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Le casse previdenza e assistenza per i liberi professionisti, tra disciplina pubblicistica privatizzazione e principi comunitari.

Nota a Consiglio di Stato, Sentenza 28 novembre 2012, n.6014

Sommario: 1. Premessa. – 2.  Il quadro normativo: a) lo statuto delle Casse ai sensi  del Dlgs 509/1994; b) Il conto consolidato dello Stato tra effetti formali e sostanziali; – 3.) L’iter argomentativo seguito dal Consiglio di Stato sentenza n. 6014 del 28.11.2012.: c) le casse privatizzate di assistenza e previdenza; d) L’attribuzione alle Casse previdenziali privatizzate della qualifica di organismi di diritto pubblico e il parere dell’autorità di vigilanza sui contratti pubblici; e) La sentenza del Tar Lazio (Sez Ter Quater)n.  224/2012; – 3.1  L’Autorità per l’energia elettrica e il gas. – 3.2) Coni Servizi spa – 4.) La nozione di ente pubblico a geometria variabile e gli effetti sostanziali. – 5.1 L’autonomia delle casse previdenziali tra principi costituzionali e legislazione ordinaria. – 5.2. La funzione previdenziale e il diritto dei singoli alla prestazione pensionistica – 6 Sistemi previdenziali nazionali e principi comunitari: la sentenza Kattner C- 350/07 della Corte di Giustizia Europea e i limiti della competenza degli Stati in materia previdenziale -7 Conclusioni

    

1) Premessa

La precisa individuazione del perimetro della pubblica amministrazione presuppone una ricostruzione coordinata della normativa comunitaria e di quella nazionale.

Il dinamico processo d’integrazione comunitaria, inoltre, comporta la necessità di individuare il criterio interpretativo conforme a un variegato e non sempre sistematico quadro normativo.

Infatti, la trasposizione[1] d’istituti d’origine comunitaria nell’ordinamento del singolo stato non è operazione automatica giacché la stessa nozione può interpretarsi diversamente e dar luogo a numerosi dubbi interpretativi.[2]

Il processo d’integrazione per settori, pur laddove è perseguita un’omogeneità di disciplina, implica poi una differenziazione che impedisce una piena identità di significato e funzione tra istituti nominalmente identici. 

La sentenza in commento disegna, nel caso di specie, i [3]confini dell’amministrazione pubblica individuando quali elementi necessari del conto consolidato dello stato gli Enti previdenziali privatizzati, la Società  Servizi SPA del Coni e l’Autorità per il Gas e l’Energia elettrica.

Partendo dall’illustrazione della sentenza si tenterà di evidenziarne i punti caratterizzanti anche a proposito del pronunciamento dell’Autorità di vigilanza sui contratti e le pubbliche forniture e della sentenza del Tar Roma sezione Ter Quater 224/2012.[4] che in qualche modo aiutano a definirne i confini.[5]

Al contempo si cercherà di verificare se, dal punto di vista effettuale, la soluzione adottata, pur conforme alla specifica normativa comunitaria in materia di bilancio o contabilità pubblica, non collida con i principi che disciplinano il sistema previdenziale e con i sovra ordinati principi comunitari.

In altri termini, la conformità al Manuale di Contabilità o meglio al regolamento Sec[6], della normativa oggetto della ricostruzione effettuata dal Consiglio di Stato, potrebbe non essere sufficiente a evitare che la stessa disciplina si appalesi comunque lesiva dell’autonomia delle casse e non conforme al diritto primario comunitario o a quel convenzionale internazionale cui gli stati e la stessa comunità si sono vincolati.

2. Il quadro normativo: a) lo statuto delle casse ai sensi del 509/1994; Il conto consolidato dello Stato tra effetti formali e sostanziali;

a ) lo statuto delle Casse professionali ai sensi decreto legislativo 509/1994

La ricostruzione delle fattispecie presuppone la ricognizione dei poteri e del tipo di controllo cui le casse di previdenza e assistenza sono state assoggettate dopo la privatizzazione operata sulla base della legge di delega n. 537/1993 giacché è su tale statuto che vanno a incidere le norme che a partite dal 2004 hanno ricondotto tali enti all’interno del sistema statistico pubblico. Le linee generali nel cui ambito operano gli Enti di previdenza privati sono contenute nelle disposizioni dei decreti legislativi n.509/1994 e n.103/1996.

L’art. 3 del decreto legislativo 509/1994 attribuisce al Ministero del lavoro e della previdenza sociale e al Ministero dell’Economia e delle Finanze, rispettivamente competenti, un’attività di vigilanza sugli Enti previdenziali privati, anche attraverso la presenza di rappresentanti delle predette Amministrazioni nei collegi dei sindaci. L’attività di vigilanza si sostanzia nell’approvazione dello statuto, dei regolamenti, e delle relative integrazioni o modificazioni riguardando, inoltre, le delibere in materia di contributi e prestazioni, sempre che la relativa potestà sia prevista dai singoli ordinamenti delle Casse.

Inoltre, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale[7], di intesa con gli altri Ministeri competenti, può formulare motivati rilievi sui bilanci preventivi e i conti consuntivi, sulle note di variazione al bilancio di previsione, sui [8]criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti così come sono indicati in ogni bilancio preventivo, nonché sulle delibere contenenti criteri direttivi generali.

Con riferimento poi alla gestione economico-finanziaria degli Enti previdenziali privati l’art. 2, comma 2, del Dlgs. 509/1994, stabilisce che essa deve assicurare l’equilibrio di bilancio mediante l’adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico da redigersi con periodicità almeno triennale[9].

Al fine di assicurare l’equilibrio finanziario di lungo periodo, l’orizzonte temporale del bilancio tecnico è stato progressivamente ampliato fino a raggiungere i cinquant’anni.[10]

La disciplina è poi completata dall’articolo art. 14, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha attribuito alla COVIP[11], il controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti di diritto privato di cui ai citati decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996. Tale controllo prevede anche il potere di ispezione presso le Casse per richiedere la produzione degli atti e documenti che ritenga necessari.

Le concrete modalità in cui si esplica tale controllo, secondo quanto previsto nella stessa norma autorizzativa, sono poi contenute nel regolamento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ministeriale del 5 giugno 2012.[12].

b) Il conto consolidato dello Stato tra effetti formali e sostanziali;

L’art. 1, comma 5, legge 30 dicembre 2004, o n . 311 (legge finanziaria 2005), al fine di ridurre l’incremento dei costi dell’ apparato pubblico, poneva il limite del 2% alla spesa complessiva delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto consolidato e individuate per l’anno 2005 nell’allegato 1 alla stessa legge.

La stessa disposizione attribuiva all’Istat il potere di individuare le amministrazioni da considerare nell’ambito del bilancio consolidato dello Stato per gli anni successivi.

Fin dalla prima applicazione, il meccanismo di delimitazione del settore pubblico comprendeva gli Enti Nazionali di previdenza e assistenza e le autorità amministrative indipendenti .

La successiva redazione dell’elenco degli enti rientranti nell’ambito del consolidato comprendeva sotto la rubrica “ Enti nazionali di previdenza e assistenza” tutte le Casse previdenziali privatizzate con d.lgs. n. 509 del 1994, il Comitato olimpico nazionale e, alla voce “Autorità amministrative indipendenti”, tra altre, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

Tale inclusione[13], anche alla luce dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è stato poi confermata nel comunicato Istat recante l’elenco delle Amministrazioni pubbliche da inserire nel conto consolidato dello Stato per l’anno 2011, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 30 settembre 2011, n. 228, nel quale permangono le Casse previdenziali private, il Coni, ed è specificamente inserita l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Nonostante il contenzioso seguito all’inserimento della Casse all’interno del bilancio consolidato dello Stato, il legislatore considerando l’elenco citato come un dato consolidato è intervenuto con una misura incidente sulle prerogative di tali enti. Con l’art.8, comma 3[14] del decreto legge n.95 del 6/07/2012, convertito con modificazioni nella legge n.135 2012, il legislatore ha previsto per gli enti e gli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio dello Stato, che la riduzione della spesa per consumi intermedi sia tale da assicurare risparmi per 5% nell’anno 2012 e 10% a decorrere dall’anno 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nell’anno 2010.[15] La relazione tecnica chiarisce che la norma è rivolta, quindi, a ridurre la spesa inefficiente mantenendo al contempo inalterata sia la qualità dei servizi resi che la stabilità della gestione. Il sopra citato art.8, comma 3 nello specificare l’ambito soggettivo di applicazione fa riferimento agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuati dall’ISTAT ai sensi dell’art.1, comma 2, della legge 30 dicembre 2009, n.196.[16]

Rispetto al passato però la disposizione del 2012 non si limite a incidere sulla capacità di spesa ma prevede espressamente che “Gli enti e gli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia  finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio  dello Stato adottano interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa per consumi intermedi in modo da assicurare risparmi corrispondenti alle misure indicate nel periodo precedente; le somme derivanti da tale riduzione sono versate annualmente ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno."

L’obbligo di versare le economie, formatesi in virtù di tale disposizione ha carattere non temporaneo ma sicuramente pluriennale incidendo non solo su un singolo aspetto ma sull’essenza stessa dell’autonomia gestionale e contabile degli enti di previdenza e assistenza.

3. L’iter argomentativo seguito dal Consiglio di Stato sentenza n. 6014 del 28.11.2012: le casse di previdenza e assistenza all’interno del perimetro pubblico. Il parere dell’autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e pubbliche forniture. La sentenza Tar Lazio (Sez. Terza Quater ) n. 224 dell’11/01/2012  

c) Le casse privatizzate di assistenza e previdenza

E’ legittima l’inclusione degli enti previdenziali privatizzati nel conto consolidato dello Stato.

Con la sentenza in commento, n. 6014 del 28.11.2012, il Consiglio di Stato ha quindi accolto il ricorso dei ministeri vigilanti affermando che le Casse assolvono una funzione pubblica, nonostante, la privatizzazione operata dal decreto legislativo 509/94.

La ricostruzione del TAR[17] basata sulla non riconducibilità all’interno del perimetro della pubblica amministrazione di soggetti qualificati come privati non è stata quindi ritenuta condivisibile.

Per i giudici di primo grado, agli enti privati che non usufruiscono di finanziamenti pubblici né gravano in alcun modo sul bilancio pubblico, non può applicarsi la normativa del 1994 la cui ratio esclusiva è costituita dal contenimento della spesa pubblica.

AL contrario il Consiglio di Stato utilizza un criterio sostanziale per ricostruire la disciplina dell’ordinamento sezionale rappresentato dalla Casse Previdenziali Privatizzate.

 Il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale svolta dalle Casse trova fondamento nell’obbligo di iscrizione e contribuzione e nella natura di pubblico servizio dell’attività svolta .

Lo stesso potere d’ingerenza e vigilanza ministeriale, finalizzato a salvaguardare la sostenibilità e l’adeguatezza delle prestazioni unitamente al controllo della Corte dei Conti, è considerato indice rilevatore della natura pubblica della funzione svolta dalle casse.  

La ricostruzione del Consiglio di Stato considera pubblico il sistema di finanziamento degli enti di previdenza privatizzati valorizzando gli elementi concernenti gli sgravi, la fiscalizzazione degli oneri sociali insieme alla già citata, obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione.

Sempre da un punto di vista finanziario si evidenzia che sia la legge 662 del 1996 che la legge 335/1995 si siano occupate del settore ai fini del controllo del relativo disavanzo.

L’attività dell’Istat diretta all’individuazione degli enti rientranti nel bilancio consolidato dello Stato effettuata in virtù della delega prevista dalla legge ha poi valenza meramente certificativa che esime l’ente quindi dall’intraprendere le consuete iniziative prevista dalla legge sul procedimento in merito al necessario coinvolgimento dei contro interessati.  

In conclusione la ricostruzione effettuata dall’Istat è, a giudizio del Consiglio di stato, conforme alla situazione sostanziale propria delle casse all’interno dell’ordinamento italiano e alle caratteristiche che secondo l’ordinamento statistico comunitario contraddistinguono la pubblica amministrazione[18].  

Dall’analisi congiunta del regolamento UE n 2223/1996– SEC 95 e del relativo manuale si trae un concetto di amministrazione pubblica allargata i cui confini comprendono “ quelle istituzioni” che senza scopo di lucro dotate di personalità giuridica agiscono come produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita alla duplice condizione che siano controllate e finanziate in prevalenza da amministrazioni pubbliche .

Dall’iter logico motivazionale illustrato pare emergere, anche per le Casse, l’applicazione di una nozione di ente pubblico a geometria[19] variabile il cui ordinamento normativo muta secondo l’aspetto finalistico della propria attività[20].

Tale conclusione trova tra l’altro riscontro in un consolidato indirizzo della Corte Costituzionale secondo cui la privatizzazione di tali enti assurge quindi [21] “a un mero modello organizzativo che non esclude il carattere pubblicistico dell’attività di previdenza e assistenza secondo le finalità istitutive di ciascun ente, così giustificando l’obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione.  Si modificano, invece, gli strumenti di gestione e la qualificazione dell’ente, che si trasforma e assume la personalità di diritto privato”[22].

In prospettiva, quindi l’inclusione delle casse nell’ambito dell’elenco di cui al conto consolidato dello stato comporta conseguentemente la loro sottoposizione alla disciplina pubblicistica della spending  review.

La questione sottointesa alla presente decisione è quindi, non solo la possibile assoggettabilità delle casse alla disciplina di controllo e riduzione della spesa pubblica operata dalla legge di stabilità ma anche l’utilizzazione delle economie della gestione delle casse a vantaggio del bilancio statale.

In tal modo, l’autonomia delle casse sembra essere recessiva rispetto ai vincoli di Finanza Pubblica con la riduzione di fatto non solo di alcuni circoscritti spazi di manovra gestionali degli organi d’indirizzo delle casse ma più in generale della stessa autonomia degli enti che perde valenza e significato quando, come nel caso di specie, i risultati di precise facoltà e poteri degli enti sono trasferiti all’esterno dell’ambito di attività in cui sono stati prodotti.

Gli indici adottati per ricondurre le casse nell’ambito del perimetro della pubblica amministrazione sembrano, tuttavia, coincidere almeno da un punto di vista sostanziale, con quelli che permettono di identificare gli organismi di diritto pubblico cioè quegli enti che a prescindere dalla forma societaria adottata sono comunque soggetti alla disciplina del decreto legislativo 163/2006. 

d) L’attribuzione alle Casse previdenziali privatizzate della qualifica di organismi di diritto pubblico e il parere dell’autorità di vigilanza sui contratti pubblici[23].

La riconduzione degli enti di forme di  previdenza e assistenza obbligatoria alla nozione comunitaria di organismi di diritto pubblico è stata generalmente accettata dalla giurisprudenza.

La possibile elusione delle regole a presidio del principio di concorrenza costituisce la ratio della direttiva 2004/18/CE che include tra gli organismi e le categorie di organismi di diritto pubblico[24], gli “enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza”. 

Tale elencazione del resto non è tassativa, giacché, la stessa direttiva citata e la normativa nazionale di recepimento rimettono all’interprete l’individuazione dei requisiti sostanziali[25] che qualificano un ente come organismo di diritto pubblico assoggettato alle discipline pubblicistiche sugli appalti.      

A fronte di tale situazione, il legislatore è però intervenuto con l’articolo all’articolo 1, comma 10-ter, del decreto legge 23 ottobre 2008, n. 162 (convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2008, n. 201), ai sensi del quale “ai fini dell’applicazione della disciplina di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, non rientrano negli elenchi degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico gli enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e gli enti trasformati in associazioni o in fondazioni, sotto la condizione di non usufruire di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario, di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e di cui al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, fatte salve le misure di pubblicità sugli appalti di lavori, servizi e forniture”.

La finalità della disposizione sembra essere quella di impedire la riconducibilità della nozione di organismo pubblico alla Casse sancendone in questo modo la piena privatizzazione per quanto riguarda il ricorso al   mercato dei beni, servizi e forniture[26].

Tuttavia, il dato formale non ha superato i problemi d’inquadramento in considerazione e dell’approccio comunitario sostanzialistico[27] sulla natura degli enti e della formulazione adottata che comunque lascia dubbi sull’inapplicabilità del decreto legislativo 163/2006.   

In questo senso, il parere dell’autorità di vigilanza mostra l’asimmetria tra il dato formale della legge citata e l’applicazione sostanziale dei criteri individuati prima dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea e poi trasfusa nella direttiva 2004 e nel decreto legislativo 163/2006.

In base all’articolo 3, comma 25, del decreto legislativo 163/2006 la riconducibilità alla nozione di organismo pubblico è subordinata alla presenza di caratteristiche quali la personalità giuridica, la finalità non commerciale e non industriale che associati al binomio controllo/ finanziamento pubblico sembrerebbero riscontrarsi nelle casse di previdenza a prescindere dalla formale esclusione della norma del 2008.

E’ evidente come l’iter motivazionale seguito dall’Autorità di vigilanza coincida sostanzialmente con quello adottato dal Consiglio di Stato.

Nonostante il contesto di riferimento sia sostanzialmente diverso non si può non notare come la dottrina avesse in qualche già individuato una relazione in tal senso segnalando che a proposito dei controlli sulle casse di previdenza “ che si tratta con ogni evidenza di controlli sulla gestione degli enti e perciò uno degli indici comunitari dell'organismo di diritto pubblico. E se c'è anche solo un indice dell'organismo di diritto pubblico, gli enti sono rimasti degli enti di diritto pubblico anche dopo l'apparente trasformazione in soggetti di diritto privato (associazioni o fondazioni)……. La verità è che controlli di gestione come quelli descritti si giustificano solo sul presupposto che l'ente sia rimasto pubblico e sia solo stato reso autonomo e indipendente a somiglianza delle associazioni e delle fondazioni private”[28]. In entrambe le ricostruzioni, il perno della riconducibilità pubblica finalizzata al rispetto dei principi comunitari in tema di bilancio ovvero alla tutela di quello di concorrenza è costituita dalla natura pubblica[29]  del controllo e del finanziamento derivante dalla qualificazione sostanzialmente tributaria[30] dell’obbligazione contributiva[31].

E del resto di là di riferimenti giurisprudenziali citati[32] la stessa Corte Costituzionale attraverso un consolidato orientamento, ha sancito la funzione Pubblica delle Casse escludendo che la disciplina prevista dal decreto 509/1994 possa costituire violazione della libertà d’associazione di cui all’articolo 18 della costituzione.[33]         

Per questo l’Autorità segnala la necessità di un intervento interpretativo diretto a eliminare le difficoltà interpretative dell’articolo1, comma 10, del decreto legge 162/2008.

Difficoltà interpretative che peraltro affondando le radici nello stesso processo di privatizzazione probabilmente richiedono un intervento della corte costituzionale cosi come prefigurato da quella dottrina secondo cui “[34]anche le fondazioni «legislative» potrebbero perdere, con una interpretazione «adeguatrice» o con una sentenza di accoglimento, sia l'indice dell'organismo di diritto pubblico, sia le disposizioni che «ragionevolmente» contrastano con l'«essenza» della persona giuridica di diritto privato, così come è accaduto per le fondazioni bancarie. C'è solo da chiedersi se sia funzione della Corte costituzionale, non solo censurare l'incostituzionalità delle leggi, ma anche «riscrivere» la disciplina di interi settori dell'ordinamento giuridico, quando il legislatore «resiste» al cambiamento, conservando privilegi pubblicistici.”

Il superamento delle ambiguità insite nel processo di privatizzazione deve poi realizzarsi rispettando i principi comunitari .

Tuttavia la violazione dei principi di concorrenza e libertà di stabilimento e servizi non s’identifica necessariamente solo con “l’elusione” della direttiva comunitaria sugli appalti[35] ma permane anche riguardo all’impatto complessivamente riconducibile all’attività delle Casse.

Lo stesso eventuale intervento diretto neutralizzare il carattere tributario dell’obbligo contributivo sembra presupporre un diverso e generale assetto delle Casse e una riformulazione o laddove possibile a una reinterpretazione dell’articolo 38 della costituzione.

L’esistenza e i modi del controllo sembrerebbero dipendere dall’assetto complessivo del sistema previdenziale e dalla configurazione generale che le Casse di previdenza e le [36]forme di previdenza complementare vengono a svolgere[37] .

Tuttavia, la stessa natura del controllo sulle Casse e la sua riconducibilità alla nozione comunitaria adottata nel regolamento 2223/1996 SEC non appare immediata e continua comunque a sollevare perplessità e contrasti.  

e) La sentenza del Tar Lazio (Sez. Terza Quater ) n. 224 dell’11/01/2012

A questo punto, può citarsi la sentenza 224/2012 del TAR Lazio sez. Terza quater.

In merito alla legittimità dell’inclusione delle casse privatizzate nel conto consolidato dello Stato ai sensi dell’articolo 1, comma 3, l. 31 dicembre 2009 n.196, il TAR evidenzia che la nozione di controllo, quale elemento decisivo ai fini dell’inclusione nel perimetro contabile pubblico, prevista dal regolamento Sec[38] è nozione non coincidente con quella adottata dal decreto legislativo 509/1994 nel definire i poteri di vigilanza dei Ministeri.

Tale ricostruzione non sembra però immune da censure. Secondo tale impostazione, infatti, il regolamento SEC adotterebbe una nozione di controllo che si sostanzia nel potere di riconosciuto a un’amministrazione pubblica di determinare la politica generale e programmi della singola unità istituzionale cioè di stabilire in via autonoma gli obiettivi che essa è chiamata a raggiungere e i modi che deve seguire per realizzarli con atti che, in effetti, sono di amministrazione attiva e quindi non verificabili nella loro concreta esistenza con riferimento agli atti di controllo nel significato specifico e nella funzione ad essi assegnati dall’ordinamento nazionale[39].

In concreto il ruolo dei ministeri vigilanti nello statuto complessivo previsto dal 509/1994 sembra incidere nel merito dell’attività delle casse[40] con un potere che diretto alla verifica dell’attività degli enti adotta criteri gestionali più che formali condizionando gli atti di tali enti sia dal punto di vista contabile formale che da quello sostanziale.

Cosi come già evidenziato sopra, già all’indomani della privatizzazione la dottrina ha ricondotto il potere ministeriale nell’alveo del controllo gestionale[41] anche in considerazione di profili d’opportunità vagliati nell’esercizio di tale attribuzione di controllo[42].

La [43]contaminazione tra controllo gestionale[44] e controllo sull’atto, cosi come rilevata in termini generali dalla dottrina, non sembrerebbe sminuire il ruolo di “indirizzo gestionale[45]” svolto dalle componenti governative sulle casse fino a sottintendere la preminenza di un controllo esclusivo il controllo formale o di legittimità sugli atti.   

Gli atti oggetto di controllo, essenzialmente bilanci, decisioni di investimento e rendicontazione sono atti generali in cui si esplica l’attività di indirizzo e gestione degli enti superando in questo modo ogni vicinanza con il controllo formale del singolo atto privo di incidenza generale sull’attività dell’ente[46].

Il ruolo svolto dai Ministeri vigilanti sembra pertanto risolversi nella funzione di garantire che la gestione delle casse sia conforme agli obiettivi del legislatore con un potere di conformazione nel merito, per esempio delle decisioni d’investimento a garanzia dell’adeguatezza e sostenibilità del sistema previdenziale, quale interesse generale, che sembra prescindere dalla mera regolarità contabile o della legittimità formale in qualche modo evocata nella sentenza citata .

Infatti, ai sensi dell’articolo 3, del decreto legislativo 509/1994, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d’intesa con gli altri Ministeri competenti, “può formulare motivati rilievi su: i bilanci, preventivi e i conti consuntivi; le note di variazione al bilancio di previsione; i criteri d’individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti così come sono indicati in ogni bilancio preventivo; le delibere contenenti criteri direttivi generali. Nel formulare tali rilievi il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa con i Ministeri di cui al comma 1, rinvia gli atti al nuovo esame da parte degli organi di amministrazione per riceverne una motivata decisione definitiva.”.

Inoltre, è sempre il decreto legislativo 509/1994 a prevedere con l’articolo 2 che “ la gestione economico-finanziaria delle casse debba assicurare l'equilibrio di bilancio mediante l'adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico”, ma che qualora risulti un disavanzo economico-finanziario, rilevato dai rendiconti annuali e confermato anche dal bilancio tecnico, il Ministro del lavoro con decreto, di concerto con i Ministri competenti provveda alla nomina di un commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione.

Ciò premesso sembrerebbe chiara la riconducibilità del controllo delineato nel decreto legislativo citato con quella prevista nel regolamento SEC tanto più che il riferimento al controllo sembra essere fatto al fine di attribuire all’ente preso in considerazione la qualifica di pubblico. Le stesse innovazioni apportate dal dl 98/2011 e resisi concrete nell’‘emanazione del Decreto Ministeriale del 5 giugno 2012 testimoniano di un’attività di vigilanza e di controllo rafforzata e sempre più specializzata[47].

L’attribuzione alla Covip di poteri di controllo che partendo dalla redazione di una relazione annuale da trasmettere al Ministero del lavoro e delle politiche sociale e al Ministero dell’economia e delle Finanze arrivano a configurare un vero e proprio potere ispettivo sulle Casse sembra delineare un’incidenza pubblica su tali enti molto ampia. Tale potere d’influenza parte dall’individuazione degli obiettivi di massima, interessa la vigilanza sulle modalità d’attuazione di tali indirizzi, con evidenti poteri di conformazione, fino ad arrivare ad un controllo ispettivo vero e proprio al fine di garantire il rispetto dell’equilibrio finanziario.    

Per certi versi il reale atteggiarsi dei poteri Ministeriali nella fattispecie concreta sembrerebbe risolversi in una nozione di controllo più completa e generale che ingloba quella comunitaria senza travalicarne i termini per eccesso.

L’attribuzione alla Covip del potere di illustrare attraverso la relazione annuale:

a) le politiche di investimento e disinvestimento, relative alla componente mobiliare con particolare riferimento al monitoraggio e alla gestione del rischio;

b) la composizione del patrimonio e soprattutto i risultati della gestione finanziaria con l’evidenziazione dei fattori positivi e negativi che ne hanno determinato il risultato nonché le iniziative assunte dagli enti previdenziali privati con riguardo agli eventi che hanno inciso negativamente sul risultato conseguito;

c) la composizione del patrimonio distinto in mobiliare e immobiliare con la disaggregazione delle componenti mobiliari e immobiliare distinte per tipologia di investimento

sembrerebbe risolversi in una valutazione, per quanto ex post della capacità di investimento e della situazione finanziaria degli enti finalizzata a mettere a disposizione dei Ministeri vigilanti un patrimonio informativo necessario anche all’esercizio dei poteri di cui all’articolo 3, comma 3 del decreto legislativo 509/1994.

La stessa contemporanea incidenza sulle Casse dei Ministeri vigilanti e di un’autorità amministrativa indipendente come la Covip[48] non sembra certo ridimensionare qualità e funzione dell’influenza pubblica esercitata su tali enti.              

Inoltre, pur disconoscendo la ricostruzione effettuata con la conseguente valorizzazione, del carattere di mera regolarità formale della vigilanza effettuata dai Ministeri sulle casse, l’iter motivazionale della sentenza in questione appare quanto meno parziale. Infatti, seppur la diversità di nozione di controllo potrebbe essere invocata proprio facendo riferimento alle osservazioni del Regolamento CE 2223/96 di cui la punto 1.05, si può rilevare come sia il regolamento citato che il successivo manuale inglobino nell’ambito dell’amministrazione pubblica[49]  il sottosettore previdenza.

Tale sottosettore secondo il SEC , come esplicitato dal Manuale relativo, “comprende le unità che rispondono a ciascuno dei seguenti criteri”:

a) in forza di disposizioni legislative o regolamentari determinati gruppi della popolazione sono tenuti a partecipare al regime o a versare contributi;

b) le amministrazioni pubbliche sono responsabili della gestione dell’istituzione per quanto riguarda la fissazione o l’approvazione dei contributi e delle prestazioni indipendentemente dal loro ruolo di organismo di controllo o datore di lavoro.           

3.2) L’autorità per l’energia elettrica e il gas

L’analisi del Consiglio di Stato censura la ricostruzione effettuata dal Tar, anche riguardo alla qualificazione giuridica dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

L’inclusione di tale autorità nel bilancio consolidato non richiede l’applicazione dei criteri oggettivi d’individuazione della natura pubblica di un organismo proprio del regolamento UE sopra richiamato e del relativo manuale.

Seguendo proprio lo schema del manuale concernente, l’identificazione delle unità istituzionali pubbliche, il Consiglio di Stato ribalta l’argomentazione del TAR.

Pertanto, per classificare un organismo nel settore delle amministrazioni pubbliche, occorre stabilire se si tratta di un

1. Un’unità istituzionale[50]

2. Un’unità istituzionale pubblica

3. Di un’unità istituzionale che agisce da produttore di beni o servizi non destinabili alla vendita.

L’applicazione di tali nozioni soccorre l’interprete solo qualora non sia evidente che l’organismo, oggetto di scrutinio, è esso stesso una pubblica amministrazione.

La natura del finanziamento e del controllo diventano criteri d’identificazione della natura pubblica d’istituzioni senza fini di lucro ma non si applicano ad amministrazioni già in re ipsa qualificabili come statali.

La natura pubblica dell’Autorità dell’energia elettrica e del gas non trova fondamento nella nozione di controllo ovvero nell’origine del finanziamento bensì nel quadro dei poteri e funzioni alla stessa conferita dalla legge.

La sovrapposizione dei concetti di controllo e finanziamento pubblico non si attaglia all’autorità in questione perché quest’ultima svolge una funzione pubblica in virtù del trasferimento di funzioni, compiti, e di poteri ispettivi previsto dalla legge 481/1995.

Del resto, anche di là dalla ricostruzione del Consiglio di Stato, è proprio lo stesso manuale SEC al punto 4.1 che individua i produttori pubblici in quelli controllati dalle amministrazioni pubbliche.

Un istituto scolastico[51]  “è controllato da un’amministrazione pubblica se è necessaria l’autorizzazione di quest’ultima per formare nuove classi, effettuare operazioni significative nel settore degli investimenti fissi o lordi o contrarre debiti qualora l’amministrazione possa impedire all’istituto di interrompere rapporti che esso intrattiene.”

Applicare all’autorità per l’energia elettrica e gas il criterio del controllo significa in qualche modo accomunarla paradossalmente con le scuole, dove nell’esempio del manuale la loro riconducibilità all’amministrazione pubblica è legata all’assoggettamento a un pubblico potere (a una pubblica amministrazione) in termini di autorizzazione all’istituzione di classi e in termini di controllo.

In altri termini, l’autorità è essa stessa in re ipsa un’amministrazione pubblica proprio in virtù delle attribuzioni stabilite dalla legge istitutiva. Del resto sarebbe difficilmente giungere ad una diversa conclusione in presenza del preciso riferimento del regolamento 2223/1996 del Sec che nell’ambito delle unità istituzionali comprende gli enti amministrativi pubblici.[52] 

Lo speciale statuto, di cui è provvista, permette all’Autorità dell’energia elettrica e del gas di avere indipendenza e autonomia di giudizio e valutazione ma non le attribuisce uno statuto speciale e derogatorio nell’applicazione della disciplina di carattere generale riguardanti le pubbliche amministrazioni.

3.3. La Coni Servizi s.p.a.

Seppur con un minor impatto sistematico la sentenza in commento si occupa di valutare la legittimità della riconducibilità della Coni Servizi spa nell’ambito del bilancio consolidato statale.

Il Consiglio di Stato confermando la ricostruzione effettuata dal TAR nella sentenza impugnata ricomprende la CONI SPA nel conto economico consolidato dello Stato[53]  in considerazione della sua natura di organismo pubblico fornitore alla collettività di beni e servizi non destinabili alla vendita.        

A fronte delle censure del ricorrente, il Consiglio di Stato evidenzia che la società Coni Servizi p.a. è stata istituita nell'ambito del riassetto del Coni e che quest’ultimo per l'espletamento dei propri compiti si avvale della stessa società.

La partecipazione societaria è attribuita al Ministero dell'economia e delle finanze che designa anche il presidente del collegio mentre il presidente della società e gli altri componenti del consiglio di amministrazione sono designati dal Coni.

La valenza pubblicistica[54] dell'attività svolta emerge allora dalla natura pubblica dei finanziamenti del CONI, e dalla somma dei poteri d’ingerenza della parte pubblica che si manifestano attraverso atti di riconoscimento, d’indirizzo, di controllo dei bilanci, della gestione, dell'attività sportiva. Pertanto, appare evidente che l’attività del Coni s’inserisce a pieno titolo nell’ambito dell’azione pubblica.

Tale configurazione non è venuta meno neppure a seguito dell'entrata in vigore del d.l. n. 138 del 2002, poiché l'art. 8, che, come si è detto, ha disposto il riassetto del Coni istituendo la Coni Servizi s.p.a., non ha eliso né le finalità pubbliche perseguite né il carattere pubblico delle risorse impiegate al tal fine.

4) La nozione di ente pubblico a geometria variabile e gli effetti sostanziali della ricostruzione effettuata. I problemi interpretativi

Le tre diverse fattispecie sono ricostruite e analizzate sulla base del regolamento Sec e del relativo manuale facendo applicazione di quella nozione propria dell’ordinamento comunitario dell’ente pubblico a geometra variabile.

