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La legge europea sul clima del giugno 2021

Tratto dal libro di Luciano Butti e Stefano Nespor "Il diritto del clima", Mimesis, 2022
Il diritto del clima
Il diritto del clima

La legge europea sul clima del giugno 2021

L'articolo pubblicato costituisce il capitolo 13 del libro di Luciano Butti e Stefano Nespor "Il diritto del clima", Mimesis, 2022, per gentile concessione degli Autori e dell'editore
 

Il cambiamento climatico come “minaccia esistenziale”

Neutralità climatica al 2050 e obiettivo di riduzione delle emissioni per il 2030 al 55% rispetto ai livelli del 1990: sono questi gli obiettivi di fondo del Regolamento europeo approvato dal Consiglio Ue il 28 giugno 2021[1] dopo il voto del 4 giugno del Parlamento Ue. Obiettivi intermedi ulteriori, in particolare per il 2040, potranno essere introdotti, con una valutazione da effettuarsi entro i sei mesi successivi al primo bilancio globale eseguito sulla base dell’Accordo di Parigi, e obiettivi specifici vengono indicati per alcuni settori, come quello dei trasporti. La Commissione dell’Unione europea valuterà periodicamente i progressi di tutti i paesi membri. Dunque ora le finalità esplicitate a livello politico nel Green Deal europeo hanno una chiara base legale nel diritto europeo.

Fra le premesse del Regolamento – i famosi “Considerando” – ritroviamo, oltre agli obiettivi fondamentali sopra indicati,  la definizione dei cambiamenti climatici come una “minaccia esistenziale” per l’ambiente e per la salute. Ne conseguono la dichiarazione dell’emergenza climatica e ambientale, l’impegno a perseguire gli obiettivi degli accordi sottoscritti, il raccordo con la legislazione europea preesistente in materia di energia, una concreta e specifica apertura al possibile contributo delle soluzioni tecnologiche basate sulle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e di cattura e utilizzo del carbonio (CCU)[2] e il riconoscimento del «triplo ruolo» delle foreste (in quanto pozzi di assorbimento, stoccaggio e sostituzione). È altresì riconosciuta la natura “essenziale” delle misure di adattamento per ridurre la vulnerabilità degli Stati rispetto ai cambiamenti climatici ed in particolare agli eventi estremi resi più frequenti e imprevedibili dal riscaldamento in corso.
 

I precedenti

La nuova Legge europea sul clima - strumento normativo primario - si basa, come del resto chiarito nei Considerando, su una serie di precedenti di “soft law” europea.

Fra i più importanti: la comunicazione dell’11 dicembre 2019 intitolata «Il Green Deal europeo» in cui la Commissione ha illustrato una nuova strategia di crescita mirata a trasformare l’Unione in una società giusta e prospera, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall’uso delle risorse; la relazione speciale del 2018 del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), concernente gli effetti del riscaldamento globale di 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali; la comunicazione della Commissione del 24 febbraio 2021 dal titolo «Plasmare un’Europa resiliente ai cambiamenti climatici — La nuova strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici», con la quale è stato istituito un osservatorio europeo per il clima e la salute nell’ambito della piattaforma europea sull’adattamento ai cambiamenti climatici; la risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2020 sul Green Deal europeo, con la quale l’Organo legislativo dell’Unione ha ambiziosamente chiesto che la transizione verso una società climaticamente neutra “divenga una storia di successo europea” e la precedente risoluzione del 28 novembre 2019 con la quale lo stesso Parlamento ha dichiarato l’emergenza climatica e ambientale; le conclusioni del Consiglio europeo del 12 dicembre 2019, che hanno approvato l’obiettivo di conseguire la neutralità climatica dell’Unione entro il 2050, in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi, pur riconoscendo che è “necessario predisporre un quadro favorevole che vada a beneficio di tutti gli Stati membri e comprenda strumenti, incentivi, sostegno e investimenti adeguati per assicurare una transizione efficiente in termini di costi, giusta, socialmente equilibrata ed equa, tenendo conto delle diverse situazioni nazionali in termini di punti di partenza”; la strategia dell’Unione presentata il 6 marzo 2020 di sviluppo a lungo termine a basse emissioni di gas a effetto serra.


