La disciplina giuridica del mobile-commerce realizzato mediante il short message service

La disciplina giuridica del mobile-commerce realizzato mediante il short message service
La disciplina giuridica del mobile-commerce realizzato mediante il short message service

L’sms, benché sia strumento tecnologicamente non assimilabile all’e-mail e, quindi, escluso dal campo applicativo della Direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE, consente il sorgere di validi vincoli contrattuali, tutelati in ambito comunitario dalla Direttiva Servizi 2006/123/CE e dalla Direttiva sui contratti a distanza 1997/7/CE, assumendo la validità probatoria del documento informatico elettronicamente firmato in ossequio ai requisiti dettati dal Codice dell’Amministrazione Digitale e dal Regolamento  (UE) 910/2014 di prossima applicazione.

L’analisi proposta, accostando le necessarie premesse tecnologiche, giunge ai predetti approdi giuridici attraverso una disamina storica e sistematica della normativa nazionale ed internazionale, nonché attingendo da meno note ma lungimiranti affermazioni degli organi comunitari, sensibili alle esigenze di armonizzazione delle spinte evolutive del mercato.

 

Sommario: 1. La complessa semplicità dell’sms. 2. Il commercio mobile tramite sms, l’escluso dalla Direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico. 3. I contratti a distanza mediante sms e la tutela del consumatore nella Direttiva 1997/7/CE. 4. Obbligazioni contrattuali nella Convenzione di Roma 19 giugno 1980 e nel Regolamento CE 593/2008. 5. Il più ampio respiro della Direttiva Servizi 2006/123/CE. 6. Il contratto nel codice civile alla luce delle caratteristiche tecniche dell’sms. 7. L’sms, un documento informatico firmato elettronicamente (D.Lgs. 82/2005), e il recente Regolamento (UE) 910/2014. 8. Conclusioni.

 

1. La complessa semplicità dell’sms.

La semplicità di utilizzo di un sms, pur celando potenzialità cui il commercio elettronico non è rimasto indifferente, non si rispecchia nella linearità ed organicità giuridica che ne decreterebbe una meno timida affermazione quale strumento contrattuale, idoneo a valicare i confini non solo geografici, ma anche storico-economici del mercato.

 Non è raro interloquire tramite messaggistica breve quale modalità per usufruire di servizi quotidianamente utili o per trasmettere effettive espressioni di volontà giuridicamente rilevanti. Quando scegliamo un piano tariffario inviando un sms ad un operatore telefonico, o diamo a quest’ultimo ordine di disporre del nostro credito a fini di beneficenza, o ancora digitiamo il nostro numero di targa all’interno di un sms indirizzato ad un gestore di pay-by-phone parking, manifestiamo una volontà concludente e sottoscriviamo – nel senso tecnico-giuridico che si illustrerà nel prosieguo – un accordo negoziale.

Per prendere coscienza della portata di questi nostri atti, è necessario addentrarsi nell’analisi di un complesso ambito normativo e dottrinario, dai connotati vivacemente comunitari.

2. Il commercio mobile tramite sms, l’escluso dalla Direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico.

Così come la mobilità è figlia della tecnologia, l’m-commerce è costola dell’e-commerce.

A quest’ultimo il Parlamento Europeo ed il Consiglio dell’Unione Europea hanno dedicato la Direttiva 2000/31/CE (1) relativa ai servizi della società dell’informazione nel mercato interno (c.d. “Direttiva sul commercio elettronico”).

Nel delimitare la materia oggetto della Direttiva citata, il legislatore comunitario, all’articolo 2, lettera a), ha effettuato un richiamo espresso alla definizione che ai servizi della società dell’informazione viene data dalla Direttiva 98/34/CE (2) all’articolo 1, punto 2, il quale li individua in “qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi”. Se apparentemente sembrerebbero rientrare nella modalità elettronica anche i short messages, da una più approfondita valutazione della loro natura tecnologica risulterà chiaramente la loro esclusione alla luce dei distinguo specificati dalla normativa stessa.

La Direttiva 2000/31/CE, al Considerando (18), esplicita il concetto basilare per cui i servizi della società dell’informazione abbracciano le “attività economiche svolte in linea (on line)” tra le quali “Non sono contemplate attività come […] la prestazione di servizi non in linea”.

