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La residenza delle persone fisiche quale criterio di collegamento tra soggetto e territorio

Mare
Ph. Stefania Fiorenza / Mare

Abstract

I criteri di imposizione più adottati nel diritto tributario internazionale sono la residenza, il luogo di produzione del reddito e la cittadinanza; mentre gli Stati Uniti adottano proprio il principio di cittadinanza, lo Stato italiano preferisce adottare un sistema “ibrido” in cui per i residenti vale il criterio di residenza e per i non residenti vige il criterio di territorialità. Non sono infrequenti i casi di doppia imposizione nel momento in cui due Stati considerano il medesimo contribuente fiscalmente residente nel proprio territorio e, a tal fine, il modello OCSE di Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni ha stabilito regole certe per definire l’unica residenza della persona (tie-breaker rules).

 

Indice:

1. La residenza nel diritto tributario domestico

2. Doppia residenza e tie-breaker rules

3. Il kit per non sbagliare

4. Spunti conclusivi

 

1. La residenza nel diritto tributario domestico

Per comprendere fino in fondo l’importanza del concetto di residenza nell’ordinamento tributario interno è sufficiente uno sguardo all’articolo 3 del TUIR in cui si prevede che i redditi dei soggetti residenti nel territorio dello Stato, ovunque prodotti, siano tassati (a titolo definitivo) in Italia (worldwide taxation principle): come a dire che i redditi prodotti dai soggetti residenti, compresi i redditi prodotti all’estero, sono attratti nella sfera impositiva dell’ordinamento tributario italiano mediante il criterio di collegamento intercorrente tra il soggetto interessato e il territorio dello Stato. Differentemente, la tassazione in Italia trova applicazione per le persone fisiche non residenti soltanto in relazione ai redditi prodotti all’interno del territorio dello Stato (source-based taxation principle).

E sempre in tema di residenza l’articolo 2, comma 2 del TUIR considera residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile: la sussistenza di uno dei 3 citati presupposti (tra loro alternativi e non concorrenti e da considerarsi delle vere e proprie presunzioni assolute) unitamente all’ulteriore requisito temporale (“per la maggior parte del periodo dell’imposta” da leggersi per almeno 183 giorni in un anno) configurano le sole condizioni che identificano in modo puntuale il soggetto che è fiscalmente residente in Italia. Con tale ultimo requisito temporale il legislatore ha inteso, in effetti, richiedere la sussistenza di un legame effettivo e non provvisorio del soggetto con il territorio dello Stato, tale da legittimare il concorso alle spese pubbliche in ottemperanza ai doveri di solidarietà di cui all'art. 2 della Costituzione (Circ. AdE n. 304/1997).

Da questo quadro si evince che l’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente, in quanto presunzione assoluta, “condanna” una persona fisica ad essere fiscalmente residente in Italia a nulla rilevando la permanenza costante all’estero: può essere rappresentativo di questa situazione il connazionale che è migrato all’estero per ragioni di lavoro e non ha attivato la procedura di cancellazione della residenza dall’anagrafe italiana e per il quale trova applicazione il principio della tassazione mondiale, non rilevando  la circostanza che il reddito, o i redditi, prodotti all’estero abbiano subìto o meno tassazione.

 

2. Doppia residenza e tie-breaker rules

Qualche ventennio fa (ormai) alla domanda se potesse esserci un caso di doppia residenza la risposta poteva essere anche negativa: tuttavia nel corso degli ultimi decenni il mondo convenzionale ha rilevato che il fenomeno della doppia residenza non era infrequente, a tal punto che nel modello OCSE di Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni vengono stabilite regole certe per individuare l’unica residenza della persona (tie-breaker rules) nelle ipotesi di conflitto della doppia residenza.

Le tie-breaker rules devono essere applicate rispettando un preciso ordine gerarchico e prevedono una serie di criteri sequenziali (abitazione permanente, centro degli interessi vitali, soggiorno abituale, nazionalità) che impediscono di passare ai successivi qualora il precedente venga soddisfatto. Per meglio comprendere: la presenza di una abitazione permanente solamente in uno dei due Stati (per ipotesi l’Italia) in cui il contribuente risulta residente è sufficiente per considerare la persona un soggetto fiscalmente residente in Italia e non sarà necessario verificare gli ulteriori e successivi criteri. Quando, invece, una persona fisica è priva di tutti i criteri richiamati saranno le autorità competenti degli Stati contraenti a risolvere la questione di comune accordo.

Meritano una particolare attenzione, al fine di individuare il “centro degli interessi vitali”, gli elementi di prova relativi ai legami familiari, o comunque affettivi, nonché agli interessi economici che vengono considerati per l’attribuzione della residenza fiscale italiana che sono la disponibilità di una abitazione permanente, la presenza della famiglia, l’accreditamento di propri proventi ovunque conseguiti, la partecipazione a riunioni di affari, il possesso di beni anche immobiliari, la titolarità di cariche sociali, il sostenimento di spese alberghiere; l’iscrizione a circoli e/o clubs, l’organizzazione della proprio attività e dei propri impegni anche internazionali direttamente o attraverso soggetti operanti nel territorio italiano, la lunga permanenza in località italiane, la partecipazione a concerti, sfilate di moda eventi mondani, contratti stipulati con compagnie assicurative italiane.

 

3. Il kit per non sbagliare

L’abbinamento della cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e dell’iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero può, tuttavia, non essere sufficiente a far perdere lo status di residente fiscale qualora il soggetto mantenga nel territorio nazionale i propri interessi: la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e la contestuale iscrizione nell’anagrafe dei residenti all’estero non rappresenta di per sé una circostanza tale da far perdere tout court lo status di residente fiscale, ogni qual volta il soggetto sebbene abbia operato tale scelta continui a mantenere nel territorio nazionale il centro vitale dei propri interessi, primo fra tutti, per esempio, la famiglia.

L’iscrizione del cittadino nell’anagrafe dei residenti all’estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorché il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari e interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali: per la giurisprudenza di legittimità non risulta determinante, a tal fine, il carattere soggettivo ed elettivo della ‘scelta’ dell’interessato, rilevante solo quanto alla libertà dell’effettuazione della stessa, ma non ai fini della verifica del risultato di quella scelta, ma dovendosi contemperare la volontà individuale con l’esigenza di tutela dell’affidamento dei terzi, per cui il centro principale degli interessi vitali del soggetto va individuato dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercita abitualmente in modo riconoscibile dai terzi (sentenza 4 aprile 2012 n. 5382).

 

4. Spunti conclusivi 

Per riassumere, è essenziale ai fini dell’attribuzione della residenza fiscale all’estero:

  1. l’iscrizione all’anagrafe Italiani residenti all’estero con conseguente cancellazione dall’anagrafe residente italiana;
  2. il trasferimento effettivo del domicilio inteso come sede principale degli affari e degli interessi nello Stato estero;
  3. l’assenza di elementi che riconducano il centro degli interessi vitali in Italia quali conti correnti bancari in Italia, posizioni previdenziali e di qualsiasi attività imprenditoriale in Italia, iscrizione a clubs o circoli e vendita di proprietà mobiliari e immobiliari eventualmente intestate.

Solamente questa situazione consente una efficace opposizione giudiziale e/o extragiudiziale nei confronti delle contestazioni dell’Amministrazione finanziaria.