Gli obiettivi

Con l’art. 1 del Regolamento (Oggetto e ambito di applicazione), si fissa “l’obiettivo vincolante della neutralità climatica nell’Unione entro il 2050[3], nonché, in termini generali, l’ulteriore obiettivo, altrettanto vincolante, della “riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra da conseguire entro il 2030”. Questo ulteriore obiettivo è precisato nell’art. 4, come “una riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai livelli del 1990”. Tenuto conto della diretta efficacia vincolante dei Regolamenti europei negli ordinamenti interni degli Stati membri, si può concludere che normative interne contrastanti con questo obiettivo siano oggi da considerarsi implicitamente abrogate o incostituzionali, per violazione degli artt. 10 e 11 della Costituzione.

Di particolare importanza appare l’insistenza del Regolamento, nelle premesse (“Considerando”) e nell’articolato, sulle migliori evidenze scientifiche, quali i rapporti IPCC. Come previsto dall’art. 3, il Comitato consultivo scientifico europeo sui cambiamenti climatici istituito a norma dell’articolo 10 bis del regolamento (CE) n. 401/2009 («comitato consultivo») funge da punto di riferimento per l’Unione sulle conoscenze scientifiche connesse ai cambiamenti climatici in virtù della sua indipendenza e delle sue competenze specialistiche. Di particolare importanza, non frequente nella disciplina dei comitati consultivi, è la competenza, attribuita dall’art. 3, di “identificare le azioni e le opportunità necessarie per conseguire con successo gli obiettivi climatici dell’Unione”.

L’art. 4 disciplina in dettaglio l’obiettivo intermedio previsto per il 2040. Al fine di concretizzarne i contenuti, “al più tardi entro sei mesi dal primo bilancio globale di cui all’articolo 14 dell’accordo di Parigi, la Commissione elabora una proposta legislativa, se del caso, basata su una valutazione d’impatto dettagliata, volta a modificare il presente regolamento per includervi il traguardo dell’Unione in materia di clima per il 2040”, prendendo in considerazione i risultati delle valutazioni preliminari nel frattempo effettuate, nonché i seguenti elementi:

a) le migliori e più recenti evidenze scientifiche disponibili, comprese le ultime relazioni dell’IPCC e del comitato consultivo;

b) l’impatto sociale, economico e ambientale, compresi i costi dell’inazione;

c) la necessità di assicurare una transizione giusta e equa sul piano sociale per tutti;

d) l’efficienza in termini di costi e l’efficienza economica;

e) la competitività dell’economia dell’Unione, in particolare delle piccole e medie imprese e dei settori più esposti alla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio;

f)le migliori tecniche efficienti in termini di costi, sicure e modulari disponibili;

g) l’efficienza energetica e il principio dell’efficienza energetica al primo posto, l’accessibilità economica dell’energia e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico;

h) l’equità e la solidarietà tra gli Stati membri e al loro interno;

 i)la necessità di assicurare l’efficacia ambientale e la progressione nel tempo;

j) la necessità di mantenere, gestire e potenziare i pozzi naturali nel lungo termine e di proteggere e ripristinare la biodiversità;

k)il fabbisogno e le opportunità di investimento;

l) gli sviluppi internazionali e gli sforzi intrapresi per conseguire gli obiettivi a lungo termine dell’accordo di Parigi e l’obiettivo ultimo della convenzione quadro dell’UNFCCC;

m)       le informazioni esistenti in merito al bilancio di previsione indicativo di gas a effetto serra dell’Unione per il periodo 2030-2050 di cui al paragrafo 4”.

L’art. 5 disciplina il fondamentale tema dell’Adattamento ai cambiamenti climatici”[4]. Le istituzioni competenti dell’Unione e gli Stati membri dovranno così assicurare “il costante progresso nel miglioramento della capacità di adattamento, nel rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilità ai cambiamenti climatici” in conformità dell’articolo 7 dell’accordo di Parigi e concentrandosi, in particolare, anche nei piani nazionali, “sulle popolazioni e sui settori più vulnerabili e più colpiti”.