Pur non potendosi rintracciare nella Direttiva stessa o nell’acquis comunitario una definizione univoca del termine “in linea”, dottrina e organi comunitari sono concordi nel considerarlo strettamente legato alla virtualità dell’ambiente internet (3). Più nel dettaglio, il commercio elettronico contemplato dalla disciplina in oggetto può trovare espressione nella contrattazione via web, attraverso le tecniche ormai ampiamente affermatesi del “tasto negoziale virtuale” (c.d. point & click) e della comunicazione mediante e-mail. È proprio dalla non assimilabilità dell’sms all’electronic-mail che deriva il discrimine giuridico a scapito della messaggistica breve nella contrattazione dell’e-commerce.

A differenza dell’e-mail, infatti, l’sms viaggia tecnicamente su reti di comunicazione vocale sovrapposte al normale traffico telefonico, quindi non su reti di trasmissione dati come avviene per il traffico internet; non solo: l’sms è trasportato da un protocollo di segnalazione specifico della rete telefonica non assimilabile all’IP di cui si avvale invece la posta elettronica.

Da queste caratteristiche traggono origine le ulteriori distinzioni che il short message service incorpora rispetto all’e-mail, tra le quali emergono, significative: la dimensione totale limitata a 140 byte (equivalenti a 160 caratteri di testo in lingua italiana) e l’assenza di un’“intestazione” abbinata al corpo del messaggio assimilabile all’header dell’e-mail, con conseguente mancanza del codice univoco identificativo del messaggio nonché delle informazioni che testimoniano il percorso seguito dallo stesso (percorso che corrisponderà, per l’sms, al tragitto più breve e diretto possibile, secondo il principio del minor impegno del canale di comunicazione; principio a cui, invece, la posta elettronica via internet non è chiamata ad uniformarsi).

Tutto ciò evidenzia l’estraneità della forma di trasmissione del short message service rispetto alla tecnologia di interconnessione sottostante alla “rete delle reti”.

Da questo quadro esplicativo discende che il servizio di messaggistica breve non può seguire le sorti giuridiche della posta elettronica nell’ambito della disciplina del commercio elettronico, essendo espressamente escluso dalla Direttiva 2000/31/CE, mediante richiamo - contenuto nel Considerando (17) e nell’articolo 2, lettera a) - alle definizioni di cui alla Direttiva 98/34/CE; quest’ultima, nell’Allegato V, elenca i “servizi non contemplati”, tra i quali figurano quelli “non forniti attraverso sistemi elettronici di archiviazione/trattamento di dati: a) servizi di telefonia vocale, […] c) servizi forniti mediante telefonia vocale o telefax”, essendo essi considerati come “non forniti per “via elettronica” (4).

Le considerazioni svolte nell’ambito legislativo comunitario trasferiscono la loro identità nella normativa nazionale italiana. Il D.Lgs. 70/2003, attuativo della Direttiva 2000/31/CE, all’articolo 2, lettera a), definisce i “servizi della società dell’informazione”: “le attività economiche svolte in linea – on line -, nonché i servizi definiti dall’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni”. Legge, quest’ultima che, coerentemente con la Direttiva 98/34/CE, riproduce nell’Allegato I il medesimo elenco dei “servizi non forniti “per via elettronica”” contenuto nell’Allegato V della Direttiva citata.

Se, dunque, la disciplina comunitaria e nazionale dell’electronic-commerce rimane applicabile anche nella sua evoluzione mobile solo qualora si utilizzi il servizio dell’electronic-mail, lo stesso mobile-commerce dovrà trovare da sé un ulteriore regime giuridico di adozione laddove attuato tramite sms.

3. I contratti a distanza mediante sms e la tutela del consumatore nella Direttiva 1997/7/CE.

La Direttiva 2000/31/CE, al Considerando (11), offre un primo spunto di riflessione, prevedendo che rimanga “impregiudicato il livello di tutela, in particolare, […] dei consumatori garantito dagli strumenti comunitari. Tra le altre […] la direttiva 97/7/CE”. Questa riguardava la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, definiti all’articolo 2, numero 1), come “qualunque contratto avente per oggetto beni o servizi stipulato tra un fornitore e un consumatore nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impieghi esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso” (5).

L’abrogazione della Direttiva 97/7/CE, intervenuta ad opera della Direttiva 2011/83/UE (6), nonostante quest’ultima preveda, all’articolo 31, che i riferimenti alla Direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II”, riattiva alcuni dubbi interpretativi che la Direttiva 97/7/CE aveva, seppur non interamente sciolto, contribuito a chiarire.