Coerentemente con un approccio sostanziale la natura dell’ente discende dalla gamma dei poteri attribuitigli, dal finanziamento e dal tipo di controllo cui è assoggettato.

Per quello che riguarda l’Autorità per l’Energia elettrica e il gas e la Coni servizi spa, il riflesso sistematico sembra essere non rilevante.

Tutt’altro discorso è da farsi, invece, riguardo agli effetti che la sentenza ha sulle Casse private di assistenza e previdenza. 

L’inclusione di tali enti nell’ambito del conto consolidato dello Stato diventa il presupposto per una rendicontazione finanziaria non neutrale ma finalizzata all’“utilizzazione” statale dei risparmi gestionali ai sensi del già citato articolo 8, comma 3, del decreto legge 95/2012.    

La privatizzazione assurgerebbe quindi a un mero modello organizzativo privo di riflessi sostanziali atti a salvaguardare gli spazi di autonomia gestionale delle casse.

Tuttavia, la Corte Costituzionale[55] sul punto si è pronunciata affermando “che la garanzia dell’autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile degli enti privatizzati, che costituisce un principio direttivo della delega, non attiene tanto alla struttura dell’ente quanto piuttosto all’esercizio delle sue funzioni “.

La destinazione delle economie oltre a rientrare certamente tra tali funzioni sembrerebbe richiedere che quali poste di bilancio i risparmi di spesa dovrebbero essere vincolati alla realizzazione esclusiva della funzione previdenziale. 

In tal mondo la relazione tra l’autonomia degli organi d’indirizzo politico-amministrativo degli enti e i ministeri vigilanti sarebbe conforme al modello previsto dal decreto legislativo citato e salvaguarderebbe minimi e incomprimibili spazi d’autonomia degli enti.

In altri termini, la compatibilità dell’automatico versamento al bilancio statale delle economie gestionali con l’autonomia garantita alle casse dalla legge di delega e dal successivo decreto legislativo d’attuazione potrebbe sembrare illegittima laddove il livello di compressione delle facoltà gestionali degli organismi gestionali dell’ente fosse del tutto compromesso e vanificato il potere gestionale concernente, il vincolo di destinazione delle risorse finanziarie a loro disposizione.         

Gli enti in questione sembrerebbero, pertanto, non avere poteri incomprimibili in quanto alla destinazione delle economie a fronte, per esempio, del potere di scelta delle spese rientranti nei consumi intermedi da ridurre.

Problemi interpretativi, poi, potrebbero sorgere qualora si verificasse la conformità di tale scelta legislativa con le norme di funzionamento del Trattato dell’Unione che pur non vincolando direttamente i sistemi previdenziali degli stati europei, in virtù  della competenza esclusiva di questi ultimi sulla materia, ne condizionano comunque l’efficacia esterna qualora le disposizioni legislative adottate possano violare i principi comunitari.

Anche dal punto di vista del diritto internazionale convenzionale la destinazione al bilancio delle economie gestionali proprie degli enti potrebbe rappresentare una violazione, irragionevole e non proporzionale, del diritto del singolo al pieno godimento di una posizione previdenziale a fronte di un preciso vincolo di destinazione che ne giustifica l’obbligo forzoso di versamento.           

5.1 L’autonomia delle casse previdenziali tra principi costituzionali e legislazione ordinaria.

A seguito dell’esercizio della delega prevista dall’articolo 1, comma 11, della legge 30 dicembre 1993 n. 537, la Corte Costituzionale è più volta intervenuta per vagliare la compatibilità dell’intervento con l’assetto costituzionale.

Come già segnalato, nelle plurime decisioni sul punto la Corte costituzionale ha sempre affermato la funzione pubblica delle casse attribuendo grande valore all’autonomia contabile finanziaria e normativa attribuita agli enti previdenziali. Lo stesso articolo 1 della legge citata, almeno dal punto di vista formale, attribuisce agli enti il potere di trasformarsi scegliendo la forma giuridica ritenuta più opportuna per assolvere la funzione di rendere concreto il dettato dell’articolo 38 della costituzione che riconosce ai lavoratori il diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso d’infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

La previdenza obbligatoria è quindi assicurata da organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato come le casse privatizzate.

Le casse pur svolgendo una comune funzione vengono considerate dalla giurisprudenza costituzionale[56]  come entità distinte ciascuna con una propria autonomia e con un proprio equilibrio finanziario.  Differenziazione e accentuazione dell’autonomia normativa sono mostrate tra l’altro da quella dottrina secondo cui ” nell’articolato panorama degli enti previdenziali esistenti accanto a quelli dotati di potestà regolamentare di tipo esclusivamente esecutivo è data rinvenirne alcuni la cui potestà regolamentare si stende alla disciplina della contribuzione e di altri quali (in particolare quelli che gestiscono regime di previdenza di categoria o di mestiere) che hanno ampia autonomia normativa cosi come finanziaria espressioni particolarmente accentuate di tale autonomia regolamentare si riscontrano nel caso di fondi pensionistici esonerati o degli enti previdenziali privatizzati(Dlgs 509 del 1994).Alla base di tale articolata realtà vi sono ragioni storiche ma anche lacune o ambiguità del tessuto legislativo che consentono a enti pubblici o privati operanti nel settore di ritagliarsi spazi più o meno ampi di autonomia regolamentare se non di surroga rispetto alla legge”.[57] Pertanto di là dalla forma giuridica assunta la corte costituzionale ha rilevato come “ la garanzia dell’autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile degli enti privatizzati, che costituisce un principio direttivo della delega, non attiene tanto alla struttura dell’ente quanto piuttosto all’esercizio delle sue funzioni. In tal senso il legislatore delegato ha accolto la formulazione della norma delegante inserendo tale garanzia nella disposizione che disciplina la gestione degli enti privatizzati (art. 2 del decreto legislativo n. 509 del 1994) ” Per tale motivo il nucleo fondante dell’autonomia delle casse sembrerebbe poteri individuare nell’esercizio delle funzioni da parte degli organi direttivi delle stesse. L’esplicazione dei poteri dei Ministeri sembra essere tracciata con riferimento all’esercizio concreto o meglio al rispetto alla partecipazione attiva degli organi degli enti a tutti gli atti di gestione.

Qualora questa compartecipazione necessaria, che oscilla tra controllo e collaborazione attiva nell’individuazione delle scelte gestionali viene meno, si realizza un vulnus all’autonomia degli enti. Il potere di individuare tipo e modalità degli investimenti o delle partecipazioni seppur soggetto alla verifica dei ministeri vigilanti, costituisce uno degli elementi caratterizzanti l’autonomia gestionale.

La destinazione degli avanzi di gestione non è altro che uno degli elementi in cui si concreta la potestà gestionale degli enti e in parte può anche dipendere dalle decisioni d’investimento.

La stessa norma che interviene limitando le spese per consumi intermedi lascia all’ente un margine di autonomia nella scelta concreta delle voci di spesa su cui intervenire pur entro l’ambito predefinito. 

La compressione di tale potere di scelta non è conforme al generale quadro di attribuzioni riconosciuto alle casse dal decreto legislativo 509/1994. La competenza esclusiva dello Stato comporta cioè sempre il rispetto dell’ambito di autonomia ricavabile dal complesso della normativa che sembra essere violato da una norma come quella dell’articolo 8, comma 3 del decreto legge 98/2012 che seppur surrettiziamente incide sulle competenze degli organi di gestione delle casse attraverso una disposizione di carattere contabile sull’impiego delle risorse finanziarie. In altri  termini, a fronte di un quadro normativo precostituito, il legislatore apporta una modifica fattuale senza intervenire direttamente sulle competenze delle casse operandone de facto una modifica sostanziale in modo implicito o surrettizio e non sistematico in contrasto con la ratio che governa il sistema delle casse. 

A fronte del mutevole atteggiarsi dell’autonomia contabile finanziaria e normativa delle Casse la previsione di un indistinto e omogeneo obbligo di versamento delle economie appare lesiva dei poteri, delle autonome determinazioni di tali enti e delle loro diverse situazioni economico patrimoniali .

La stessa entità complessiva delle economie potrebbe non essere proporzionale alla specifica autonomia finanziaria .

Inoltre, proprio la Corte Costituzionale in merito al potere del legislatore di tracciare gli organi delle Casse limitando il potere degli enti stessi sul punto ha precisato che “ anche se, considerando isolatamente i singoli segmenti della formula normativa adottata dal legislatore, se intendesse l’autonomia organizzativa come elemento del tutto distinto dall’organizzazione della gestione amministrativa e contabile, riferita quindi alla struttura dell’ente e alla composizione dei suoi organi, essa non implicherebbe un’assoluta libertà di configurare le strutture dell’ente e non escluderebbe l’eventuale indicazione di limiti entro i quali l’autonomia debba essere esercitata”. Tuttavia, i limiti a tale autonomia non sembrano poter coincidere con l’annullamento di fatto di ogni potere degli organi delle casse sull’entità e le modalità di conservazione delle economie all’interno dell’ordinamento di settore. Un margine di discrezionalità gestionale o operativa sembra costituire il nucleo centrale dell’autonomia degli enti. Del resto seppur per quanto riguarda i diversi profili sanzionatori giurisprudenza[58] ha affermato che in “ in caso di omesso ritardato pagamento di contributi previdenziali all’istituto nazionale di previdenza dei giornalisti Inpgi, privatizzato ai sensi del dlg 509/1994, la disciplina sanzionatoria prevista dall’articolo 116 la 388 del 2000 non si applica automaticamente, poiché l’ istituto, per assicurare l’equilibrio di un proprio bilancio, ha il potere di adottare autonome deliberazioni in materia di regime sanzionatorio e di condono per inadempienze contributive (e in questo caso rientra anche la possibilità di modulare il contenuto e il tempo iniziale di efficacia del predetto articolo 116 –deliberazioni da assoggettare ad approvazione ministeriale ai sensi dell’articolo 3, comma 7, dlgs 509/1994 (art 4 comma 6 bis l.n 140/1997)-pur avendo l’istituto alla stregua dell’articolo 76 della predetta l 388 del2000, di coordinare l’esercizio di questo potere con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria sia generali che sostitutive. Anche alla luce di tale arresto, si nota come l' art.8, comma 3[59] del decreto legge n.95 del 6/07/2012, convertito con modificazioni nella legge n.135 2012, seppur implicitamente impedisce, tanto meno in maniera diretta ed esplicita, alle casse di eseguire interventi, condoni che rientrano pienamente nell’esplicazione della propria autonomia.

In altri termini, la norma che pone un limite alle spese per consumi intermedi non si occupa di vietare un'altra serie d’interventi pur legittimi rendendo più evidente la compressione dell’autonomia dell’ente operata dalla norma citata che in materia surrettizia incidendo sulle risorse finanziarie sembrerebbe limitare i poteri degli enti privatizzati.

L’esatta determinazione dei poteri autonomi e del margine d’incomprimibilità riconosciuti alle Casse dopo la privatizzazione deve poi essere valutata anche con riferimento alla successiva introduzione del principio di sussidiarietà orizzontale operata dalla riforma del Titolo V della costituzione.  

A questo proposito occorre notare che autorevole dottrina ha messo in luce i limiti dell’introduzione della dimensione orizzontale della sussidiarietà in materia di previdenza obbligatoria. Si quindi è segnalato che “in tema di previdenza obbligatoria il principio di sussidiarietà orizzontale non si applica, perché in tutto sostituito dai principi contenuti o ricavabili dall'art. 38, il quale comunque legittima esplicitamente la possibilità che sia lo Stato direttamente con i suoi organi a gestire tale servizio sociale. Se lo Stato vuole costruire meccanismi diversi, lo può fare, ma si tratta di una scelta del legislatore, non di un obbligo o limite derivante dall’applicazione del principio di sussidiarietà”. [60].   La disposizione dell’articolo 118, comma 4, si “limita a stabilire che lo Stato e le altre entità di governo favoriscono l’iniziativa dei cittadini singoli e associati e fissa per altro verso una condizione ulteriormente limitativa: precisamente che tale iniziativa di “base” sia autonoma e finalizzata ad attività d’interesse generale”.[61] . Pur tuttavia non può negarsi che la dimensione orizzontale della sussidiarietà collocandosi idealmente nell’ambito della prima parte della costituzione[62] assurga a criterio per individuare tra l’ altro l’ambito incomprimibile d’autonomia riconosciuta alle Fondazioni/Associazioni .

Cosi come avvenuto con le sentenze 300 e 301 del 2003 in cui la Corte Costituzionale confermando secondo alcuni autori, il carattere privatistico[63] delle fondazioni in linea con l’articolo 118, comma 4, che riconosce il valore positivo dell’attività dei soggetti, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11, comma 4, legge 448 del 28 dicembre 2001. La prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, diversi dallo Stato, di cui all’articolo 114 della Costituzione, idonea a rifletterne le competenze nei settori ammessi in base agli articoli 117 e 118 della Costituzione, nell’organo di indirizzo, ha condotto la Corte Costituzionale a ritenere che tale previsione “comportasse un’ingiustificata compressione dell’autonomia statutaria e gestionale delle fondazioni, perché idonea a creare “un’influenza decisiva nell’attività della fondazione”, rappresentando un mezzo per rendere le fondazioni bancarie[64] ente strumentale dell’ente locale. Ritenendo fondata la questione concernente l’articolo 11, comma 4, legge 448 del 28 dicembre 2001 la Corte costituzionale ha stabilito che tale modalità di composizione degli organi, anziché la previsione “di enti pubblici o privati comunque espressivi delle realtà locali”, tendesse a ripubblicizzare le fondazioni, influenzando in modo decisivo la loro attività”.[65]

La differente disciplina delle Fondazioni in generale e la diversità di quelle bancarie prese in considerazione nelle sentenze citate non permettono, ovviamente, alcuna automatica trasposizione al modello di intervento prefigurato dall’articolo 38, commi 2 e 4, della costituzione[66].

Pur tuttavia, proprio la valenza di principio fondamentale della dimensione orizzontale della sussidiarietà[67] sembrerebbe rafforzare gli spazi di autonomia degli enti privatizzati che partecipano all’implementazione della competenza esclusiva statale in materia ai sensi dell’articolo 117, comma 2 lettera o. A fronte dell’affermazione di tale principio la stessa attribuzione al legislatore ordinario del compito di garantire il diritto previdenziale attraverso una delega amplissima, nella scelta delle modalità d’attuazione,[68] può comunque limitare ma non comprimere totalmente il nucleo essenziale dell’ autonomia e della capacità gestionali delle casse.

Del resto,[69] in dottrina si è sostenuta la concezione della pervasività[70] del principio di sussidiarietà orizzontale “secondo cui il principio induce ad attribuire significato radicalmente nuovo ad alcuni principi fondamentali della costituzione, in specie all’art.3, comma 2, e naturalmente all’articolo 2 cost concepito come lente attraverso il quale riguardare all’intero testo.

costituzionale”.  Il nuovo articolo 118, comma 4, della costituzione, infatti, sancirebbe un nuovo paradigma pluralista e paritario e relazionale tale da condurre a modifiche notevoli nella teoria e pratica del diritto amministrativo.

L’articolo 5 della Costituzione dopo la revisione dell’articolo 118 non garantirebbe soltanto le autonomie che si configurano come soggetti esponenziali della comunità e come sedi dell’autogoverno di tali comunità come ha sempre ritenuto la dottrina che ne ha dato ampia e conformativa lettura, giungendo ad affermare che il principio di autonomia è cosi connotativo del sistema costituzionale da rappresentare la faccia interna della sovranità popolare. Esso molto oltre questo confine garantirebbe ogni articolazione sociale autonoma rispetto allo stato e per lo stato rispetto alla pubblica amministrazione allo stesso titolo di cui è autonomo un ente locale territoriale nell’assegnazione dei rapporti con la propria comunità di riferimento.”.
A tal estensiva interpretazione si contrappone quella che relega invece il principio a mera petizione di principio senza alcuna rilevanza pratica. Tra i due estremi interpretativi però non può non notarsi come sia la legislazione ordinaria che la giurisprudenza amministrativa abbiano accolto, non senza travagli e non sempre in maniera esplicita, il principio in questione.

Da questo punto di vista l’introduzione del principio di sussidiarietà orizzontale[71] sembrerebbe rafforzare l’autonomia della Casse potenziando ruolo e funzioni in quanto centri esponenziali di interessi, quelli di particolare categorie, partecipi alla realizzazione dell’impegno previdenziale sancito dall’articolo 38 cost.

Il principio di leale collaborazione imporrebbe, anche nel settore previdenziale pubblico, allora una partecipazione attiva in ogni decisione concernente la destinazione dei risparmi di spesa. Il ricorso anche in questo caso all’intesa sembrerebbe essere conforme al nuovo assetto pluralistico dei poteri pubblici e conseguente poi alla qualificazione delle Casse come elementi rientranti nell’ambito del perimetro della pubblica amministrazione e costituenti comunque un centro di imputazione autonomo. In qualche modo la difesa degli spazi di autonomia degli enti coincide con la difesa più in generale della funzione previdenziale i cui vincoli temporali di lungo periodo sembrerebbero impedire la violazione del vincolo finalistico della contribuzione.

Pur con le dovute cautele e prendendo atto della diversità di inquadramento del principio di sussidiarietà verticale, non può non citarsi un recente arresto delle Corte costituzionale in materia di individuazione della destinazione dei risparmi di spesa.

Nella sentenza 297/2012 la Corte Costituzionale si è occupata della questione relativa al quarto, quinto e sesto periodo dell’art. 5[72] del decreto-legge n. 201 del 2011, impugnato per la violazione del principio di leale collaborazione, per la mancata partecipazione della Regione alla riassegnazione dei risparmi ottenuti dalla modifica dell’ISEE.

La Corte costituzionale ribadisce l’interpretazione per cui “ sono devoluti al bilancio dello Stato e poi riassegnati al Ministro del lavoro e delle politiche sociali – per essere poi destinati a politiche sociali e assistenziali – solo i risparmi che derivano dall’applicazione della nuova ISEE allo Stato e agli enti previdenziali mentre gli eventuali risparmi a favore delle Regioni e degli enti locali restano, ovviamente, devoluti ai loro bilanci. 

Ciò premesso la Corte esclude la violazione del principio di leale e collaborazione laddove le Regioni lamentano la mancata previsione della loro partecipazione alla rassegnazione dei risparmi di spesa .

Ciò in quanto l’intesa nella fase di rassegnazione sarebbe esclusa dall’evidente sussistenza della competenza esclusiva statale in materia di sistema contabile (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.) e finanziario dello Stato nonché il difetto di incidenza su alcuna competenza della Regione”.

Nel caso di specie le Casse hanno la funzione di rendere concreta la competenza esclusiva statale in tema di previdenza ai sensi dell’articolo 117 della costituzione e sono detentori di una veste giuridica a cui è ricorso il legislatore proprio per attribuirne un grado di autonomia che sembrerebbe rendere quantomeno necessaria un’intesa o comunque un coinvolgimento preventivo in sede di destinazione delle economie o risparmi di spesa da ricondurre sempre Entro il perimetro del sistema previdenziale.   

5.2. La funzione previdenziale e il diritto dei singoli alla prestazione pensionistica

Il mancato coinvolgimento preventivo degli enti chiamati a gestire la destinazione dei risparmi di spesa sembrerebbe poi incidere sulla funzione stessa della contribuzione quale prestazione imposta dalla legge.

Come ricordato la Corte Costituzionale ha più volte sottolineato la riconducibilità della contribuzione a una prestazione di cui all’articolo 23 Cost. finalizzata alla realizzazione di una funzione pubblica.

Il versamento al bilancio dello stato delle risorse conseguenti ai tagli per spese e consumi intermedi in maniera non selettiva e non proporzionale incide sui bilanci, sulla situazione economica e finanziaria delle Casse, comprimendo il diritto dei contribuenti alla prestazione di tipo previdenziale.

La contribuzione è finalizzata alla funzione previdenziale pertanto, laddove, la destinazione delle risorse è sviata, sembrerebbe perdersi la ragione fondante dell’obbligo contributivo che in è qualche modo versato per ottenere una controprestazione[73].

L’entità delle somme versate al bilancio dello stato sembra non essere proporzionale o quanto mento adeguata agli obiettivi di lungo periodo indicati dallo stesso legislatore.

Tuttavia, la stessa eventuale riduzione della prestazione previdenziale spettante al singolo non è di immediata evidenza giacché i risparmi di spesa per consumi intermedi al netto cioè dell’allocazione e degli impegni attraverso cui le casse hanno articolato i bilanci finanziari su base trentennale per garantire l’adeguatezza e la sostenibilità del sistema previdenziale degli stessi enti di previdenza privatizzati.

Del resto sia la Corte Europea dei diritti umani sia la Corte Costituzionale[74] hanno recentemente espresso un orientamento restrittivo[75] circa l’azionabilità del diritto alla prestazione previdenziale valorizzando i profili di interesse generale sottesi a un intervento statale diretto a limitarne comunque l’entità.

Con la sentenza del 31 Maggio 2011 la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha vagliato la legge 296/2006 nella parte in cui introduceva un metodo di calcolo della pensione armonizzato, al fine di garantire un sistema previdenziale sostenibile e bilanciato.

Tale sistema prevede che la retribuzione pensionabile concernente il periodo di lavoro svolto all’estero sia determinata moltiplicando l’importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato per l’aliquota contributiva per invalidità vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si riferiscono

Considerando gli effetti dell’introduzione di tale metodo di calcolo, che in pratica equiparava la posizione del lavoratore all’estero con quello del lavoratore che avesse prestato servizio in Italia, sull’entità complessiva dell’assegno pensionistico la Corte giunge alla conclusione che perdendo meno della meta della pensione il ” ricorrente sia stato obbligato a sopportare una riduzione ragionevole e commisurata anziché essere totalmente privato dei suoi diritti[76]. ”

Per quanto riguarda proprio le pensioni di categoria, la Corte Costituzionale ha chiarito gli effetti del distacco dallo schema della corrispettività tra contributi e prestazioni con il passaggio dal concetto di mutualità a quello di previdenza di un sistema solidaristico. [77]L’abbandono della tecnica dei contributi in conti individuali con l’adozione di una gestione collettiva dei contributi stessi comporta che non si pone più il problema della corrispondenza tra oneri personali contributivi e misura della pensione, ma solo di coerenza con la finalità del sistema e le relative garanzie della tutela pensionistica con “ carattere socio-previdenziale, diffuso, unitario e compensativo”.

L’intervento del legislatore sembra non essere conforme all’impostazione costituzionale proprio in relazione alle finalità del sistema  previdenziale e alle relative garanzie del diritto alla prestazione.   

Tanto più che secondo la Corte[78] , la disposizione dell’articolo 38, comma 2, si riferisce principalmente all’organizzazione e alla gestione della previdenza obbligatoria alla quale deve essere garantito un flusso di contributi degli assicurati proporzionato al bisogno da soddisfare, mentre l’intervento solidaristico della collettività generale va limitato a casi giustificati da particolari condizioni equamente selezionate, e comunque nei limiti delle disponibilità del bilancio dello Stato[79].

6) Sistemi previdenziali nazionali e principi comunitari : la sentenza Kattner C- 350/07 della corte di giustizia europea ei limiti della competenza degli Stati in materia previdenziale

Il diritto comunitario, secondo costante giurisprudenza, non menoma la competenza degli stati membri a organizzare e strutturare il loro sistema previdenziale[80].  La Corte di giustizia europea si è espressa più volte sulla compatibilità dei monopoli previdenziali con i principi del diritto anti-trust dettati dal Trattato (ora artt. 101-106 TFUE, già artt. 81-86 TCE), dalla celebre sentenza Poucet et Pistre del 1993[81]  alla sentenza Cisal del 2002[82]  riconoscendo la compatibilità dei regimi di monopolio con le regole della concorrenza a fronte della natura solidaristica dell’attività svolta dall’ente previdenziale[83].

Tale natura è comprovata dalla presenza di tre indici di solidarietà: distributiva, finanziaria e intergenerazionale.

La contemporanea presenza dei tre indici esclude la natura economica dell’attività svolta dall’ente previdenziale, non riconducibile a un’impresa ai sensi degli artt. 101 e 102 TFUE e perciò sottratta alle regole della concorrenza. [84]

In altri termini, in mancanza di un‘armonizzazione a livello comunitario spetta alla normativa di ciascuno stato determinare i presupposti del diritto o dell’obbligo d’iscrizione a un regime previdenziale[85] . Tuttavia, tale competenza non è illimitata[86] giacche lo stato membro pur potendo individuare le condizioni dell’obbligo d’iscrizione a un regime previdenziale e quindi le modalità di finanziamento di quest’ultimo è tenuto al rispetto del diritto comunitario .

L’ affermazione di tale principio contenuta nella sentenza Kattner C 350/07 ha quindi reso evidente la necessità che qualsiasi regime di iscrizione obbligatoria previsto dalla normativa nazionale debba essere compatibile con gli articoli 49 CE e 50 CE[87]. La dottrina ha censurato tale ricostruzione evidenziando una progressiva limitazione della competenza nazionale in materia con una più generale riduzione della garanzia dei diritti sociali a tutto vantaggio di un’interpretazione del Trattato incentrata sulla salvaguardia delle libertà economiche fondamentali.[88]

In altri termini, si è rilevato che con la sentenza Kattner il regime di monopolio previdenziale è legittimo solo ove non ostacoli la libera circolazione dei servizi e cioè qualora l’accesso al mercato ad altri operatori sia necessario e proporzionato per garantire l’equilibrio finanziario dello specifico settore previdenziale.

Pertanto, analogamente “ a quanto affermato in relazione all’azione sindacale nelle sentenze Viking e Laval, si apre uno scenario nel quale i sistemi previdenziali pubblici sono esposti a una valutazione di compatibilità con l’esercizio delle libertà di mercato[89]”.

In realtà l’impostazione generale della sentenza Kattner è interpretabile anche in una diversa prospettiva[90].

La posizione monopolistica in materia previdenziale si giustifica solo qualora l’obbligo di iscrizione sia funzionale alla conservazione dell’equilibrio finanziario del sistema previdenziale. Sistema previdenziale che comunque si stabilizza in relazione al rapporto tra contribuzione e livello delle prestazioni erogate. In tal modo è il livello delle prestazioni erogate, rientrante completamente nella discrezionalità degli stati nazionali e patrimonio dei cittadini, a incidere sul livello di contribuzione.

In questo senso l’orientamento della giurisprudenza comunitaria sembra perfettamente integrarsi con la già richiamata pronuncia della Corte Costituzionale[91] secondo cui la diposizione dell’articolo 38 ,comma 2, ”si riferisce principalmente all’organizzazione e alla gestione della previdenza obbligatoria alla quale deve essere garantito un flusso di contributi degli assicurati proporzionato al bisogno da soddisfare”. Il monopolio  pubblico è giustificato qualora esista una necessaria relazione tra contribuzione e prestazioni. Perciò in prospettiva comunitaria può considerarsi non conforme alla libera prestazione di servizi solo un sistema pensionistico che imponga un livello di contribuzione eccessivo rispetto a quanto necessario per raggiungere l’equilibrio finanziario [92]. La censura all’orientamento espresso nella sentenza kattner sembra tralasciare il fatto che i monopoli previdenziali non costituiscono più delle monadi avendo perduto da tempo il carattere dell’esclusività. Accanto al regime previdenziale obbligatorio, abbiamo un mix di interventi che vede la previdenza complementare articolarsi sui fondi  chiusi/aperti sulla base di interventi/contratti collettivi in ragione di una solidarietà di categoria e al ricorso al sistema privato attraverso i piani pensionistici individuali. Stesso discorso può essere fatto a proposito della disciplina delle assicurazioni contro gli infortuni e le malattie professionali laddove al monopolio obbligatorio si accompagna la possibilità di far ricorso al sistema assicurativo privato per prestazioni aggiuntive.

In quanto prestazione sociale il livello dei benefici previdenziali rimane nell’ambito esclusivo delle prerogative degli stati nazionali che possono decidere il livello di contribuzione in funzione del complesso delle prestazioni che decidano di erogare.

Del resto non mancano pronunce della Corte di Giustizia Europea[93] 343/08 che censurano il mancato recepimento da parte di alcuni stati delle direttive comunitarie in tema di previdenza complementare.

Con la sentenza Kattern sembra, allora, essersi sancito il criterio relazionale tra soggetti già presenti nell’ambito delle prestazioni previdenziali, seppur con natura, titolo, e funzioni parzialmente diverse. Nel ribadire la primazia e la necessità della previdenza obbligatoria gestita attraverso forme monopolistiche la Corte di Giustizia Europea ne ho solo definito dinamicamente i limiti già implicitamente presenti nella disciplina complessiva del sistema previdenziale.

L’equilibrio finanziario oltre alla funzione finanziaria e contabile assume, allora, il ruolo di causa legittimante l’obbligazione previdenziale vincolando i successivi impieghi a questa la stessa finalità.

Seppur semplificando l’utilizzo della contribuzione per una finalità diversa sembrerebbe quindi non incidere solamente sull’aspettativa della prestazione pensionistica ma in qualche modo inficiare la ragione fondante della prestazione imposta con l’evidente violazione delle prerogative delle casse e dei diritti dei soggetti per cui è l’obbligatoria l’iscrizione.     

In questo senso, la sentenza Kattern sembrerebbe rappresentare un utile parametro per valutare l’operazione complessiva realizzata dal combinato disposto della legge 311 del 2004 (successive riproposizioni) e della legge 95/2012.

La riduzione delle spese per consumi intermedi unitamente all’obbligo di versamento delle relative economie al bilancio dello stato, realizzati sul presupposto che i bilanci delle casse garantiscono il pluriennale equilibrio finanziario delle casse, dimostrano come il livello di contribuzione individuato eccede quanto sarebbe stato necessario a garantire la stabilità finanziaria degli enti previdenziali. Anzi la mancata conservazione delle economie all’interno del sistema previdenziale rende tale risultato non solo più evidente ma anche meno giustificabile.

L’eccedenza contributiva del sistema previdenziale cosi come delineato dal susseguirsi della norma sembrerebbe quindi esemplificare l’ipotesi prevista dalla sentenza Kattern. Laddove la contribuzione raggiunga un livello eccessivo rispetto a quanto necessario per il garantire la stabilità finanziaria della prestazione previdenziali si realizza una violazione dei principi di cui agli articoli 49 CE e 50 Ce.

In questo caso l’implicita ammissione di una contribuzione non necessaria e funzionale al mantenimento degli equilibri di bilancio sembrerebbe comporta la violazione della libera prestazione dei servizi.

Nonostante[94] la questione di cui alla sentenza C-350 verta sull’assicurazione obbligatoria infortuni sembrerebbe possibile trasporre quanto affermato dalla Corte di giustizia europea anche nella fattispecie relativa alle Casse privatizzate.

La corte afferma che “ una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale, nella parte in cui prevede un obbligo di iscrizione, può ritenersi giustificata da una ragione imperativa di interesse pubblico, vale a dire dall’obiettivo di garantire l’equilibrio finanziario di un settore della previdenza sociale, poiché tale obbligo è adeguato al fine di garantire la realizzazione di tale obiettivo.

In ordine alla questione se una siffatta normativa non vada al di là di quanto necessario per raggiungere l’obiettivo considerato, si è già osservato al punto 81 della presente sentenza che dalla documentazione versata in atti alla Corte risulta che il regime legale di cui trattasi nella causa principale offre una copertura minima, sicché, nonostante l’obbligo di iscrizione che esso comporta, le imprese cui si applica ben possono integrare tale copertura mediante la stipulazione di contratti assicurativi complementari, ammesso che questi ultimi siano disponibili sul mercato. (Tale circostanza rappresenta un fattore che depone nel senso della proporzionalità del regime legale di assicurazione di cui trattasi nella causa principale).”

Nel caso di specie il livello di contribuzione è sostanzialmente più alto di quanto necessario alla conservazione dell’equilibrio finanziario, impedisce quindi, di fatto, alle imprese assicurative di competere per assicurarsi i servizi corrispondenti e limita, di fatto, la facoltà di scelta dei cittadini di ricorrere al mercato per una copertura previdenziale ulteriore.

La riconduzione delle casse all’interno del perimetro pubblico non costituirebbe di se un vulnus al sistema previdenziale che piuttosto potrebbe concretizzarsi qualora le risorse finanziarie del sistema previdenziale ,anche eventualmente riconducibili all’obbligazione contributiva vengano destinate ad un diverso fine. Per questo motivo la necessità di una diminuzione del livello di contribuzione sembrerebbe emergere proprio per evitare la possibilità di incorrere in una violazione dei principi comunitari e di limitare i diritti dei cittadini e in più in generale il ricorso alla previdenza complementare.

7. Conclusioni

La privatizzazione delle casse di previdenza e assistenza professionali ha istituito un sistema misto in cui la componente organizzativa di tipo privatistico si combina con la finalità pubblica diretta al conseguimento di un interesse generale. I due diversi aspetti possono essere riscostruiti dando preminenza all’uno rispetto altro con evidenti conseguenze relativamente alla disciplina e al livello di autonomia delle casse .