Le verifiche sulle misure adottate dagli Stati

Sono di importanza centrale – sul tema cruciale dell’implementazione dei piani e programmi nazionali – l’art. 6 e l’art. 7, che disciplinano, rispettivamente, la Valutazione dei progressi compiuti e delle misure dell’Unione e la Valutazione delle misure nazionali.

Quanto al primo aspetto, la Commissione, entro il 30 settembre 2023 e successivamente ogni cinque anni, dovrà valutare i progressi compiuti dagli Stati membri sia verso l’obiettivo della neutralità climatica che per quanto concerne l’adattamento. Con le medesime tempistiche, la Commissione dovrà riesaminare la coerenza delle misure dell’Unione rispetto ad entrambi gli obiettivi (neutralità climatica e adattamento). Anche i progetti di misure legislative di vario genere, comprese le proposte di bilancio, verranno valutate dalla Commissione per quanto concerne la loro coerenza con le politiche climatiche.

Quanto al secondo aspetto, sempre entro il 30 settembre 2023 e poi ogni cinque anni, la Commissione dovrà valutare la coerenza delle misure nazionali, delle strategie nazionali a lungo termine e delle relazioni intermedie biennali riguardanti, ancora, sia la neutralità climatica che l’adattamento.

Ma che cosa può fare la Commissione se le misure e strategie di uno Stato membro non sono adeguate? Questa è la domanda che tutti i cittadini fiduciosi in un’Europa all’avanguardia si pongono. La risposta è, come sempre nel caso dell’Unione europea, piuttosto complessa e per certi aspetti persino faticosa, ma tutt’altro che banale. La Commissione infatti, se, dopo aver debitamente considerato i progressi collettivi, “constata che le misure di uno Stato membro non sono coerenti con il conseguimento dell’obiettivo di neutralità climatica … o … nell’assicurare i progressi in materia di adattamento … può formulare raccomandazioni rivolte a tale Stato membro[5]. Tutto qui? No, per fortuna, perché:

a) queste raccomandazioni vengono rese disponibili al pubblico, consentendo così il pieno e informato controllo democratico sull’operato dei Governi;

b)  si apre poi una sorta di negoziazione tra lo Stato interessato e la Commissione, in uno spirito significativamente definito di “solidarietà tra Stati membri e Unione e tra gli Stati membri”. Lo Stato membro deve quindi precisare “in che modo ha tenuto in debita considerazione le raccomandazioni; se lo Stato membro interessato decide di non dare seguito alle raccomandazioni o a una parte considerevole delle stesse, fornisce le sue motivazioni alla Commissione”.

Naturalmente, per ottenere il consenso di tutti gli Stati membri, la Legge europea sul clima non ha intaccato il principio in base al quale le proprie disposizioni concernenti la determinazione del traguardo dell’Unione in materia di clima per il 2040 “non pregiudicano il ruolo del Consiglio europeo, sancito dai trattati, nel definire le priorità e gli orientamenti politici generali per lo sviluppo della politica climatica dell’Unione”.

Tutto questo è troppo poco? Si, è certamente poco. Ma è molto più di quanto sino a qualche tempo fa ci si poteva aspettare. Ed è molto più di quanto qualsiasi altra Unione di Stati, in giro per il mondo, sta realizzando. Certo, occorre che l’azione della Commissione sia coraggiosa. Occorre che l’Europa riprenda un ruolo importante e unitario nel mondo, potendo così ispirare altre aree geopolitiche a seguire l'esempio[6]. Occorre soprattutto, a livello interno europeo, che i cittadini seguano i progressi compiuti e siano “dalla parte della Commissione” quando questa, inevitabilmente, si troverà a doversi scontrare con Governi troppo pigri. Del resto le valutazioni della Commissione – ci informa l’art. 8 della Legge europea sul clima - dovranno rigorosamente basarsi sulle “migliori e più recenti evidenze scientifiche”, quali risulteranno dalle ultime relazioni dell’IPCC e di numerose altre agenzie.


La partecipazione del pubblico

Non stupisce che un intero articolo della Legge europea sul clima (art. 9) sia dedicato alla Partecipazione del pubblico”. In questo ambito la Commissione dovrà “coinvolgere tutte le componenti sociali per offrire loro la possibilità, e investirle della responsabilità, di impegnarsi a favore di una transizione giusta ed equa sul piano sociale verso una società climaticamente neutra e resiliente al clima”.