Lo scopo dichiarato della Direttiva novativa, secondo i Considerando (1) e (2), di riesaminare le Direttive 97/7/CE (per la “protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza “) e 85/577/CE (“per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali”) “alla luce dell’esperienza al fine di semplificare e aggiornare le norme applicabili, rimuovere le incoerenze e colmare le lacune indesiderate nella normativa”, dimostra l’opportunità di “sostituire queste due direttive con una direttiva unica”, ma senza essere all’altezza né delle esigenze innovative del mercato interno, né delle aspettative espresse dagli organi comunitari in materia. Risalgono, infatti, al 23 settembre 2005 ed al 30 maggio 2007 spiccate sollecitazioni, rispettivamente della Commissione e del Comitato Economico e Sociale Europeo, affinché un intervento legislativo unitario revisionasse l’acquis comunitario avente ad oggetto sia la contrattazione a distanza sia il commercio elettronico, elidendo quella disomogeneità che ne ostacola la crescita e crea incertezze e lacune.

In particolare la Commissione, nella “Prima relazione annuale sullo stato di avanzamento dei lavori in materia di diritto contrattuale europeo e di revisione dell’acquis” COM(2005) 456, auspicava la revisione della Direttiva sui contratti a distanza, revisione che “richiede un attento esame della sua interazione con altri strumenti comunitari, tanto nel settore della tutela dei consumatori […] quanto in altri settori come quello della protezione dei dati e del commercio elettronico” (7).

Il Comitato Economico e Sociale Europeo, consultato dalla Commissione il 21 settembre 2006, in merito alla sua Comunicazione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato relativa all’attuazione della direttiva 1997/7/CE, con Parere (2007/C 175/07) (8), oltre a denunciare, al punto 3.2.3, la parziale sovrapposizione del contenuto delle Direttive sul commercio elettronico e sulle vendite a distanza, si spingeva oltre nella sua analisi, affermando “la necessità di dare più importanza alla considerazione del fenomeno crescente delle trattative per telefono e per telefonia mobile (m-commercio)”  (si veda il punto 3.2.10, lettera o, del Parere).

Esaminando la Direttiva 2011/83/UE, si può osservare come non siano stati assolti i compiti affidati tramite gli atti citati, ma si è giunti ad una semplificazione che ha generato nuove lacune. Nel lavoro di accorpamento di direttive, si è persa una delle definizioni fondamentali che era, invece, presente nella Direttiva 97/7/CE: quella di “tecnica di comunicazione a distanza”. Se l’art. 2, numero 7), riproduce quasi fedelmente la precedente definizione di “contratto a distanza”, cioè “qualsiasi contratto concluso tra il professionista e il consumatore nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, mediante l’uso di uno o più mezzi di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso”, non specifica cosa si debba intendere per “mezzi di comunicazione a distanza”.

Non è facile comprendere l’intento del legislatore comunitario in questa scelta; se nella proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori COM(2008) 0614 – C6-0349/2008 – 2008/0196 (COD) compariva, all’articolo 2, punto 7), un timido tentativo di definire i “mezzi di comunicazione a distanza” come “qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del commerciante e del consumatore, possa essere impiegato per la conclusione di un contratto tra dette parti”, che non aggiungeva alcun elemento a quanto deducibile dalla definizione di “contratto a distanza”, il Parlamento Europeo, il 24 marzo 2011, approvando l’Emendamento 69, sopprimeva tale definizione dal testo definitivo (9).

È opportuno fare un passo indietro nel tempo, per confrontare quanto la Direttiva 97/7/CE prevedeva in proposito. All’articolo 2, numero 4), si rinveniva l’esplicazione del significato di “tecnica di comunicazione a distanza: qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del consumatore, possa impiegarsi per la conclusione del contratto tra dette parti; un elenco indicativo delle tecniche contemplate dalla presente direttiva è riportato nell’allegato I”.

Benché nell’elenco di cui all’allegato I non figurasse tra le tecniche di comunicazione a distanza – anche per ragioni cronologiche di diffusione del servizio – il short message service, l’elenco stesso, ai sensi del numero 4) dell’articolo 2, era dichiaratamente da considerarsi “indicativo”. Sempre la Direttiva 97/7/CE affermava, al Considerando (9), che “la costante evoluzione di queste tecniche non consente di redigerne un elenco esaustivo”.

Come si vede, il legislatore offriva all’interprete un aiuto esplorativo che non viene rinnovato nella Direttiva 2011; anche dai Considerando nulla emerge a motivazione di questa elisione. Si può supporre che l’intenzione del legislatore sia stata quella di evitare di imbrigliare entro i confini della terminologia giuridica strumenti costantemente soggetti ad evoluzione tecnologica. Nulla sembra deporre a sfavore, però, della possibilità di considerare tuttora non confutati gli approdi dottrinali cui si è giunti, che considerano l’sms incluso nel concetto di “tecniche (ora “mezzi”) “di comunicazione a distanza” (10).