La combinazione delle diverse caratteristiche sembra però costituire uno statuto normativo che costruito intorno alla finalità di  realizzare e salvaguardare il sistema previdenziale cosi come delineato dal’articolo 38 della costituzione sembrerebbe essere proprio incomprimibile perché diretto a rendere concreto il diritto alle prestazioni previdenziali.

Alla reale concretizzazione del diritto dei cittadini alle prestazioni previdenziali concorrono forme privatistiche che si coniugano con il controllo/indirizzo pubblicistico.

Adottando una prospettiva sostanziale l’intervento del legislatore , contenuto nell’articolo 8 , comma 3, della l. del 95/2012 appare lesivo del principio costituzionale posto a presidio del diritto dei cittadini alla prestazione previdenziale.

Inoltre, anche nel caso in cui la discrezionalità del legislatore venga invocata per giustificare l’intervento nei termini sopra descritti, sembrerebbe evidente il contrasto con l’orientamento espresso dalla corte di giustizia europea secondo cui è vietato il livello di contribuzione che ecceda quanto necessario a garantire l’equilibrio finanziario del sistema  previdenziale.

In un sistema ordinamentale integrato come quello dell’ Unione Europea tutela e implementazione del sistema pensionistico trovano contemporaneo fondamento diretto e mediato nella Carta costituzionale e nel trattato TFUE . Pertanto da entrambe queste prospettive parrebbe emergere uno statuto delle casse vincolato alla realizzazione del sistema previdenziale e per tal motivo incomprimibile con interventi che ne distraggano le risorse .

La ricostruzione degli istituti attraverso un approccio sostanziale sembrerebbe quindi valorizzarne le finalità istitutive che vengono  a porsi all‘interno di un ordinamento integrato i cui principi fondanti limitano la discrezionalità del legislatore nazionale attribuendo agli enti istituiti un grado di autonomia che prescinde dalla qualificazione privata o pubblica che agli stessi si voglia attribuire.          

 

[1] A questo proposito può citarsi il regolamento Ce 2223/96 che prevede il Sistema Europeo dei Conti nazionali e Regionali (SEC) la cui applicazione è oggetto della fattispecie in questione. Nell‘ ambito delle definizioni iniziali il regolamento espressamente al punto 1.01 definisce il Sistema Europeo dei Conti Nazionali e Regionali come “ un sistema contabile comparabile a livello internazionale che descrive in maniera sistematica e dettagliata il complesso di un’economia (ossia una regione , un paese o un gruppo di paesi ) i suoi componenti e le sue relazioni con le altre economie….. Il sec , tuttavia si occupa in particolare della realtà dell’Unione europea e del fabbisogno di dati in essa: Il sec è armonizzato con i concetti e le nomenclature utilizzate in molte altre statistiche socio economiche , quali ad esempio , le statistiche dell’occupazione della produzione o del commercio estero .Il sec può pertanto fungere da sistema centrale di riferimento per le statistiche sociali ed economiche dell’unione europea e dei suoi stati membri. Nel descrivere al punto 1.05 le otto caratteristiche dei concetti SEC, il regolamento afferma che , onde riequilibrare i fabbisogni e le potenzialità dei dati , i concetti contenuti nel Sec presentano otto importanti caratteristiche , esse sono : comparabili a livello internazionale, armonizzati con quelli di altre statistiche, sociali e economiche; coerenti , operativi e differenti dalla maggior parte dei concetti amministrativi, ben definiti e stabiliti per un lungo periodo di tempo, imperniati sulla descrizione del processo economico in termini monetari e rapidamente osservabili. In ordine alla differenza della maggior parte dei concetti amministrativi il regolamento afferma che i concetti del Sec differiscono normalmente sotto alcuni aspetti dai corrispondenti concetti amministrativi in quanto: a) i concetti amministrativi sono diversi da paese a paese ; di conseguenza , non si può ottenere una compatibilità internazionale basandosi sui concetti amministrativi; b) i concetti amministrativi cambiano nel tempo; di conseguenza la comparabilità nel tempo non può essere conseguita attraverso i concetti amministrativi; c) i concetti impiegati dalle fonti di dati amministrativi solitamente non sono coerenti tra loro tuttavia le correlazioni tra i dati e la  loro comparazione essenziale ai fini dell’elaborazione dei dati di contabilità nazionale e, sono possibili soltanto disponendo  di una serie coerente di concetti;  i concetti amministrativi si rilevano normalmente poco idonei per l’analisi economica e la valutazione della politica economica. Pur tuttavia le fonti di dati amministrativi soddisfano talvolta appieno il fabbisogno dei dati dei conti nazionali e delle altre statistiche perché i concetti e le nomenclature originariamente elaborate a fini statistici possono anche essere adottati a fini amministrativi, come ad esempio la classificazione della spesa pubblica per tipo; le fonti di dati amministrativi esplicitamente tener conto delle esigenze distinte di dati delle statistiche;                            

[2] F Ballarin, Gli enti pubblici nell’ordinamento comunitario e nella normativa nazionale di finanza pubblica, in www.diritto.it

[3] La difficoltà di ricostruire lo statuto degli enti valorizzando i diversi profili inerenti a una  disciplina propriamente pubblicistica è testimoniata dalla fattispecie che ha riguardato la Federazione Ordini Farmacisti Italiani. La precisa individuazione dei controlli a cui è sottoposto tale ordine è stata sancita recentemente dalla Cassazione con sentenza 20 giugno – 14 ottobre 2011, n. 21226. In tale arresto si è esclusa la sottoposizione dell’ordine dei farmacisti al controllo della Corte dei Conti precisando che “l'affermato obbligo di sottoposizione al controllo di gestione della Corte dei Conti posto a carico degli ordini professionali trova fondamento nella loro qualità di enti appartenenti alla Pubblica Amministrazione (d.lgs. n. 20 del 1994, art. 3, comma 4), qualità ad essi riconosciuta dalla citata legge n. 29, che per l'appunto tali considera (cioè facenti parte della Pubblica Amministrazione) gli enti pubblici non economici, quali sono certamente i detti ordini. La ricostruzione, per quanto plausibile da un punto di vista puramente formale, non appare però condivisibile. Ed infatti occorre considerare in proposito l'assoluta diversità delle ragioni ispiratrici delle due leggi, la prima avente ad oggetto profili organizzativi della Pubblica Amministrazione e trasfusa, per la parte di interesse, in provvedimento contenente norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche; la seconda, in tema di poteri di controllo della Corte dei Conti, con l'introduzione, in particolare, di quello relativo alla gestione degli enti, in aggiunta a quelli di legittimità e di merito preesistenti.
La differenza cui si è fatto cenno delle ragioni ispiratrici delle disposizioni normative, oltre che dei relativi ambiti di applicazione, non consente quindi l'automatica attribuzione di un identico significato a concetti giuridici non del tutto coincidenti, seppur rappresentati nei medesimi termini definitori. Ciò vale in particolare nel caso di specie atteso che, come correttamente rilevato nel ricorso in esame, nel nostro ordinamento manca una definizione unitaria della pubblica amministrazione, mentre al contrario è emerso in sede dottrinaria l'orientamento secondo il quale si dovrebbe parlare non di pubblica amministrazione ma di pubbliche amministrazioni, vale a dire con una diversificazione del concetto in relazione alle singole discipline del settore pubblico ed ai non coincidenti fini in vista dei quali il detto concetto dovrebbe essere utilizzato.

Se dunque, per le considerazioni sinora svolte, non è consentito ritenere sovrapponibili le nozioni di pubblica amministrazione nei due provvedimenti normativi sopra citati sulla semplice base di un’identità definitoria, occorre allora fare riferimento alla ragione ispiratrice del D.Lgs. n. 20 del 1994, per verificare se il soddisfacimento di detta ragione imponga o no l'applicazione della normativa in questione al caso di specie.
A tale verifica il Collegio ritiene che debba darsi risposta negativa.
Ed infatti, considerato che è incontestata la circostanza che gli ordini professionali non beneficiano di alcun contributo pubblico, non è dato comprendere quale possa essere l'interesse dello Stato (che giustificherebbe poi le eventuali iniziative conseguenti) ad esercitare un controllo sulla correttezza della gestione degli enti in questione, al semplice fine di accertarne la rispondenza fra gli obiettivi programmati ed i risultati conseguiti”.

[4] Infatti, diversamente da quanto affermato da certa giurisprudenza amministrativa la nozione di controllo comunitario sembrerebbe portare ad un risultato quello dell’ attrazione delle casse nell’ambito pubblicistico privo di contraddizioni e coerente con la nozione di controllo adottata per esempio a proposito degli organismi di diritto pubblico . La privatizzazione delle casse si ridurrebbe a una scelta organizzativa mentre il controllo pubblico sarebbe omogeneo alla finalità di interesse generale .

[5] Di là dal caso singolo comportando, la contemporanea riconducibilità delle Casse private di previdenza al Conto Consolidato dello Stato e alla nozione di organismo di pubblico sembrerebbe rispondere ad esigenze sistematiche e di coerenza interna del sistema nozione di contabilità e alle esigenze di tutela della concorrenza

[6] Manuale  del Sec sul disavanzo e sul debito pubblico. http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_OFFPUB/KS-42-02-585/IT/KS-42-02-585-IT.PDF -  Come risulta approvato dalla Prefazione “essendo  stato approvato dal Comitato del programma statistico (CPS) e dal comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti, il presente manuale rappresenta  un indispensabile integrazione al Sec 95 e al  SCN.”      

[7] Ai sensi dell’art.3, comma 3 del decreto legislativo 509/1994

[8] Decreto 5 giugno 2012 – Disciplina delle modalità con le quali la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) riferisce alle amministrazioni competenti sui risultati del controllo conferitole ai sensi dell’articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 – Pubblicato sulla G.U. 31 ottobre 2012 n. 255

[9] L’art.1, comma 763 della legge 296 del 2006 ha, successivamente, previsto che la stabilità delle gestioni sia valutata rispetto ad un arco temporale non inferiore a trent’anni.

Con il decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 29 novembre 2007[9] è stato inoltre previsto, fermo restando in trent’anni l’arco temporale minimo del bilancio tecnico, che il documento presenti una proiezione dei dati su un periodo di cinquant’anni. L’art.6, comma 4, del decreto ministeriale citato ha inoltre disposto la verifica del rapporto tra le risultanze contabili e le risultanze del bilancio tecnico.

[10] L’art 24, comma 24 del decreto legge 201 del 2011, convertito dalla legge 214 del 2011.

[11] Nel rispetto di quanto previsto dall’art. 8, comma 15, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.-

[12] Tale regolamento prevede che prevede la Disciplina delle modalità con le quali la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) riferisce alle amministrazioni competenti sui risultati del controllo esercitato.

[13] A tal proposito vedi G. Geroldi, Le casse di previdenza dei professionisti, secondo cui ,” un passaggio essenziale di una riforma organica consiste nel chiarire il portato della natura giuridica delle Casse professionali, sia rispetto alle funzioni strategiche che ai compiti gestionali. Attualmente vi sono molti aspetti contradditori. Ad esempio, l’applicazione senza delimitazioni di talune norme per il contenimento della spesa pubblica, come i tagli lineari di spesa corrente, hanno creato molte ambiguità sul modo di interpretare i principi di autonomia decisionale attribuiti alla gestione privata delle Casse”. www.nelmerito.com   

[14] Ferme restando le misure di contenimento della spesa già' previste dalle vigenti disposizioni, al  fine  di assicurare la riduzione delle spese per consumi intermedi, i trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico   consolidato della pubblica   amministrazione, come individuati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai  sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 30  dicembre  2009, n. 196,((nonche' alle autorita')) indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società' e la borsa (Consob) con  esclusione  delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, degli enti locali, degli enti del servizio  sanitario  nazionale, e delle università' e degli enti di ricerca di cui all'allegato n. 3, sono ridotti in misura pari al 5 per cento nell'anno 2012 e al 10 per cento a decorrere dall'anno 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nell'anno 2010.  Nel caso in cui per  effetto   delle operazioni di gestione la predetta riduzione non fosse possibile, per gli enti interessati si applica l’autonomia  finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio  dello  Stato adottano interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa per consumi intermedi in modo da assicurare risparmi corrispondenti alle misure indicate nel periodo precedente; le somme derivanti da tale riduzione sono versate annualmente ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno. Per l'anno 2012 il versamento avviene entro il 30 settembre. Il presente comma non si applica agli enti e organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.

[15] Nella relazione tecnica alla predetta disposizione - A.S. 3396: “Conversione in legge del decreto- legge 6 luglio 2012, n.95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” - è stata evidenziata una stima degli effetti positivi dei risparmi derivanti dalla citata normativa nell'ordine di almeno 140 mln di euro per l'anno 2012 e 373 mln di euro annui a decorrere dall'anno 2013. La relazione tecnica ha inoltre precisato che “la semplice riduzione dei trasferimenti in favore di tali enti, senza l'introduzione di regole attraverso le quali conseguire i predetti risparmi, sembra non sufficiente a garantire un miglioramento del fabbisogno e dell'indebitamento netto equivalente a quello iscritto ai fini del saldo netto da finanziare. In particolare, occorre che tali enti mantengano inalterati i propri saldi di bilancio tendenziali al fine di evitare che, a fronte del miglioramento del saldo netto da finanziare, si determini un peggioramento, rispetto alle previsioni, del fabbisogno e dell'indebitamento netto riferito ai suddetti enti”. La relazione tecnica chiarisce che la norma è rivolta, quindi, a ridurre la spesa inefficiente mantenendo al contempo inalterata sia la qualità dei servizi resi che la stabilità della gestione. Il sopra citato art.8, comma 3 nello specificare l’ambito soggettivo di applicazione fa riferimento agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuati dall’ISTAT ai sensi dell’art.1, comma 2, della legge 30 dicembre 2009, n.196. La relazione tecnica chiarisce che la norma è rivolta, quindi, a ridurre la spesa inefficiente mantenendo al contempo inalterata sia la qualità dei servizi resi che la stabilità della gestione. Il sopra citato art.8, comma 3, nello specificare l’ambito soggettivo di applicazione fa riferimento agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuati dall’ISTAT ai sensi dell’art.1, comma 2, della legge 30 dicembre 2009, n.196 cosi come modificato dal decreto-legge n. 16 del 2 marzo 2012 .

[16] Al fine di rispettare i vincoli di bilancio comunitari é stato necessario superare tra l’altro le difficoltà concernenti la coesistenza di diversi “sistemi di bilancio” tra livelli di governo, e all’interno degli stessi, che rendevano complessa la gestione della finanza pubblica. In questo senso  “ La legge di riforma della contabilità e finanza pubblica, legge n. 196 del 20093, interviene su questi aspetti. Ad essi è dedicato il primo Titolo della legge, a riconoscimento del fatto che essi rappresentano le basi per il governo unitario della finanza pubblica. Va in questa direzione l’estensione dell’ambito di applicazione della legge di contabilità dal solo bilancio dello Stato al complesso delle amministrazioni pubbliche. L’elenco dei soggetti che compongono tale aggregato è predisposto annualmente dall’ISTAT che provvede, con proprio provvedimento, alla loro ricognizione. Detto elenco è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale entro il 31 luglio di ogni anno. L’individuazione dei soggetti appartenenti alle amministrazioni pubbliche (unità istituzionali) avviene sulla base delle definizioni previste dai regolamenti comunitari relativi al sistema di conti nazionali, che rappresenta il quadro di riferimento quantitativo per l’applicazione della procedura sui deficit eccessivi. Ciò consente l’applicazione della nuova normativa di contabilità allo stesso insieme di soggetti che concorrono a definire i risultati di bilancio sottoposti alla verifica delle autorità europee e di superare la frammentazione che caratterizzava il precedente assetto normativo”, in La Riforma della contabilità e della finanza pubblica (novità riflessioni e prospettive) 2010 , a cura del Ministero dell’economia e delle Finanze-Ragioneria generale dello Stato http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Servizio-s/Strumenti-/La-riforma/VERSIONE-DEFINITIVA-X-INTERNET.pdf. Inoltre, nello stesso documento citando del SEC 95 i, par. 2.68. par. 2.72. par. 2.73., par. 2.74  Il settore delle Amministrazioni pubbliche comprende tutte le unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, al cui finanziamento si provvede prevalentemente mediante versamenti obbligatori effettuati da unità comprese in altri settori, ovvero tutte le unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del Paese. A sua volta, il settore delle “Amministrazioni Pubbliche” si articola in quattro sottosettori:

- amministrazioni centrali, comprendente tutti gli organi amministrativi dello Stato e gli altri enti centrali la cui competenza si estende normalmente alla totalità del territorio,esclusi gli enti di previdenza e assistenza sociale;

- amministrazioni di Stati federati, comprendente unità istituzionali distinte che esercitano alcune delle funzioni amministrative ad un livello inferiore a quello delle amministrazioni centrali e superiore a quello delle unità istituzionali amministrative a livello locale;

- amministrazioni locali, comprendente gli enti pubblici territoriali la cui competenza si estende a una parte limitata del territorio, esclusi gli enti locali di previdenza e assistenza sociale;

- enti di previdenza e assistenza sociale, comprendente tutte le unità istituzionali centrali, di Stati federati e locali, la cui attività principale consiste nell’erogare prestazioni sociali che rispondono ai due seguenti criteri:

1) in forza di disposizioni legislative o regolamentari, determinati gruppi della popolazione sono tenuti a partecipare al regime o a versare contributi;

2) le amministrazioni pubbliche sono responsabili della gestione dell’istituzione, per quanto riguarda la fissazione o l’approvazione dei contributi e delle prestazioni.

[17] TAR Lazio  Sentenza 1398/2008

[18] A questo proposito  in dottrina si segnala che in base ad un approccio sostanzialistico gli indici di individuazione della natura pubblica di un ente,  in base rispettivamente  all’ordinamento italiano e a quello comunitario tendono a coincidere. Dauno FG Trebastoni in L’individuazione degli enti pubblici e la relativa disciplina, in giustizia-amministrativa.it, secondo cui l’accennata evoluzione, registrabile nell’ordinamento italiano, sia del concetto di ente pubblico che della stessa tipologia di enti considerabili quali soggetti pubblici, nonché il modo in cui è intesa nell’ordinamento comunitario la nozione di “pubblico potere” o di “pubblica amministrazione”, consentono di individuare, in entrambi gli ambiti normativi, un minimo comune denominatore, costituito dalla visione sostanzialistica del fenomeno: nel senso che all’individuazione dei soggetti pubblici non si procede con riferimento a precisi criteri formali di definizione, bensì sulla base di parametri di tipo sostanziale, dati in particolare, per quanto riguarda l’ambito comunitario, dalla sottoposizione del soggetto ad un controllo pubblico, di carattere funzionale o strutturale, e per l’ordinamento nazionale dalla funzionalizzazione dell’attività della persona giuridica alla realizzazione di finalità di interesse generale e dall’inquadramento istituzionale della stessa, sebbene in senso lato, in quello che una volta, quando era ancora possibile una concezione unitaria di pubblica Amministrazione, poteva essere definito l’apparato organizzativo della P.A., che adesso si estrinseca in una tipologia diversificata sia dei soggetti (pubblici e privati) che del modo di realizzare interessi pubblici.      

[19] Caringella F, “L’affermazione di un concetto comunitario di pubblica amministrazione si pensi in particolare , alla nozione di organismo pubblico in tema di procedure di gara per la stipulazione dei contratti pubblici) basato per un verso sulla base della valorizzazione di un profilo sostanziale del controllo pubblico rispetto a quello formale della veste organizzatoria pubblicistica ; per altro verso, sull’utilizzazione di una nozione a geometrie variabili che non considera quello di ente pubblico uno status permanente e immutabile per ogni campo d’azione ritenendolo, al contrario un concetto elastico da applicare ratione materiae.   Manuale di diritto amministrativo Milano 2003.

La difficoltà di ricostruire lo statuto degli enti valorizzando i diversi profili inerenti ad una disciplina propriamente pubblicistica è testimoniata dalla fattispecie che ha riguardato la Federazione Ordini Farmacisti Italiani. La precisa individuazione dei controlli a cui è sottoposta tale ordine è stata sancita recentemente dalla Cassazione con sentenza 20 giugno – 14 ottobre 2011, n. 21226. In tale arresto si è esclusa la sottoposizione dell’ordine dei farmacisti al controllo della Corte dei Conti

[20] Per la qualificazione degli enti di previdenza e assistenza quali organismi di diritto pubblico vedi la costante giurisprudenza amministrativa tra cui plurimis Consiglio di Stato Sezione VI Sezione, 23 gennaio 2006, n. 182 secondo cui per “ la giurisprudenza comunitaria, ai fini della qualificazione di un ente come organismo di diritto pubblico, se un semplice mero controllo a posteriori non soddisfa il criterio del "controllo della gestione", "soddisfa detto criterio una situazione in cui, da un lato i poteri pubblici verificano non solo i conti annuali dell’organismo considerato, ma anche l’esattezza, la regolarità, l’economicità, la redditività e la razionalità dell’amministrazione corrente (cfr. sentenza 373/00, 27 febbraio 2003, Adolf Truley); con la conseguenza che "deve ritenersi sussistente un rapporto di stretta dipendenza della Cassa nei confronti del potere pubblico.  In sede di privatizzazione delle Casse di previdenza e assistenza delle diverse categorie professionali, il legislatore ha, infatti, espressamente disciplinato l’ingerenza statale sulla gestione della contribuzione obbligatoria, avendo previsto, all’art. 2 del D.Lgs. n. 509/1994, primo comma, un’autonomia gestionale, organizzativa e contabile degli enti “nel rispetto dei principi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dal presente decreto in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta”;- che come specificato nell’art. 2,”……..   

[21] Corte Costituzionale sentenza n.15 del 5.2.1999 e Corte Costituzionale sentenza 248 del 1997.

Per un’impostazione diversa e critica della sentenza e dello stesso orientamento della giurisprudenza costituzionale vedi Marcello –Adriano mazzola ” Le casse private di previdenza pubbliche con un colpo magico Cons. Stato 28.11.2012 6014 in www.personaedanno.it.

[22]M Spinozzi La previdenza obbligatoria e soggetti privati esercenti pubbliche funzioni . Foro Amm. CDS 2006, 1994 

La  Cassa, quindi, costituisce un caso di attività inerente ad un servizio pubblico svolta da un operatore economico privato, non potendo prescindere né dal fatto che l'attività viene posta in essere non per un fine economico ma per un interesse generale, né dal fatto che la funzione espletata dalla Cassa risulta inevitabilmente connotata dal carattere della necessarietà. Ne deriva l’applicabilità di un modello misto, che partecipa della natura degli enti di diritto privato relativamente alla struttura, e della natura degli enti di diritto pubblico quanto ad attività e finalità: per perseguire un fine pubblico si sceglie di costituire un soggetto privato che agisca secondo schemi di diritto privato

Attribuzione alle casse previdenziali privatizzate della qualifica di organismi di diritto pubblico. Segnalazione ai sensi dell'articolo 6, comma 7, lett. e) ed f) del decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006 del 3 febbraio 2011 in www. acvp.it

[24] Sulla nozione di organismo di diritto pubblico la Corte giustizia CE, sez. VI, 15 maggio 2003 n. 214, in Foro amm. – CdS, 2003, 1489, ha affermato che: “il carattere privatistico di un organismo non costituisce motivo per escludere la qualificazione dello stesso come amministrazione aggiudicatrice ai sensi dell'art. 1 lett. b) delle direttive 92/50, 93/36 e 93/37 e, pertanto, dell'art. 1 n. 1 della direttiva 89/665. L'effetto utile della direttiva 89/665 non sarebbe preservato qualora l'applicazione della relativa disciplina potesse essere esclusa con riferimento a quegli organismi che, in base alla disciplina nazionale, sono costituiti e regolati nelle forme e secondo il regime del diritto privato.

[25] E’ organismo di diritto pubblico qualsiasi organismo, anche in forma societaria: (i) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, avente carattere non industriale o commerciale; (ii) dotato di personalità giuridica; (iii) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

[26] A tal proposito si segnala come nel documento approvato dalle casse “Memorandum per il riordino organico della normativa che disciplina gli enti previdenziali privati” firmato dal Ministro Cesare Damiano e dai Presidenti delle casse previdenziali privatizzate si ponesse il problema in questi termini “l’ applicabilità al sistema delle Casse delle norme previste dal codice dei contratti pubblici (DLGS n.163/2006) è un argomento che va invece ulteriormente approfondito ,per cercare di trovare una giusta sintesi tra la necessità di dare la massima trasparenza alle procedure di appalto, senza creare inutili appesantimenti , con negativi effetti sui costi contrattuali. Va ricordato che gli enti in questione risulterebbero maggiormente incisi in termini di oneri laddove non fosse rimossa l’applicabilità delle norme di cui innanzi. In tal senso nell’ambito del più puntuale inquadramento giuridico, è ipotizzabile l’assimilazione delle Casse ai concessionari di pubblico servizio
Roma 8 Aprile 2008, in www.itinerariprevidenziali.it

[27] Proprio a proposito dei poteri delle casse di previdenza in merito l’affidamento degli appalti la Corte di Giustizia europea nella sentenza C- 271/2008 del 15luglio 2008 ha sancito che “nella misura in cui, senza previa indizione di una gara d’appalto a livello dell’Unione europea, è intervenuta l’attribuzione in via diretta, ad organismi o imprese contemplati all’art. 6 del contratto collettivo relativo alla conversione salariale a favore dei lavoratori/delle lavoratrici del comparto dei comuni e degli enti comunali (Tarifvertrag zur Entgeltumwandlung für Arbeitnehmer/-innen im kommunalen öffentlichen Dienst), di contratti relativi a servizi di previdenza complementare aziendale, ad opera, nel 2004, di amministrazioni o aziende comunali che contavano all’epoca più di 4 505 dipendenti, nel 2005, di amministrazioni o aziende comunali che contavano all’epoca più di 3 133 dipendenti e, nel 2006 e nel 2007, di amministrazioni o aziende comunali che contavano all’epoca più di 2 402 dipendenti, la Repubblica federale di Germania ha violato gli obblighi ad essa incombenti, fino al 31 gennaio 2006, in forza del combinato disposto dell’art. 8 e dei titoli III‑VI della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, e, a decorrere dal 1° febbraio 2006, in forza del combinato disposto degli artt. 20 e 23‑55 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi.

[28] Fabio Merusi, La privatizzazione per fondazioni tra pubblico e privato, Dir. amm. 2004, 03, 447

[29]Pasquale Pontrandolfi, La privatizzazione degli enti di previdenza dei liberi professionisti , in Giust Civ. 1997 ,n 7-8

 Da tutto ciò la seguente considerazione conclusiva: la struttura privatistica degli enti in discorso riguarda soltanto la loro natura giuridica e le attività organizzativa, amministrativa, contabile e di gestione delle risorse (attività alle quali è riconosciuta autonomia, anche se limitata da una serie di rigidi controlli degli organi dello Stato), ma non l'attività istituzionale della previdenza e dell'assistenza, di carattere eminentemente pubblicistico, specie con riferimento agli aspetti delle contribuzioni e delle prestazioni.

Sotto questo profilo, si deve ritenere che gli enti privatizzati siano, con riguardo alla suddetta attività istituzionale, organi indiretti della Pubblica Amministrazione e, in quanto tali, di questa continuino ad esercitare i poteri, compreso, anzitutto, quello impositivo in materia di contribuzioni, sicuramente conservato anche senza un esplicito riconoscimento del legislatore, in quanto altrimenti non avrebbe senso la previsione dell'obbligatoria iscrizione e contribuzione. Da questo punto di vista, la funzione dei contributi previdenziali rimane quella di fornire agli enti previdenziali, anche se privatizzati, i principali mezzi necessari alla realizzazione dei compiti già loro affidati dalla legge per il soddisfacimento di interessi pubblici. Da ciò consegue il mantenimento, per la realizzazione del fine pubblicistico, dei particolari sistemi previsti dai singoli ordinamenti per la riscossione dei contributi. La conservazione del potere impositivo è un dato indiscutibile e condizionante, per intuitive ragioni, la costituzionalità stessa dell'intero assetto normativo della privatizzazione.

[30] Cassazione sentenza 10132 del 26 giugno 2012 secondo cui “la controversia tra la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, ente privatizzato ex art. 1 del d.lg. n. 509 del 1994, e l'agente di riscossione dei contributi degli iscritti, che abbia omesso il riversamento degli importi a ruolo, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario e non alla giurisdizione della Corte dei conti, poiché la natura «pubblica» della contribuzione, inerente alla sua finalità istituzionale, riguarda unicamente il rapporto previdenziale tra la Cassa e il proprio iscritto”.

Cass 3 luglio 1979 n.3711 e Cass.27 giugno 2003 n.10232.

In dottrina si segnala che “ la concezione che raccoglie i maggiori favori risulta essere quella tributarista ;anche se poi , la classificazione dei contributi previdenziali come tasse o contributi speciali o imposte dipende da quale si ritiene che debba essere la funzione del sistema di previdenza sociale, in specifico riferimento alla relazione che in tale sistema si configura tra interesse pubblico e interesse dei singoli. I termini della questione sono poi indubbiamente influenzati anche da risalenti iniziative del legislatore : ad esempio ,in occasione dell’estensione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni al lavoro agricolo ,il dtl n. 1450/ del 1917 collocò espressamente all’interno del sistema tributario la relativa contribuzione , configurandola come un ‘addizionale dell’imposta erariale sui fondi rustici”. Cinelli, Diritto della Previdenza Sociale, Torino 2008 Giappichelli

Sulla natura di tale contribuzione vedi anche Corte Costituzionale sent. 190/2007 secondo cui “Non v’è dubbio che ai contributi in esame, siccome determinati con atto unilaterale, alla cui adozione non concorre la volontà del privato, sia da attribuire la natura di prestazioni patrimoniali obbligatoriamente imposte, come tali soggette alla garanzia dettata dall’articolo 23 Cost.”

Contra la configurabilità della natura tributaria della contribuzione vedi però Corte costituzionale 88/1995.

[31] Parte della dottrina non maggioritaria considera però l ’obbligo contributivo non come un indice della natura pubblica dell’attività giacchè l’ordinamento prevede per esempio l’assicurazione RCA senza alcuna implicazione dal punto di vista funzionale.     

[32] Dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. III, 3 giugno 2005, n. 4364; TAR Lazio, Roma, sez. III bis, 4 agosto 2010, n. 30034, secondo cui ”se la contribuzione obbligatoria posta a carico degli iscritti dell’ente realizza una forma indiretta di concorso finanziario dello Stato, sussiste la condizione (finanziamento pubblico o altri ausili finanziari pubblici) che vale ad includere la sussunzione delle associazioni e delle fondazioni (già enti di diritto pubblico e poi trasformati in enti di diritto privato) tra gli organismi di diritto pubblico”) che dalla Corte dei Conti (cfr. nota del 7 agosto 2009, prot. n. 2980, della sezione del controllo sugli enti) e dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. CGCE sentenza 11 giugno 2009, causa C-300/07, secondo cui “l’art. 1, n. 9, secondo comma, lett. c, prima alternativa, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che sussiste finanziamento maggioritario da parte dello Stato quando le attività di casse pubbliche di assicurazione malattia sono finanziate in via principale mediante contributi, a carico degli affiliati, imposti, calcolati e riscossi in base a norme di diritto pubblico come quelle oggetto della causa principale. Siffatte casse di assicurazione malattia devono essere considerate organismi di diritto pubblico e, quindi, amministrazioni aggiudicatrici ai fini dell’applicazione delle norme di tale direttiva”).In www.acvp.it parere citato.

[33] Sentenza corte costituzionale 248/1997 secondo cui “ la permanente vigenza del fine pubblicistico generale dell'attività che gli enti svolgono, consente altresì di respingere la sostanziale richiesta di riesame in cui si concreta la prospettazione anche sotto l'ulteriore profilo dedotto, concernente l'art. 18 Cost.Questa Corte ha escluso che sia lesiva della libertà (negativa) di associazione l'imposizione da parte della legge, per la tutela di altri interessi costituzionalmente garantiti, di obblighi di appartenenza ad un organismo pubblico a struttura associativa, "purchè non siano altrimenti offesi libertà, diritti e principi costituzionalmente garantiti (diversi dalla libertà negativa di associarsi)", e risulti al tempo stesso che tale previsione "assicura lo strumento meglio idoneo all'attuazione di finalità schiettamente pubbliche, trascendenti la sfera nella quale opera il fenomeno associativo costituito per la libera determinazione dei privati" (sentenza n. 40 del 1982), o di un fine pubblico "che non sia palesemente arbitrario, pretestuoso o artificioso" (sentenza n. 20 del 1975; e cfr. anche le sentenze n. 120 del 1973 e n. 69 del 1962).in www.giurcost.org.

[34] Merusi op cit.

[35] Sul tema del rispetto delle procedure d’appalto relativamente al settore previdenziale sia consentito rinviare a MMC Coviello, Nota a sentenza del 15 luglio 2010 della Corte di Giustiza Europea C-271/08in www.amministrativamente.it.

[36] Si pone quindi la tematica dell’inquadramento nel modello dell’articolo 38 Cost dei rapporti tra previdenza pubblica e privata, giacchè l’evoluzione del quadro normativo sembrerebbe permettere l’inserimento delle forme di previdenza in un unico disegno complessivo diretto alla realizzazione di un interesse collettivo di prestazione sociale. La ricostruzione unitaria del fenomeno previdenziale ha effetto sugli obiettivi comuni,riferiti ad eventi generatori di bisogno correlati alla condizione professionale dei soggetti protetti.

