Reati di genere e divieto di avvicinamento alla luce della sentenza n. 173/2024
Reati di genere e divieto di avvicinamento alla luce della sentenza n. 173/2024
Con la sentenza n. 173, pubblicata il 4 novembre 2024, la Consulta ha dichiarato non fondate, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 282-ter, commi 1 e 2 c.p.p. come modificato dall'art. 12, co. 1, lett. d), n.1) e 2), L. n. 168/2023 (Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica) sollevate, in riferimento agli artt., 3 e 13 Cost., dal Gip del Tribunale di Modena, nella parte in cui tale disposizione, disciplinando la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, “non consente al giudice, tenuto conto di tutte le specificità del caso concreto e motivando sulle stesse, di stabilire una distanza inferiore a quella legalmente prevista di 500 metri”.
La questione sollevata dal giudice a quo
Il giudice rimettente, con ordinanza del 15.12.2023, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 282 ter commi 1 e 2 c.p.p., in riferimento agli artt. 3 e 13 Cost., sostenendo che la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, non consente al giudice di stabilire una distanza inferiore da quella prevista, di 500 metri, e allo stesso tempo prevede che, allorquando l'organo delegato per l'esecuzione, accerti la non fattibilità tecnica della modalità di controllo, il giudice debba necessariamente imporre l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari, finanche più gravi. Con le modifiche apportate dalla L. n. 168/2023, le disposizioni sulla distanza minima di 500 metri e quella relativa all'impiego del dispositivo di controllo elettronico, non lasciano al giudice alcun margine di discrezionalità. Con riferimento alla manifesta infondatezza delle questioni, il Gip prendeva a riferimento l'art. 3 Cost., in quanto le disposizioni oggetto di censura vìolano i principi di ragionevolezza e di proporzione, intesi come corollari del principio di uguaglianza, in quanto il carattere inderogabile della distanza minima dalla persona offesa e l'effetto di aggravamento della misura, dovuto alla sussistenza di ostacoli tecnici al funzionamento del braccialetto elettronico, , impediscono al giudice di valutare la gravità del fatto e la ricostruzione della personalità dell'indagato e di tutte le peculiarità del caso concreto. Con riguardo all'art. 13 Cost., il richiamo è alla riserva di giurisdizione sulle misure restrittive della libertà personale, in quanto sia l'estensione dell'area interdetta, sia le conseguenze, in termini di aggravamento, a causa di problemi tecnici, sono stabilite dal legislatore “ direttamente e indiscriminatamente”, con ciò impedendo al giudice di adeguare la misura coercitiva alle esigenze cautelari della fattispecie concreta.
I fatti contestati
Nel caso di specie, nei confronti di una donna, indagata per il reato di atti persecutori, aggravato da preesistente relazione affettiva, a norma dell'art. 612-bis, secondo comma, c.p., veniva applicata la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa, alla di lui madre e alla nuova fidanzata, con l'attivazione del dispositivo elettronico di controllo remoto e con la prescrizione di mantenere dalla persona offesa e dai luoghi dalla stessa abitualmente frequentati una distanza di almeno 500 metri. I carabinieri delegati per l'esecuzione della misura, sottolineavano l'assenza della copertura della rete mobile sufficiente per il funzionamento del dispositivo elettronico di controllo e l'impossibilità di far osservare la distanza minima legale di 500 metri date le dimensioni ridotte del centro abitato.
La decisione della Consulta
La Corte Costituzionale, nel ritenere infondate le questioni sollevate, ha osservato che nell'ipotesi di riscontrata impossibilità tecnica del controllo elettronico, il giudice non è tenuto ad imporre una misura più grave del divieto di avvicinamento ma deve rivalutare le esigenze cautelari della fattispecie in virtù dei criteri ordinari di idoneità, necessità e proporzionalità, potendo scegliere non solo una misura più grave come il divieto o l'obbligo di dimora ma anche più lieve, come l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il braccialetto elettronico è un dispositivo fondamentale per garantire la tutela delle persone vulnerabili rispetto ai reati di genere e, in particolare, nel divieto di avvicinamento è un presidio bidirezionale che, in casodi violazione della distanza minima prescritta, allerta non solo le forze dell'ordine ma anche la persona offesa,la quale viene dotata di apposito ricettore. Gli strumenti elettronici di controllo, proprio perchè rappresentano una misura cautelare meno afflittiva rispetto alla custodia in carcere, consentono all'indagato di muoversi liberamente con il solo limite di non oltrepassare l'area interdetta. La distanza minima di 500 metri, risponde alla duplice esigenza, nell'ipotesi della sua violazione, di garantire alle forze dell'ordine il tempo di poter intervenire e alla persona offesa, la possibilità di provvedere alla propria incolumità. La Consulta ha, altresi, osservato che nonostante nei piccoli centri la distanza di 500 metri risulti particolarmente stringente, l'indagato può agevolmente sopperire al limite imposto, recandosi in un centro abitato vicino per avvalersi di tutti i servizi di cui necessita. Laddove, invece, motivi di lavoro o esigenze abitative richiedano provvedimenti ulteriori e specifici, il giudice potrà, ai sensi del quarto comma dell'art. 282-ter c.p.p. stabilire modalità peculiari di esecuzione del divieto di avvicinamento. Il bilanciamento di interessi operato dal legislatore è in linea con il criterio di priorità enunciato dall'art. 52 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica. La Consulta conclude affermando che, sostanzialmente, si riproduce per il divieto di avvicinamento il modulo di rivalutazione delle esigenze cautelari individuato, nella sentenza n. 20769 del 2016, dalle Sezioni Unite, per l'ipotesi di indisponibilità del braccialetto elettronico negli arresti domiciliari: constatata l'inattuabilità non subentra alcun automatismo né a favore e né contro l'indagato ma è necessario rivalutare l'idoneità, la necessità e la proporzionalità di ogni singola misura, in relazione alle esigenze cautelari del caso concreto. Dunque, per l'ipotesi di cui al caso in oggetto della decisione, constatata l'impraticabilità del divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico, per ragioni di non fattibilità tecnica, il giudice è tenuto a rivalutare la fattispecie concreta senza preclusioni né automatismi.