Conformemente e senza successiva smentita in atti comunitari, si era espressa la Commissione Europea, che aveva in proposito puntualizzato, relativamente all’attuazione della Direttiva 97/7/CE, al punto 3 della Comunicazione COM(2006) 514 del 21 settembre 2006: “La Commissione ritiene che l’attuale definizione di “tecnica di comunicazione a distanza” sia abbastanza flessibile per coprire nuove tecniche di comunicazione a distanza quali l’m-commercio (il commercio mediante SMS (servizio messaggi brevi)” (11).

Questi concetti sembrano assimilati come impliciti nella Direttiva 2011/83/UE se si analizza una peculiare disposizione che compare per la prima volta, al paragrafo 4 dell’articolo 8, e che così recita: “Se il contratto è concluso mediante un mezzo di comunicazione a distanza che consente uno spazio o un tempo limitato per visualizzare le informazioni,” - che il professionista deve obbligatoriamente fornire al consumatore, in maniera chiara e comprensibile e prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza, elencate all’articolo 6 - “il professionista fornisce, su quel mezzo in particolare e prima della conclusione del contratto, almeno le informazioni precontrattuali riguardanti le caratteristiche principali dei beni o servizi, l’identità del professionista, il prezzo totale, il diritto di recesso, la durata del contratto e, nel caso di contratti a tempo indeterminato, le condizioni di risoluzione del contratto, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, lettere a), b), e), h) e o). Le altre informazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, sono fornite dal professionista in un modo appropriato conformemente al paragrafo 1 del presente articolo”.

Detta disposizione segue alle osservazioni confluite nel Considerando (36) e che sembrano fare riferimento anche al mezzo di comunicazione a distanza di messaggistica breve: “Nel caso di contratti a distanza, gli obblighi di informazione dovrebbero essere adattati per tenere conto dei limiti tecnici di taluni media, come la limitazione del numero di caratteri su taluni schermi di telefoni mobili […]. In tali casi il professionista dovrebbe conformarsi ad un insieme minimo di obblighi di informazione e rinviare il consumatore a un’altra fonte di informazione, ad esempio fornendo […] un link ipertestuale”. Tale inciso scioglierebbe i dubbi sull’utilizzabilità per la contrattazione a distanza dell’sms che, limitato dimensionalmente a 760 caratteri nella sua massima estensione multipla, può essere integrato da altri mezzi di comunicazione.

Ulteriore spunto favorevole alla tesi qui esposta è contenuto nel Considerando (23) della Direttiva 2011/83/UE, propedeutico alla definizione di “supporto durevole” rinvenibile nell’articolo 2, numero 10), secondo cui tale è “ogni strumento che permetta al consumatore o al professionista di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate”. Il Considerando (23) articola maggiormente questo contenuto, leggendovisi che “I supporti durevoli dovrebbero permettere al consumatore di conservare le informazioni per il tempo ritenuto necessario ai fini della protezione dei suoi interessi derivati dalla relazione con il professionista. Dovrebbero rientrare tra detti supporti in particolare […] schede di memoria”.

Nessun dubbio sorge sulla possibilità di conservazione degli sms nella scheda di memoria del telefono mobile e di una loro eventuale copia nella scheda di memoria di un computer tramite un semplice software.

È significativo che la Commissione Europea, nel suo intervento COM(2005) 456 in materia di diritto contrattuale europeo e di revisione dell’acquis, già sollecitava un adeguamento della Direttiva sui contratti a distanza nel senso fatto proprio dal legislatore nel Considerando (23) e nel numero 10) dell’articolo 2 della Direttiva; si leggeva, infatti, al punto 3.2.4 della relazione della Commissione, che “Occorre parimenti verificare se alcune definizioni sono adeguate tenuto conto delle nuove tecnologie e pratiche commerciali. Ad esempio, la direttiva richiede una conferma scritta delle informazioni su un “supporto duraturo”. Alcuni Stati membri si pongono il problema di come interpretare questo termine con riferimento ai contratti conclusi per sms (brevi messaggi di testo inviati mediante un telefono portatile)”, dando anche per assodata l’appartenenza dell’sms ai mezzi di contrattazione a distanza.

Il quadro normativo sopra delineato è confluito, in ambito nazionale, nel c.d. Codice del Consumo, D.Lgs. 206/2005, così come modificato dal D.Lgs. 21/2014 attuativo della Direttiva 2011/83/UE, modifiche applicabili ai contratti conclusi dopo il 13 giugno 2014.