F Miani Canevari, Costituzione e protezione sociale, Torino 2007, l’autore “mette in evidenza come secondo unimpostazione teorica, anche le forme di previdenza integrativa vanno ricondotte alle finalità del comma 2 dell’articolo 38 Cost, sul rilievo che ai sensi del successivo comma le stesse possano essere realizzate da organi o istituti integrati dallo stato. Un altro orientamento distingue, invece, nettamente gli interessi soddisfatti con la previdenza pubblica e con quella privata, attribuendo solo alla prima il compito di assicurare prestazioni corrispondenti allo standard di tutela di cui all’articolo 38, comma 2 Cost, e traendo dal riconoscimento della previdenza privata di cui all’ultimo comma dello stesso articolo l’esclusione di ogni funzionalizzazione di questa all’interesse pubblico; in questo senso il rapporto di complementarietà può essere individuato solo sul piano delle prestazioni erogate dalle diverse forme previdenziali ma non riguarda le funzioni assegnate all’una all’altra. 

[37] In questo senso l’eventuale previsione di una obbligatoria partecipazione alla forma di previdenza complementare sembrerebbe in qualche modo attenuare le differenze strutturali o funzionali tra forme di previdenza obbligatoria e quelle di previdenza complementare, con la necessità di valutarne le eventuali ricadute sistematiche. Dall’altra parte sciogliere il nodo interpretativo in modo da escludere il carattere sostanzialmente tributario della contribuzione non sembrerebbe portare in equivoca chiarezza in un sistema in cui la funzione previdenziale rimane comunque obbligatoria.          

[38] Come sopra evidenziato è lo stesso regolamento Sec  che segnala la non perfetta coincidenza tra le definizioni in esso contenute e i concetti amministrativi tuttavia  è  lo stesso regolamento che  non  considera assoluta tale conclusione giacchè specifica che  pur tuttavia le fonti di dati amministrativi soddisfano talvolta appieno il fabbisogno dei dati dei conti nazionali e delle altre statistiche perché i concetti e le nomenclature originariamente elaborate a fini statistici possono anche essere adottati a fini amministrativi, come ad esempio la classificazione della spesa pubblica per tipo; le fonti di dati amministrativi soddisfano possono esplicitamente tener conto delle esigenze distinte di dati delle statistiche;                               

[39] Questa impostazione trova comunque fondamento nella dottrina, S. Del Gatto, “Natura privata e sostanza pubblica”Il consiglio di stato torna a pubblicizzare un ente privatizzato ope legis- nota a Consiglio di Stato n.182/2006, Foro Amministrativo CDS 2006    che criticando la sentenza del Consiglio di Stato n. 182/2006 “evidenzia  che in effetti al pari di altri decreti di privatizzazione, la normativa sulle casse di previdenza dei liberi professionisti   presenta numerose ambiguità cui la previsione di intensi controlli di certo idonei a far dubitare dell’ effettiva e sostanziale privatizzazione delle stesse :il carattere sostanziale della definizione di organismo di diritto pubblico , porta tuttavia , ad escludere, in presenza di una corretta interpretazione della normativa, che il controllo di cui al dlgs del 1994 integri il requisito della dominanza pubblica : la previsione di controlli non è incompatibile con la natura privata del soggetto ; rilevante nella ricerca di un eventuale incompatibilità è, invece, il contenuto del controllo.Un controllo di legittimità e non di merito , in base al quale il controllore dovrà limitarsi a valutare la corrispondenza con le norme di legge e statutarie-preventivamente individuate-senza alcuno spazio per latre valutazioni, ad esempio ,appare in linea con l’autonomia dei soggetti dichiarati privati con il legislatore .Di conseguenza può escludersi “la dominanza” pubblica”e la conseguente applicabilità della nozione di organismo di diritto pubblico, quando il parametro del controllo sia una norma  e non una politica ,o un indirizzo o comando politico ;ovvero quando le norme di riferimento siano applicate dai controllati e non dall’autorità di controllo ; e infine quando si tratti di controlli tipizzati onde assicurare la massima garanzia ai soggetti di tale controllo….La sentenza della sesta sezione , sebbene superi alcuni fraintendimenti del passato mantiene fermo l’atteggiamento volto ad estendere il più possibile l’applicazione della nozione di organismo di diritto pubblico soprattutto ,volto ad equiparare questa nozione a quella di ente pubblico. A sostegno di queste tesi si pongono senza dubbio le effettive ambiguità contenute nei decreti di privatizzazione degli enti pubblici economici , tuttavia a fronte dell’espressa affermazione legislativa della loro natura privata e alla luce delle coordinate offerte dalla carta costituzionale in materia di fondazioni di origine bancaria ,il giudice piuttosto che disconoscere le scelte legislative dovrebbe sforzarsi di fornire un’interpretazione delle norme ,per quanto possibile compatibile con la riconosciuta autonomia privata o con il genus codici stico di riferimento. Il Consiglio di stato, invece, in ragione della specialità di alcune disposizioni contenute nel dlgs n.509/1994 , considera la privatizzazione delle casse di previdenza dei liberi professionisti formale , e su ciò –più che sull’effettiva sussistenza dei presupposti richiesti dalla normativa sull’organismo di diritto pubblico –sembra ancora basare le sue conclusioni. Questo ragionamento, tuttavia, contrasta con il dettato normativo correttamente interpretato, con la storia e le origini delle Casse(che sorte nell’ambito della società civile sono state ad esse restituite) ed infine contrasta con la funzione di organismo di diritto pubblico , dotandola di una vis espansiva  che non ha , e non riconoscendole, al contrario il suo effettivo ruolo di qualificazione aggiuntiva ai soli fini dell’applicazione della normativa appalti.”                   

[40] Come del resto può facilmente desumersi ab contrario dal Memorandum citato in cui si segnala che “pertanto preso atto delle attuali modalità operative dei Ministeri vigilanti, gli obiettivi da realizzare stabilmente dovrebbero, “al contrario” basarsi sui seguenti presupposti:

-i controlli su delibere inerenti modifiche degli organi istituzionali o questioni relative a piani di investimento non possono che riguardare il profilo della legittimità. Da ciò discende che i controlli sui portafogli delle Casse dovranno basarsi su metodi di analisi complessivi , di livello aggregato e non limitati alla singola operazione”;

[41] Merusi , op cit

[42]  Caringella, Corso Di Diritto Amministrativo, Milano 2003 Tradizionalmente in relazione all’oggetto del controllo si distinguono tre tipologie di controllo : a) controlli sugli atti diretti a valutare il singolo atto adottato verificandone la conformità alla legge (controllo di legittimità) ovvero l’opportunità controllo di merito;b) controlli gestionali i quali investono l’attività amministrativa nel suo complesso , con riferimento ad un determinato arco temporale, al fine di verificarne l’efficienza ; c) controllo sugli organi.        

[43] Caringella op cit. Secondo cui va precisato che è possibile una contaminazione tra controllo gestionale e controllo sull’atto , nel senso che l’esame dell’attività amministrativa e dei suoi risultati può comportare una valutazione di legittimità dei singoli atti , vuoi per esprimere un giudizio sull’attività nel suo complesso vuoi per sollecitare l’attività emanante ad esercitare il suo potere di autocorrezione.   

[44] F.de Leonardis,Controllo di gestione ed autonomia: il controllo della Corte dei conti su Ordini e Collegi professionali, in Giur. Cost., 2002, precisa che « nell'ultimo decennio si è sviluppata una legislazione che ha dimostrato la piena compatibilità dell'esercizio di attività pubblica con la personalità giuridica di diritto privato (e l'autonomia gestionale che la contraddistingue) » e che « la legislazione degli ultimi anni ha autonomizzato, e quasi segmentato i soggetti, evidenziando quali aspetti della loro azione siano pubblici e debbano essere regolati da norme pubblicistiche e quali, invece, siano privati e come tali vadano disciplinati. Non regge più la summa divisio tra enti pubblici ed enti privati: vi sono soggetti la cui azione è pubblica ma che hanno personalità giuridica di diritto privato con la conseguente autonomia nella gestione del patrimonio. L'emergere delle amministrazioni di risultato e la riscoperta dell'amministrazione come servizio o come missione, oltre alla necessità di ridimensionare la sfera pubblica, comportano un decisivo favor per il riconoscimento di responsabilità e di autonomia nella gestione dei mezzi e delle risorse finanziarie »

[45] Lo stesso Consiglio di Stato con la sentenza 182 del 2006 si esprimeva in questi termini: per la giurisprudenza comunitaria, la qualificazione di organismo di diritto pubblico, è subordinata alla sua dipendenza, mediante le modalità di finanziamento, di gestione e di controllo, dallo Stato, da enti locali o da altri organismi di diritto pubblico, un mero controllo a posteriori non soddisfa il controllo della gestione, mentre soddisfa detto criterio una situazione in cui i soggetti pubblici verificano non solo i conti annuali dell'organismo considerato, ma anche l'esattezza, la regolarità, l'economicità, la redditività e la razionalità dell'amministrazione corrente. Pertanto deve ritenersi sussistente un rapporto di stretta dipendenza della Cassa di previdenza e assistenza e assistenza nei confronti del potere pubblico; in sede di privatizzazione delle Casse delle diverse categorie professionali, il legislatore ha, infatti, espressamente disciplinato l'ingerenza statale sulla gestione della contribuzione obbligatoria, avendo previsto, all'art. 2 comma 1 d.lgs. n. 509 del 1994, un’autonomia gestionale, organizzativa e contabile degli enti «nel rispetto dei principi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dal presente decreto in relazione alla natura pubblica dell'attività svolta».

[46] Tra le misure di indirizzo che sembrano andare ben oltre il controllo formale dei singoli atti può per esempio citarsi l’autorizzazione agli enti di utilizzare il tasso di redditività dei patrimoni determinato in funzione del rendimento medio dell’attività realizzato nell’ultimo quinquennio in una misura che è stabilito non possa superare in cautelativa l’1%.

[47]  Si intende far ferimento all’attribuzione alla Covip (che già esplica funzioni di vigilanza in materia di previdenza integrativa) delle funzioni di controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie, nonché sulla composizione del patrimonio dei predetti enti di previdenza, controllo da esercitare anche mediante ispezione presso gli stessi enti, e/o richiedendo la produzione degli atti e documenti ritenuti necessari. Nello specifico il regolamento stabilisce, innanzitutto, che ogni anno entro il 31 ottobre la Covip deve trasmettere al Ministero del lavoro e a quello dell’economia una relazione dettagliata, unitamente alle schede di rilevazione (di nuova istituzione) compilate dagli stessi enti previdenziali, in cui sono evidenziati:
a) le politiche di investimento e disinvestimento, con particolare riferimento al monitoraggio e alla gestione del rischio, in un’ottica di gestione integrata e coerente tra le poste dell’attivo e del passivo;
b) la composizione del patrimonio, distinto in mobiliare e immobiliare;
c) la disaggregazione della componente mobiliare e immobiliare per tipologia di investimento;
d) il risultato della gestione finanziaria, evidenziando i fattori positivi o negativi che lo hanno determinato, nonché le iniziative assunte dagli enti con riguardo agli eventi che hanno inciso negativamente;
e) le modalità seguite nella gestione diretta e/o indiretta, con evidenza degli advisor e gestori che hanno partecipato al processo d’investimento e delle modalità di selezione e remunerazione degli stessi;
f) i sistemi di controllo adottati;
g) la banca, distinta dal gestore, scelta per il deposito delle risorse affidate in gestione, nonché le modalità di selezione della stessa;
h) il tasso di rendimento medio delle attività, realizzato nell’ultimo quinquennio, nonché i risultati attesi dall’ultimo piano degli investimenti adottato

[48] La Covip che pur senza consenso unanime , viene considerata un’autorità amministrativa indipendente

[49] Manuale SEC :  Il settore delle amministrazioni pubbliche è suddiviso in quattro sottosettori: Amministrazioni centrali, Amministrazioni di stati federati, Amministrazioni locali, Enti di previdenza e assistenza .  

[50] Nel regolamento Sec  2223/96, citato, al punto 2.16  sono considerate unità istituzionali le unità che dispongono di una contabilità completa e di autonomia di decisione : a) le società di capitali  pubbliche e private, le società cooperative  e le società di persone riconosciute come entità giuridiche indipendenti,i produttori pubblici, dotati di personalità giuridica in forza di una normativa specifica, gli organismi senza scopo di lucro dotati di personalità giuridica , gli enti amministrativi pubblici; b) le unità che dispongono di una contabilità completa e per convenzione di autonomia di gestione ;c) le unità che non dispongono necessariamente di contabilità completa , ma che dispongono di fatto o  per convenzione , di autonomia di decisione.         

[51] Nel Manuale del Sec sul disavanzo pubblico e sul debito pubblico si dà la seguente definizione del Concetto di unità istituzionale pubblica : I produttori pubblici sono i produttori controllati dalle amministrazioni pubbliche. Nel caso delle istituzioni senza scopo di lucro , i produttori pubblici sono le istituzioni senza scopo di lucro controllate e finanziate in prevalenza dalle amministrazioni pubbliche .Tutti gli altri produttori sono produttori privati. Per controllo si intende la capacità di determinare la politica generale o il programma di unità istituzionale, se necessario scegliendo gli amministratori o i dirigenti. La proprietà di più della metà delle azioni di una società è condizione sufficiente ma non indispensabile per esercitare il controllo . Inoltre, un’amministrazione pubblica può esercitare il controllo su una società in forza di leggi o regolamenti che le danno il diritto determinare la politica della società o di nominarne gli amministratori. La suddetta definizione di controllo è applicabile anche alle istituzioni senza fini di lucro . Nei casi in cui i criteri summenzionati non vengano soddisfatti formalmente o in cui non esista una normativa specifica, tuttavia occorre una definizione più operativa del concetto di controllo. L’intervento pubblico sotto forma di normative generali applicabili a tutte le unità che esercitano la stessa attività non dovrebbe essere considerato rilevante nello stabilire se un ‘amministrazione pubblica detiene il controllo di una singola unità. Le amministrazioni pubbliche detengono il controllo di un’unità se influenzano la gestione di tale specifica unità indipendentemente dalla supervisione generale esercitata su tutte le unità analoghe.

L’esempio degli istituti scolastici :. Un ‘istituto scolastico è controllato da un ‘amministrazione pubblica se è necessaria l’autorizzazione di quest’ultima per formare nuove classi, effettuare operazioni significative nel settore degli investimenti lordi o contrarre debiti o qualora l’amministrazione pubblica possa impedire all’istituto di interrompere i rapporti che esso intrattiene con questa . L’unità non è controllata dalle amministrazioni pubbliche se quest’ultime si limitano a finanziare la scuola o a sopraintendere alla qualità dell’istruzione impartita 8stabilendo i programmi generali o fissando il numero massimo di allievi per classe) in http://epp.eurostat.ec.europa.eu

[52] Punto 2.16 del regolamento CE  2223/1996

[53] Nelle unità istituzionali che fanno parte del Settore Amministrazioni Pubbliche (Settore S13), i cui conti concorrono alla costruzione del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche il sistema comunitario comprende: a) gli organismi pubblici, che forniscono alla collettività beni e servizi non destinabili alla vendita; b) le istituzioni senza scopo di lucro produttrici di beni e servizi; c) gli enti di previdenza.

[54] Corte dei Conti, sez. giurisd. reg. Lazio, 23 gennaio 2008, n. 120,

[55] Corte Costituzionale n.15 del 5.2.1999

[56] Corte costituzionale sentenza 368 del 1998, Corte Costituzionale 119 del 1997,Corte Costituzionale 402/1991.

[57] M Cinelli, Diritto della Previdenza sociale , Torino 2012

[58] Cass. civ. sez lav. N. 11023 del12/06/2006.   

[59] Ferme restando le misure di contenimento della spesa gia' previste dalle vigenti disposizioni, al  fine  di assicurare la riduzione delle spese per consumi intermedi, i trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico   consolidato della pubblica   amministrazione, come individuati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai  sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 30  dicembre  2009, n. 196,((nonche' alle autorita')) indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le societa' e la borsa (Consob) con  esclusione  delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, degli enti locali, degli enti del servizio  sanitario  nazionale, e delle universita' e degli enti di ricerca di cui all'allegato n. 3, sono ridotti in misura pari al 5 per cento nell'anno 2012 e al 10 per cento a decorrere dall'anno 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nell'anno 2010.  Nel caso in cui per  effetto   delle operazioni di gestione la predetta riduzione non fosse possibile, per gli enti interessati si applica la disposizione di cui ai periodi successivi. Gli enti e gli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia  finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio  dello  Stato adottano interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa per consumi intermedi in modo da assicurare risparmi corrispondenti alle misure indicate nel periodo precedente; le somme derivanti da tale riduzione sono versate annualmente ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno. Per l'anno 2012 il versamento avviene entro il 30 settembre. Il presente comma non si applica agli enti e organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.

[60] Giuseppe Ugo Rescigno, Stato sociale e principio di sussidiarietà in www. http://www.costituzionale.unige.it/rescigno.html.Dello stesso autore si segna la anche sulle problematiche relative al’attuazione del principio di sussidiarietà “Sull’attuazione del principio di sussidiarietà”- note per l’audizione dell’11 dicembre 2006 presso le Commissioni Affari costituzionali congiunte di Camera e Senato in www.astrid-online.it

[61]  M. Cinelli, Sussidiarietà e Modello sociale, WP C.S.D.L.E “Massimo D’Antona” int  34/2005 in http://www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/wp/int/cinelli_n34-2005int.pdf. L’autore poi precisa che “dalla formulazione letterale della suddetta norma, a ben considerare, non è dato ricavare con sicurezza se il “principio di sussidiarietà”, che la stessa espressamente menziona, sia effettivamente riferibile all’iniziativa privata, o non piuttosto alle entità di governo. Sicché, in realtà, non è

dato comprendere se la norma sia effettivamente nel senso di favorire l’“autonoma iniziativa dei cittadini” (che si svolge “sulla base del principio di sussidiarietà”) – e, cioè, effettivamente nel senso della sussidiarietà orizzontale, seppur “assistita” –, o non piuttosto nel senso che sono “Stato, regioni, città metropolitane, province e comuni” a doversi ripartire, “sulla base del principio di sussidiarietà”, il compito di

favorire “l’autonoma iniziativa dei cittadini”: lettura quest’ultima, che, come è evidente, sostanzialmente conduce, però, la disposizione verso l’alveo della sussidiarietà verticale, piuttosto che verso quello della sussidiarietà orizzontale”.

[62] Ugo Giuseppe Rescigno op cit in www.astrid-online.it

[63] F. GIGLIONI www.labsus.org

[64]  Sulle fondazioni e la loro ricoducibilità al Sec  vedi Valerio Sarcone  Le Fondazioni “pubbliche” in www.amministrativamente.com   

[65] Daniela Bolognino, Renato Cameli, Fabio GiglioniLa sussidiarietà orizzontale nella giurisprudenza italiana e comunitaria” in www.astrid-online.it

[66] Del resto il dibattito sul Welfare federalista ha in qualche modo interessato solo  le implicazioni susseguenti a modifiche del riparto tra stato e regioni in tema di previdenza commentare.

G Ciocca, Il sistema previdenziale nel federalismo, in  A. Di Stasi Diritto del lavoro e federalismo   secondo cui   il federalismo nel sistema previdenziale dovrà, però, evitare di frazionare o differenziare e, tantomeno, diminuire, quella tutela obbligatoria che l’art.38 Cost. prevede come dovere dello Stato: comunque si modifichi l’art.117 Cost. con le nuove riforme, questo è il baluardo, per così dire, sotto il quale non è costituzionalmente legittimo scendere e questo è il proprium della previdenza, che è qualcosa di peculiare anche rispetto ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che attualmente devono essere garantiti dallo Stato in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Il sistema previdenziale, infatti, è sorto e si è sviluppato per rispondere al bisogno del lavoratore, prevedendo un vero e proprio diritto alla previdenza sociale, così come il diritto all’assistenza sociale ed il diritto alla salute per tutti i cittadini: nessuna riforma del riparto di competenze, neppure in senso federalista, dovrà mai intaccare questi diritti sociali che la Costituzione ha garantito”.

[67] F Bassanini,  La repubblica della sussidiarietà Riflessioni sugli articoli 114 e 118 della costituzione.in www.astrid-online.it. F.Bassanini, Le fondazioni di origine bancaria ,il sistema creditizio e la repubblica della sussidiarietà. Secondo cui “con la riforma del Titolo V, il principio di sussidiarietà, nella sua duplice dimensione, viene testualmente menzionato nel testo della Costituzione, nel nuovo articolo 118. Quest’ultimo non ridefinisce l’architettura del sistema   amministrativo sulla base  del principio di sussidiarietà verticale, ma nell’ultimo comma, impone di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati per lo svolgimento di attività di interesse generale. Si registrano altri segnali convergenti nella stessa direzione : le leggi crispine che avevano pubblicizzato Opere pie, Casse di risparmio e Monti di pietà vengono cancellate dalla Corte Costituzionale o dalla nuova legislazione sulle fondazioni di origine bancaria, restituendo autonomia ai soggetti intermedi della società civile capaci di alimentarne iniziative sussidiarie di interesse generale con risorse non governate direttamente dal circuito partitico –istituzionale.             

[68] Ugo Giuseppe Rescigno op cit. in www.costituzionaleunige.it secondo cui “ Il secondo comma dell'art. 38 chiaramente impone al legislatore di istituire e disciplinare assicurazioni obbligatorie in misura tale che i lavoratori abbiano sufficienti mezzi in caso di infortunio, di malattia, di invalidità, di vecchiaia, di disoccupazione involontaria. Prescrive poi che a gestire tali assicurazioni obbligatorie siano organi o istituti predisposti dallo Stato (e cioè la gestione sia fatta o direttamente dallo Stato mediante suoi organi, o indirettamente mediante appositi istituti, tipo Inps) oppure istituti integrati dallo Stato (e cioè organizzazioni private con garanzia statale nei confronti degli assicurati, in modo che il diritto al trattamento previdenziale previsto dalla legge e maturato non venga meno in tutto o in parte per inadempienza del soggetto assicuratore).Ma la Costituzione non prescrive: a) che il meccanismo previdenziale sia di tipo contributivo oppure a ripartizione (come si dice in gergo), o di altro tipo ancora se ve ne sono; b) che la gestione del meccanismo sia necessariamente pubblica; c) che sia necessariamente privata; d) quali sono le esigenze di vita che comunque debbono essere garantite e quindi quale deve essere il carico contributivo che permette sul piano economico e statistico di soddisfare a tempo debito le esigenze di vita previamente individuate; e) se il meccanismo previdenziale deve essere totalmente coperto dalle contribuzioni previdenziali, oppure deve essere almeno in parte coperto dal sistema tributario, con la conseguenza che il legislatore è libero sul punto di decidere come ritiene più opportuno.

[69] Staiano, La sussidiarietà orizzontale :profili teorici in www.federalismi.it

[70]Gregorio Arena,in Il principio di sussidiarietà orizzontale nell’articolo 118 della Cost.in www.astrid-online.it, idem in Scritti in Onore di Giorgio Berti  

[71]Gregorio Arena  op cit, secondo cui :la risposta positiva  nel  senso dell’immediata applicabilità del principio si fonda sulla constatazione che a) l’art 118 n, non enuncia un principio, rinviando al legislatore ordinario per la sua definizione, bensì  prevede una fattispecie fondata su un principio, quello di sussidiarietà orizzontale; b) questo principio trova nella realizzazione della fattispecie medesima la sua principale modalità di attuazione ; c) nella sua formulazione letterale tale fattispecie appare sufficientemente chiara per consentirne una sia pure graduale , ma immediata , applicazione. In www.astrid-online.it

A proposito dei rapporti tra welfare e principio di sussidiairietà vedi sempre Gregorio Arena , Dopo la crisi,un welfare nuovo fondato sulla sussidiarietà,in www.labsus.it  secondo cui “A sua volta la valorizzazione del ruolo dei privati, già evidente nella legge n. 328/2000, viene sancita a livello costituzionale nell’ultimo comma dell’art. 118, che introducendo il principio di sussidiarietà dispone che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Ed è interessante notare come la nostra sia l’unica Costituzione europea a riconoscere in maniera così esplicita e chiara il ruolo dei privati nel perseguimento dell’interesse generale.

[72] («I risparmi derivanti dall’applicazione del presente articolo a favore del bilancio dello Stato e degli enti nazionali di previdenza ed assistenza»: quinto periodo, corrispondente all’attuale sesto, dell’unico comma dell’art. 5)

[73] In tal senso si accoglierebbe la concezione assicurativa della natura giuridica dei contributi previdenziali, che smentita secondo alcuni autori dall’evoluzione che la disciplina delle assicurazioni ha subito nel tempo potrebbe trovare qualche rinnovata ragione di sostegno nelle più recenti innovazioni stante l’ampliamento se non il consolidamento della riforma effettua dalla legge 335/1995 e poi dalla 201/2012 .

[74] Corte costituzionale 264/2012 secondo cui “Tuttavia, nell’attività di bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti cui, come dianzi chiarito, anche in questo caso è chiamata questa Corte, rispetto alla tutela dell’interesse sotteso al parametro come sopra integrato prevale quella degli interessi antagonisti, di pari rango costituzionale, complessivamente coinvolti nella disciplina recata dalla disposizione censurata. In relazione alla quale sussistono, quindi quei preminenti interessi generali che giustificano il ricorso alla legislazione retroattiva.

Ed infatti, gli effetti di detta disposizione ricadono nell’ambito di un sistema previdenziale tendente alla corrispondenza tra le risorse disponibili e le prestazioni erogate, anche in ossequio al vincolo imposto dall’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ed assicura la razionalità complessiva del sistema stesso (sent. n. 172 del 2008), impedendo alterazioni della disponibilità economica a svantaggio di alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri, e così garantendo il rispetto dei principi di uguaglianza e di solidarietà, che, per il loro carattere fondante, occupano una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali

[75]  Sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo del 14 febbraio 2012 - Ricorso n.17972/07 - Arras e altri c. Italia La Corte ribadisce che, in base alla sua giurisprudenza, un ricorrente può allegare la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 solo nella misura in cui le decisioni contestate riguardano i suoi “beni” secondo quanto indicato da questa disposizione. I “beni” possono essere dei “beni esistenti” o delle attività, comprese, in alcune situazioni ben definite, delle pretese. Perché una pretesa possa essere considerata “un’attività” compresa nella sfera dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, è necessario che l’attore dimostri di avere una base sufficiente nel diritto nazionale, per esempio quando vi è una giurisprudenza radicata dei tribunali che la confermano. Se ciò è stato fatto, può entrare in gioco il concetto di “aspettativa legittima” (vedi Maurice c. Francia [GC], n. 11810/03, § 63, CEDU 2005 IX). 76. L’articolo 1 del Protocollo n. 1 non garantisce, di per sé, alcun diritto a diventare proprietario di un bene (vedi Van der Mussele c. Belgio, 23 novembre 1983, § 48, Serie A n. 70; Slivenko c. Lettonia (dec.) [GC], n. 48321/99, § 121, CEDU 2002-II; e Kopecký c. Slovacchia [GC], n. 44912/98, § 35 (b), CEDU 2004-IX). Né esso garantisce, di per sé, alcun diritto a una pensione di un particolare importo (vedi, per esempio, Kjartan Ásmundsson c. Islanda, n. 60669/00, § 39, CEDU 2004-IX; Domalewski c. Polonia (dec.), n. 34610/97, CEDU 1999-V; e Janković c. Croazia (dec.), n. 43440/98, CEDU 2000-X). Tuttavia, una “pretesa” relativa a una pensione può costituire un “bene” secondo quanto indicato all’articolo 1 del Protocollo n. 1 se essa ha una base sufficiente nel diritto nazionale, per esempio se è confermata da una sentenza di un tribunale definitiva (vedi Pravednaya c. Russia, n. 69529/01, §§ 37-39, 18 novembre 2004; e Bulgakova, succitato, § 31).in www.giustizia.it

[76] Nello specifico per la Corte, il diritto del ricorrente di beneficiare del regime di previdenza sociale in parola non ha subito ingerenze tali da pregiudicare i suoi diritti pensionistici nella loro essenza. A questo proposito, sempre la corte rileva che il ricorrente di fatto aveva versato in svizzera contributi inferiori rispetto a quelli che avrebbero versato in Italia e che pertanto all’epoca aveva avuto l’opportunità di beneficiare di guadagni più sostanziosi.

Ciò considerando, tenuto conto dell’ampio margine di apprezzamento dello stato nel disciplinare il suo regime pensionistico e del fatto che il ricorrente non sia stato costretto a sopportare un onere individuale eccessivo.   

[77] Fabrizio Miani Canevari, Costituzione e protezione sociale - Il sistema previdenziale nella giurisprudenza della Corte Costituzionale,  Torino 2007.

[78] Corte Cost.  6 marzo 1995 n. 78

[79] Nella sentenza del  3 0 dicembre 1998 n. 457 la Corte Costituzionale ha  ribadito l’ insindacabilità delle scelte del legislatore in ordine alla determinazione del quantum della prestazione pensionistica anche in relazione alle risorse disponibili almeno  quando non sia in gioco la garanzia delle esigenze minime di protezione della persona.  

[80] Sentenze 28 aprile 1998, causa C‑158/96, Kohll, Racc. pag. I‑1931, punto 17; 12 luglio 2001, causa C‑157/99, Smits e Peerbooms, Racc. pag. I‑5473, punto 44, nonché 16 maggio 2006, causa C‑372/04, Watts, Racc. pag. I‑4325, punto 92).

[81] Corte di giustizia, sentenza 17 febbraio 1993, cause C-151/91 e 160/91, Poucet et Pistre, in Racc.; sull'evoluzione della giurisprudenza in materia v. G.. Ricci, L. Di Via, Monopoli previdenziali e diritto comune antitrust, in Solidarietà, mercato e concorrenza nel welfare italiano, a cura di S. Sciarra, il Mulino, Bologna 2007, pp. 39 ss.

[82]

[83] Orlandini Libertà economiche e cittadinanza sociale europea in www.europeanrights.eu

[84] PERSIANI…Manuale Previdenza Sociale 2008  

[85] sentenze Kohll, punto 18, Smits e Peerbooms, punto 45, nonché Watts, punto 92

[86] Ne deriva che la suddetta competenza degli Stati membri non è illimitata (sentenza 3 aprile 2008, causa C‑103/06, Derouin, Racc. pag. I-1853, punto 25).

[87] Ora rispettivamente 56 e 57 del TFEU

[88] Stefano Giubboni in Stato Sociale, libera circolazione delle persone e nuovi confini della solidarietà in Europa .Un’Introduzione Teorica in www.osservatorioinca.org

[89] Orlandini op cit.

[90] Sia consentito rinviare a M.M.C. Coviello Nota a sentenza del 5 marzo 2009 della CGCE - causa C-350/07 in www.amministrativamente.it n. 6/2009

[91] Corte Cost. 6 marzo 1995 n. 78

[92] Di conseguenza, occorre risolvere la seconda questione proposta dichiarando che gli artt. 49 CE e 50 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale, che impone alle imprese operanti in un ramo di attività e in un ambito geografico determinati l’obbligo d’iscrizione ad un ente quale la cassa previdenziale di categoria oggetto della causa principale, a condizione che tale regime non vada al di là di quanto necessario per raggiungere l’obiettivo di garantire l’equilibrio finanziario di un settore della previdenza sociale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare

[93] “Non avendo adottato, entro il termine previsto , le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie a conformarsi agli artt. 8, 9, 13, 15-18 e 20, nn. 2-4, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 3 giugno 2003, 2003/41/CE, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali, la Repubblica ceca è venuta meno agli obblighi a essa incombenti in forza dell'art. 22, n. 1, di tale direttiva.”