Queste parole sembrano richiamare i contenuti e lo spirito di fondo dell’art. 2 della nostra Costituzione.  La partecipazione del pubblico nello sforzo verso la neutralità climatica deve infatti in primo luogo essere resa concretamente possibile dalle istituzioni dell’Unione attraverso una precisa e capillare informazione. La partecipazione informata, dunque, è un diritto inviolabile dei cittadini europei, i quali hanno il diritto di essere informati ed ascoltati. E tuttavia la partecipazione dei cittadini è anche una loro precisa “responsabilità”, dunque un loro dovere inderogabile nell’interesse comune. Non esistono diritti climatici senza i correlati doveri, né ovviamente doveri senza gli imprescindibili diritti.  In questo contesto la Commissione dovrà facilitare processi inclusivi e accessibili a tutti i livelli, nazionale, regionale e locale, che coinvolgano le parti sociali, il mondo accademico, la comunità imprenditoriale, i cittadini e la società civile, “al fine di scambiare le migliori pratiche e individuare le azioni che contribuiscono a conseguire gli obiettivi” del regolamento. Tutto questo dovrà anche portare a “Tabelle di marcia settoriali” (art. 10) per monitorare i progressi nei diversi ambiti.


La relazione periodica della Commissione e il Comitato consultivo

Come norma di chiusura della Legge europea sul clima, l’art. 11 prevede che, entro sei mesi da ogni bilancio globale di cui all’articolo 14 dell’accordo di Parigi, la Commissione debba presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una specifica relazione, che tenga conto delle migliori e più recenti evidenze scientifiche e degli sviluppi internazionali sul tema. La relazione della Commissione può essere accompagnata da proposte legislative di modifica del presente regolamento.

In questo processo la Commissione sarà assistita dall’Agenzia europea per l’ambiente la quale a sua volta potrà avvalersi (art. 12) di un Comitato consultivo scientifico europeo sui cambiamenti climatici composto da 15 esperti scientifici indipendenti ad alto livello in una vasta gamma di discipline pertinenti. I membri del comitato consultivo sono designati dal Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia a titolo personale e svolgono il loro incarico in completa indipendenza dagli Stati membri e dalle istituzioni dell’Unione. Come poi previsto dall’art. 13 della Legge sul clima, anche ogni Stato membro istituisce “un dialogo multilivello sul clima e sull’energia ai sensi delle norme nazionali, in cui le autorità locali, le organizzazioni della società civile, la comunità imprenditoriale, gli investitori e altri portatori di interessi pertinenti nonché il pubblico siano in grado di partecipare attivamente e discutere il conseguimento dell’obiettivo della neutralità climatica dell’Unione … e i vari scenari previsti per le politiche in materia di energia e di clima, anche sul lungo termine, e di riesaminare i progressi compiuti”.

 

Note:

[1] REGOLAMENTO (UE) 2021/1119 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 30 giugno 2021, che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 («Normativa europea sul clima»). V. su di esso, per un primo commento, S.D. BECHTEL, Symbolic Law or New Governance Framework?, 7 luglio 2021, in https://verfassungsblog.de/the-new-eu-climate-law/.

[2]Le quali potranno “contribuire alla decarbonizzazione, in particolare alla riduzione delle emissioni di processo nell’industria, per gli Stati membri che scelgono questa tecnologia”.

[3] Come chiarito dal successivo art. 2 del Regolamento, si tratta dell’”equilibrio tra le emissioni e gli assorbimenti di tutta l’Unione dei gas a effetto serra disciplinati dalla normativa dell’Unione”.

[4] Come si legge nel Considerando 31, “L’adattamento è un elemento essenziale della risposta mondiale di lungo termine ai cambiamenti climatici”.

[5] Del resto, come chiarito nel Considerando n. 40,  “I cambiamenti climatici sono per definizione una sfida transfrontaliera e l’azione coordinata a livello dell’Unione è necessaria per integrare e rafforzare efficacemente le politiche nazionali. Pertanto l’Unione “può intervenire in base al principio di sussidiarietà”.