 

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L’sms, benché sia strumento tecnologicamente non assimilabile all’e-mail e, quindi, escluso dal campo applicativo della Direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE, consente il sorgere di validi vincoli contrattuali, tutelati in ambito comunitario dalla Direttiva Servizi 2006/123/CE e dalla Direttiva sui contratti a distanza 1997/7/CE, assumendo la validità probatoria del documento informatico elettronicamente firmato in ossequio ai requisiti dettati dal Codice dell’Amministrazione Digitale e dal Regolamento  (UE) 910/2014 di prossima applicazione.

L’analisi proposta, accostando le necessarie premesse tecnologiche, giunge ai predetti approdi giuridici attraverso una disamina storica e sistematica della normativa nazionale ed internazionale, nonché attingendo da meno note ma lungimiranti affermazioni degli organi comunitari, sensibili alle esigenze di armonizzazione delle spinte evolutive del mercato.

 

Sommario: 1. La complessa semplicità dell’sms. 2. Il commercio mobile tramite sms, l’escluso dalla Direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico. 3. I contratti a distanza mediante sms e la tutela del consumatore nella Direttiva 1997/7/CE. 4. Obbligazioni contrattuali nella Convenzione di Roma 19 giugno 1980 e nel Regolamento CE 593/2008. 5. Il più ampio respiro della Direttiva Servizi 2006/123/CE. 6. Il contratto nel codice civile alla luce delle caratteristiche tecniche dell’sms. 7. L’sms, un documento informatico firmato elettronicamente (D.Lgs. 82/2005), e il recente Regolamento (UE) 910/2014. 8. Conclusioni.

 

1. La complessa semplicità dell’sms.

La semplicità di utilizzo di un sms, pur celando potenzialità cui il commercio elettronico non è rimasto indifferente, non si rispecchia nella linearità ed organicità giuridica che ne decreterebbe una meno timida affermazione quale strumento contrattuale, idoneo a valicare i confini non solo geografici, ma anche storico-economici del mercato.

 Non è raro interloquire tramite messaggistica breve quale modalità per usufruire di servizi quotidianamente utili o per trasmettere effettive espressioni di volontà giuridicamente rilevanti. Quando scegliamo un piano tariffario inviando un sms ad un operatore telefonico, o diamo a quest’ultimo ordine di disporre del nostro credito a fini di beneficenza, o ancora digitiamo il nostro numero di targa all’interno di un sms indirizzato ad un gestore di pay-by-phone parking, manifestiamo una volontà concludente e sottoscriviamo – nel senso tecnico-giuridico che si illustrerà nel prosieguo – un accordo negoziale.

Per prendere coscienza della portata di questi nostri atti, è necessario addentrarsi nell’analisi di un complesso ambito normativo e dottrinario, dai connotati vivacemente comunitari.

2. Il commercio mobile tramite sms, l’escluso dalla Direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico.

Così come la mobilità è figlia della tecnologia, l’m-commerce è costola dell’e-commerce.

A quest’ultimo il Parlamento Europeo ed il Consiglio dell’Unione Europea hanno dedicato la Direttiva 2000/31/CE (1) relativa ai servizi della società dell’informazione nel mercato interno (c.d. “Direttiva sul commercio elettronico”).

Nel delimitare la materia oggetto della Direttiva citata, il legislatore comunitario, all’articolo 2, lettera a), ha effettuato un richiamo espresso alla definizione che ai servizi della società dell’informazione viene data dalla Direttiva 98/34/CE (2) all’articolo 1, punto 2, il quale li individua in “qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi”. Se apparentemente sembrerebbero rientrare nella modalità elettronica anche i short messages, da una più approfondita valutazione della loro natura tecnologica risulterà chiaramente la loro esclusione alla luce dei distinguo specificati dalla normativa stessa.

La Direttiva 2000/31/CE, al Considerando (18), esplicita il concetto basilare per cui i servizi della società dell’informazione abbracciano le “attività economiche svolte in linea (on line)” tra le quali “Non sono contemplate attività come […] la prestazione di servizi non in linea”.

Pur non potendosi rintracciare nella Direttiva stessa o nell’acquis comunitario una definizione univoca del termine “in linea”, dottrina e organi comunitari sono concordi nel considerarlo strettamente legato alla virtualità dell’ambiente internet (3). Più nel dettaglio, il commercio elettronico contemplato dalla disciplina in oggetto può trovare espressione nella contrattazione via web, attraverso le tecniche ormai ampiamente affermatesi del “tasto negoziale virtuale” (c.d. point & click) e della comunicazione mediante e-mail. È proprio dalla non assimilabilità dell’sms all’electronic-mail che deriva il discrimine giuridico a scapito della messaggistica breve nella contrattazione dell’e-commerce.