[94] Le due fattispecie sembrerebbero equiparabili in quanto entrambi elementi costitutivi del sistema previdenziale obbligatorio, tale caratteristica sembrerebbe quindi poter rendere immune l’accostamento dal consolidato orientamento della corte costituzionale sull’incomparabilità dei vari sistemi previdenziali. Corte costituzionale n. 202/2008,n. 83/2006 e da ultimo 34/2011 secondo cui “ Quanto, poi, alla prospettata lesione dell’art. 3 Cost., questa Corte ha più volte affermato la sostanziale incomparabilità dei sistemi previdenziali, nettamente eterogenei, in cui si inseriscono le prestazioni in favore d ei soggetti incollocabili messe a confronto, in quanto pertinenti, rispettivamente, al regime Inail e a quello delle prestazioni di guerra e c.d. “privilegiate” (ex multis, sentenze n. 202 del 2008 e n. 83 del 2006; ordinanze n. 178 e n. 83 del 2006). In tale prospettiva, hanno trovato riscontro i limiti intrinseci del sistema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, cui afferisce l’assegno d’incollocabilità erogato dall’Inail (sentenze n. 17 del 1995 e n. 310 del 1994), nonché la diversità del complesso delle garanzie ad esso sottese rispetto a quelle previste per i dipendenti pubblici, che impediscono una comparazione parcellizzata dei rispettivi elementi (sentenza n. 321 del 1997)” Vedi anche sentenza Corte Costituzionale n.8/2012

Sommario: 1. Premessa. – 2.  Il quadro normativo: a) lo statuto delle Casse ai sensi  del Dlgs 509/1994; b) Il conto consolidato dello Stato tra effetti formali e sostanziali; – 3.) L’iter argomentativo seguito dal Consiglio di Stato sentenza n. 6014 del 28.11.2012.: c) le casse privatizzate di assistenza e previdenza; d) L’attribuzione alle Casse previdenziali privatizzate della qualifica di organismi di diritto pubblico e il parere dell’autorità di vigilanza sui contratti pubblici; e) La sentenza del Tar Lazio (Sez Ter Quater)n.  224/2012; – 3.1  L’Autorità per l’energia elettrica e il gas. – 3.2) Coni Servizi spa – 4.) La nozione di ente pubblico a geometria variabile e gli effetti sostanziali. – 5.1 L’autonomia delle casse previdenziali tra principi costituzionali e legislazione ordinaria. – 5.2. La funzione previdenziale e il diritto dei singoli alla prestazione pensionistica – 6 Sistemi previdenziali nazionali e principi comunitari: la sentenza Kattner C- 350/07 della Corte di Giustizia Europea e i limiti della competenza degli Stati in materia previdenziale -7 Conclusioni

    

1) Premessa

La precisa individuazione del perimetro della pubblica amministrazione presuppone una ricostruzione coordinata della normativa comunitaria e di quella nazionale.

Il dinamico processo d’integrazione comunitaria, inoltre, comporta la necessità di individuare il criterio interpretativo conforme a un variegato e non sempre sistematico quadro normativo.

Infatti, la trasposizione[1] d’istituti d’origine comunitaria nell’ordinamento del singolo stato non è operazione automatica giacché la stessa nozione può interpretarsi diversamente e dar luogo a numerosi dubbi interpretativi.[2]

Il processo d’integrazione per settori, pur laddove è perseguita un’omogeneità di disciplina, implica poi una differenziazione che impedisce una piena identità di significato e funzione tra istituti nominalmente identici. 

La sentenza in commento disegna, nel caso di specie, i [3]confini dell’amministrazione pubblica individuando quali elementi necessari del conto consolidato dello stato gli Enti previdenziali privatizzati, la Società  Servizi SPA del Coni e l’Autorità per il Gas e l’Energia elettrica.

Partendo dall’illustrazione della sentenza si tenterà di evidenziarne i punti caratterizzanti anche a proposito del pronunciamento dell’Autorità di vigilanza sui contratti e le pubbliche forniture e della sentenza del Tar Roma sezione Ter Quater 224/2012.[4] che in qualche modo aiutano a definirne i confini.[5]

Al contempo si cercherà di verificare se, dal punto di vista effettuale, la soluzione adottata, pur conforme alla specifica normativa comunitaria in materia di bilancio o contabilità pubblica, non collida con i principi che disciplinano il sistema previdenziale e con i sovra ordinati principi comunitari.

In altri termini, la conformità al Manuale di Contabilità o meglio al regolamento Sec[6], della normativa oggetto della ricostruzione effettuata dal Consiglio di Stato, potrebbe non essere sufficiente a evitare che la stessa disciplina si appalesi comunque lesiva dell’autonomia delle casse e non conforme al diritto primario comunitario o a quel convenzionale internazionale cui gli stati e la stessa comunità si sono vincolati.

2. Il quadro normativo: a) lo statuto delle casse ai sensi del 509/1994; Il conto consolidato dello Stato tra effetti formali e sostanziali;

a ) lo statuto delle Casse professionali ai sensi decreto legislativo 509/1994

La ricostruzione delle fattispecie presuppone la ricognizione dei poteri e del tipo di controllo cui le casse di previdenza e assistenza sono state assoggettate dopo la privatizzazione operata sulla base della legge di delega n. 537/1993 giacché è su tale statuto che vanno a incidere le norme che a partite dal 2004 hanno ricondotto tali enti all’interno del sistema statistico pubblico. Le linee generali nel cui ambito operano gli Enti di previdenza privati sono contenute nelle disposizioni dei decreti legislativi n.509/1994 e n.103/1996.

L’art. 3 del decreto legislativo 509/1994 attribuisce al Ministero del lavoro e della previdenza sociale e al Ministero dell’Economia e delle Finanze, rispettivamente competenti, un’attività di vigilanza sugli Enti previdenziali privati, anche attraverso la presenza di rappresentanti delle predette Amministrazioni nei collegi dei sindaci. L’attività di vigilanza si sostanzia nell’approvazione dello statuto, dei regolamenti, e delle relative integrazioni o modificazioni riguardando, inoltre, le delibere in materia di contributi e prestazioni, sempre che la relativa potestà sia prevista dai singoli ordinamenti delle Casse.

Inoltre, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale[7], di intesa con gli altri Ministeri competenti, può formulare motivati rilievi sui bilanci preventivi e i conti consuntivi, sulle note di variazione al bilancio di previsione, sui [8]criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti così come sono indicati in ogni bilancio preventivo, nonché sulle delibere contenenti criteri direttivi generali.

Con riferimento poi alla gestione economico-finanziaria degli Enti previdenziali privati l’art. 2, comma 2, del Dlgs. 509/1994, stabilisce che essa deve assicurare l’equilibrio di bilancio mediante l’adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico da redigersi con periodicità almeno triennale[9].

Al fine di assicurare l’equilibrio finanziario di lungo periodo, l’orizzonte temporale del bilancio tecnico è stato progressivamente ampliato fino a raggiungere i cinquant’anni.[10]

La disciplina è poi completata dall’articolo art. 14, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha attribuito alla COVIP[11], il controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti di diritto privato di cui ai citati decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996. Tale controllo prevede anche il potere di ispezione presso le Casse per richiedere la produzione degli atti e documenti che ritenga necessari.

Le concrete modalità in cui si esplica tale controllo, secondo quanto previsto nella stessa norma autorizzativa, sono poi contenute nel regolamento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ministeriale del 5 giugno 2012.[12].

b) Il conto consolidato dello Stato tra effetti formali e sostanziali;

L’art. 1, comma 5, legge 30 dicembre 2004, o n . 311 (legge finanziaria 2005), al fine di ridurre l’incremento dei costi dell’ apparato pubblico, poneva il limite del 2% alla spesa complessiva delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto consolidato e individuate per l’anno 2005 nell’allegato 1 alla stessa legge.

La stessa disposizione attribuiva all’Istat il potere di individuare le amministrazioni da considerare nell’ambito del bilancio consolidato dello Stato per gli anni successivi.

Fin dalla prima applicazione, il meccanismo di delimitazione del settore pubblico comprendeva gli Enti Nazionali di previdenza e assistenza e le autorità amministrative indipendenti .

La successiva redazione dell’elenco degli enti rientranti nell’ambito del consolidato comprendeva sotto la rubrica “ Enti nazionali di previdenza e assistenza” tutte le Casse previdenziali privatizzate con d.lgs. n. 509 del 1994, il Comitato olimpico nazionale e, alla voce “Autorità amministrative indipendenti”, tra altre, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

Tale inclusione[13], anche alla luce dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è stato poi confermata nel comunicato Istat recante l’elenco delle Amministrazioni pubbliche da inserire nel conto consolidato dello Stato per l’anno 2011, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 30 settembre 2011, n. 228, nel quale permangono le Casse previdenziali private, il Coni, ed è specificamente inserita l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Nonostante il contenzioso seguito all’inserimento della Casse all’interno del bilancio consolidato dello Stato, il legislatore considerando l’elenco citato come un dato consolidato è intervenuto con una misura incidente sulle prerogative di tali enti. Con l’art.8, comma 3[14] del decreto legge n.95 del 6/07/2012, convertito con modificazioni nella legge n.135 2012, il legislatore ha previsto per gli enti e gli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio dello Stato, che la riduzione della spesa per consumi intermedi sia tale da assicurare risparmi per 5% nell’anno 2012 e 10% a decorrere dall’anno 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nell’anno 2010.[15] La relazione tecnica chiarisce che la norma è rivolta, quindi, a ridurre la spesa inefficiente mantenendo al contempo inalterata sia la qualità dei servizi resi che la stabilità della gestione. Il sopra citato art.8, comma 3 nello specificare l’ambito soggettivo di applicazione fa riferimento agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuati dall’ISTAT ai sensi dell’art.1, comma 2, della legge 30 dicembre 2009, n.196.[16]

Rispetto al passato però la disposizione del 2012 non si limite a incidere sulla capacità di spesa ma prevede espressamente che “Gli enti e gli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia  finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio  dello Stato adottano interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa per consumi intermedi in modo da assicurare risparmi corrispondenti alle misure indicate nel periodo precedente; le somme derivanti da tale riduzione sono versate annualmente ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno."

L’obbligo di versare le economie, formatesi in virtù di tale disposizione ha carattere non temporaneo ma sicuramente pluriennale incidendo non solo su un singolo aspetto ma sull’essenza stessa dell’autonomia gestionale e contabile degli enti di previdenza e assistenza.

3. L’iter argomentativo seguito dal Consiglio di Stato sentenza n. 6014 del 28.11.2012: le casse di previdenza e assistenza all’interno del perimetro pubblico. Il parere dell’autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e pubbliche forniture. La sentenza Tar Lazio (Sez. Terza Quater ) n. 224 dell’11/01/2012  

c) Le casse privatizzate di assistenza e previdenza

E’ legittima l’inclusione degli enti previdenziali privatizzati nel conto consolidato dello Stato.

Con la sentenza in commento, n. 6014 del 28.11.2012, il Consiglio di Stato ha quindi accolto il ricorso dei ministeri vigilanti affermando che le Casse assolvono una funzione pubblica, nonostante, la privatizzazione operata dal decreto legislativo 509/94.

La ricostruzione del TAR[17] basata sulla non riconducibilità all’interno del perimetro della pubblica amministrazione di soggetti qualificati come privati non è stata quindi ritenuta condivisibile.

Per i giudici di primo grado, agli enti privati che non usufruiscono di finanziamenti pubblici né gravano in alcun modo sul bilancio pubblico, non può applicarsi la normativa del 1994 la cui ratio esclusiva è costituita dal contenimento della spesa pubblica.

AL contrario il Consiglio di Stato utilizza un criterio sostanziale per ricostruire la disciplina dell’ordinamento sezionale rappresentato dalla Casse Previdenziali Privatizzate.

 Il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale svolta dalle Casse trova fondamento nell’obbligo di iscrizione e contribuzione e nella natura di pubblico servizio dell’attività svolta .

Lo stesso potere d’ingerenza e vigilanza ministeriale, finalizzato a salvaguardare la sostenibilità e l’adeguatezza delle prestazioni unitamente al controllo della Corte dei Conti, è considerato indice rilevatore della natura pubblica della funzione svolta dalle casse.  

La ricostruzione del Consiglio di Stato considera pubblico il sistema di finanziamento degli enti di previdenza privatizzati valorizzando gli elementi concernenti gli sgravi, la fiscalizzazione degli oneri sociali insieme alla già citata, obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione.

Sempre da un punto di vista finanziario si evidenzia che sia la legge 662 del 1996 che la legge 335/1995 si siano occupate del settore ai fini del controllo del relativo disavanzo.

L’attività dell’Istat diretta all’individuazione degli enti rientranti nel bilancio consolidato dello Stato effettuata in virtù della delega prevista dalla legge ha poi valenza meramente certificativa che esime l’ente quindi dall’intraprendere le consuete iniziative prevista dalla legge sul procedimento in merito al necessario coinvolgimento dei contro interessati.  

In conclusione la ricostruzione effettuata dall’Istat è, a giudizio del Consiglio di stato, conforme alla situazione sostanziale propria delle casse all’interno dell’ordinamento italiano e alle caratteristiche che secondo l’ordinamento statistico comunitario contraddistinguono la pubblica amministrazione[18].  

Dall’analisi congiunta del regolamento UE n 2223/1996– SEC 95 e del relativo manuale si trae un concetto di amministrazione pubblica allargata i cui confini comprendono “ quelle istituzioni” che senza scopo di lucro dotate di personalità giuridica agiscono come produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita alla duplice condizione che siano controllate e finanziate in prevalenza da amministrazioni pubbliche .

Dall’iter logico motivazionale illustrato pare emergere, anche per le Casse, l’applicazione di una nozione di ente pubblico a geometria[19] variabile il cui ordinamento normativo muta secondo l’aspetto finalistico della propria attività[20].

Tale conclusione trova tra l’altro riscontro in un consolidato indirizzo della Corte Costituzionale secondo cui la privatizzazione di tali enti assurge quindi [21] “a un mero modello organizzativo che non esclude il carattere pubblicistico dell’attività di previdenza e assistenza secondo le finalità istitutive di ciascun ente, così giustificando l’obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione.  Si modificano, invece, gli strumenti di gestione e la qualificazione dell’ente, che si trasforma e assume la personalità di diritto privato”[22].

In prospettiva, quindi l’inclusione delle casse nell’ambito dell’elenco di cui al conto consolidato dello stato comporta conseguentemente la loro sottoposizione alla disciplina pubblicistica della spending  review.

La questione sottointesa alla presente decisione è quindi, non solo la possibile assoggettabilità delle casse alla disciplina di controllo e riduzione della spesa pubblica operata dalla legge di stabilità ma anche l’utilizzazione delle economie della gestione delle casse a vantaggio del bilancio statale.

In tal modo, l’autonomia delle casse sembra essere recessiva rispetto ai vincoli di Finanza Pubblica con la riduzione di fatto non solo di alcuni circoscritti spazi di manovra gestionali degli organi d’indirizzo delle casse ma più in generale della stessa autonomia degli enti che perde valenza e significato quando, come nel caso di specie, i risultati di precise facoltà e poteri degli enti sono trasferiti all’esterno dell’ambito di attività in cui sono stati prodotti.

Gli indici adottati per ricondurre le casse nell’ambito del perimetro della pubblica amministrazione sembrano, tuttavia, coincidere almeno da un punto di vista sostanziale, con quelli che permettono di identificare gli organismi di diritto pubblico cioè quegli enti che a prescindere dalla forma societaria adottata sono comunque soggetti alla disciplina del decreto legislativo 163/2006. 

d) L’attribuzione alle Casse previdenziali privatizzate della qualifica di organismi di diritto pubblico e il parere dell’autorità di vigilanza sui contratti pubblici[23].

La riconduzione degli enti di forme di  previdenza e assistenza obbligatoria alla nozione comunitaria di organismi di diritto pubblico è stata generalmente accettata dalla giurisprudenza.

La possibile elusione delle regole a presidio del principio di concorrenza costituisce la ratio della direttiva 2004/18/CE che include tra gli organismi e le categorie di organismi di diritto pubblico[24], gli “enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza”. 

Tale elencazione del resto non è tassativa, giacché, la stessa direttiva citata e la normativa nazionale di recepimento rimettono all’interprete l’individuazione dei requisiti sostanziali[25] che qualificano un ente come organismo di diritto pubblico assoggettato alle discipline pubblicistiche sugli appalti.      

A fronte di tale situazione, il legislatore è però intervenuto con l’articolo all’articolo 1, comma 10-ter, del decreto legge 23 ottobre 2008, n. 162 (convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2008, n. 201), ai sensi del quale “ai fini dell’applicazione della disciplina di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, non rientrano negli elenchi degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico gli enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e gli enti trasformati in associazioni o in fondazioni, sotto la condizione di non usufruire di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario, di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e di cui al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, fatte salve le misure di pubblicità sugli appalti di lavori, servizi e forniture”.

La finalità della disposizione sembra essere quella di impedire la riconducibilità della nozione di organismo pubblico alla Casse sancendone in questo modo la piena privatizzazione per quanto riguarda il ricorso al   mercato dei beni, servizi e forniture[26].

Tuttavia, il dato formale non ha superato i problemi d’inquadramento in considerazione e dell’approccio comunitario sostanzialistico[27] sulla natura degli enti e della formulazione adottata che comunque lascia dubbi sull’inapplicabilità del decreto legislativo 163/2006.   

In questo senso, il parere dell’autorità di vigilanza mostra l’asimmetria tra il dato formale della legge citata e l’applicazione sostanziale dei criteri individuati prima dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea e poi trasfusa nella direttiva 2004 e nel decreto legislativo 163/2006.

In base all’articolo 3, comma 25, del decreto legislativo 163/2006 la riconducibilità alla nozione di organismo pubblico è subordinata alla presenza di caratteristiche quali la personalità giuridica, la finalità non commerciale e non industriale che associati al binomio controllo/ finanziamento pubblico sembrerebbero riscontrarsi nelle casse di previdenza a prescindere dalla formale esclusione della norma del 2008.

E’ evidente come l’iter motivazionale seguito dall’Autorità di vigilanza coincida sostanzialmente con quello adottato dal Consiglio di Stato.

Nonostante il contesto di riferimento sia sostanzialmente diverso non si può non notare come la dottrina avesse in qualche già individuato una relazione in tal senso segnalando che a proposito dei controlli sulle casse di previdenza “ che si tratta con ogni evidenza di controlli sulla gestione degli enti e perciò uno degli indici comunitari dell'organismo di diritto pubblico. E se c'è anche solo un indice dell'organismo di diritto pubblico, gli enti sono rimasti degli enti di diritto pubblico anche dopo l'apparente trasformazione in soggetti di diritto privato (associazioni o fondazioni)……. La verità è che controlli di gestione come quelli descritti si giustificano solo sul presupposto che l'ente sia rimasto pubblico e sia solo stato reso autonomo e indipendente a somiglianza delle associazioni e delle fondazioni private”[28]. In entrambe le ricostruzioni, il perno della riconducibilità pubblica finalizzata al rispetto dei principi comunitari in tema di bilancio ovvero alla tutela di quello di concorrenza è costituita dalla natura pubblica[29]  del controllo e del finanziamento derivante dalla qualificazione sostanzialmente tributaria[30] dell’obbligazione contributiva[31].

E del resto di là di riferimenti giurisprudenziali citati[32] la stessa Corte Costituzionale attraverso un consolidato orientamento, ha sancito la funzione Pubblica delle Casse escludendo che la disciplina prevista dal decreto 509/1994 possa costituire violazione della libertà d’associazione di cui all’articolo 18 della costituzione.[33]         

Per questo l’Autorità segnala la necessità di un intervento interpretativo diretto a eliminare le difficoltà interpretative dell’articolo1, comma 10, del decreto legge 162/2008.

Difficoltà interpretative che peraltro affondando le radici nello stesso processo di privatizzazione probabilmente richiedono un intervento della corte costituzionale cosi come prefigurato da quella dottrina secondo cui “[34]anche le fondazioni «legislative» potrebbero perdere, con una interpretazione «adeguatrice» o con una sentenza di accoglimento, sia l'indice dell'organismo di diritto pubblico, sia le disposizioni che «ragionevolmente» contrastano con l'«essenza» della persona giuridica di diritto privato, così come è accaduto per le fondazioni bancarie. C'è solo da chiedersi se sia funzione della Corte costituzionale, non solo censurare l'incostituzionalità delle leggi, ma anche «riscrivere» la disciplina di interi settori dell'ordinamento giuridico, quando il legislatore «resiste» al cambiamento, conservando privilegi pubblicistici.”

Il superamento delle ambiguità insite nel processo di privatizzazione deve poi realizzarsi rispettando i principi comunitari .

Tuttavia la violazione dei principi di concorrenza e libertà di stabilimento e servizi non s’identifica necessariamente solo con “l’elusione” della direttiva comunitaria sugli appalti[35] ma permane anche riguardo all’impatto complessivamente riconducibile all’attività delle Casse.

Lo stesso eventuale intervento diretto neutralizzare il carattere tributario dell’obbligo contributivo sembra presupporre un diverso e generale assetto delle Casse e una riformulazione o laddove possibile a una reinterpretazione dell’articolo 38 della costituzione.

L’esistenza e i modi del controllo sembrerebbero dipendere dall’assetto complessivo del sistema previdenziale e dalla configurazione generale che le Casse di previdenza e le [36]forme di previdenza complementare vengono a svolgere[37] .

Tuttavia, la stessa natura del controllo sulle Casse e la sua riconducibilità alla nozione comunitaria adottata nel regolamento 2223/1996 SEC non appare immediata e continua comunque a sollevare perplessità e contrasti.  

e) La sentenza del Tar Lazio (Sez. Terza Quater ) n. 224 dell’11/01/2012

A questo punto, può citarsi la sentenza 224/2012 del TAR Lazio sez. Terza quater.

In merito alla legittimità dell’inclusione delle casse privatizzate nel conto consolidato dello Stato ai sensi dell’articolo 1, comma 3, l. 31 dicembre 2009 n.196, il TAR evidenzia che la nozione di controllo, quale elemento decisivo ai fini dell’inclusione nel perimetro contabile pubblico, prevista dal regolamento Sec[38] è nozione non coincidente con quella adottata dal decreto legislativo 509/1994 nel definire i poteri di vigilanza dei Ministeri.

Tale ricostruzione non sembra però immune da censure. Secondo tale impostazione, infatti, il regolamento SEC adotterebbe una nozione di controllo che si sostanzia nel potere di riconosciuto a un’amministrazione pubblica di determinare la politica generale e programmi della singola unità istituzionale cioè di stabilire in via autonoma gli obiettivi che essa è chiamata a raggiungere e i modi che deve seguire per realizzarli con atti che, in effetti, sono di amministrazione attiva e quindi non verificabili nella loro concreta esistenza con riferimento agli atti di controllo nel significato specifico e nella funzione ad essi assegnati dall’ordinamento nazionale[39].

In concreto il ruolo dei ministeri vigilanti nello statuto complessivo previsto dal 509/1994 sembra incidere nel merito dell’attività delle casse[40] con un potere che diretto alla verifica dell’attività degli enti adotta criteri gestionali più che formali condizionando gli atti di tali enti sia dal punto di vista contabile formale che da quello sostanziale.

Cosi come già evidenziato sopra, già all’indomani della privatizzazione la dottrina ha ricondotto il potere ministeriale nell’alveo del controllo gestionale[41] anche in considerazione di profili d’opportunità vagliati nell’esercizio di tale attribuzione di controllo[42].

La [43]contaminazione tra controllo gestionale[44] e controllo sull’atto, cosi come rilevata in termini generali dalla dottrina, non sembrerebbe sminuire il ruolo di “indirizzo gestionale[45]” svolto dalle componenti governative sulle casse fino a sottintendere la preminenza di un controllo esclusivo il controllo formale o di legittimità sugli atti.   

Gli atti oggetto di controllo, essenzialmente bilanci, decisioni di investimento e rendicontazione sono atti generali in cui si esplica l’attività di indirizzo e gestione degli enti superando in questo modo ogni vicinanza con il controllo formale del singolo atto privo di incidenza generale sull’attività dell’ente[46].

Il ruolo svolto dai Ministeri vigilanti sembra pertanto risolversi nella funzione di garantire che la gestione delle casse sia conforme agli obiettivi del legislatore con un potere di conformazione nel merito, per esempio delle decisioni d’investimento a garanzia dell’adeguatezza e sostenibilità del sistema previdenziale, quale interesse generale, che sembra prescindere dalla mera regolarità contabile o della legittimità formale in qualche modo evocata nella sentenza citata .

Infatti, ai sensi dell’articolo 3, del decreto legislativo 509/1994, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d’intesa con gli altri Ministeri competenti, “può formulare motivati rilievi su: i bilanci, preventivi e i conti consuntivi; le note di variazione al bilancio di previsione; i criteri d’individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti così come sono indicati in ogni bilancio preventivo; le delibere contenenti criteri direttivi generali. Nel formulare tali rilievi il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa con i Ministeri di cui al comma 1, rinvia gli atti al nuovo esame da parte degli organi di amministrazione per riceverne una motivata decisione definitiva.”.

Inoltre, è sempre il decreto legislativo 509/1994 a prevedere con l’articolo 2 che “ la gestione economico-finanziaria delle casse debba assicurare l'equilibrio di bilancio mediante l'adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico”, ma che qualora risulti un disavanzo economico-finanziario, rilevato dai rendiconti annuali e confermato anche dal bilancio tecnico, il Ministro del lavoro con decreto, di concerto con i Ministri competenti provveda alla nomina di un commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione.

Ciò premesso sembrerebbe chiara la riconducibilità del controllo delineato nel decreto legislativo citato con quella prevista nel regolamento SEC tanto più che il riferimento al controllo sembra essere fatto al fine di attribuire all’ente preso in considerazione la qualifica di pubblico. Le stesse innovazioni apportate dal dl 98/2011 e resisi concrete nell’‘emanazione del Decreto Ministeriale del 5 giugno 2012 testimoniano di un’attività di vigilanza e di controllo rafforzata e sempre più specializzata[47].

L’attribuzione alla Covip di poteri di controllo che partendo dalla redazione di una relazione annuale da trasmettere al Ministero del lavoro e delle politiche sociale e al Ministero dell’economia e delle Finanze arrivano a configurare un vero e proprio potere ispettivo sulle Casse sembra delineare un’incidenza pubblica su tali enti molto ampia. Tale potere d’influenza parte dall’individuazione degli obiettivi di massima, interessa la vigilanza sulle modalità d’attuazione di tali indirizzi, con evidenti poteri di conformazione, fino ad arrivare ad un controllo ispettivo vero e proprio al fine di garantire il rispetto dell’equilibrio finanziario.    

Per certi versi il reale atteggiarsi dei poteri Ministeriali nella fattispecie concreta sembrerebbe risolversi in una nozione di controllo più completa e generale che ingloba quella comunitaria senza travalicarne i termini per eccesso.

L’attribuzione alla Covip del potere di illustrare attraverso la relazione annuale:

a) le politiche di investimento e disinvestimento, relative alla componente mobiliare con particolare riferimento al monitoraggio e alla gestione del rischio;

b) la composizione del patrimonio e soprattutto i risultati della gestione finanziaria con l’evidenziazione dei fattori positivi e negativi che ne hanno determinato il risultato nonché le iniziative assunte dagli enti previdenziali privati con riguardo agli eventi che hanno inciso negativamente sul risultato conseguito;

c) la composizione del patrimonio distinto in mobiliare e immobiliare con la disaggregazione delle componenti mobiliari e immobiliare distinte per tipologia di investimento

sembrerebbe risolversi in una valutazione, per quanto ex post della capacità di investimento e della situazione finanziaria degli enti finalizzata a mettere a disposizione dei Ministeri vigilanti un patrimonio informativo necessario anche all’esercizio dei poteri di cui all’articolo 3, comma 3 del decreto legislativo 509/1994.

La stessa contemporanea incidenza sulle Casse dei Ministeri vigilanti e di un’autorità amministrativa indipendente come la Covip[48] non sembra certo ridimensionare qualità e funzione dell’influenza pubblica esercitata su tali enti.              

Inoltre, pur disconoscendo la ricostruzione effettuata con la conseguente valorizzazione, del carattere di mera regolarità formale della vigilanza effettuata dai Ministeri sulle casse, l’iter motivazionale della sentenza in questione appare quanto meno parziale. Infatti, seppur la diversità di nozione di controllo potrebbe essere invocata proprio facendo riferimento alle osservazioni del Regolamento CE 2223/96 di cui la punto 1.05, si può rilevare come sia il regolamento citato che il successivo manuale inglobino nell’ambito dell’amministrazione pubblica[49]  il sottosettore previdenza.

Tale sottosettore secondo il SEC , come esplicitato dal Manuale relativo, “comprende le unità che rispondono a ciascuno dei seguenti criteri”:

a) in forza di disposizioni legislative o regolamentari determinati gruppi della popolazione sono tenuti a partecipare al regime o a versare contributi;

b) le amministrazioni pubbliche sono responsabili della gestione dell’istituzione per quanto riguarda la fissazione o l’approvazione dei contributi e delle prestazioni indipendentemente dal loro ruolo di organismo di controllo o datore di lavoro.           

3.2) L’autorità per l’energia elettrica e il gas

L’analisi del Consiglio di Stato censura la ricostruzione effettuata dal Tar, anche riguardo alla qualificazione giuridica dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

L’inclusione di tale autorità nel bilancio consolidato non richiede l’applicazione dei criteri oggettivi d’individuazione della natura pubblica di un organismo proprio del regolamento UE sopra richiamato e del relativo manuale.

Seguendo proprio lo schema del manuale concernente, l’identificazione delle unità istituzionali pubbliche, il Consiglio di Stato ribalta l’argomentazione del TAR.

Pertanto, per classificare un organismo nel settore delle amministrazioni pubbliche, occorre stabilire se si tratta di un

1. Un’unità istituzionale[50]

2. Un’unità istituzionale pubblica

3. Di un’unità istituzionale che agisce da produttore di beni o servizi non destinabili alla vendita.

L’applicazione di tali nozioni soccorre l’interprete solo qualora non sia evidente che l’organismo, oggetto di scrutinio, è esso stesso una pubblica amministrazione.

La natura del finanziamento e del controllo diventano criteri d’identificazione della natura pubblica d’istituzioni senza fini di lucro ma non si applicano ad amministrazioni già in re ipsa qualificabili come statali.

La natura pubblica dell’Autorità dell’energia elettrica e del gas non trova fondamento nella nozione di controllo ovvero nell’origine del finanziamento bensì nel quadro dei poteri e funzioni alla stessa conferita dalla legge.

La sovrapposizione dei concetti di controllo e finanziamento pubblico non si attaglia all’autorità in questione perché quest’ultima svolge una funzione pubblica in virtù del trasferimento di funzioni, compiti, e di poteri ispettivi previsto dalla legge 481/1995.

Del resto, anche di là dalla ricostruzione del Consiglio di Stato, è proprio lo stesso manuale SEC al punto 4.1 che individua i produttori pubblici in quelli controllati dalle amministrazioni pubbliche.

Un istituto scolastico[51]  “è controllato da un’amministrazione pubblica se è necessaria l’autorizzazione di quest’ultima per formare nuove classi, effettuare operazioni significative nel settore degli investimenti fissi o lordi o contrarre debiti qualora l’amministrazione possa impedire all’istituto di interrompere rapporti che esso intrattiene.”

Applicare all’autorità per l’energia elettrica e gas il criterio del controllo significa in qualche modo accomunarla paradossalmente con le scuole, dove nell’esempio del manuale la loro riconducibilità all’amministrazione pubblica è legata all’assoggettamento a un pubblico potere (a una pubblica amministrazione) in termini di autorizzazione all’istituzione di classi e in termini di controllo.

In altri termini, l’autorità è essa stessa in re ipsa un’amministrazione pubblica proprio in virtù delle attribuzioni stabilite dalla legge istitutiva. Del resto sarebbe difficilmente giungere ad una diversa conclusione in presenza del preciso riferimento del regolamento 2223/1996 del Sec che nell’ambito delle unità istituzionali comprende gli enti amministrativi pubblici.[52] 

Lo speciale statuto, di cui è provvista, permette all’Autorità dell’energia elettrica e del gas di avere indipendenza e autonomia di giudizio e valutazione ma non le attribuisce uno statuto speciale e derogatorio nell’applicazione della disciplina di carattere generale riguardanti le pubbliche amministrazioni.

3.3. La Coni Servizi s.p.a.

Seppur con un minor impatto sistematico la sentenza in commento si occupa di valutare la legittimità della riconducibilità della Coni Servizi spa nell’ambito del bilancio consolidato statale.

Il Consiglio di Stato confermando la ricostruzione effettuata dal TAR nella sentenza impugnata ricomprende la CONI SPA nel conto economico consolidato dello Stato[53]  in considerazione della sua natura di organismo pubblico fornitore alla collettività di beni e servizi non destinabili alla vendita.        

A fronte delle censure del ricorrente, il Consiglio di Stato evidenzia che la società Coni Servizi p.a. è stata istituita nell'ambito del riassetto del Coni e che quest’ultimo per l'espletamento dei propri compiti si avvale della stessa società.

La partecipazione societaria è attribuita al Ministero dell'economia e delle finanze che designa anche il presidente del collegio mentre il presidente della società e gli altri componenti del consiglio di amministrazione sono designati dal Coni.

La valenza pubblicistica[54] dell'attività svolta emerge allora dalla natura pubblica dei finanziamenti del CONI, e dalla somma dei poteri d’ingerenza della parte pubblica che si manifestano attraverso atti di riconoscimento, d’indirizzo, di controllo dei bilanci, della gestione, dell'attività sportiva. Pertanto, appare evidente che l’attività del Coni s’inserisce a pieno titolo nell’ambito dell’azione pubblica.

Tale configurazione non è venuta meno neppure a seguito dell'entrata in vigore del d.l. n. 138 del 2002, poiché l'art. 8, che, come si è detto, ha disposto il riassetto del Coni istituendo la Coni Servizi s.p.a., non ha eliso né le finalità pubbliche perseguite né il carattere pubblico delle risorse impiegate al tal fine.

4) La nozione di ente pubblico a geometria variabile e gli effetti sostanziali della ricostruzione effettuata. I problemi interpretativi

Le tre diverse fattispecie sono ricostruite e analizzate sulla base del regolamento Sec e del relativo manuale facendo applicazione di quella nozione propria dell’ordinamento comunitario dell’ente pubblico a geometra variabile.

