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Il rapporto tra marchi e segni distintivi diversi (ditta, insegna, domain names e denominazioni varietali): le problematiche in chiave europea

Il rapporto tra marchi e segni distintivi diversi (ditta, insegna, domain names e denominazioni varietali): le problematiche in chiave europea
Il rapporto tra marchi e segni distintivi diversi (ditta, insegna, domain names e denominazioni varietali): le problematiche in chiave europea

[Relazione tenuta dal Professor Carlo Emanuele Mayr, Università di Ferrara, al convegno “Nuovi marchi per l’Europa”]

Abstract

Le norme che regolano gli effetti sulla validità di un marchio comunitario da parte di anteriori segni non registrati in gran parte non hanno subito alcuna modifica dall’emanazione della nuova direttiva e del nuovo regolamento marchi. La particolare soluzione adottata nel regolamento, che in parte rinvia alle discipline nazionali, e lo scarso numero di decisioni che l’hanno avuta ad oggetto raccomandano peraltro una breve ricognizione della situazione venutasi a creare. Infatti i requisiti di tutela e l’ambito di protezione concesso ai segni non registrati da parte della Corte di giustizia differisce per più punti dalle soluzioni tradizionalmente accolte in Italia: come mostra l’esame dell’interpretazione data alle singole condizioni fissate dall’art. 8.4 RMUE ed alle varie fattispecie di segni non registrati od altrimenti usati nella “prassi commerciale”. A differenza di questi ultimi le denominazioni varietali, le quali rientravano sicuramente nell’ambito di applicazione dell’art. 8.4 RMC, hanno ricevuto una specifica menzione e sono state inserite tra gli impedimenti assoluti alla registrazione. Un’analisi appena più approfondita mostra però che non si è trattata di una novella in grado di incidere in modo significativo, ma della sostanziale emersione di principi già agevolmente ricavabili.

[Relazione tenuta dal Professor Carlo Emanuele Mayr, Università di Ferrara, al convegno “Nuovi marchi per l’Europa”]

Abstract

Le norme che regolano gli effetti sulla validità di un marchio comunitario da parte di anteriori segni non registrati in gran parte non hanno subito alcuna modifica dall’emanazione della nuova direttiva e del nuovo regolamento marchi. La particolare soluzione adottata nel regolamento, che in parte rinvia alle discipline nazionali, e lo scarso numero di decisioni che l’hanno avuta ad oggetto raccomandano peraltro una breve ricognizione della situazione venutasi a creare. Infatti i requisiti di tutela e l’ambito di protezione concesso ai segni non registrati da parte della Corte di giustizia differisce per più punti dalle soluzioni tradizionalmente accolte in Italia: come mostra l’esame dell’interpretazione data alle singole condizioni fissate dall’art. 8.4 RMUE ed alle varie fattispecie di segni non registrati od altrimenti usati nella “prassi commerciale”. A differenza di questi ultimi le denominazioni varietali, le quali rientravano sicuramente nell’ambito di applicazione dell’art. 8.4 RMC, hanno ricevuto una specifica menzione e sono state inserite tra gli impedimenti assoluti alla registrazione. Un’analisi appena più approfondita mostra però che non si è trattata di una novella in grado di incidere in modo significativo, ma della sostanziale emersione di principi già agevolmente ricavabili.