A differenza dell’e-mail, infatti, l’sms viaggia tecnicamente su reti di comunicazione vocale sovrapposte al normale traffico telefonico, quindi non su reti di trasmissione dati come avviene per il traffico internet; non solo: l’sms è trasportato da un protocollo di segnalazione specifico della rete telefonica non assimilabile all’IP di cui si avvale invece la posta elettronica.

Da queste caratteristiche traggono origine le ulteriori distinzioni che il short message service incorpora rispetto all’e-mail, tra le quali emergono, significative: la dimensione totale limitata a 140 byte (equivalenti a 160 caratteri di testo in lingua italiana) e l’assenza di un’“intestazione” abbinata al corpo del messaggio assimilabile all’header dell’e-mail, con conseguente mancanza del codice univoco identificativo del messaggio nonché delle informazioni che testimoniano il percorso seguito dallo stesso (percorso che corrisponderà, per l’sms, al tragitto più breve e diretto possibile, secondo il principio del minor impegno del canale di comunicazione; principio a cui, invece, la posta elettronica via internet non è chiamata ad uniformarsi).

Tutto ciò evidenzia l’estraneità della forma di trasmissione del short message service rispetto alla tecnologia di interconnessione sottostante alla “rete delle reti”.

Da questo quadro esplicativo discende che il servizio di messaggistica breve non può seguire le sorti giuridiche della posta elettronica nell’ambito della disciplina del commercio elettronico, essendo espressamente escluso dalla Direttiva 2000/31/CE, mediante richiamo - contenuto nel Considerando (17) e nell’articolo 2, lettera a) - alle definizioni di cui alla Direttiva 98/34/CE; quest’ultima, nell’Allegato V, elenca i “servizi non contemplati”, tra i quali figurano quelli “non forniti attraverso sistemi elettronici di archiviazione/trattamento di dati: a) servizi di telefonia vocale, […] c) servizi forniti mediante telefonia vocale o telefax”, essendo essi considerati come “non forniti per “via elettronica” (4).

Le considerazioni svolte nell’ambito legislativo comunitario trasferiscono la loro identità nella normativa nazionale italiana. Il D.Lgs. 70/2003, attuativo della Direttiva 2000/31/CE, all’articolo 2, lettera a), definisce i “servizi della società dell’informazione”: “le attività economiche svolte in linea – on line -, nonché i servizi definiti dall’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni”. Legge, quest’ultima che, coerentemente con la Direttiva 98/34/CE, riproduce nell’Allegato I il medesimo elenco dei “servizi non forniti “per via elettronica”” contenuto nell’Allegato V della Direttiva citata.

Se, dunque, la disciplina comunitaria e nazionale dell’electronic-commerce rimane applicabile anche nella sua evoluzione mobile solo qualora si utilizzi il servizio dell’electronic-mail, lo stesso mobile-commerce dovrà trovare da sé un ulteriore regime giuridico di adozione laddove attuato tramite sms.

3. I contratti a distanza mediante sms e la tutela del consumatore nella Direttiva 1997/7/CE.

La Direttiva 2000/31/CE, al Considerando (11), offre un primo spunto di riflessione, prevedendo che rimanga “impregiudicato il livello di tutela, in particolare, […] dei consumatori garantito dagli strumenti comunitari. Tra le altre […] la direttiva 97/7/CE”. Questa riguardava la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, definiti all’articolo 2, numero 1), come “qualunque contratto avente per oggetto beni o servizi stipulato tra un fornitore e un consumatore nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impieghi esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso” (5).

L’abrogazione della Direttiva 97/7/CE, intervenuta ad opera della Direttiva 2011/83/UE (6), nonostante quest’ultima preveda, all’articolo 31, che i riferimenti alla Direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II”, riattiva alcuni dubbi interpretativi che la Direttiva 97/7/CE aveva, seppur non interamente sciolto, contribuito a chiarire.