Coerentemente con un approccio sostanziale la natura dell’ente discende dalla gamma dei poteri attribuitigli, dal finanziamento e dal tipo di controllo cui è assoggettato.

Per quello che riguarda l’Autorità per l’Energia elettrica e il gas e la Coni servizi spa, il riflesso sistematico sembra essere non rilevante.

Tutt’altro discorso è da farsi, invece, riguardo agli effetti che la sentenza ha sulle Casse private di assistenza e previdenza. 

L’inclusione di tali enti nell’ambito del conto consolidato dello Stato diventa il presupposto per una rendicontazione finanziaria non neutrale ma finalizzata all’“utilizzazione” statale dei risparmi gestionali ai sensi del già citato articolo 8, comma 3, del decreto legge 95/2012.    

La privatizzazione assurgerebbe quindi a un mero modello organizzativo privo di riflessi sostanziali atti a salvaguardare gli spazi di autonomia gestionale delle casse.

Tuttavia, la Corte Costituzionale[55] sul punto si è pronunciata affermando “che la garanzia dell’autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile degli enti privatizzati, che costituisce un principio direttivo della delega, non attiene tanto alla struttura dell’ente quanto piuttosto all’esercizio delle sue funzioni “.

La destinazione delle economie oltre a rientrare certamente tra tali funzioni sembrerebbe richiedere che quali poste di bilancio i risparmi di spesa dovrebbero essere vincolati alla realizzazione esclusiva della funzione previdenziale. 

In tal mondo la relazione tra l’autonomia degli organi d’indirizzo politico-amministrativo degli enti e i ministeri vigilanti sarebbe conforme al modello previsto dal decreto legislativo citato e salvaguarderebbe minimi e incomprimibili spazi d’autonomia degli enti.

In altri termini, la compatibilità dell’automatico versamento al bilancio statale delle economie gestionali con l’autonomia garantita alle casse dalla legge di delega e dal successivo decreto legislativo d’attuazione potrebbe sembrare illegittima laddove il livello di compressione delle facoltà gestionali degli organismi gestionali dell’ente fosse del tutto compromesso e vanificato il potere gestionale concernente, il vincolo di destinazione delle risorse finanziarie a loro disposizione.         

Gli enti in questione sembrerebbero, pertanto, non avere poteri incomprimibili in quanto alla destinazione delle economie a fronte, per esempio, del potere di scelta delle spese rientranti nei consumi intermedi da ridurre.

Problemi interpretativi, poi, potrebbero sorgere qualora si verificasse la conformità di tale scelta legislativa con le norme di funzionamento del Trattato dell’Unione che pur non vincolando direttamente i sistemi previdenziali degli stati europei, in virtù  della competenza esclusiva di questi ultimi sulla materia, ne condizionano comunque l’efficacia esterna qualora le disposizioni legislative adottate possano violare i principi comunitari.

Anche dal punto di vista del diritto internazionale convenzionale la destinazione al bilancio delle economie gestionali proprie degli enti potrebbe rappresentare una violazione, irragionevole e non proporzionale, del diritto del singolo al pieno godimento di una posizione previdenziale a fronte di un preciso vincolo di destinazione che ne giustifica l’obbligo forzoso di versamento.           

5.1 L’autonomia delle casse previdenziali tra principi costituzionali e legislazione ordinaria.

A seguito dell’esercizio della delega prevista dall’articolo 1, comma 11, della legge 30 dicembre 1993 n. 537, la Corte Costituzionale è più volta intervenuta per vagliare la compatibilità dell’intervento con l’assetto costituzionale.

Come già segnalato, nelle plurime decisioni sul punto la Corte costituzionale ha sempre affermato la funzione pubblica delle casse attribuendo grande valore all’autonomia contabile finanziaria e normativa attribuita agli enti previdenziali. Lo stesso articolo 1 della legge citata, almeno dal punto di vista formale, attribuisce agli enti il potere di trasformarsi scegliendo la forma giuridica ritenuta più opportuna per assolvere la funzione di rendere concreto il dettato dell’articolo 38 della costituzione che riconosce ai lavoratori il diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso d’infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

La previdenza obbligatoria è quindi assicurata da organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato come le casse privatizzate.

Le casse pur svolgendo una comune funzione vengono considerate dalla giurisprudenza costituzionale[56]  come entità distinte ciascuna con una propria autonomia e con un proprio equilibrio finanziario.  Differenziazione e accentuazione dell’autonomia normativa sono mostrate tra l’altro da quella dottrina secondo cui ” nell’articolato panorama degli enti previdenziali esistenti accanto a quelli dotati di potestà regolamentare di tipo esclusivamente esecutivo è data rinvenirne alcuni la cui potestà regolamentare si stende alla disciplina della contribuzione e di altri quali (in particolare quelli che gestiscono regime di previdenza di categoria o di mestiere) che hanno ampia autonomia normativa cosi come finanziaria espressioni particolarmente accentuate di tale autonomia regolamentare si riscontrano nel caso di fondi pensionistici esonerati o degli enti previdenziali privatizzati(Dlgs 509 del 1994).Alla base di tale articolata realtà vi sono ragioni storiche ma anche lacune o ambiguità del tessuto legislativo che consentono a enti pubblici o privati operanti nel settore di ritagliarsi spazi più o meno ampi di autonomia regolamentare se non di surroga rispetto alla legge”.[57] Pertanto di là dalla forma giuridica assunta la corte costituzionale ha rilevato come “ la garanzia dell’autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile degli enti privatizzati, che costituisce un principio direttivo della delega, non attiene tanto alla struttura dell’ente quanto piuttosto all’esercizio delle sue funzioni. In tal senso il legislatore delegato ha accolto la formulazione della norma delegante inserendo tale garanzia nella disposizione che disciplina la gestione degli enti privatizzati (art. 2 del decreto legislativo n. 509 del 1994) ” Per tale motivo il nucleo fondante dell’autonomia delle casse sembrerebbe poteri individuare nell’esercizio delle funzioni da parte degli organi direttivi delle stesse. L’esplicazione dei poteri dei Ministeri sembra essere tracciata con riferimento all’esercizio concreto o meglio al rispetto alla partecipazione attiva degli organi degli enti a tutti gli atti di gestione.

Qualora questa compartecipazione necessaria, che oscilla tra controllo e collaborazione attiva nell’individuazione delle scelte gestionali viene meno, si realizza un vulnus all’autonomia degli enti. Il potere di individuare tipo e modalità degli investimenti o delle partecipazioni seppur soggetto alla verifica dei ministeri vigilanti, costituisce uno degli elementi caratterizzanti l’autonomia gestionale.

La destinazione degli avanzi di gestione non è altro che uno degli elementi in cui si concreta la potestà gestionale degli enti e in parte può anche dipendere dalle decisioni d’investimento.

La stessa norma che interviene limitando le spese per consumi intermedi lascia all’ente un margine di autonomia nella scelta concreta delle voci di spesa su cui intervenire pur entro l’ambito predefinito. 

La compressione di tale potere di scelta non è conforme al generale quadro di attribuzioni riconosciuto alle casse dal decreto legislativo 509/1994. La competenza esclusiva dello Stato comporta cioè sempre il rispetto dell’ambito di autonomia ricavabile dal complesso della normativa che sembra essere violato da una norma come quella dell’articolo 8, comma 3 del decreto legge 98/2012 che seppur surrettiziamente incide sulle competenze degli organi di gestione delle casse attraverso una disposizione di carattere contabile sull’impiego delle risorse finanziarie. In altri  termini, a fronte di un quadro normativo precostituito, il legislatore apporta una modifica fattuale senza intervenire direttamente sulle competenze delle casse operandone de facto una modifica sostanziale in modo implicito o surrettizio e non sistematico in contrasto con la ratio che governa il sistema delle casse. 

A fronte del mutevole atteggiarsi dell’autonomia contabile finanziaria e normativa delle Casse la previsione di un indistinto e omogeneo obbligo di versamento delle economie appare lesiva dei poteri, delle autonome determinazioni di tali enti e delle loro diverse situazioni economico patrimoniali .

La stessa entità complessiva delle economie potrebbe non essere proporzionale alla specifica autonomia finanziaria .

Inoltre, proprio la Corte Costituzionale in merito al potere del legislatore di tracciare gli organi delle Casse limitando il potere degli enti stessi sul punto ha precisato che “ anche se, considerando isolatamente i singoli segmenti della formula normativa adottata dal legislatore, se intendesse l’autonomia organizzativa come elemento del tutto distinto dall’organizzazione della gestione amministrativa e contabile, riferita quindi alla struttura dell’ente e alla composizione dei suoi organi, essa non implicherebbe un’assoluta libertà di configurare le strutture dell’ente e non escluderebbe l’eventuale indicazione di limiti entro i quali l’autonomia debba essere esercitata”. Tuttavia, i limiti a tale autonomia non sembrano poter coincidere con l’annullamento di fatto di ogni potere degli organi delle casse sull’entità e le modalità di conservazione delle economie all’interno dell’ordinamento di settore. Un margine di discrezionalità gestionale o operativa sembra costituire il nucleo centrale dell’autonomia degli enti. Del resto seppur per quanto riguarda i diversi profili sanzionatori giurisprudenza[58] ha affermato che in “ in caso di omesso ritardato pagamento di contributi previdenziali all’istituto nazionale di previdenza dei giornalisti Inpgi, privatizzato ai sensi del dlg 509/1994, la disciplina sanzionatoria prevista dall’articolo 116 la 388 del 2000 non si applica automaticamente, poiché l’ istituto, per assicurare l’equilibrio di un proprio bilancio, ha il potere di adottare autonome deliberazioni in materia di regime sanzionatorio e di condono per inadempienze contributive (e in questo caso rientra anche la possibilità di modulare il contenuto e il tempo iniziale di efficacia del predetto articolo 116 –deliberazioni da assoggettare ad approvazione ministeriale ai sensi dell’articolo 3, comma 7, dlgs 509/1994 (art 4 comma 6 bis l.n 140/1997)-pur avendo l’istituto alla stregua dell’articolo 76 della predetta l 388 del2000, di coordinare l’esercizio di questo potere con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria sia generali che sostitutive. Anche alla luce di tale arresto, si nota come l' art.8, comma 3[59] del decreto legge n.95 del 6/07/2012, convertito con modificazioni nella legge n.135 2012, seppur implicitamente impedisce, tanto meno in maniera diretta ed esplicita, alle casse di eseguire interventi, condoni che rientrano pienamente nell’esplicazione della propria autonomia.

In altri termini, la norma che pone un limite alle spese per consumi intermedi non si occupa di vietare un'altra serie d’interventi pur legittimi rendendo più evidente la compressione dell’autonomia dell’ente operata dalla norma citata che in materia surrettizia incidendo sulle risorse finanziarie sembrerebbe limitare i poteri degli enti privatizzati.

L’esatta determinazione dei poteri autonomi e del margine d’incomprimibilità riconosciuti alle Casse dopo la privatizzazione deve poi essere valutata anche con riferimento alla successiva introduzione del principio di sussidiarietà orizzontale operata dalla riforma del Titolo V della costituzione.  

A questo proposito occorre notare che autorevole dottrina ha messo in luce i limiti dell’introduzione della dimensione orizzontale della sussidiarietà in materia di previdenza obbligatoria. Si quindi è segnalato che “in tema di previdenza obbligatoria il principio di sussidiarietà orizzontale non si applica, perché in tutto sostituito dai principi contenuti o ricavabili dall'art. 38, il quale comunque legittima esplicitamente la possibilità che sia lo Stato direttamente con i suoi organi a gestire tale servizio sociale. Se lo Stato vuole costruire meccanismi diversi, lo può fare, ma si tratta di una scelta del legislatore, non di un obbligo o limite derivante dall’applicazione del principio di sussidiarietà”. [60].   La disposizione dell’articolo 118, comma 4, si “limita a stabilire che lo Stato e le altre entità di governo favoriscono l’iniziativa dei cittadini singoli e associati e fissa per altro verso una condizione ulteriormente limitativa: precisamente che tale iniziativa di “base” sia autonoma e finalizzata ad attività d’interesse generale”.[61] . Pur tuttavia non può negarsi che la dimensione orizzontale della sussidiarietà collocandosi idealmente nell’ambito della prima parte della costituzione[62] assurga a criterio per individuare tra l’ altro l’ambito incomprimibile d’autonomia riconosciuta alle Fondazioni/Associazioni .

Cosi come avvenuto con le sentenze 300 e 301 del 2003 in cui la Corte Costituzionale confermando secondo alcuni autori, il carattere privatistico[63] delle fondazioni in linea con l’articolo 118, comma 4, che riconosce il valore positivo dell’attività dei soggetti, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11, comma 4, legge 448 del 28 dicembre 2001. La prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, diversi dallo Stato, di cui all’articolo 114 della Costituzione, idonea a rifletterne le competenze nei settori ammessi in base agli articoli 117 e 118 della Costituzione, nell’organo di indirizzo, ha condotto la Corte Costituzionale a ritenere che tale previsione “comportasse un’ingiustificata compressione dell’autonomia statutaria e gestionale delle fondazioni, perché idonea a creare “un’influenza decisiva nell’attività della fondazione”, rappresentando un mezzo per rendere le fondazioni bancarie[64] ente strumentale dell’ente locale. Ritenendo fondata la questione concernente l’articolo 11, comma 4, legge 448 del 28 dicembre 2001 la Corte costituzionale ha stabilito che tale modalità di composizione degli organi, anziché la previsione “di enti pubblici o privati comunque espressivi delle realtà locali”, tendesse a ripubblicizzare le fondazioni, influenzando in modo decisivo la loro attività”.[65]

La differente disciplina delle Fondazioni in generale e la diversità di quelle bancarie prese in considerazione nelle sentenze citate non permettono, ovviamente, alcuna automatica trasposizione al modello di intervento prefigurato dall’articolo 38, commi 2 e 4, della costituzione[66].

Pur tuttavia, proprio la valenza di principio fondamentale della dimensione orizzontale della sussidiarietà[67] sembrerebbe rafforzare gli spazi di autonomia degli enti privatizzati che partecipano all’implementazione della competenza esclusiva statale in materia ai sensi dell’articolo 117, comma 2 lettera o. A fronte dell’affermazione di tale principio la stessa attribuzione al legislatore ordinario del compito di garantire il diritto previdenziale attraverso una delega amplissima, nella scelta delle modalità d’attuazione,[68] può comunque limitare ma non comprimere totalmente il nucleo essenziale dell’ autonomia e della capacità gestionali delle casse.

Del resto,[69] in dottrina si è sostenuta la concezione della pervasività[70] del principio di sussidiarietà orizzontale “secondo cui il principio induce ad attribuire significato radicalmente nuovo ad alcuni principi fondamentali della costituzione, in specie all’art.3, comma 2, e naturalmente all’articolo 2 cost concepito come lente attraverso il quale riguardare all’intero testo.

costituzionale”.  Il nuovo articolo 118, comma 4, della costituzione, infatti, sancirebbe un nuovo paradigma pluralista e paritario e relazionale tale da condurre a modifiche notevoli nella teoria e pratica del diritto amministrativo.

L’articolo 5 della Costituzione dopo la revisione dell’articolo 118 non garantirebbe soltanto le autonomie che si configurano come soggetti esponenziali della comunità e come sedi dell’autogoverno di tali comunità come ha sempre ritenuto la dottrina che ne ha dato ampia e conformativa lettura, giungendo ad affermare che il principio di autonomia è cosi connotativo del sistema costituzionale da rappresentare la faccia interna della sovranità popolare. Esso molto oltre questo confine garantirebbe ogni articolazione sociale autonoma rispetto allo stato e per lo stato rispetto alla pubblica amministrazione allo stesso titolo di cui è autonomo un ente locale territoriale nell’assegnazione dei rapporti con la propria comunità di riferimento.”.
A tal estensiva interpretazione si contrappone quella che relega invece il principio a mera petizione di principio senza alcuna rilevanza pratica. Tra i due estremi interpretativi però non può non notarsi come sia la legislazione ordinaria che la giurisprudenza amministrativa abbiano accolto, non senza travagli e non sempre in maniera esplicita, il principio in questione.

Da questo punto di vista l’introduzione del principio di sussidiarietà orizzontale[71] sembrerebbe rafforzare l’autonomia della Casse potenziando ruolo e funzioni in quanto centri esponenziali di interessi, quelli di particolare categorie, partecipi alla realizzazione dell’impegno previdenziale sancito dall’articolo 38 cost.

Il principio di leale collaborazione imporrebbe, anche nel settore previdenziale pubblico, allora una partecipazione attiva in ogni decisione concernente la destinazione dei risparmi di spesa. Il ricorso anche in questo caso all’intesa sembrerebbe essere conforme al nuovo assetto pluralistico dei poteri pubblici e conseguente poi alla qualificazione delle Casse come elementi rientranti nell’ambito del perimetro della pubblica amministrazione e costituenti comunque un centro di imputazione autonomo. In qualche modo la difesa degli spazi di autonomia degli enti coincide con la difesa più in generale della funzione previdenziale i cui vincoli temporali di lungo periodo sembrerebbero impedire la violazione del vincolo finalistico della contribuzione.

Pur con le dovute cautele e prendendo atto della diversità di inquadramento del principio di sussidiarietà verticale, non può non citarsi un recente arresto delle Corte costituzionale in materia di individuazione della destinazione dei risparmi di spesa.

Nella sentenza 297/2012 la Corte Costituzionale si è occupata della questione relativa al quarto, quinto e sesto periodo dell’art. 5[72] del decreto-legge n. 201 del 2011, impugnato per la violazione del principio di leale collaborazione, per la mancata partecipazione della Regione alla riassegnazione dei risparmi ottenuti dalla modifica dell’ISEE.

La Corte costituzionale ribadisce l’interpretazione per cui “ sono devoluti al bilancio dello Stato e poi riassegnati al Ministro del lavoro e delle politiche sociali – per essere poi destinati a politiche sociali e assistenziali – solo i risparmi che derivano dall’applicazione della nuova ISEE allo Stato e agli enti previdenziali mentre gli eventuali risparmi a favore delle Regioni e degli enti locali restano, ovviamente, devoluti ai loro bilanci. 

Ciò premesso la Corte esclude la violazione del principio di leale e collaborazione laddove le Regioni lamentano la mancata previsione della loro partecipazione alla rassegnazione dei risparmi di spesa .

Ciò in quanto l’intesa nella fase di rassegnazione sarebbe esclusa dall’evidente sussistenza della competenza esclusiva statale in materia di sistema contabile (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.) e finanziario dello Stato nonché il difetto di incidenza su alcuna competenza della Regione”.

Nel caso di specie le Casse hanno la funzione di rendere concreta la competenza esclusiva statale in tema di previdenza ai sensi dell’articolo 117 della costituzione e sono detentori di una veste giuridica a cui è ricorso il legislatore proprio per attribuirne un grado di autonomia che sembrerebbe rendere quantomeno necessaria un’intesa o comunque un coinvolgimento preventivo in sede di destinazione delle economie o risparmi di spesa da ricondurre sempre Entro il perimetro del sistema previdenziale.   

5.2. La funzione previdenziale e il diritto dei singoli alla prestazione pensionistica

Il mancato coinvolgimento preventivo degli enti chiamati a gestire la destinazione dei risparmi di spesa sembrerebbe poi incidere sulla funzione stessa della contribuzione quale prestazione imposta dalla legge.

Come ricordato la Corte Costituzionale ha più volte sottolineato la riconducibilità della contribuzione a una prestazione di cui all’articolo 23 Cost. finalizzata alla realizzazione di una funzione pubblica.

Il versamento al bilancio dello stato delle risorse conseguenti ai tagli per spese e consumi intermedi in maniera non selettiva e non proporzionale incide sui bilanci, sulla situazione economica e finanziaria delle Casse, comprimendo il diritto dei contribuenti alla prestazione di tipo previdenziale.

La contribuzione è finalizzata alla funzione previdenziale pertanto, laddove, la destinazione delle risorse è sviata, sembrerebbe perdersi la ragione fondante dell’obbligo contributivo che in è qualche modo versato per ottenere una controprestazione[73].

L’entità delle somme versate al bilancio dello stato sembra non essere proporzionale o quanto mento adeguata agli obiettivi di lungo periodo indicati dallo stesso legislatore.

Tuttavia, la stessa eventuale riduzione della prestazione previdenziale spettante al singolo non è di immediata evidenza giacché i risparmi di spesa per consumi intermedi al netto cioè dell’allocazione e degli impegni attraverso cui le casse hanno articolato i bilanci finanziari su base trentennale per garantire l’adeguatezza e la sostenibilità del sistema previdenziale degli stessi enti di previdenza privatizzati.

Del resto sia la Corte Europea dei diritti umani sia la Corte Costituzionale[74] hanno recentemente espresso un orientamento restrittivo[75] circa l’azionabilità del diritto alla prestazione previdenziale valorizzando i profili di interesse generale sottesi a un intervento statale diretto a limitarne comunque l’entità.

Con la sentenza del 31 Maggio 2011 la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha vagliato la legge 296/2006 nella parte in cui introduceva un metodo di calcolo della pensione armonizzato, al fine di garantire un sistema previdenziale sostenibile e bilanciato.

Tale sistema prevede che la retribuzione pensionabile concernente il periodo di lavoro svolto all’estero sia determinata moltiplicando l’importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato per l’aliquota contributiva per invalidità vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si riferiscono

Considerando gli effetti dell’introduzione di tale metodo di calcolo, che in pratica equiparava la posizione del lavoratore all’estero con quello del lavoratore che avesse prestato servizio in Italia, sull’entità complessiva dell’assegno pensionistico la Corte giunge alla conclusione che perdendo meno della meta della pensione il ” ricorrente sia stato obbligato a sopportare una riduzione ragionevole e commisurata anziché essere totalmente privato dei suoi diritti[76]. ”

Per quanto riguarda proprio le pensioni di categoria, la Corte Costituzionale ha chiarito gli effetti del distacco dallo schema della corrispettività tra contributi e prestazioni con il passaggio dal concetto di mutualità a quello di previdenza di un sistema solidaristico. [77]L’abbandono della tecnica dei contributi in conti individuali con l’adozione di una gestione collettiva dei contributi stessi comporta che non si pone più il problema della corrispondenza tra oneri personali contributivi e misura della pensione, ma solo di coerenza con la finalità del sistema e le relative garanzie della tutela pensionistica con “ carattere socio-previdenziale, diffuso, unitario e compensativo”.

L’intervento del legislatore sembra non essere conforme all’impostazione costituzionale proprio in relazione alle finalità del sistema  previdenziale e alle relative garanzie del diritto alla prestazione.   

Tanto più che secondo la Corte[78] , la disposizione dell’articolo 38, comma 2, si riferisce principalmente all’organizzazione e alla gestione della previdenza obbligatoria alla quale deve essere garantito un flusso di contributi degli assicurati proporzionato al bisogno da soddisfare, mentre l’intervento solidaristico della collettività generale va limitato a casi giustificati da particolari condizioni equamente selezionate, e comunque nei limiti delle disponibilità del bilancio dello Stato[79].

6) Sistemi previdenziali nazionali e principi comunitari : la sentenza Kattner C- 350/07 della corte di giustizia europea ei limiti della competenza degli Stati in materia previdenziale

Il diritto comunitario, secondo costante giurisprudenza, non menoma la competenza degli stati membri a organizzare e strutturare il loro sistema previdenziale[80].  La Corte di giustizia europea si è espressa più volte sulla compatibilità dei monopoli previdenziali con i principi del diritto anti-trust dettati dal Trattato (ora artt. 101-106 TFUE, già artt. 81-86 TCE), dalla celebre sentenza Poucet et Pistre del 1993[81]  alla sentenza Cisal del 2002[82]  riconoscendo la compatibilità dei regimi di monopolio con le regole della concorrenza a fronte della natura solidaristica dell’attività svolta dall’ente previdenziale[83].

Tale natura è comprovata dalla presenza di tre indici di solidarietà: distributiva, finanziaria e intergenerazionale.

La contemporanea presenza dei tre indici esclude la natura economica dell’attività svolta dall’ente previdenziale, non riconducibile a un’impresa ai sensi degli artt. 101 e 102 TFUE e perciò sottratta alle regole della concorrenza. [84]

In altri termini, in mancanza di un‘armonizzazione a livello comunitario spetta alla normativa di ciascuno stato determinare i presupposti del diritto o dell’obbligo d’iscrizione a un regime previdenziale[85] . Tuttavia, tale competenza non è illimitata[86] giacche lo stato membro pur potendo individuare le condizioni dell’obbligo d’iscrizione a un regime previdenziale e quindi le modalità di finanziamento di quest’ultimo è tenuto al rispetto del diritto comunitario .

L’ affermazione di tale principio contenuta nella sentenza Kattner C 350/07 ha quindi reso evidente la necessità che qualsiasi regime di iscrizione obbligatoria previsto dalla normativa nazionale debba essere compatibile con gli articoli 49 CE e 50 CE[87]. La dottrina ha censurato tale ricostruzione evidenziando una progressiva limitazione della competenza nazionale in materia con una più generale riduzione della garanzia dei diritti sociali a tutto vantaggio di un’interpretazione del Trattato incentrata sulla salvaguardia delle libertà economiche fondamentali.[88]

In altri termini, si è rilevato che con la sentenza Kattner il regime di monopolio previdenziale è legittimo solo ove non ostacoli la libera circolazione dei servizi e cioè qualora l’accesso al mercato ad altri operatori sia necessario e proporzionato per garantire l’equilibrio finanziario dello specifico settore previdenziale.

Pertanto, analogamente “ a quanto affermato in relazione all’azione sindacale nelle sentenze Viking e Laval, si apre uno scenario nel quale i sistemi previdenziali pubblici sono esposti a una valutazione di compatibilità con l’esercizio delle libertà di mercato[89]”.

In realtà l’impostazione generale della sentenza Kattner è interpretabile anche in una diversa prospettiva[90].

La posizione monopolistica in materia previdenziale si giustifica solo qualora l’obbligo di iscrizione sia funzionale alla conservazione dell’equilibrio finanziario del sistema previdenziale. Sistema previdenziale che comunque si stabilizza in relazione al rapporto tra contribuzione e livello delle prestazioni erogate. In tal modo è il livello delle prestazioni erogate, rientrante completamente nella discrezionalità degli stati nazionali e patrimonio dei cittadini, a incidere sul livello di contribuzione.

In questo senso l’orientamento della giurisprudenza comunitaria sembra perfettamente integrarsi con la già richiamata pronuncia della Corte Costituzionale[91] secondo cui la diposizione dell’articolo 38 ,comma 2, ”si riferisce principalmente all’organizzazione e alla gestione della previdenza obbligatoria alla quale deve essere garantito un flusso di contributi degli assicurati proporzionato al bisogno da soddisfare”. Il monopolio  pubblico è giustificato qualora esista una necessaria relazione tra contribuzione e prestazioni. Perciò in prospettiva comunitaria può considerarsi non conforme alla libera prestazione di servizi solo un sistema pensionistico che imponga un livello di contribuzione eccessivo rispetto a quanto necessario per raggiungere l’equilibrio finanziario [92]. La censura all’orientamento espresso nella sentenza kattner sembra tralasciare il fatto che i monopoli previdenziali non costituiscono più delle monadi avendo perduto da tempo il carattere dell’esclusività. Accanto al regime previdenziale obbligatorio, abbiamo un mix di interventi che vede la previdenza complementare articolarsi sui fondi  chiusi/aperti sulla base di interventi/contratti collettivi in ragione di una solidarietà di categoria e al ricorso al sistema privato attraverso i piani pensionistici individuali. Stesso discorso può essere fatto a proposito della disciplina delle assicurazioni contro gli infortuni e le malattie professionali laddove al monopolio obbligatorio si accompagna la possibilità di far ricorso al sistema assicurativo privato per prestazioni aggiuntive.

In quanto prestazione sociale il livello dei benefici previdenziali rimane nell’ambito esclusivo delle prerogative degli stati nazionali che possono decidere il livello di contribuzione in funzione del complesso delle prestazioni che decidano di erogare.

Del resto non mancano pronunce della Corte di Giustizia Europea[93] 343/08 che censurano il mancato recepimento da parte di alcuni stati delle direttive comunitarie in tema di previdenza complementare.

Con la sentenza Kattern sembra, allora, essersi sancito il criterio relazionale tra soggetti già presenti nell’ambito delle prestazioni previdenziali, seppur con natura, titolo, e funzioni parzialmente diverse. Nel ribadire la primazia e la necessità della previdenza obbligatoria gestita attraverso forme monopolistiche la Corte di Giustizia Europea ne ho solo definito dinamicamente i limiti già implicitamente presenti nella disciplina complessiva del sistema previdenziale.

L’equilibrio finanziario oltre alla funzione finanziaria e contabile assume, allora, il ruolo di causa legittimante l’obbligazione previdenziale vincolando i successivi impieghi a questa la stessa finalità.

Seppur semplificando l’utilizzo della contribuzione per una finalità diversa sembrerebbe quindi non incidere solamente sull’aspettativa della prestazione pensionistica ma in qualche modo inficiare la ragione fondante della prestazione imposta con l’evidente violazione delle prerogative delle casse e dei diritti dei soggetti per cui è l’obbligatoria l’iscrizione.     

In questo senso, la sentenza Kattern sembrerebbe rappresentare un utile parametro per valutare l’operazione complessiva realizzata dal combinato disposto della legge 311 del 2004 (successive riproposizioni) e della legge 95/2012.

La riduzione delle spese per consumi intermedi unitamente all’obbligo di versamento delle relative economie al bilancio dello stato, realizzati sul presupposto che i bilanci delle casse garantiscono il pluriennale equilibrio finanziario delle casse, dimostrano come il livello di contribuzione individuato eccede quanto sarebbe stato necessario a garantire la stabilità finanziaria degli enti previdenziali. Anzi la mancata conservazione delle economie all’interno del sistema previdenziale rende tale risultato non solo più evidente ma anche meno giustificabile.

L’eccedenza contributiva del sistema previdenziale cosi come delineato dal susseguirsi della norma sembrerebbe quindi esemplificare l’ipotesi prevista dalla sentenza Kattern. Laddove la contribuzione raggiunga un livello eccessivo rispetto a quanto necessario per il garantire la stabilità finanziaria della prestazione previdenziali si realizza una violazione dei principi di cui agli articoli 49 CE e 50 Ce.

In questo caso l’implicita ammissione di una contribuzione non necessaria e funzionale al mantenimento degli equilibri di bilancio sembrerebbe comporta la violazione della libera prestazione dei servizi.

Nonostante[94] la questione di cui alla sentenza C-350 verta sull’assicurazione obbligatoria infortuni sembrerebbe possibile trasporre quanto affermato dalla Corte di giustizia europea anche nella fattispecie relativa alle Casse privatizzate.

La corte afferma che “ una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale, nella parte in cui prevede un obbligo di iscrizione, può ritenersi giustificata da una ragione imperativa di interesse pubblico, vale a dire dall’obiettivo di garantire l’equilibrio finanziario di un settore della previdenza sociale, poiché tale obbligo è adeguato al fine di garantire la realizzazione di tale obiettivo.

In ordine alla questione se una siffatta normativa non vada al di là di quanto necessario per raggiungere l’obiettivo considerato, si è già osservato al punto 81 della presente sentenza che dalla documentazione versata in atti alla Corte risulta che il regime legale di cui trattasi nella causa principale offre una copertura minima, sicché, nonostante l’obbligo di iscrizione che esso comporta, le imprese cui si applica ben possono integrare tale copertura mediante la stipulazione di contratti assicurativi complementari, ammesso che questi ultimi siano disponibili sul mercato. (Tale circostanza rappresenta un fattore che depone nel senso della proporzionalità del regime legale di assicurazione di cui trattasi nella causa principale).”

Nel caso di specie il livello di contribuzione è sostanzialmente più alto di quanto necessario alla conservazione dell’equilibrio finanziario, impedisce quindi, di fatto, alle imprese assicurative di competere per assicurarsi i servizi corrispondenti e limita, di fatto, la facoltà di scelta dei cittadini di ricorrere al mercato per una copertura previdenziale ulteriore.

La riconduzione delle casse all’interno del perimetro pubblico non costituirebbe di se un vulnus al sistema previdenziale che piuttosto potrebbe concretizzarsi qualora le risorse finanziarie del sistema previdenziale ,anche eventualmente riconducibili all’obbligazione contributiva vengano destinate ad un diverso fine. Per questo motivo la necessità di una diminuzione del livello di contribuzione sembrerebbe emergere proprio per evitare la possibilità di incorrere in una violazione dei principi comunitari e di limitare i diritti dei cittadini e in più in generale il ricorso alla previdenza complementare.

7. Conclusioni

La privatizzazione delle casse di previdenza e assistenza professionali ha istituito un sistema misto in cui la componente organizzativa di tipo privatistico si combina con la finalità pubblica diretta al conseguimento di un interesse generale. I due diversi aspetti possono essere riscostruiti dando preminenza all’uno rispetto altro con evidenti conseguenze relativamente alla disciplina e al livello di autonomia delle casse .

La combinazione delle diverse caratteristiche sembra però costituire uno statuto normativo che costruito intorno alla finalità di  realizzare e salvaguardare il sistema previdenziale cosi come delineato dal’articolo 38 della costituzione sembrerebbe essere proprio incomprimibile perché diretto a rendere concreto il diritto alle prestazioni previdenziali.

