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Stampa 3D in medicina e nuovo Regolamento UE sui dispositivi medici

Stampa 3D in medicina e nuovo Regolamento UE sui dispositivi medici
Stampa 3D in medicina e nuovo Regolamento UE sui dispositivi medici

Estratto dal contributo al corso su “Dispositivi medici e biomateriali in odontoiatria”, organizzato Odonto Consulence s.r.l., Bologna, 5 maggio 2017

La stampa 3D costituisce un nuovo modo di produrre beni, caratterizzato dal fatto che la realizzazione dell’oggetto non è effettuata mediante operazioni di taglio o perforazione del materiale di partenza (subtractive manifacturing), bensì mediante il deposito di strati di materiali sotto la guida di un computer (additive manifacturing)[1].

Il settore biomedicale è uno dei settori in cui la stampa 3D ha già mostrato le proprie potenzialità e che, in un futuro non troppo lontano, potrebbe costituire uno degli elementi chiave per la risoluzione di importanti problematiche collegate alla salute umana.

La stampa 3D in medicina è utilizzata, innanzitutto, per la realizzazione di modellini anatomici non impiantabili[2], al fine di consentire un più accurato planning prechirurgico nonché il training del personale sanitario. Il modellino 3D è, infatti, più preciso rispetto alle immagini diagnostiche in 2D e riproduce fedelmente la situazione anatomica e patologica dello specifico paziente, permettendo così una maggiore self-confidence del medico in formazione e la simulazione dell’intervento chirurgico da eseguire.

La stampa 3D riveste un ruolo importante anche nella ricerca farmaceutica per la produzione di nuovi farmaci e per la produzione, in forme e dosi differenti, di farmaci già in commercio con la possibilità di personalizzazione il prodotto farmaceutico e garantire maggiori possibilità di accesso a terapie innovative.

La frontiera più avanzata della stampa 3D in medicina è sicuramente il bioprinting, ossia la possibilità di stampare tessuti e organi umani, che aprirebbe nuovi scenari per la sperimentazione di nuove terapie e consentirebbe la risoluzione del problema delle liste di attesa per i trapianti d’organo[3].

Per quanto qui più interessa, la stampa 3D è utilizzata anche per la realizzazione di dispositivi medici impiantabili, soprattutto impianti ortodontici, impianti cardiovascolari e protesi ortopediche. Anche in questo caso i vantaggi principali sono rappresentati dall’abbattimento dei costi di produzione, cui è correlata la possibilità di un più ampio accesso ai trattamenti sanitari, e la realizzazione di impianti su misura, con maggiori probabilità di esiti favorevoli degli interventi terapeutici, oltre alla possibilità di prospettare più soluzioni terapeutiche in correlazione con la molteplicità di materiali e di tecniche di progettazione e stampa utilizzabili.

Non esiste ad oggi una norma che regolamenti in modo specifico i prodotti stampati in 3D destinati ad essere impiantati nel paziente, sicché essi devono essere ricondotti entro la previsione dell’articolo 2, comma 1, n. 3), del nuovo Regolamento UE (si tratta, cioè di dispositivi su misura: “qualsiasi dispositivo fabbricato appositamente sulla base di una prescrizione scritta di qualsiasi persona autorizzata dal diritto nazionale in virtù della sua qualifica professionale, che indichi, sotto la responsabilità di tale persona, le caratteristiche specifiche di progettazione, e che è destinato a essere utilizzato solo per un determinato paziente esclusivamente al fine di rispondere alle sue condizioni ed esigenze individuali”). Da ciò consegue l’applicazione del Allegato XIII del nuovo Regolamento UE: si tratta, dunque, di dispositivi che non sono soggetti alla verifica di conformità ed alla marchiatura CE, ma alla dichiarazione di conformità rilasciata dal produttore.

Gli scenari di stampa che possono profilarsi sono molteplici: la stampa può essere eseguita direttamente nello studio medico o nella struttura sanitaria dagli stessi medici, la stampa può essere appaltata all’esterno ad appositi centri che si occupano di realizzare il file di progetto e di procedere alla stampa, infine nulla impedisce che le attività da ultimo elencate (progettazione e stampa) siano poste in essere anche da soggetti diversi. In tutti questi casi si pone il problema di capire chi sia tenuto a rilasciare la relativa dichiarazione di conformità.

Un caso sul quale la giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi ha riguardato l’ipotesi dell’utilizzo della tecnologia CAD/CAM per la realizzazione di corone in ceramica direttamente da parte dell’odontoiatra: si parte dal rilevamento della impronta sul dente tramite sistemi di lettura ottica, elaborata al computer per poi lavorare appositi “blocchetti” - marcati CE come dispositivi medici di serie.

Con nota del 27 aprile 2012, il Ministero della salute aveva precisato che in tal caso l’odontoiatra “non è da considerarsi un fabbricante che immette in commercio dispositivi medici su misura, ma è un operatore professionale che fornisce una prestazione “professionale” nell’ambito della quale applica ed adatta un prodotto per la cura del proprio paziente”.

Il Tribunale di Vicenza, con sentenza n. 1686/2015, ha chiarito, innanzitutto, che il fabbricante di dispositivi medici su misura è “la persona fisica o giuridica responsabile della progettazione, della fabbricazione, dell’imballaggio e dell’etichettatura di un dispositivo in vista dell’immissione in commercio a proprio nome”. L’operato dell’odontoiatra che fabbrica in proprio elementi protesici per procedere all’installazione su un proprio paziente è tuttavia qualcosa di diverso, poiché “non immette “in commercio dispositivi medici, né può vendere prodotti al paziente, ma fornisce una prestazione professionale nell’ambito della quale applica un prodotto per la cura del paziente”.

Analogo discorso potrebbe essere fatto per la struttura sanitaria che realizza “in house” le protesi (anche se non può escludersi, in futuro, che le strutture che dispongono della tecnologia la mettano a disposizione, dietro compenso, di altre strutture, realizzandosi così una vera e propria attività di commercializzazione degli stampati). Tutti gli altri casi potranno essere risolti sulla base delle indicazioni contenute nell’articolo 2, comma 1, n. 30, del nuovo Regolamento, il quale definisce come fabbricante “la persona fisica e giuridica che fabbrica o rimette a nuovo un dispositivo oppure lo fa progettare, fabbricare, o rimettere nuovo, e lo commercializza apponendovi il suo nome o marchio commerciale”. 



[1] ASTM International (American Society for Testing and Materials International).
[2] La descrizione dei principali usi attuali e futuri della stampa 3D qui operata si basa sulla relazione della Dott.ssa Ilaria Carrino, “La stampa 3D nelle politiche sanitarie”, al convegno sulla “Stampa 3D in medicina”, tenutosi a Bologna il 31 marzo 2017.
[3] M.L. Rizzo, M. Giacomello, La sanità elettronica in una prospettiva rivoluzionaria: gli aspetti legali della stampa 3D in medicina in Strumenti, diritti, regole e nuove relazioni di cura. Il paziente europeo protagonista nell’eHealth, a cura di C. Faralli, R. Brighi e M. Martoni, Giappichelli, 2015, p. 335 ss.