Lo scopo dichiarato della Direttiva novativa, secondo i Considerando (1) e (2), di riesaminare le Direttive 97/7/CE (per la “protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza “) e 85/577/CE (“per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali”) “alla luce dell’esperienza al fine di semplificare e aggiornare le norme applicabili, rimuovere le incoerenze e colmare le lacune indesiderate nella normativa”, dimostra l’opportunità di “sostituire queste due direttive con una direttiva unica”, ma senza essere all’altezza né delle esigenze innovative del mercato interno, né delle aspettative espresse dagli organi comunitari in materia. Risalgono, infatti, al 23 settembre 2005 ed al 30 maggio 2007 spiccate sollecitazioni, rispettivamente della Commissione e del Comitato Economico e Sociale Europeo, affinché un intervento legislativo unitario revisionasse l’acquis comunitario avente ad oggetto sia la contrattazione a distanza sia il commercio elettronico, elidendo quella disomogeneità che ne ostacola la crescita e crea incertezze e lacune.

In particolare la Commissione, nella “Prima relazione annuale sullo stato di avanzamento dei lavori in materia di diritto contrattuale europeo e di revisione dell’acquis” COM(2005) 456, auspicava la revisione della Direttiva sui contratti a distanza, revisione che “richiede un attento esame della sua interazione con altri strumenti comunitari, tanto nel settore della tutela dei consumatori […] quanto in altri settori come quello della protezione dei dati e del commercio elettronico” (7).

Il Comitato Economico e Sociale Europeo, consultato dalla Commissione il 21 settembre 2006, in merito alla sua Comunicazione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato relativa all’attuazione della direttiva 1997/7/CE, con Parere (2007/C 175/07) (8), oltre a denunciare, al punto 3.2.3, la parziale sovrapposizione del contenuto delle Direttive sul commercio elettronico e sulle vendite a distanza, si spingeva oltre nella sua analisi, affermando “la necessità di dare più importanza alla considerazione del fenomeno crescente delle trattative per telefono e per telefonia mobile (m-commercio)”  (si veda il punto 3.2.10, lettera o, del Parere).

Esaminando la Direttiva 2011/83/UE, si può osservare come non siano stati assolti i compiti affidati tramite gli atti citati, ma si è giunti ad una semplificazione che ha generato nuove lacune. Nel lavoro di accorpamento di direttive, si è persa una delle definizioni fondamentali che era, invece, presente nella Direttiva 97/7/CE: quella di “tecnica di comunicazione a distanza”. Se l’art. 2, numero 7), riproduce quasi fedelmente la precedente definizione di “contratto a distanza”, cioè “qualsiasi contratto concluso tra il professionista e il consumatore nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, mediante l’uso di uno o più mezzi di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso”, non specifica cosa si debba intendere per “mezzi di comunicazione a distanza”.

Non è facile comprendere l’intento del legislatore comunitario in questa scelta; se nella proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori COM(2008) 0614 – C6-0349/2008 – 2008/0196 (COD) compariva, all’articolo 2, punto 7), un timido tentativo di definire i “mezzi di comunicazione a distanza” come “qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del commerciante e del consumatore, possa essere impiegato per la conclusione di un contratto tra dette parti”, che non aggiungeva alcun elemento a quanto deducibile dalla definizione di “contratto a distanza”, il Parlamento Europeo, il 24 marzo 2011, approvando l’Emendamento 69, sopprimeva tale definizione dal testo definitivo (9).

È opportuno fare un passo indietro nel tempo, per confrontare quanto la Direttiva 97/7/CE prevedeva in proposito. All’articolo 2, numero 4), si rinveniva l’esplicazione del significato di “tecnica di comunicazione a distanza: qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del consumatore, possa impiegarsi per la conclusione del contratto tra dette parti; un elenco indicativo delle tecniche contemplate dalla presente direttiva è riportato nell’allegato I”.

Benché nell’elenco di cui all’allegato I non figurasse tra le tecniche di comunicazione a distanza – anche per ragioni cronologiche di diffusione del servizio – il short message service, l’elenco stesso, ai sensi del numero 4) dell’articolo 2, era dichiaratamente da considerarsi “indicativo”. Sempre la Direttiva 97/7/CE affermava, al Considerando (9), che “la costante evoluzione di queste tecniche non consente di redigerne un elenco esaustivo”.

Come si vede, il legislatore offriva all’interprete un aiuto esplorativo che non viene rinnovato nella Direttiva 2011; anche dai Considerando nulla emerge a motivazione di questa elisione. Si può supporre che l’intenzione del legislatore sia stata quella di evitare di imbrigliare entro i confini della terminologia giuridica strumenti costantemente soggetti ad evoluzione tecnologica. Nulla sembra deporre a sfavore, però, della possibilità di considerare tuttora non confutati gli approdi dottrinali cui si è giunti, che considerano l’sms incluso nel concetto di “tecniche (ora “mezzi”) “di comunicazione a distanza” (10).