Alla reale concretizzazione del diritto dei cittadini alle prestazioni previdenziali concorrono forme privatistiche che si coniugano con il controllo/indirizzo pubblicistico.

Adottando una prospettiva sostanziale l’intervento del legislatore , contenuto nell’articolo 8 , comma 3, della l. del 95/2012 appare lesivo del principio costituzionale posto a presidio del diritto dei cittadini alla prestazione previdenziale.

Inoltre, anche nel caso in cui la discrezionalità del legislatore venga invocata per giustificare l’intervento nei termini sopra descritti, sembrerebbe evidente il contrasto con l’orientamento espresso dalla corte di giustizia europea secondo cui è vietato il livello di contribuzione che ecceda quanto necessario a garantire l’equilibrio finanziario del sistema  previdenziale.

In un sistema ordinamentale integrato come quello dell’ Unione Europea tutela e implementazione del sistema pensionistico trovano contemporaneo fondamento diretto e mediato nella Carta costituzionale e nel trattato TFUE . Pertanto da entrambe queste prospettive parrebbe emergere uno statuto delle casse vincolato alla realizzazione del sistema previdenziale e per tal motivo incomprimibile con interventi che ne distraggano le risorse .

La ricostruzione degli istituti attraverso un approccio sostanziale sembrerebbe quindi valorizzarne le finalità istitutive che vengono  a porsi all‘interno di un ordinamento integrato i cui principi fondanti limitano la discrezionalità del legislatore nazionale attribuendo agli enti istituiti un grado di autonomia che prescinde dalla qualificazione privata o pubblica che agli stessi si voglia attribuire.          

 

[1] A questo proposito può citarsi il regolamento Ce 2223/96 che prevede il Sistema Europeo dei Conti nazionali e Regionali (SEC) la cui applicazione è oggetto della fattispecie in questione. Nell‘ ambito delle definizioni iniziali il regolamento espressamente al punto 1.01 definisce il Sistema Europeo dei Conti Nazionali e Regionali come “ un sistema contabile comparabile a livello internazionale che descrive in maniera sistematica e dettagliata il complesso di un’economia (ossia una regione , un paese o un gruppo di paesi ) i suoi componenti e le sue relazioni con le altre economie….. Il sec , tuttavia si occupa in particolare della realtà dell’Unione europea e del fabbisogno di dati in essa: Il sec è armonizzato con i concetti e le nomenclature utilizzate in molte altre statistiche socio economiche , quali ad esempio , le statistiche dell’occupazione della produzione o del commercio estero .Il sec può pertanto fungere da sistema centrale di riferimento per le statistiche sociali ed economiche dell’unione europea e dei suoi stati membri. Nel descrivere al punto 1.05 le otto caratteristiche dei concetti SEC, il regolamento afferma che , onde riequilibrare i fabbisogni e le potenzialità dei dati , i concetti contenuti nel Sec presentano otto importanti caratteristiche , esse sono : comparabili a livello internazionale, armonizzati con quelli di altre statistiche, sociali e economiche; coerenti , operativi e differenti dalla maggior parte dei concetti amministrativi, ben definiti e stabiliti per un lungo periodo di tempo, imperniati sulla descrizione del processo economico in termini monetari e rapidamente osservabili. In ordine alla differenza della maggior parte dei concetti amministrativi il regolamento afferma che i concetti del Sec differiscono normalmente sotto alcuni aspetti dai corrispondenti concetti amministrativi in quanto: a) i concetti amministrativi sono diversi da paese a paese ; di conseguenza , non si può ottenere una compatibilità internazionale basandosi sui concetti amministrativi; b) i concetti amministrativi cambiano nel tempo; di conseguenza la comparabilità nel tempo non può essere conseguita attraverso i concetti amministrativi; c) i concetti impiegati dalle fonti di dati amministrativi solitamente non sono coerenti tra loro tuttavia le correlazioni tra i dati e la  loro comparazione essenziale ai fini dell’elaborazione dei dati di contabilità nazionale e, sono possibili soltanto disponendo  di una serie coerente di concetti;  i concetti amministrativi si rilevano normalmente poco idonei per l’analisi economica e la valutazione della politica economica. Pur tuttavia le fonti di dati amministrativi soddisfano talvolta appieno il fabbisogno dei dati dei conti nazionali e delle altre statistiche perché i concetti e le nomenclature originariamente elaborate a fini statistici possono anche essere adottati a fini amministrativi, come ad esempio la classificazione della spesa pubblica per tipo; le fonti di dati amministrativi esplicitamente tener conto delle esigenze distinte di dati delle statistiche;                            

[2] F Ballarin, Gli enti pubblici nell’ordinamento comunitario e nella normativa nazionale di finanza pubblica, in www.diritto.it

[3] La difficoltà di ricostruire lo statuto degli enti valorizzando i diversi profili inerenti a una  disciplina propriamente pubblicistica è testimoniata dalla fattispecie che ha riguardato la Federazione Ordini Farmacisti Italiani. La precisa individuazione dei controlli a cui è sottoposto tale ordine è stata sancita recentemente dalla Cassazione con sentenza 20 giugno – 14 ottobre 2011, n. 21226. In tale arresto si è esclusa la sottoposizione dell’ordine dei farmacisti al controllo della Corte dei Conti precisando che “l'affermato obbligo di sottoposizione al controllo di gestione della Corte dei Conti posto a carico degli ordini professionali trova fondamento nella loro qualità di enti appartenenti alla Pubblica Amministrazione (d.lgs. n. 20 del 1994, art. 3, comma 4), qualità ad essi riconosciuta dalla citata legge n. 29, che per l'appunto tali considera (cioè facenti parte della Pubblica Amministrazione) gli enti pubblici non economici, quali sono certamente i detti ordini. La ricostruzione, per quanto plausibile da un punto di vista puramente formale, non appare però condivisibile. Ed infatti occorre considerare in proposito l'assoluta diversità delle ragioni ispiratrici delle due leggi, la prima avente ad oggetto profili organizzativi della Pubblica Amministrazione e trasfusa, per la parte di interesse, in provvedimento contenente norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche; la seconda, in tema di poteri di controllo della Corte dei Conti, con l'introduzione, in particolare, di quello relativo alla gestione degli enti, in aggiunta a quelli di legittimità e di merito preesistenti.
La differenza cui si è fatto cenno delle ragioni ispiratrici delle disposizioni normative, oltre che dei relativi ambiti di applicazione, non consente quindi l'automatica attribuzione di un identico significato a concetti giuridici non del tutto coincidenti, seppur rappresentati nei medesimi termini definitori. Ciò vale in particolare nel caso di specie atteso che, come correttamente rilevato nel ricorso in esame, nel nostro ordinamento manca una definizione unitaria della pubblica amministrazione, mentre al contrario è emerso in sede dottrinaria l'orientamento secondo il quale si dovrebbe parlare non di pubblica amministrazione ma di pubbliche amministrazioni, vale a dire con una diversificazione del concetto in relazione alle singole discipline del settore pubblico ed ai non coincidenti fini in vista dei quali il detto concetto dovrebbe essere utilizzato.

Se dunque, per le considerazioni sinora svolte, non è consentito ritenere sovrapponibili le nozioni di pubblica amministrazione nei due provvedimenti normativi sopra citati sulla semplice base di un’identità definitoria, occorre allora fare riferimento alla ragione ispiratrice del D.Lgs. n. 20 del 1994, per verificare se il soddisfacimento di detta ragione imponga o no l'applicazione della normativa in questione al caso di specie.
A tale verifica il Collegio ritiene che debba darsi risposta negativa.
Ed infatti, considerato che è incontestata la circostanza che gli ordini professionali non beneficiano di alcun contributo pubblico, non è dato comprendere quale possa essere l'interesse dello Stato (che giustificherebbe poi le eventuali iniziative conseguenti) ad esercitare un controllo sulla correttezza della gestione degli enti in questione, al semplice fine di accertarne la rispondenza fra gli obiettivi programmati ed i risultati conseguiti”.

[4] Infatti, diversamente da quanto affermato da certa giurisprudenza amministrativa la nozione di controllo comunitario sembrerebbe portare ad un risultato quello dell’ attrazione delle casse nell’ambito pubblicistico privo di contraddizioni e coerente con la nozione di controllo adottata per esempio a proposito degli organismi di diritto pubblico . La privatizzazione delle casse si ridurrebbe a una scelta organizzativa mentre il controllo pubblico sarebbe omogeneo alla finalità di interesse generale .

[5] Di là dal caso singolo comportando, la contemporanea riconducibilità delle Casse private di previdenza al Conto Consolidato dello Stato e alla nozione di organismo di pubblico sembrerebbe rispondere ad esigenze sistematiche e di coerenza interna del sistema nozione di contabilità e alle esigenze di tutela della concorrenza

[6] Manuale  del Sec sul disavanzo e sul debito pubblico. http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_OFFPUB/KS-42-02-585/IT/KS-42-02-585-IT.PDF -  Come risulta approvato dalla Prefazione “essendo  stato approvato dal Comitato del programma statistico (CPS) e dal comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti, il presente manuale rappresenta  un indispensabile integrazione al Sec 95 e al  SCN.”      

[7] Ai sensi dell’art.3, comma 3 del decreto legislativo 509/1994

[8] Decreto 5 giugno 2012 – Disciplina delle modalità con le quali la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) riferisce alle amministrazioni competenti sui risultati del controllo conferitole ai sensi dell’articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 – Pubblicato sulla G.U. 31 ottobre 2012 n. 255

[9] L’art.1, comma 763 della legge 296 del 2006 ha, successivamente, previsto che la stabilità delle gestioni sia valutata rispetto ad un arco temporale non inferiore a trent’anni.

Con il decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 29 novembre 2007[9] è stato inoltre previsto, fermo restando in trent’anni l’arco temporale minimo del bilancio tecnico, che il documento presenti una proiezione dei dati su un periodo di cinquant’anni. L’art.6, comma 4, del decreto ministeriale citato ha inoltre disposto la verifica del rapporto tra le risultanze contabili e le risultanze del bilancio tecnico.

[10] L’art 24, comma 24 del decreto legge 201 del 2011, convertito dalla legge 214 del 2011.

[11] Nel rispetto di quanto previsto dall’art. 8, comma 15, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.-

[12] Tale regolamento prevede che prevede la Disciplina delle modalità con le quali la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) riferisce alle amministrazioni competenti sui risultati del controllo esercitato.

[13] A tal proposito vedi G. Geroldi, Le casse di previdenza dei professionisti, secondo cui ,” un passaggio essenziale di una riforma organica consiste nel chiarire il portato della natura giuridica delle Casse professionali, sia rispetto alle funzioni strategiche che ai compiti gestionali. Attualmente vi sono molti aspetti contradditori. Ad esempio, l’applicazione senza delimitazioni di talune norme per il contenimento della spesa pubblica, come i tagli lineari di spesa corrente, hanno creato molte ambiguità sul modo di interpretare i principi di autonomia decisionale attribuiti alla gestione privata delle Casse”. www.nelmerito.com   

[14] Ferme restando le misure di contenimento della spesa già' previste dalle vigenti disposizioni, al  fine  di assicurare la riduzione delle spese per consumi intermedi, i trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico   consolidato della pubblica   amministrazione, come individuati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai  sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 30  dicembre  2009, n. 196,((nonche' alle autorita')) indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società' e la borsa (Consob) con  esclusione  delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, degli enti locali, degli enti del servizio  sanitario  nazionale, e delle università' e degli enti di ricerca di cui all'allegato n. 3, sono ridotti in misura pari al 5 per cento nell'anno 2012 e al 10 per cento a decorrere dall'anno 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nell'anno 2010.  Nel caso in cui per  effetto   delle operazioni di gestione la predetta riduzione non fosse possibile, per gli enti interessati si applica l’autonomia  finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio  dello  Stato adottano interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa per consumi intermedi in modo da assicurare risparmi corrispondenti alle misure indicate nel periodo precedente; le somme derivanti da tale riduzione sono versate annualmente ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno. Per l'anno 2012 il versamento avviene entro il 30 settembre. Il presente comma non si applica agli enti e organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.

[15] Nella relazione tecnica alla predetta disposizione - A.S. 3396: “Conversione in legge del decreto- legge 6 luglio 2012, n.95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” - è stata evidenziata una stima degli effetti positivi dei risparmi derivanti dalla citata normativa nell'ordine di almeno 140 mln di euro per l'anno 2012 e 373 mln di euro annui a decorrere dall'anno 2013. La relazione tecnica ha inoltre precisato che “la semplice riduzione dei trasferimenti in favore di tali enti, senza l'introduzione di regole attraverso le quali conseguire i predetti risparmi, sembra non sufficiente a garantire un miglioramento del fabbisogno e dell'indebitamento netto equivalente a quello iscritto ai fini del saldo netto da finanziare. In particolare, occorre che tali enti mantengano inalterati i propri saldi di bilancio tendenziali al fine di evitare che, a fronte del miglioramento del saldo netto da finanziare, si determini un peggioramento, rispetto alle previsioni, del fabbisogno e dell'indebitamento netto riferito ai suddetti enti”. La relazione tecnica chiarisce che la norma è rivolta, quindi, a ridurre la spesa inefficiente mantenendo al contempo inalterata sia la qualità dei servizi resi che la stabilità della gestione. Il sopra citato art.8, comma 3 nello specificare l’ambito soggettivo di applicazione fa riferimento agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuati dall’ISTAT ai sensi dell’art.1, comma 2, della legge 30 dicembre 2009, n.196. La relazione tecnica chiarisce che la norma è rivolta, quindi, a ridurre la spesa inefficiente mantenendo al contempo inalterata sia la qualità dei servizi resi che la stabilità della gestione. Il sopra citato art.8, comma 3, nello specificare l’ambito soggettivo di applicazione fa riferimento agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuati dall’ISTAT ai sensi dell’art.1, comma 2, della legge 30 dicembre 2009, n.196 cosi come modificato dal decreto-legge n. 16 del 2 marzo 2012 .

[16] Al fine di rispettare i vincoli di bilancio comunitari é stato necessario superare tra l’altro le difficoltà concernenti la coesistenza di diversi “sistemi di bilancio” tra livelli di governo, e all’interno degli stessi, che rendevano complessa la gestione della finanza pubblica. In questo senso  “ La legge di riforma della contabilità e finanza pubblica, legge n. 196 del 20093, interviene su questi aspetti. Ad essi è dedicato il primo Titolo della legge, a riconoscimento del fatto che essi rappresentano le basi per il governo unitario della finanza pubblica. Va in questa direzione l’estensione dell’ambito di applicazione della legge di contabilità dal solo bilancio dello Stato al complesso delle amministrazioni pubbliche. L’elenco dei soggetti che compongono tale aggregato è predisposto annualmente dall’ISTAT che provvede, con proprio provvedimento, alla loro ricognizione. Detto elenco è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale entro il 31 luglio di ogni anno. L’individuazione dei soggetti appartenenti alle amministrazioni pubbliche (unità istituzionali) avviene sulla base delle definizioni previste dai regolamenti comunitari relativi al sistema di conti nazionali, che rappresenta il quadro di riferimento quantitativo per l’applicazione della procedura sui deficit eccessivi. Ciò consente l’applicazione della nuova normativa di contabilità allo stesso insieme di soggetti che concorrono a definire i risultati di bilancio sottoposti alla verifica delle autorità europee e di superare la frammentazione che caratterizzava il precedente assetto normativo”, in La Riforma della contabilità e della finanza pubblica (novità riflessioni e prospettive) 2010 , a cura del Ministero dell’economia e delle Finanze-Ragioneria generale dello Stato http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Servizio-s/Strumenti-/La-riforma/VERSIONE-DEFINITIVA-X-INTERNET.pdf. Inoltre, nello stesso documento citando del SEC 95 i, par. 2.68. par. 2.72. par. 2.73., par. 2.74  Il settore delle Amministrazioni pubbliche comprende tutte le unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, al cui finanziamento si provvede prevalentemente mediante versamenti obbligatori effettuati da unità comprese in altri settori, ovvero tutte le unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del Paese. A sua volta, il settore delle “Amministrazioni Pubbliche” si articola in quattro sottosettori:

- amministrazioni centrali, comprendente tutti gli organi amministrativi dello Stato e gli altri enti centrali la cui competenza si estende normalmente alla totalità del territorio,esclusi gli enti di previdenza e assistenza sociale;

- amministrazioni di Stati federati, comprendente unità istituzionali distinte che esercitano alcune delle funzioni amministrative ad un livello inferiore a quello delle amministrazioni centrali e superiore a quello delle unità istituzionali amministrative a livello locale;

- amministrazioni locali, comprendente gli enti pubblici territoriali la cui competenza si estende a una parte limitata del territorio, esclusi gli enti locali di previdenza e assistenza sociale;

- enti di previdenza e assistenza sociale, comprendente tutte le unità istituzionali centrali, di Stati federati e locali, la cui attività principale consiste nell’erogare prestazioni sociali che rispondono ai due seguenti criteri:

1) in forza di disposizioni legislative o regolamentari, determinati gruppi della popolazione sono tenuti a partecipare al regime o a versare contributi;

2) le amministrazioni pubbliche sono responsabili della gestione dell’istituzione, per quanto riguarda la fissazione o l’approvazione dei contributi e delle prestazioni.

[17] TAR Lazio  Sentenza 1398/2008

[18] A questo proposito  in dottrina si segnala che in base ad un approccio sostanzialistico gli indici di individuazione della natura pubblica di un ente,  in base rispettivamente  all’ordinamento italiano e a quello comunitario tendono a coincidere. Dauno FG Trebastoni in L’individuazione degli enti pubblici e la relativa disciplina, in giustizia-amministrativa.it, secondo cui l’accennata evoluzione, registrabile nell’ordinamento italiano, sia del concetto di ente pubblico che della stessa tipologia di enti considerabili quali soggetti pubblici, nonché il modo in cui è intesa nell’ordinamento comunitario la nozione di “pubblico potere” o di “pubblica amministrazione”, consentono di individuare, in entrambi gli ambiti normativi, un minimo comune denominatore, costituito dalla visione sostanzialistica del fenomeno: nel senso che all’individuazione dei soggetti pubblici non si procede con riferimento a precisi criteri formali di definizione, bensì sulla base di parametri di tipo sostanziale, dati in particolare, per quanto riguarda l’ambito comunitario, dalla sottoposizione del soggetto ad un controllo pubblico, di carattere funzionale o strutturale, e per l’ordinamento nazionale dalla funzionalizzazione dell’attività della persona giuridica alla realizzazione di finalità di interesse generale e dall’inquadramento istituzionale della stessa, sebbene in senso lato, in quello che una volta, quando era ancora possibile una concezione unitaria di pubblica Amministrazione, poteva essere definito l’apparato organizzativo della P.A., che adesso si estrinseca in una tipologia diversificata sia dei soggetti (pubblici e privati) che del modo di realizzare interessi pubblici.      

[19] Caringella F, “L’affermazione di un concetto comunitario di pubblica amministrazione si pensi in particolare , alla nozione di organismo pubblico in tema di procedure di gara per la stipulazione dei contratti pubblici) basato per un verso sulla base della valorizzazione di un profilo sostanziale del controllo pubblico rispetto a quello formale della veste organizzatoria pubblicistica ; per altro verso, sull’utilizzazione di una nozione a geometrie variabili che non considera quello di ente pubblico uno status permanente e immutabile per ogni campo d’azione ritenendolo, al contrario un concetto elastico da applicare ratione materiae.   Manuale di diritto amministrativo Milano 2003.

La difficoltà di ricostruire lo statuto degli enti valorizzando i diversi profili inerenti ad una disciplina propriamente pubblicistica è testimoniata dalla fattispecie che ha riguardato la Federazione Ordini Farmacisti Italiani. La precisa individuazione dei controlli a cui è sottoposta tale ordine è stata sancita recentemente dalla Cassazione con sentenza 20 giugno – 14 ottobre 2011, n. 21226. In tale arresto si è esclusa la sottoposizione dell’ordine dei farmacisti al controllo della Corte dei Conti

[20] Per la qualificazione degli enti di previdenza e assistenza quali organismi di diritto pubblico vedi la costante giurisprudenza amministrativa tra cui plurimis Consiglio di Stato Sezione VI Sezione, 23 gennaio 2006, n. 182 secondo cui per “ la giurisprudenza comunitaria, ai fini della qualificazione di un ente come organismo di diritto pubblico, se un semplice mero controllo a posteriori non soddisfa il criterio del "controllo della gestione", "soddisfa detto criterio una situazione in cui, da un lato i poteri pubblici verificano non solo i conti annuali dell’organismo considerato, ma anche l’esattezza, la regolarità, l’economicità, la redditività e la razionalità dell’amministrazione corrente (cfr. sentenza 373/00, 27 febbraio 2003, Adolf Truley); con la conseguenza che "deve ritenersi sussistente un rapporto di stretta dipendenza della Cassa nei confronti del potere pubblico.  In sede di privatizzazione delle Casse di previdenza e assistenza delle diverse categorie professionali, il legislatore ha, infatti, espressamente disciplinato l’ingerenza statale sulla gestione della contribuzione obbligatoria, avendo previsto, all’art. 2 del D.Lgs. n. 509/1994, primo comma, un’autonomia gestionale, organizzativa e contabile degli enti “nel rispetto dei principi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dal presente decreto in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta”;- che come specificato nell’art. 2,”……..   

[21] Corte Costituzionale sentenza n.15 del 5.2.1999 e Corte Costituzionale sentenza 248 del 1997.

Per un’impostazione diversa e critica della sentenza e dello stesso orientamento della giurisprudenza costituzionale vedi Marcello –Adriano mazzola ” Le casse private di previdenza pubbliche con un colpo magico Cons. Stato 28.11.2012 6014 in www.personaedanno.it.

[22]M Spinozzi La previdenza obbligatoria e soggetti privati esercenti pubbliche funzioni . Foro Amm. CDS 2006, 1994 

La  Cassa, quindi, costituisce un caso di attività inerente ad un servizio pubblico svolta da un operatore economico privato, non potendo prescindere né dal fatto che l'attività viene posta in essere non per un fine economico ma per un interesse generale, né dal fatto che la funzione espletata dalla Cassa risulta inevitabilmente connotata dal carattere della necessarietà. Ne deriva l’applicabilità di un modello misto, che partecipa della natura degli enti di diritto privato relativamente alla struttura, e della natura degli enti di diritto pubblico quanto ad attività e finalità: per perseguire un fine pubblico si sceglie di costituire un soggetto privato che agisca secondo schemi di diritto privato

Attribuzione alle casse previdenziali privatizzate della qualifica di organismi di diritto pubblico. Segnalazione ai sensi dell'articolo 6, comma 7, lett. e) ed f) del decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006 del 3 febbraio 2011 in www. acvp.it

[24] Sulla nozione di organismo di diritto pubblico la Corte giustizia CE, sez. VI, 15 maggio 2003 n. 214, in Foro amm. – CdS, 2003, 1489, ha affermato che: “il carattere privatistico di un organismo non costituisce motivo per escludere la qualificazione dello stesso come amministrazione aggiudicatrice ai sensi dell'art. 1 lett. b) delle direttive 92/50, 93/36 e 93/37 e, pertanto, dell'art. 1 n. 1 della direttiva 89/665. L'effetto utile della direttiva 89/665 non sarebbe preservato qualora l'applicazione della relativa disciplina potesse essere esclusa con riferimento a quegli organismi che, in base alla disciplina nazionale, sono costituiti e regolati nelle forme e secondo il regime del diritto privato.

[25] E’ organismo di diritto pubblico qualsiasi organismo, anche in forma societaria: (i) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, avente carattere non industriale o commerciale; (ii) dotato di personalità giuridica; (iii) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

[26] A tal proposito si segnala come nel documento approvato dalle casse “Memorandum per il riordino organico della normativa che disciplina gli enti previdenziali privati” firmato dal Ministro Cesare Damiano e dai Presidenti delle casse previdenziali privatizzate si ponesse il problema in questi termini “l’ applicabilità al sistema delle Casse delle norme previste dal codice dei contratti pubblici (DLGS n.163/2006) è un argomento che va invece ulteriormente approfondito ,per cercare di trovare una giusta sintesi tra la necessità di dare la massima trasparenza alle procedure di appalto, senza creare inutili appesantimenti , con negativi effetti sui costi contrattuali. Va ricordato che gli enti in questione risulterebbero maggiormente incisi in termini di oneri laddove non fosse rimossa l’applicabilità delle norme di cui innanzi. In tal senso nell’ambito del più puntuale inquadramento giuridico, è ipotizzabile l’assimilazione delle Casse ai concessionari di pubblico servizio
Roma 8 Aprile 2008, in www.itinerariprevidenziali.it

[27] Proprio a proposito dei poteri delle casse di previdenza in merito l’affidamento degli appalti la Corte di Giustizia europea nella sentenza C- 271/2008 del 15luglio 2008 ha sancito che “nella misura in cui, senza previa indizione di una gara d’appalto a livello dell’Unione europea, è intervenuta l’attribuzione in via diretta, ad organismi o imprese contemplati all’art. 6 del contratto collettivo relativo alla conversione salariale a favore dei lavoratori/delle lavoratrici del comparto dei comuni e degli enti comunali (Tarifvertrag zur Entgeltumwandlung für Arbeitnehmer/-innen im kommunalen öffentlichen Dienst), di contratti relativi a servizi di previdenza complementare aziendale, ad opera, nel 2004, di amministrazioni o aziende comunali che contavano all’epoca più di 4 505 dipendenti, nel 2005, di amministrazioni o aziende comunali che contavano all’epoca più di 3 133 dipendenti e, nel 2006 e nel 2007, di amministrazioni o aziende comunali che contavano all’epoca più di 2 402 dipendenti, la Repubblica federale di Germania ha violato gli obblighi ad essa incombenti, fino al 31 gennaio 2006, in forza del combinato disposto dell’art. 8 e dei titoli III‑VI della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, e, a decorrere dal 1° febbraio 2006, in forza del combinato disposto degli artt. 20 e 23‑55 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi.

[28] Fabio Merusi, La privatizzazione per fondazioni tra pubblico e privato, Dir. amm. 2004, 03, 447

[29]Pasquale Pontrandolfi, La privatizzazione degli enti di previdenza dei liberi professionisti , in Giust Civ. 1997 ,n 7-8

 Da tutto ciò la seguente considerazione conclusiva: la struttura privatistica degli enti in discorso riguarda soltanto la loro natura giuridica e le attività organizzativa, amministrativa, contabile e di gestione delle risorse (attività alle quali è riconosciuta autonomia, anche se limitata da una serie di rigidi controlli degli organi dello Stato), ma non l'attività istituzionale della previdenza e dell'assistenza, di carattere eminentemente pubblicistico, specie con riferimento agli aspetti delle contribuzioni e delle prestazioni.

Sotto questo profilo, si deve ritenere che gli enti privatizzati siano, con riguardo alla suddetta attività istituzionale, organi indiretti della Pubblica Amministrazione e, in quanto tali, di questa continuino ad esercitare i poteri, compreso, anzitutto, quello impositivo in materia di contribuzioni, sicuramente conservato anche senza un esplicito riconoscimento del legislatore, in quanto altrimenti non avrebbe senso la previsione dell'obbligatoria iscrizione e contribuzione. Da questo punto di vista, la funzione dei contributi previdenziali rimane quella di fornire agli enti previdenziali, anche se privatizzati, i principali mezzi necessari alla realizzazione dei compiti già loro affidati dalla legge per il soddisfacimento di interessi pubblici. Da ciò consegue il mantenimento, per la realizzazione del fine pubblicistico, dei particolari sistemi previsti dai singoli ordinamenti per la riscossione dei contributi. La conservazione del potere impositivo è un dato indiscutibile e condizionante, per intuitive ragioni, la costituzionalità stessa dell'intero assetto normativo della privatizzazione.

[30] Cassazione sentenza 10132 del 26 giugno 2012 secondo cui “la controversia tra la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, ente privatizzato ex art. 1 del d.lg. n. 509 del 1994, e l'agente di riscossione dei contributi degli iscritti, che abbia omesso il riversamento degli importi a ruolo, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario e non alla giurisdizione della Corte dei conti, poiché la natura «pubblica» della contribuzione, inerente alla sua finalità istituzionale, riguarda unicamente il rapporto previdenziale tra la Cassa e il proprio iscritto”.

Cass 3 luglio 1979 n.3711 e Cass.27 giugno 2003 n.10232.

In dottrina si segnala che “ la concezione che raccoglie i maggiori favori risulta essere quella tributarista ;anche se poi , la classificazione dei contributi previdenziali come tasse o contributi speciali o imposte dipende da quale si ritiene che debba essere la funzione del sistema di previdenza sociale, in specifico riferimento alla relazione che in tale sistema si configura tra interesse pubblico e interesse dei singoli. I termini della questione sono poi indubbiamente influenzati anche da risalenti iniziative del legislatore : ad esempio ,in occasione dell’estensione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni al lavoro agricolo ,il dtl n. 1450/ del 1917 collocò espressamente all’interno del sistema tributario la relativa contribuzione , configurandola come un ‘addizionale dell’imposta erariale sui fondi rustici”. Cinelli, Diritto della Previdenza Sociale, Torino 2008 Giappichelli

Sulla natura di tale contribuzione vedi anche Corte Costituzionale sent. 190/2007 secondo cui “Non v’è dubbio che ai contributi in esame, siccome determinati con atto unilaterale, alla cui adozione non concorre la volontà del privato, sia da attribuire la natura di prestazioni patrimoniali obbligatoriamente imposte, come tali soggette alla garanzia dettata dall’articolo 23 Cost.”

Contra la configurabilità della natura tributaria della contribuzione vedi però Corte costituzionale 88/1995.

[31] Parte della dottrina non maggioritaria considera però l ’obbligo contributivo non come un indice della natura pubblica dell’attività giacchè l’ordinamento prevede per esempio l’assicurazione RCA senza alcuna implicazione dal punto di vista funzionale.     

[32] Dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. III, 3 giugno 2005, n. 4364; TAR Lazio, Roma, sez. III bis, 4 agosto 2010, n. 30034, secondo cui ”se la contribuzione obbligatoria posta a carico degli iscritti dell’ente realizza una forma indiretta di concorso finanziario dello Stato, sussiste la condizione (finanziamento pubblico o altri ausili finanziari pubblici) che vale ad includere la sussunzione delle associazioni e delle fondazioni (già enti di diritto pubblico e poi trasformati in enti di diritto privato) tra gli organismi di diritto pubblico”) che dalla Corte dei Conti (cfr. nota del 7 agosto 2009, prot. n. 2980, della sezione del controllo sugli enti) e dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. CGCE sentenza 11 giugno 2009, causa C-300/07, secondo cui “l’art. 1, n. 9, secondo comma, lett. c, prima alternativa, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che sussiste finanziamento maggioritario da parte dello Stato quando le attività di casse pubbliche di assicurazione malattia sono finanziate in via principale mediante contributi, a carico degli affiliati, imposti, calcolati e riscossi in base a norme di diritto pubblico come quelle oggetto della causa principale. Siffatte casse di assicurazione malattia devono essere considerate organismi di diritto pubblico e, quindi, amministrazioni aggiudicatrici ai fini dell’applicazione delle norme di tale direttiva”).In www.acvp.it parere citato.

[33] Sentenza corte costituzionale 248/1997 secondo cui “ la permanente vigenza del fine pubblicistico generale dell'attività che gli enti svolgono, consente altresì di respingere la sostanziale richiesta di riesame in cui si concreta la prospettazione anche sotto l'ulteriore profilo dedotto, concernente l'art. 18 Cost.Questa Corte ha escluso che sia lesiva della libertà (negativa) di associazione l'imposizione da parte della legge, per la tutela di altri interessi costituzionalmente garantiti, di obblighi di appartenenza ad un organismo pubblico a struttura associativa, "purchè non siano altrimenti offesi libertà, diritti e principi costituzionalmente garantiti (diversi dalla libertà negativa di associarsi)", e risulti al tempo stesso che tale previsione "assicura lo strumento meglio idoneo all'attuazione di finalità schiettamente pubbliche, trascendenti la sfera nella quale opera il fenomeno associativo costituito per la libera determinazione dei privati" (sentenza n. 40 del 1982), o di un fine pubblico "che non sia palesemente arbitrario, pretestuoso o artificioso" (sentenza n. 20 del 1975; e cfr. anche le sentenze n. 120 del 1973 e n. 69 del 1962).in www.giurcost.org.

[34] Merusi op cit.

[35] Sul tema del rispetto delle procedure d’appalto relativamente al settore previdenziale sia consentito rinviare a MMC Coviello, Nota a sentenza del 15 luglio 2010 della Corte di Giustiza Europea C-271/08in www.amministrativamente.it.

[36] Si pone quindi la tematica dell’inquadramento nel modello dell’articolo 38 Cost dei rapporti tra previdenza pubblica e privata, giacchè l’evoluzione del quadro normativo sembrerebbe permettere l’inserimento delle forme di previdenza in un unico disegno complessivo diretto alla realizzazione di un interesse collettivo di prestazione sociale. La ricostruzione unitaria del fenomeno previdenziale ha effetto sugli obiettivi comuni,riferiti ad eventi generatori di bisogno correlati alla condizione professionale dei soggetti protetti.