[6] Nel sedicesimo “Considerando” della Legge europea sul clima si legge del resto quanto segue: “L’Unione è un leader mondiale nella transizione verso la neutralità climatica ed è determinata a contribuire a rafforzare l’ambizione e la risposta globale ai cambiamenti climatici, utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione, compresa la diplomazia climatica”.

 

Tratto dal libro di Luciano Butti e Stefano Nespor "Il diritto del clima", Mimesis, 2022

Di seguito l'indice del libro

 

Prefazione degli autori

1. I fatti

1. Premessa

2. Che cos’è il cambiamento climatico

3. Il surriscaldamento globale

4. L’innalzamento degli oceani

5. Globalità e benessere

6. Estinzioni e biodiversità

7. L’aumento della popolazione

8. Agricoltura e allevamenti

 

2. La scienza del clima, l’IPCC e il diritto                                                

1. Premessa

2. Modelli climatici e previsioni del tempo

3. Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)

4. I rapporti IPCC.

5. Il rapporto dell’8 agosto 2021 Climate Change 2021

6. Gli scenari futuri

7. Le soluzioni

8. Le conseguenze giuridiche

9. Stati, aziende e cittadini hanno un obbligo legale di agire per contenere il riscaldamento?

10. Le tesi di chi nega l’emergenza climatica: opinione, negazionismo, o ‘bufala’?

 

3. L’etica del clima                                                                                                         

1. La tempesta morale perfetta

2. Le premesse: lo sviluppo tecnologico

3. La responsabilità

4. L’equità intergenerazionale

 

4. La giustizia climatica e i movimenti per il contenimento del cambiamento climatico

1. Giustizia climatica: teoria e pratica

2. La storia

3. Le componenti

4. Le organizzazioni non governative

5. Le organizzazioni ambientaliste

6. I movimenti per la giustizia climatica

7. I migranti climatici: dati e definizioni

8.  Le decisioni sui migranti climatici

9. ALcuni movimenti per la giustizia climatica

 

5. L’energia                                                                                   

1. Un cenno storico

2. Le fonti non rinnovabili: i combustibili fossili

3. Le fonti rinnovabili: solare, vento, idroelettrico, biocarburanti, idrogeno

4. Lo sviluppo della legislazione sulle rinnovabili in Europa e in Italia, fino al PNRR

5. La situazione in Italia

5.1. L’energia solare

5.2. L’energia eolica

5.3. L’energia idroelettrica

5.4. Le bioenergie

5.5. L’idrogeno

6. I potenziali conflitti

 

6. L'energia nucleare                                                                                        

1. Premessa

2. L’energia nucleare oggi

3. La nascita del nucleare per scopi pacifici

4. La rinascita del nucleare

5. Nucleare e clima

6. Nucleare e geopolitica

7. Energia nucleare e sicurezza

8. Energia nucleare e smaltimento delle scorie

9. La fine del primo revival nucleare

10. Un nuovo rilancio del nucleare? Il rapporto del 2021 dello JRC della Commissione europea

11. Conclusione

12. A meno che … La fusione nucleare. Sguardi verso un futuro non immediato

 

7. La storia: dalle origini alla Convenzione quadro del 1992                                       

1. Le origini: Fourier e Tyndall

2. Arrhenius e Callendar

3. Gli anni Cinquanta

4. Gli anni Sessanta e Settanta

5. La scoperta della riduzione dello strato d’ozono

6. Gli avvertimenti degli scienziati continuano

7. La Commissione Brundtland: Il nostro comune futuro

8. La dichiarazione di Hansen

9. Verso la Convenzione quadro

 

8. Dalla Convenzione quadro  al Protocollo di Kyoto     

1. La Convenzione quadro

2. Il modello seguito: la Convenzione di Vienna

3. I principi alla base della Convenzione quadro

4. La ripartizione degli Stati aderenti

5. Il Protocollo di Kyoto

6. Un bilancio sul Protocollo di Kyoto

 