Conformemente e senza successiva smentita in atti comunitari, si era espressa la Commissione Europea, che aveva in proposito puntualizzato, relativamente all’attuazione della Direttiva 97/7/CE, al punto 3 della Comunicazione COM(2006) 514 del 21 settembre 2006: “La Commissione ritiene che l’attuale definizione di “tecnica di comunicazione a distanza” sia abbastanza flessibile per coprire nuove tecniche di comunicazione a distanza quali l’m-commercio (il commercio mediante SMS (servizio messaggi brevi)” (11).

Questi concetti sembrano assimilati come impliciti nella Direttiva 2011/83/UE se si analizza una peculiare disposizione che compare per la prima volta, al paragrafo 4 dell’articolo 8, e che così recita: “Se il contratto è concluso mediante un mezzo di comunicazione a distanza che consente uno spazio o un tempo limitato per visualizzare le informazioni,” - che il professionista deve obbligatoriamente fornire al consumatore, in maniera chiara e comprensibile e prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza, elencate all’articolo 6 - “il professionista fornisce, su quel mezzo in particolare e prima della conclusione del contratto, almeno le informazioni precontrattuali riguardanti le caratteristiche principali dei beni o servizi, l’identità del professionista, il prezzo totale, il diritto di recesso, la durata del contratto e, nel caso di contratti a tempo indeterminato, le condizioni di risoluzione del contratto, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, lettere a), b), e), h) e o). Le altre informazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, sono fornite dal professionista in un modo appropriato conformemente al paragrafo 1 del presente articolo”.

Detta disposizione segue alle osservazioni confluite nel Considerando (36) e che sembrano fare riferimento anche al mezzo di comunicazione a distanza di messaggistica breve: “Nel caso di contratti a distanza, gli obblighi di informazione dovrebbero essere adattati per tenere conto dei limiti tecnici di taluni media, come la limitazione del numero di caratteri su taluni schermi di telefoni mobili […]. In tali casi il professionista dovrebbe conformarsi ad un insieme minimo di obblighi di informazione e rinviare il consumatore a un’altra fonte di informazione, ad esempio fornendo […] un link ipertestuale”. Tale inciso scioglierebbe i dubbi sull’utilizzabilità per la contrattazione a distanza dell’sms che, limitato dimensionalmente a 760 caratteri nella sua massima estensione multipla, può essere integrato da altri mezzi di comunicazione.

Ulteriore spunto favorevole alla tesi qui esposta è contenuto nel Considerando (23) della Direttiva 2011/83/UE, propedeutico alla definizione di “supporto durevole” rinvenibile nell’articolo 2, numero 10), secondo cui tale è “ogni strumento che permetta al consumatore o al professionista di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate”. Il Considerando (23) articola maggiormente questo contenuto, leggendovisi che “I supporti durevoli dovrebbero permettere al consumatore di conservare le informazioni per il tempo ritenuto necessario ai fini della protezione dei suoi interessi derivati dalla relazione con il professionista. Dovrebbero rientrare tra detti supporti in particolare […] schede di memoria”.

Nessun dubbio sorge sulla possibilità di conservazione degli sms nella scheda di memoria del telefono mobile e di una loro eventuale copia nella scheda di memoria di un computer tramite un semplice software.

È significativo che la Commissione Europea, nel suo intervento COM(2005) 456 in materia di diritto contrattuale europeo e di revisione dell’acquis, già sollecitava un adeguamento della Direttiva sui contratti a distanza nel senso fatto proprio dal legislatore nel Considerando (23) e nel numero 10) dell’articolo 2 della Direttiva; si leggeva, infatti, al punto 3.2.4 della relazione della Commissione, che “Occorre parimenti verificare se alcune definizioni sono adeguate tenuto conto delle nuove tecnologie e pratiche commerciali. Ad esempio, la direttiva richiede una conferma scritta delle informazioni su un “supporto duraturo”. Alcuni Stati membri si pongono il problema di come interpretare questo termine con riferimento ai contratti conclusi per sms (brevi messaggi di testo inviati mediante un telefono portatile)”, dando anche per assodata l’appartenenza dell’sms ai mezzi di contrattazione a distanza.

Il quadro normativo sopra delineato è confluito, in ambito nazionale, nel c.d. Codice del Consumo, D.Lgs. 206/2005, così come modificato dal D.Lgs. 21/2014 attuativo della Direttiva 2011/83/UE, modifiche applicabili ai contratti conclusi dopo il 13 giugno 2014.

 

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