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Reddito minimo e salario minimo

Reddito minimo
Reddito minimo

Prof. Salvatore Di Bartolo - Ospite della rubrica MondoVisione

 

Reddito minimo e salario minimo vengono spesso confusi in quanto rappresentano ambedue sistemi di supporto al reddito, purtuttavia esistono tra i due strumenti delle notevoli differenze. Infatti, il primo è un'erogazione di denaro priva di corrispettivo, indipendente dall'esistenza di un rapporto di lavoro ed assimilabile dunque ad una forma assistenziale, mentre il secondo, riguarda la retribuzione minima che in taluni Stati i datori di lavoro devono, per legge, corrispondere ai propri lavoratori dipendenti. 

Il reddito minimo garantito, spesso erroneamente confuso con il reddito di cittadinanza (dal quale invece differisce per non essere concesso in alcuna misura a chi è già percettore di redditi ampiamente sopra la soglia di povertà), consiste in una forma di sostentamento che prevede l'elargizione di un aiuto economico mensile illimitato nel tempo, perlomeno fino al permanere dello stato di bisogno od al passaggio della pensione di anzianità, direttamente da parte dello stato ad individui che ricadono in una classificazione ben definita, in ogni caso entro parametri di povertà e non autosufficienza, al fine di garantire loro un tenore di vita dignitoso.

L'idea di un reddito minimo garantito prevede che sia devoluto solo a chi si trovi in età lavorativa e con un ammontare variabile in funzione dell'età stessa, con la clausola che, comunque, il reddito di cui si disponga sia inferiore ad una determinata soglia ritenuta di povertà. Si tratta pertanto di una forma di sussidio riconosciuto all'individuo in quanto diritto soggettivo. 

Il reddito minimo garantito è stato adottato in molti paesi europei, tra cui Francia, Germania ed Olanda ed è inoltre molto diffuso in diversi paesi dell'America Latina, uno su tutti il Brasile. Quanto all'Italia, negli ultimi mesi si è discusso insieme ai governi di Spagna e Portogallo la proposta di uno “schema comune di reddito minimo” che “non lasci nessuno indietro” nel contesto della ripresa dalla crisi del coronavirus. I tre Governi del Sud Europa pensano all’introduzione di uno “scudo sociale europeo” per proteggere “25 milioni di bambini e ragazzi che già vivono sotto la soglia di povertà” e oltre 113 milioni di cittadini che corrono lo stesso rischio.

Il salario minimo è, per definizione, un limite di compenso al di sotto del quale un dipendente od un operaio non può essere retribuito per legge. Si basa quindi sull'assunto che una legge dello stato imponga ai datori di lavoro una soglia minima di retribuzione per i propri lavoratori dipendenti stabilita a livello nazionale. 

Il salario minimo viene pertanto imposto direttamente dallo Stato ed idealmente funge quale garanzia per i lavoratori, i quali possono così vedersi riconosciuto un reddito minimo condiviso su tutto il territorio nazionale.

La maggior parte dei paesi Europei adotta un salario minimo garantito ad eccezione di Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria, Cipro e Italia che, invece, delegano tale decisione alla contrattazione collettiva tra le parti sociali. 

La Direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei mercati europei, emendata nel 2006, ha infatti sottratto al principio dell'Home country control diversi aspetti, fra i quali per l'appunto il salario minimo. Il lavoratore straniero ha diritto al salario minimo previsto dalle leggi del Paese nel quale lavora, in modo indipendente dal proprio Paese di origine e da quello dove ha sede legale il datore di lavoro.

In Italia, l’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 36 Cost. ha finito per riconoscere ai trattamenti economici stabiliti dai contratti collettivi, i cosiddetti minimi tabellari, pur carenti di vincolatività erga omnes, la natura di retribuzione “costituzionale”, tanto che in passato è stata scarsamente avvertita l’esigenza che il salario minimo fosse garantito per legge.

Negli ultimi mesi, tuttavia, le discussioni sull’adozione del salario minimo nel nostro paese sono tornate di strettissima attualità e si è giunti peraltro a depositare diverse proposte di legge per arrivare al salario minimo. Ciononostante, se da una parte i sostenitori del salario minimo (partiti politici) lo vedono come una misura fondamentale per combattere la povertà permettendo, così, a molte più persone di vivere dignitosamente attraverso una redistribuzione del capitale, dall'altra parte, si sostiene che il salario minimo possa contribuire ad accrescere ulteriormente il livello di disoccupazione e mettere in crisi il sistema produttivo. 

Di recente, qualcosa si è mosso anche a livello sovranazionale: il presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, ha affermato che, passata l'emergenza Covid, una delle sue priorità riguarderà l'introduzione del salario minimo europeo.

Impresa assai ardua a dire il vero, poiché l'Ue non ha competenze in materia salariale e, come detto, vi sono differenze notevoli tra i Paesi Ue. In ogni caso, Ursula Von der Leyen ha assicurato il suo impegno anche perché il salario minimo rappresenta uno sprazzo di welfare, oggi, quanto mai importante di fronte alle difficoltà e criticità sociali che lascerà la crisi provocata dal Covid.