al regime penitenziario ordinario “ può trovare legittimazione sul piano costituzionale – al cospetto della necessaria finalità educativa della pena di cui all'art. 27, terzo comma Cost. - soltanto in quanto sia necessaria e proporzionata rispetto al contenimento di una speciale pericolosità sociale del condannato”; e non invece “ in chiave di ulteriore punizione in ragione della speciale gravità del reato commesso. E', infatti, la misura della pena che nel nostro ordinamento deve riflettere la gravità del reato, non già la severità del regime sanzionatorio”. La Corte, dunque, sottolinea la finalità educativa della pena ribadendo il divieto di introdurre un regime differenziato, peggiorativo, nei confronti dei detenuti per i quali non sia stata accertata la concreta pericolosità sociale.
L' ordinanza del 2 agosto 2023, iscritta al n. 22 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella G. U., n. 39, prima serie speciale dell'anno 2023
Il Magistrato di Sorveglianza di Padova è stato chiamato a pronunciarsi sul reclamo presentato, ai sensi dell'art. 35-bis della L. n. 354/1975 ( Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà ), da un detenuto in esecuzione della pena avverso un provvedimento della direzione del carcere di Padova che gli aveva negato il permesso di effettuare telefonate giornaliere al figlio minorenne. Il giudice rimettente sollevava questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2-quinquies, co., 1 d.l. n. 28/2020, ( in riferimento agli artt. 3, 31 e 117,co. 1, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 8 CEDU, nonché all'art. 3 par., 1 della Convenzione sui diritti del fanciullo e all'art. 24, par., 2 CDFOE), “ nella parte in cui prevede che l'autorizzazione ai colloqui con i figli minori non può essere concessa più di una volta a settimana nel caso di detenuti per i reati ex art. 4-bis L. 26 luglio 1975 n. 354”. Il Magistrato riferiva che dal 2020, il detenuto ha usufruito di permessi premio che gli hanno consentito di rafforzare il legame affettivo con il figlio di nove anni, concepito con fecondazione assistita durante le detenzione. Nello specifico, ha potuto fruire di : una corrispondenza telefonica al giorno e sei videochiamate al mese ( “ da intendersi equiparati ai colloqui visivi”), con la propria famiglia: “ uno alla settimana in base alla disciplina ordinaria prevista per i detenuti per i reati non ostativi e una supplementare a settimana come previsto per i detenuti condannati per reati ostativi”. Il giudice a quo, pur riconoscendo la conformità del provvedimento impugnato con quanto prescritto dalla disposizione censurata[1], solleva dubbi di costituzionalità della stessa per contrasto con l'art. 3 Cost.
In primo luogo, per l'intrinseca irragionevolezza della disposizione medesima e, in conseguenza, per l'irragionevole disparità di trattamento creata nel differenziare il regime relativo alla corrispondenza telefonica vigente per i detenuti e internati per i delitti di cui al primo comma, primo periodo, art. 4-bis ord. pen., e il regime applicabile in favore dei detenuti e internati per la generalità degli altri reati. Per il rimettente, la disposizione sottopone alle stesse regole in materia di corrispondenza telefonica tutti i detenuti per i reati elencati nell'art. 4-bis, co., 1, primo per., ord, pen., senza operare alcuna distinzione tra quelli che hanno accesso ai benefici e quelli che che non hanno accesso, auspicando l'equiparazione di questi ultimi a quelli sottoposti a regime ordinario. Inoltre, la disposizione censurata, violerebbe l'art. 31 Cost., perchè, secondo le valutazioni del rimettente, i colloqui con i familiari, figli compresi, “ rappresentano uno strumento cardine del trattamento penitenziario”. Egli, a supporto di ciò, richiama la sentenza n. 18 del 2020 della stessa Corte Costituzionale nella parte in cui sottolinea che la tutela del legame parentale non potrebbe considerarsi esaurita dopo l'instaurazione dell'esperienza detentiva del genitore, “ atteso che in questi casi lo sviluppo della personalità del minore si trova in condizioni di potenziale fragilità e richiede una tutela rafforzata che consenta di non rinunciare alle aspettative di un armonico sviluppo del bambino e dell'adolescente”. In ultimo, la disposizione censurata si porrebbe in contrasto con l'art. 117, primo comma Cost., in relazione all'art. 8 CEDU nonché all'art. 3 par.1 della Convenzione sui diritti del fanciullo e all'art. 24, par 2 CDFUE.
L'irragionevolezza del regime restrittivo a carico dei condannati per i reati di criminalità organizzata che abbiano già accesso ai benefici penitenziari
La Corte ha ritenuto fondata la questione sollevata con riferimento all'art. 3 Cost., ricordando che l'art. 4-bis, co., 1, primo per., ord. pen. prevede un regime penitenziario differenziato ( per i detenuti e internati per una serie di reati commessi in contesti di criminalità organizzata) che preclude l'accesso ai benefici in assenza di collaborazione con la giustizia.
Meccanismo preclusivo che, tuttavia, non opera per i detenuti collaboratori; per quelli che abbiano commesso il reato prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 162/2022 ( i quali non siano collaboratori di giustizia ma nei cui confronti sia stata riconosciuta la collaborazione “impossibile”, “inesigibile”, o “irrilevante”, secondo le condizioni dettate dal 2° comma dell'art. 3 del citato d.l.), applicandosi, ad essi, il regime ordinario di accesso ai benefici), per quelli che non collaborino con la giustizia ma rispetto ai quali sussistano le condizioni indicate dal comma 1 bis dell'art. 4-bis ord pen., nel testo vigente, ai quali si applica il regime ordinario di accesso ai benefici. Pertanto, il detenuto o internato ha accesso ai benefici ordinari solo a seguito dell'acquisizione di “elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva”. Il d.l. n.162 del 2022, nel riformulare il comma 1-bis dell'art. 4-bis ord. pen., ha previsto, in via generale, che i condannati e gli internati per i reati di cui al comma 1, pur in assenza di collaborazione con la giustizia, possano comunque accedere ai benefici ivi indicati, in presenza di un'articolata serie di condizioni, tra le quali in particolare l'allegazione di elementi specifici che “ consentano di escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile”. Anche in queste ultime ipotesi, dunque, per il detenuto o internato non operano le preclusioni di cui al comma 1. Per la Corte, la presunzione di pericolosità sociale per i detenuti ostativi è superabile, come nel caso di specie, laddove il soggetto abbia dimostrato, con il suo comportamento, di non avere più alcun collegamento con la criminalità organizzata e di essere, pertanto, meritevole dei benefici penitenziari.
In ragione della violazione del principio di ragionevolezza, deve essere dichiarata “l'illegittimità costituzionale dell'art. 2-quinquies, comma 1, del D.L. 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, nella L. 25 giugno 2020, n. 70, nella parte in cui non prevede, al terzo periodo, dopo le parole “ quando si tratta di detenuti o internati per uno dei delitti previsti dal primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis della L. 26 luglio 1975, n. 354”, le parole “ per i quali si applichi il divieto dei benefici ivi previsto”.
[1]che, in aggiunta all'ordinaria corrispondenza telefonica settimanale con familiari e conviventi prevista dall'art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 230/2000, consente anche l'autorizzazione al detenuto di poter tenere una conversazione al giorno con i figli minori salvo che si tratti di detenuti o internati per un delitto di cui all'art. 4-bis, comma 1, primo periodo ord. pen., nella cui ipotesi l'autorizzazione supplementare può concedersi più di una volta a settimana