F Miani Canevari, Costituzione e protezione sociale, Torino 2007, l’autore “mette in evidenza come secondo unimpostazione teorica, anche le forme di previdenza integrativa vanno ricondotte alle finalità del comma 2 dell’articolo 38 Cost, sul rilievo che ai sensi del successivo comma le stesse possano essere realizzate da organi o istituti integrati dallo stato. Un altro orientamento distingue, invece, nettamente gli interessi soddisfatti con la previdenza pubblica e con quella privata, attribuendo solo alla prima il compito di assicurare prestazioni corrispondenti allo standard di tutela di cui all’articolo 38, comma 2 Cost, e traendo dal riconoscimento della previdenza privata di cui all’ultimo comma dello stesso articolo l’esclusione di ogni funzionalizzazione di questa all’interesse pubblico; in questo senso il rapporto di complementarietà può essere individuato solo sul piano delle prestazioni erogate dalle diverse forme previdenziali ma non riguarda le funzioni assegnate all’una all’altra. 

[37] In questo senso l’eventuale previsione di una obbligatoria partecipazione alla forma di previdenza complementare sembrerebbe in qualche modo attenuare le differenze strutturali o funzionali tra forme di previdenza obbligatoria e quelle di previdenza complementare, con la necessità di valutarne le eventuali ricadute sistematiche. Dall’altra parte sciogliere il nodo interpretativo in modo da escludere il carattere sostanzialmente tributario della contribuzione non sembrerebbe portare in equivoca chiarezza in un sistema in cui la funzione previdenziale rimane comunque obbligatoria.          

[38] Come sopra evidenziato è lo stesso regolamento Sec  che segnala la non perfetta coincidenza tra le definizioni in esso contenute e i concetti amministrativi tuttavia  è  lo stesso regolamento che  non  considera assoluta tale conclusione giacchè specifica che  pur tuttavia le fonti di dati amministrativi soddisfano talvolta appieno il fabbisogno dei dati dei conti nazionali e delle altre statistiche perché i concetti e le nomenclature originariamente elaborate a fini statistici possono anche essere adottati a fini amministrativi, come ad esempio la classificazione della spesa pubblica per tipo; le fonti di dati amministrativi soddisfano possono esplicitamente tener conto delle esigenze distinte di dati delle statistiche;                               

[39] Questa impostazione trova comunque fondamento nella dottrina, S. Del Gatto, “Natura privata e sostanza pubblica”Il consiglio di stato torna a pubblicizzare un ente privatizzato ope legis- nota a Consiglio di Stato n.182/2006, Foro Amministrativo CDS 2006    che criticando la sentenza del Consiglio di Stato n. 182/2006 “evidenzia  che in effetti al pari di altri decreti di privatizzazione, la normativa sulle casse di previdenza dei liberi professionisti   presenta numerose ambiguità cui la previsione di intensi controlli di certo idonei a far dubitare dell’ effettiva e sostanziale privatizzazione delle stesse :il carattere sostanziale della definizione di organismo di diritto pubblico , porta tuttavia , ad escludere, in presenza di una corretta interpretazione della normativa, che il controllo di cui al dlgs del 1994 integri il requisito della dominanza pubblica : la previsione di controlli non è incompatibile con la natura privata del soggetto ; rilevante nella ricerca di un eventuale incompatibilità è, invece, il contenuto del controllo.Un controllo di legittimità e non di merito , in base al quale il controllore dovrà limitarsi a valutare la corrispondenza con le norme di legge e statutarie-preventivamente individuate-senza alcuno spazio per latre valutazioni, ad esempio ,appare in linea con l’autonomia dei soggetti dichiarati privati con il legislatore .Di conseguenza può escludersi “la dominanza” pubblica”e la conseguente applicabilità della nozione di organismo di diritto pubblico, quando il parametro del controllo sia una norma  e non una politica ,o un indirizzo o comando politico ;ovvero quando le norme di riferimento siano applicate dai controllati e non dall’autorità di controllo ; e infine quando si tratti di controlli tipizzati onde assicurare la massima garanzia ai soggetti di tale controllo….La sentenza della sesta sezione , sebbene superi alcuni fraintendimenti del passato mantiene fermo l’atteggiamento volto ad estendere il più possibile l’applicazione della nozione di organismo di diritto pubblico soprattutto ,volto ad equiparare questa nozione a quella di ente pubblico. A sostegno di queste tesi si pongono senza dubbio le effettive ambiguità contenute nei decreti di privatizzazione degli enti pubblici economici , tuttavia a fronte dell’espressa affermazione legislativa della loro natura privata e alla luce delle coordinate offerte dalla carta costituzionale in materia di fondazioni di origine bancaria ,il giudice piuttosto che disconoscere le scelte legislative dovrebbe sforzarsi di fornire un’interpretazione delle norme ,per quanto possibile compatibile con la riconosciuta autonomia privata o con il genus codici stico di riferimento. Il Consiglio di stato, invece, in ragione della specialità di alcune disposizioni contenute nel dlgs n.509/1994 , considera la privatizzazione delle casse di previdenza dei liberi professionisti formale , e su ciò –più che sull’effettiva sussistenza dei presupposti richiesti dalla normativa sull’organismo di diritto pubblico –sembra ancora basare le sue conclusioni. Questo ragionamento, tuttavia, contrasta con il dettato normativo correttamente interpretato, con la storia e le origini delle Casse(che sorte nell’ambito della società civile sono state ad esse restituite) ed infine contrasta con la funzione di organismo di diritto pubblico , dotandola di una vis espansiva  che non ha , e non riconoscendole, al contrario il suo effettivo ruolo di qualificazione aggiuntiva ai soli fini dell’applicazione della normativa appalti.”                   

[40] Come del resto può facilmente desumersi ab contrario dal Memorandum citato in cui si segnala che “pertanto preso atto delle attuali modalità operative dei Ministeri vigilanti, gli obiettivi da realizzare stabilmente dovrebbero, “al contrario” basarsi sui seguenti presupposti:

-i controlli su delibere inerenti modifiche degli organi istituzionali o questioni relative a piani di investimento non possono che riguardare il profilo della legittimità. Da ciò discende che i controlli sui portafogli delle Casse dovranno basarsi su metodi di analisi complessivi , di livello aggregato e non limitati alla singola operazione”;

[41] Merusi , op cit

[42]  Caringella, Corso Di Diritto Amministrativo, Milano 2003 Tradizionalmente in relazione all’oggetto del controllo si distinguono tre tipologie di controllo : a) controlli sugli atti diretti a valutare il singolo atto adottato verificandone la conformità alla legge (controllo di legittimità) ovvero l’opportunità controllo di merito;b) controlli gestionali i quali investono l’attività amministrativa nel suo complesso , con riferimento ad un determinato arco temporale, al fine di verificarne l’efficienza ; c) controllo sugli organi.        

[43] Caringella op cit. Secondo cui va precisato che è possibile una contaminazione tra controllo gestionale e controllo sull’atto , nel senso che l’esame dell’attività amministrativa e dei suoi risultati può comportare una valutazione di legittimità dei singoli atti , vuoi per esprimere un giudizio sull’attività nel suo complesso vuoi per sollecitare l’attività emanante ad esercitare il suo potere di autocorrezione.   

[44] F.de Leonardis,Controllo di gestione ed autonomia: il controllo della Corte dei conti su Ordini e Collegi professionali, in Giur. Cost., 2002, precisa che « nell'ultimo decennio si è sviluppata una legislazione che ha dimostrato la piena compatibilità dell'esercizio di attività pubblica con la personalità giuridica di diritto privato (e l'autonomia gestionale che la contraddistingue) » e che « la legislazione degli ultimi anni ha autonomizzato, e quasi segmentato i soggetti, evidenziando quali aspetti della loro azione siano pubblici e debbano essere regolati da norme pubblicistiche e quali, invece, siano privati e come tali vadano disciplinati. Non regge più la summa divisio tra enti pubblici ed enti privati: vi sono soggetti la cui azione è pubblica ma che hanno personalità giuridica di diritto privato con la conseguente autonomia nella gestione del patrimonio. L'emergere delle amministrazioni di risultato e la riscoperta dell'amministrazione come servizio o come missione, oltre alla necessità di ridimensionare la sfera pubblica, comportano un decisivo favor per il riconoscimento di responsabilità e di autonomia nella gestione dei mezzi e delle risorse finanziarie »

[45] Lo stesso Consiglio di Stato con la sentenza 182 del 2006 si esprimeva in questi termini: per la giurisprudenza comunitaria, la qualificazione di organismo di diritto pubblico, è subordinata alla sua dipendenza, mediante le modalità di finanziamento, di gestione e di controllo, dallo Stato, da enti locali o da altri organismi di diritto pubblico, un mero controllo a posteriori non soddisfa il controllo della gestione, mentre soddisfa detto criterio una situazione in cui i soggetti pubblici verificano non solo i conti annuali dell'organismo considerato, ma anche l'esattezza, la regolarità, l'economicità, la redditività e la razionalità dell'amministrazione corrente. Pertanto deve ritenersi sussistente un rapporto di stretta dipendenza della Cassa di previdenza e assistenza e assistenza nei confronti del potere pubblico; in sede di privatizzazione delle Casse delle diverse categorie professionali, il legislatore ha, infatti, espressamente disciplinato l'ingerenza statale sulla gestione della contribuzione obbligatoria, avendo previsto, all'art. 2 comma 1 d.lgs. n. 509 del 1994, un’autonomia gestionale, organizzativa e contabile degli enti «nel rispetto dei principi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dal presente decreto in relazione alla natura pubblica dell'attività svolta».

[46] Tra le misure di indirizzo che sembrano andare ben oltre il controllo formale dei singoli atti può per esempio citarsi l’autorizzazione agli enti di utilizzare il tasso di redditività dei patrimoni determinato in funzione del rendimento medio dell’attività realizzato nell’ultimo quinquennio in una misura che è stabilito non possa superare in cautelativa l’1%.

[47]  Si intende far ferimento all’attribuzione alla Covip (che già esplica funzioni di vigilanza in materia di previdenza integrativa) delle funzioni di controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie, nonché sulla composizione del patrimonio dei predetti enti di previdenza, controllo da esercitare anche mediante ispezione presso gli stessi enti, e/o richiedendo la produzione degli atti e documenti ritenuti necessari. Nello specifico il regolamento stabilisce, innanzitutto, che ogni anno entro il 31 ottobre la Covip deve trasmettere al Ministero del lavoro e a quello dell’economia una relazione dettagliata, unitamente alle schede di rilevazione (di nuova istituzione) compilate dagli stessi enti previdenziali, in cui sono evidenziati:
a) le politiche di investimento e disinvestimento, con particolare riferimento al monitoraggio e alla gestione del rischio, in un’ottica di gestione integrata e coerente tra le poste dell’attivo e del passivo;
b) la composizione del patrimonio, distinto in mobiliare e immobiliare;
c) la disaggregazione della componente mobiliare e immobiliare per tipologia di investimento;
d) il risultato della gestione finanziaria, evidenziando i fattori positivi o negativi che lo hanno determinato, nonché le iniziative assunte dagli enti con riguardo agli eventi che hanno inciso negativamente;
e) le modalità seguite nella gestione diretta e/o indiretta, con evidenza degli advisor e gestori che hanno partecipato al processo d’investimento e delle modalità di selezione e remunerazione degli stessi;
f) i sistemi di controllo adottati;
g) la banca, distinta dal gestore, scelta per il deposito delle risorse affidate in gestione, nonché le modalità di selezione della stessa;
h) il tasso di rendimento medio delle attività, realizzato nell’ultimo quinquennio, nonché i risultati attesi dall’ultimo piano degli investimenti adottato

[48] La Covip che pur senza consenso unanime , viene considerata un’autorità amministrativa indipendente

[49] Manuale SEC :  Il settore delle amministrazioni pubbliche è suddiviso in quattro sottosettori: Amministrazioni centrali, Amministrazioni di stati federati, Amministrazioni locali, Enti di previdenza e assistenza .  

[50] Nel regolamento Sec  2223/96, citato, al punto 2.16  sono considerate unità istituzionali le unità che dispongono di una contabilità completa e di autonomia di decisione : a) le società di capitali  pubbliche e private, le società cooperative  e le società di persone riconosciute come entità giuridiche indipendenti,i produttori pubblici, dotati di personalità giuridica in forza di una normativa specifica, gli organismi senza scopo di lucro dotati di personalità giuridica , gli enti amministrativi pubblici; b) le unità che dispongono di una contabilità completa e per convenzione di autonomia di gestione ;c) le unità che non dispongono necessariamente di contabilità completa , ma che dispongono di fatto o  per convenzione , di autonomia di decisione.         

[51] Nel Manuale del Sec sul disavanzo pubblico e sul debito pubblico si dà la seguente definizione del Concetto di unità istituzionale pubblica : I produttori pubblici sono i produttori controllati dalle amministrazioni pubbliche. Nel caso delle istituzioni senza scopo di lucro , i produttori pubblici sono le istituzioni senza scopo di lucro controllate e finanziate in prevalenza dalle amministrazioni pubbliche .Tutti gli altri produttori sono produttori privati. Per controllo si intende la capacità di determinare la politica generale o il programma di unità istituzionale, se necessario scegliendo gli amministratori o i dirigenti. La proprietà di più della metà delle azioni di una società è condizione sufficiente ma non indispensabile per esercitare il controllo . Inoltre, un’amministrazione pubblica può esercitare il controllo su una società in forza di leggi o regolamenti che le danno il diritto determinare la politica della società o di nominarne gli amministratori. La suddetta definizione di controllo è applicabile anche alle istituzioni senza fini di lucro . Nei casi in cui i criteri summenzionati non vengano soddisfatti formalmente o in cui non esista una normativa specifica, tuttavia occorre una definizione più operativa del concetto di controllo. L’intervento pubblico sotto forma di normative generali applicabili a tutte le unità che esercitano la stessa attività non dovrebbe essere considerato rilevante nello stabilire se un ‘amministrazione pubblica detiene il controllo di una singola unità. Le amministrazioni pubbliche detengono il controllo di un’unità se influenzano la gestione di tale specifica unità indipendentemente dalla supervisione generale esercitata su tutte le unità analoghe.

L’esempio degli istituti scolastici :. Un ‘istituto scolastico è controllato da un ‘amministrazione pubblica se è necessaria l’autorizzazione di quest’ultima per formare nuove classi, effettuare operazioni significative nel settore degli investimenti lordi o contrarre debiti o qualora l’amministrazione pubblica possa impedire all’istituto di interrompere i rapporti che esso intrattiene con questa . L’unità non è controllata dalle amministrazioni pubbliche se quest’ultime si limitano a finanziare la scuola o a sopraintendere alla qualità dell’istruzione impartita 8stabilendo i programmi generali o fissando il numero massimo di allievi per classe) in http://epp.eurostat.ec.europa.eu

[52] Punto 2.16 del regolamento CE  2223/1996

[53] Nelle unità istituzionali che fanno parte del Settore Amministrazioni Pubbliche (Settore S13), i cui conti concorrono alla costruzione del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche il sistema comunitario comprende: a) gli organismi pubblici, che forniscono alla collettività beni e servizi non destinabili alla vendita; b) le istituzioni senza scopo di lucro produttrici di beni e servizi; c) gli enti di previdenza.

[54] Corte dei Conti, sez. giurisd. reg. Lazio, 23 gennaio 2008, n. 120,

[55] Corte Costituzionale n.15 del 5.2.1999

[56] Corte costituzionale sentenza 368 del 1998, Corte Costituzionale 119 del 1997,Corte Costituzionale 402/1991.

[57] M Cinelli, Diritto della Previdenza sociale , Torino 2012

[58] Cass. civ. sez lav. N. 11023 del12/06/2006.   

[59] Ferme restando le misure di contenimento della spesa gia' previste dalle vigenti disposizioni, al  fine  di assicurare la riduzione delle spese per consumi intermedi, i trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico   consolidato della pubblica   amministrazione, come individuati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai  sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 30  dicembre  2009, n. 196,((nonche' alle autorita')) indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le societa' e la borsa (Consob) con  esclusione  delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, degli enti locali, degli enti del servizio  sanitario  nazionale, e delle universita' e degli enti di ricerca di cui all'allegato n. 3, sono ridotti in misura pari al 5 per cento nell'anno 2012 e al 10 per cento a decorrere dall'anno 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nell'anno 2010.  Nel caso in cui per  effetto   delle operazioni di gestione la predetta riduzione non fosse possibile, per gli enti interessati si applica la disposizione di cui ai periodi successivi. Gli enti e gli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia  finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio  dello  Stato adottano interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa per consumi intermedi in modo da assicurare risparmi corrispondenti alle misure indicate nel periodo precedente; le somme derivanti da tale riduzione sono versate annualmente ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno. Per l'anno 2012 il versamento avviene entro il 30 settembre. Il presente comma non si applica agli enti e organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.

[60] Giuseppe Ugo Rescigno, Stato sociale e principio di sussidiarietà in www. http://www.costituzionale.unige.it/rescigno.html.Dello stesso autore si segna la anche sulle problematiche relative al’attuazione del principio di sussidiarietà “Sull’attuazione del principio di sussidiarietà”- note per l’audizione dell’11 dicembre 2006 presso le Commissioni Affari costituzionali congiunte di Camera e Senato in www.astrid-online.it

[61]  M. Cinelli, Sussidiarietà e Modello sociale, WP C.S.D.L.E “Massimo D’Antona” int  34/2005 in http://www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/wp/int/cinelli_n34-2005int.pdf. L’autore poi precisa che “dalla formulazione letterale della suddetta norma, a ben considerare, non è dato ricavare con sicurezza se il “principio di sussidiarietà”, che la stessa espressamente menziona, sia effettivamente riferibile all’iniziativa privata, o non piuttosto alle entità di governo. Sicché, in realtà, non è

dato comprendere se la norma sia effettivamente nel senso di favorire l’“autonoma iniziativa dei cittadini” (che si svolge “sulla base del principio di sussidiarietà”) – e, cioè, effettivamente nel senso della sussidiarietà orizzontale, seppur “assistita” –, o non piuttosto nel senso che sono “Stato, regioni, città metropolitane, province e comuni” a doversi ripartire, “sulla base del principio di sussidiarietà”, il compito di

favorire “l’autonoma iniziativa dei cittadini”: lettura quest’ultima, che, come è evidente, sostanzialmente conduce, però, la disposizione verso l’alveo della sussidiarietà verticale, piuttosto che verso quello della sussidiarietà orizzontale”.

[62] Ugo Giuseppe Rescigno op cit in www.astrid-online.it

[63] F. GIGLIONI www.labsus.org

[64]  Sulle fondazioni e la loro ricoducibilità al Sec  vedi Valerio Sarcone  Le Fondazioni “pubbliche” in www.amministrativamente.com   

[65] Daniela Bolognino, Renato Cameli, Fabio GiglioniLa sussidiarietà orizzontale nella giurisprudenza italiana e comunitaria” in www.astrid-online.it

[66] Del resto il dibattito sul Welfare federalista ha in qualche modo interessato solo  le implicazioni susseguenti a modifiche del riparto tra stato e regioni in tema di previdenza commentare.

G Ciocca, Il sistema previdenziale nel federalismo, in  A. Di Stasi Diritto del lavoro e federalismo   secondo cui   il federalismo nel sistema previdenziale dovrà, però, evitare di frazionare o differenziare e, tantomeno, diminuire, quella tutela obbligatoria che l’art.38 Cost. prevede come dovere dello Stato: comunque si modifichi l’art.117 Cost. con le nuove riforme, questo è il baluardo, per così dire, sotto il quale non è costituzionalmente legittimo scendere e questo è il proprium della previdenza, che è qualcosa di peculiare anche rispetto ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che attualmente devono essere garantiti dallo Stato in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Il sistema previdenziale, infatti, è sorto e si è sviluppato per rispondere al bisogno del lavoratore, prevedendo un vero e proprio diritto alla previdenza sociale, così come il diritto all’assistenza sociale ed il diritto alla salute per tutti i cittadini: nessuna riforma del riparto di competenze, neppure in senso federalista, dovrà mai intaccare questi diritti sociali che la Costituzione ha garantito”.

[67] F Bassanini,  La repubblica della sussidiarietà Riflessioni sugli articoli 114 e 118 della costituzione.in www.astrid-online.it. F.Bassanini, Le fondazioni di origine bancaria ,il sistema creditizio e la repubblica della sussidiarietà. Secondo cui “con la riforma del Titolo V, il principio di sussidiarietà, nella sua duplice dimensione, viene testualmente menzionato nel testo della Costituzione, nel nuovo articolo 118. Quest’ultimo non ridefinisce l’architettura del sistema   amministrativo sulla base  del principio di sussidiarietà verticale, ma nell’ultimo comma, impone di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati per lo svolgimento di attività di interesse generale. Si registrano altri segnali convergenti nella stessa direzione : le leggi crispine che avevano pubblicizzato Opere pie, Casse di risparmio e Monti di pietà vengono cancellate dalla Corte Costituzionale o dalla nuova legislazione sulle fondazioni di origine bancaria, restituendo autonomia ai soggetti intermedi della società civile capaci di alimentarne iniziative sussidiarie di interesse generale con risorse non governate direttamente dal circuito partitico –istituzionale.             

[68] Ugo Giuseppe Rescigno op cit. in www.costituzionaleunige.it secondo cui “ Il secondo comma dell'art. 38 chiaramente impone al legislatore di istituire e disciplinare assicurazioni obbligatorie in misura tale che i lavoratori abbiano sufficienti mezzi in caso di infortunio, di malattia, di invalidità, di vecchiaia, di disoccupazione involontaria. Prescrive poi che a gestire tali assicurazioni obbligatorie siano organi o istituti predisposti dallo Stato (e cioè la gestione sia fatta o direttamente dallo Stato mediante suoi organi, o indirettamente mediante appositi istituti, tipo Inps) oppure istituti integrati dallo Stato (e cioè organizzazioni private con garanzia statale nei confronti degli assicurati, in modo che il diritto al trattamento previdenziale previsto dalla legge e maturato non venga meno in tutto o in parte per inadempienza del soggetto assicuratore).Ma la Costituzione non prescrive: a) che il meccanismo previdenziale sia di tipo contributivo oppure a ripartizione (come si dice in gergo), o di altro tipo ancora se ve ne sono; b) che la gestione del meccanismo sia necessariamente pubblica; c) che sia necessariamente privata; d) quali sono le esigenze di vita che comunque debbono essere garantite e quindi quale deve essere il carico contributivo che permette sul piano economico e statistico di soddisfare a tempo debito le esigenze di vita previamente individuate; e) se il meccanismo previdenziale deve essere totalmente coperto dalle contribuzioni previdenziali, oppure deve essere almeno in parte coperto dal sistema tributario, con la conseguenza che il legislatore è libero sul punto di decidere come ritiene più opportuno.

[69] Staiano, La sussidiarietà orizzontale :profili teorici in www.federalismi.it

[70]Gregorio Arena,in Il principio di sussidiarietà orizzontale nell’articolo 118 della Cost.in www.astrid-online.it, idem in Scritti in Onore di Giorgio Berti  

[71]Gregorio Arena  op cit, secondo cui :la risposta positiva  nel  senso dell’immediata applicabilità del principio si fonda sulla constatazione che a) l’art 118 n, non enuncia un principio, rinviando al legislatore ordinario per la sua definizione, bensì  prevede una fattispecie fondata su un principio, quello di sussidiarietà orizzontale; b) questo principio trova nella realizzazione della fattispecie medesima la sua principale modalità di attuazione ; c) nella sua formulazione letterale tale fattispecie appare sufficientemente chiara per consentirne una sia pure graduale , ma immediata , applicazione. In www.astrid-online.it

A proposito dei rapporti tra welfare e principio di sussidiairietà vedi sempre Gregorio Arena , Dopo la crisi,un welfare nuovo fondato sulla sussidiarietà,in www.labsus.it  secondo cui “A sua volta la valorizzazione del ruolo dei privati, già evidente nella legge n. 328/2000, viene sancita a livello costituzionale nell’ultimo comma dell’art. 118, che introducendo il principio di sussidiarietà dispone che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Ed è interessante notare come la nostra sia l’unica Costituzione europea a riconoscere in maniera così esplicita e chiara il ruolo dei privati nel perseguimento dell’interesse generale.

[72] («I risparmi derivanti dall’applicazione del presente articolo a favore del bilancio dello Stato e degli enti nazionali di previdenza ed assistenza»: quinto periodo, corrispondente all’attuale sesto, dell’unico comma dell’art. 5)

[73] In tal senso si accoglierebbe la concezione assicurativa della natura giuridica dei contributi previdenziali, che smentita secondo alcuni autori dall’evoluzione che la disciplina delle assicurazioni ha subito nel tempo potrebbe trovare qualche rinnovata ragione di sostegno nelle più recenti innovazioni stante l’ampliamento se non il consolidamento della riforma effettua dalla legge 335/1995 e poi dalla 201/2012 .

[74] Corte costituzionale 264/2012 secondo cui “Tuttavia, nell’attività di bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti cui, come dianzi chiarito, anche in questo caso è chiamata questa Corte, rispetto alla tutela dell’interesse sotteso al parametro come sopra integrato prevale quella degli interessi antagonisti, di pari rango costituzionale, complessivamente coinvolti nella disciplina recata dalla disposizione censurata. In relazione alla quale sussistono, quindi quei preminenti interessi generali che giustificano il ricorso alla legislazione retroattiva.

Ed infatti, gli effetti di detta disposizione ricadono nell’ambito di un sistema previdenziale tendente alla corrispondenza tra le risorse disponibili e le prestazioni erogate, anche in ossequio al vincolo imposto dall’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ed assicura la razionalità complessiva del sistema stesso (sent. n. 172 del 2008), impedendo alterazioni della disponibilità economica a svantaggio di alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri, e così garantendo il rispetto dei principi di uguaglianza e di solidarietà, che, per il loro carattere fondante, occupano una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali

[75]  Sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo del 14 febbraio 2012 - Ricorso n.17972/07 - Arras e altri c. Italia La Corte ribadisce che, in base alla sua giurisprudenza, un ricorrente può allegare la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 solo nella misura in cui le decisioni contestate riguardano i suoi “beni” secondo quanto indicato da questa disposizione. I “beni” possono essere dei “beni esistenti” o delle attività, comprese, in alcune situazioni ben definite, delle pretese. Perché una pretesa possa essere considerata “un’attività” compresa nella sfera dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, è necessario che l’attore dimostri di avere una base sufficiente nel diritto nazionale, per esempio quando vi è una giurisprudenza radicata dei tribunali che la confermano. Se ciò è stato fatto, può entrare in gioco il concetto di “aspettativa legittima” (vedi Maurice c. Francia [GC], n. 11810/03, § 63, CEDU 2005 IX). 76. L’articolo 1 del Protocollo n. 1 non garantisce, di per sé, alcun diritto a diventare proprietario di un bene (vedi Van der Mussele c. Belgio, 23 novembre 1983, § 48, Serie A n. 70; Slivenko c. Lettonia (dec.) [GC], n. 48321/99, § 121, CEDU 2002-II; e Kopecký c. Slovacchia [GC], n. 44912/98, § 35 (b), CEDU 2004-IX). Né esso garantisce, di per sé, alcun diritto a una pensione di un particolare importo (vedi, per esempio, Kjartan Ásmundsson c. Islanda, n. 60669/00, § 39, CEDU 2004-IX; Domalewski c. Polonia (dec.), n. 34610/97, CEDU 1999-V; e Janković c. Croazia (dec.), n. 43440/98, CEDU 2000-X). Tuttavia, una “pretesa” relativa a una pensione può costituire un “bene” secondo quanto indicato all’articolo 1 del Protocollo n. 1 se essa ha una base sufficiente nel diritto nazionale, per esempio se è confermata da una sentenza di un tribunale definitiva (vedi Pravednaya c. Russia, n. 69529/01, §§ 37-39, 18 novembre 2004; e Bulgakova, succitato, § 31).in www.giustizia.it

[76] Nello specifico per la Corte, il diritto del ricorrente di beneficiare del regime di previdenza sociale in parola non ha subito ingerenze tali da pregiudicare i suoi diritti pensionistici nella loro essenza. A questo proposito, sempre la corte rileva che il ricorrente di fatto aveva versato in svizzera contributi inferiori rispetto a quelli che avrebbero versato in Italia e che pertanto all’epoca aveva avuto l’opportunità di beneficiare di guadagni più sostanziosi.

Ciò considerando, tenuto conto dell’ampio margine di apprezzamento dello stato nel disciplinare il suo regime pensionistico e del fatto che il ricorrente non sia stato costretto a sopportare un onere individuale eccessivo.   

[77] Fabrizio Miani Canevari, Costituzione e protezione sociale - Il sistema previdenziale nella giurisprudenza della Corte Costituzionale,  Torino 2007.

[78] Corte Cost.  6 marzo 1995 n. 78

[79] Nella sentenza del  3 0 dicembre 1998 n. 457 la Corte Costituzionale ha  ribadito l’ insindacabilità delle scelte del legislatore in ordine alla determinazione del quantum della prestazione pensionistica anche in relazione alle risorse disponibili almeno  quando non sia in gioco la garanzia delle esigenze minime di protezione della persona.  

[80] Sentenze 28 aprile 1998, causa C‑158/96, Kohll, Racc. pag. I‑1931, punto 17; 12 luglio 2001, causa C‑157/99, Smits e Peerbooms, Racc. pag. I‑5473, punto 44, nonché 16 maggio 2006, causa C‑372/04, Watts, Racc. pag. I‑4325, punto 92).

[81] Corte di giustizia, sentenza 17 febbraio 1993, cause C-151/91 e 160/91, Poucet et Pistre, in Racc.; sull'evoluzione della giurisprudenza in materia v. G.. Ricci, L. Di Via, Monopoli previdenziali e diritto comune antitrust, in Solidarietà, mercato e concorrenza nel welfare italiano, a cura di S. Sciarra, il Mulino, Bologna 2007, pp. 39 ss.

[82]

[83] Orlandini Libertà economiche e cittadinanza sociale europea in www.europeanrights.eu

[84] PERSIANI…Manuale Previdenza Sociale 2008  

[85] sentenze Kohll, punto 18, Smits e Peerbooms, punto 45, nonché Watts, punto 92

[86] Ne deriva che la suddetta competenza degli Stati membri non è illimitata (sentenza 3 aprile 2008, causa C‑103/06, Derouin, Racc. pag. I-1853, punto 25).

[87] Ora rispettivamente 56 e 57 del TFEU

[88] Stefano Giubboni in Stato Sociale, libera circolazione delle persone e nuovi confini della solidarietà in Europa .Un’Introduzione Teorica in www.osservatorioinca.org

[89] Orlandini op cit.

[90] Sia consentito rinviare a M.M.C. Coviello Nota a sentenza del 5 marzo 2009 della CGCE - causa C-350/07 in www.amministrativamente.it n. 6/2009

[91] Corte Cost. 6 marzo 1995 n. 78

[92] Di conseguenza, occorre risolvere la seconda questione proposta dichiarando che gli artt. 49 CE e 50 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale, che impone alle imprese operanti in un ramo di attività e in un ambito geografico determinati l’obbligo d’iscrizione ad un ente quale la cassa previdenziale di categoria oggetto della causa principale, a condizione che tale regime non vada al di là di quanto necessario per raggiungere l’obiettivo di garantire l’equilibrio finanziario di un settore della previdenza sociale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare

[93] “Non avendo adottato, entro il termine previsto , le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie a conformarsi agli artt. 8, 9, 13, 15-18 e 20, nn. 2-4, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 3 giugno 2003, 2003/41/CE, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali, la Repubblica ceca è venuta meno agli obblighi a essa incombenti in forza dell'art. 22, n. 1, di tale direttiva.”

[94] Le due fattispecie sembrerebbero equiparabili in quanto entrambi elementi costitutivi del sistema previdenziale obbligatorio, tale caratteristica sembrerebbe quindi poter rendere immune l’accostamento dal consolidato orientamento della corte costituzionale sull’incomparabilità dei vari sistemi previdenziali. Corte costituzionale n. 202/2008,n. 83/2006 e da ultimo 34/2011 secondo cui “ Quanto, poi, alla prospettata lesione dell’art. 3 Cost., questa Corte ha più volte affermato la sostanziale incomparabilità dei sistemi previdenziali, nettamente eterogenei, in cui si inseriscono le prestazioni in favore d ei soggetti incollocabili messe a confronto, in quanto pertinenti, rispettivamente, al regime Inail e a quello delle prestazioni di guerra e c.d. “privilegiate” (ex multis, sentenze n. 202 del 2008 e n. 83 del 2006; ordinanze n. 178 e n. 83 del 2006). In tale prospettiva, hanno trovato riscontro i limiti intrinseci del sistema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, cui afferisce l’assegno d’incollocabilità erogato dall’Inail (sentenze n. 17 del 1995 e n. 310 del 1994), nonché la diversità del complesso delle garanzie ad esso sottese rispetto a quelle previste per i dipendenti pubblici, che impediscono una comparazione parcellizzata dei rispettivi elementi (sentenza n. 321 del 1997)” Vedi anche sentenza Corte Costituzionale n.8/2012