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Liti fiscali, il dirigente locale non può andare in Cassazione

Nota a Corte di Cassazione, Sentenza 28 giugno 2012, n. 10839

Il dirigente comunale ha la rappresentanza legale dell’ente solo nei giudizi innanzi alle commissioni tributarie. È escluso che possa rappresentare l’amministrazione nei giudizi di legittimità innanzi alla Corte di cassazione, nei quali la competenza esclusiva è del sindaco.

Lo ha affermato la Corte di cassazione, con la sentenza n. 10839 del 28 giugno 2012.

La rappresentanza dell’ente locale nel processo tributario, oltre che al sindaco, spetta al dirigente dell’ufficio tributi. Per gli enti privi di questa figura entra in gioco il titolare di posizione organizzativa.

Questa regola fissata dall’articolo 3-bis della legge di conversione del decreto legge 44/2005 si applica anche ai giudizi in corso alla data della sua entrata in vigore. Dunque, per i giudici con l’ermellino, può essere legittimamente affidata la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti secondo i rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero a esponenti apicali della struttura burocratica amministrativa del comune.

La norma processuale, secondo la Cassazione, si distingue per l’effetto di consentire al dirigente dell’ufficio tributi di rappresentare in giudizio, in ogni caso, le pretese fiscali del comune. Fermo restando che a questa disciplina speciale è estraneo soltanto il giudizio di cassazione, al quale si applicano non le regole del processo tributario ma quelle del processo civile.

L’articolo 3-bis ha modificato l’articolo 11 della normativa processuale tributaria (d.lgs n. 546/1992), in base al quale l’ente stava in giudizio solo mediante l’organo di rappresentanza previsto dal proprio ordinamento, quindi, il sindaco o il presidente della provincia. La disposizione attualmente vigente, invece, ha contribuito a fare chiarezza sulla rappresentanza legale dell’ente e ha superato i limiti posti da statuti e regolamenti comunali.

La Cassazione (sentenza 10787/2004), infatti, aveva stabilito che lo statuto e il regolamento comunale non potessero conferire la rappresentanza legale ai dirigenti. Quindi, aveva dichiarato illegittime le disposizioni che prevedessero deroghe. Ancor prima le sezioni unite (ordinanza 5463/2004) avevano affermato che la rappresentanza processuale del comune spettasse al sindaco, e non ai dirigenti, in quanto il TUEL non aveva apportato alcuna modifica alla legge 142/1990 sulla rappresentanza legale.

L’articolo 50 del d.lgs n. 267/2000, infatti, attribuisce al sindaco e al presidente della provincia sia la rappresentanza istituzionale che quella legale dell’ente.

Il dirigente comunale ha la rappresentanza legale dell’ente solo nei giudizi innanzi alle commissioni tributarie. È escluso che possa rappresentare l’amministrazione nei giudizi di legittimità innanzi alla Corte di cassazione, nei quali la competenza esclusiva è del sindaco.

Lo ha affermato la Corte di cassazione, con la sentenza n. 10839 del 28 giugno 2012.

La rappresentanza dell’ente locale nel processo tributario, oltre che al sindaco, spetta al dirigente dell’ufficio tributi. Per gli enti privi di questa figura entra in gioco il titolare di posizione organizzativa.

Questa regola fissata dall’articolo 3-bis della legge di conversione del decreto legge 44/2005 si applica anche ai giudizi in corso alla data della sua entrata in vigore. Dunque, per i giudici con l’ermellino, può essere legittimamente affidata la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti secondo i rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero a esponenti apicali della struttura burocratica amministrativa del comune.

La norma processuale, secondo la Cassazione, si distingue per l’effetto di consentire al dirigente dell’ufficio tributi di rappresentare in giudizio, in ogni caso, le pretese fiscali del comune. Fermo restando che a questa disciplina speciale è estraneo soltanto il giudizio di cassazione, al quale si applicano non le regole del processo tributario ma quelle del processo civile.

L’articolo 3-bis ha modificato l’articolo 11 della normativa processuale tributaria (d.lgs n. 546/1992), in base al quale l’ente stava in giudizio solo mediante l’organo di rappresentanza previsto dal proprio ordinamento, quindi, il sindaco o il presidente della provincia. La disposizione attualmente vigente, invece, ha contribuito a fare chiarezza sulla rappresentanza legale dell’ente e ha superato i limiti posti da statuti e regolamenti comunali.

La Cassazione (sentenza 10787/2004), infatti, aveva stabilito che lo statuto e il regolamento comunale non potessero conferire la rappresentanza legale ai dirigenti. Quindi, aveva dichiarato illegittime le disposizioni che prevedessero deroghe. Ancor prima le sezioni unite (ordinanza 5463/2004) avevano affermato che la rappresentanza processuale del comune spettasse al sindaco, e non ai dirigenti, in quanto il TUEL non aveva apportato alcuna modifica alla legge 142/1990 sulla rappresentanza legale.

L’articolo 50 del d.lgs n. 267/2000, infatti, attribuisce al sindaco e al presidente della provincia sia la rappresentanza istituzionale che quella legale dell’ente.