9. L’Accordo di Parigi                                                                                  

1. I preparativi dell’Accordo di Parigi

2. Il Paris Outcome: la Decisione e l’Accordo

3. Le finalità dell’Accordo

4. La prima finalità:  i processi di mitigazione

5. La seconda finalità: i processi di adattamento

6. La terza finalità: gli investimenti

7. La quarta (provvisoria) finalità: le perdite e i danni

8. L’attuazione degli impegni

9. L’attuazione dell’Accordo: quattro meccanismi

10. Il primo  meccanismo per l’attuazione dell’Accordo

11. Il secondo meccanismo: l’assistenza finanziaria e tecnologica

12. Il terzo meccanismo: il miglioramento dell’efficienza

13. Il quarto meccanismo: il Comitato

14. Conclusioni e valutazioni

 

10. Le strategie per contenere gli effetti del cambiamento climatico                                                                              

1. In generale: i tre pilastri

2. La prima fase: un solo pilastro, la mitigazione

3. La seconda fase: l’adattamento come secondo pilastro

4. La terza fase: il risarcimento del danno

5. La   geoingegneria

 

11. La finanza del clima                                                                                   

1.Che cos’è la finanza del clima

2. Le politiche finanziarie delle banche

3. La finanza del clima negli accordi internazionali

4. La finanza del clima e i paesi poveri

5. A quanto ammonta la finanza del clima?

6. E quanto servirebbe

7. Gli strumenti fiscali

8. La Carbon Tax

9. L’Emission Trading System - ETS

 

12. L’Unione europea e il clima

1. Le politiche climatiche dell’Unione europea

2. Le direttive ETS (Emission Trading System, o Carbon Pricing)

3. La proposta di Carbon Tax europea

4. La regolamentazione europea delle emissioni per i settori non-ETS (trasporti, civile, agricoltura, rifiuti, piccola industria)

5. Il Regolamento su uso della terra e silvicoltura

6. Cattura e sequestro del carbonio

7. Regolamentazione dei gas fluorurati

8. Altri settori

 

13. La legge europea sul clima del giugno 2021                                     

1. Il cambiamento climatico come “minaccia esistenziale”

2. I precedenti

3. Gli obiettivi

4. Le verifiche sulle misure adottate dagli Stati

5. La partecipazione del pubblico

6. La relazione periodica della Commissione e il Comitato consultivo

 

14. Il diritto del clima in Italia                                                            

1. La normativa italiana in materia di cambiamento climatico: una normativa di recepimento

2. Il sistema dello scambio di emissioni nella normativa italiana: il D. Lgs. 216/2006 e il D. Lgs. 30/2013 

3. La ratifica dell’Accordo di Parigi: la l. 204/2016 

4. Altre discipline rilevanti in materia di emissioni di gas a effetto rilevante (Effort sharing, Lulucf e gas fluorurati)

5. La normativa nazionale: il Decreto Clima e il Green Deal Italiano

6. L’istituzione del Ministero per la Transizione Ecologica e il PNRR a supporto delle politiche in materia di cambiamento climatico

 

15. Il contenzioso climatico in Europa e nel mondo                  

1. Il clima in Tribunale

2. Le cause contro i Governi

2.1. Urgenda: L’Olanda fa da apripista dei casi andati a buon fine

2.2. Regno Unito: una lunga storia di ‘litigation’ climatica, fra autocontrollo delle Corti e difesa del ruolo del Parlamento

2.3. Stati Uniti: molta ‘litigation’ in Tribunale, ma sul clima il Paese è spaccato in due

2.4 Germania: un forte impulso nel 2021 dalla Corte costituzionale federale

2.5 Altri casi in tutto il mondo di fronte a Corti nazionali

2.6 Casi intentati davanti a Corti europee sovranazionali

3. Anche le grandi aziende diventano bersagli: in Olanda sotto giudizio una petrolifera

4. Quando sono i bambini ad agire in giudizio per il clima

 

16. Il contenzioso climatico in Italia                                                                                                    

1. Le strategie nazionali di mitigazione e adattamento

2. ‘Giudizio universale’: nel 2021 citato in giudizio lo Stato italiano 

3. I contenuti e le richieste dell’azione giudiziaria

4. Chi decide sul clima? L’eterno conflitto tra Parlamento e giudici 

5. Che cosa davvero prevede il PNRR per combattere il riscaldamento climatico

 

17. I personaggi del clima