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Studio legale: quando l’arredamento comunica

Ballerine, Edgar Degas (1884-1885), museo d'Orsay, Parigi
Ballerine, Edgar Degas (1884-1885), museo d'Orsay, Parigi

Mai come in questi ultimi mesi la logistica, l’arredamento e la c.d. “psicogeografia” sono diventati importanti anche per gli studi legali. Dal 2020 il periodo si caratterizza per il ricorso allo smart working, coworking e riorganizzazione degli spazi di lavoro per dare modo di avere distanziamento, ma anche per gestire le alternanze di personale in studio.

Negli anni ’80, invece, quelli della Milano da bere, l’immagine faceva la sua parte nel business e le conoscenze il resto. Già il ventennio successivo le cose cominciano a cambiare; nel mondo professionale, tuttavia, accanto al nome l’immagine fa ancora la parte del leone. Nel mondo dei legali d’affari, in particolare, l’immagine è un elemento distintivo sul mercato che può fare la differenza: sedi in centro città, palazzi storici, arazzi, collezioni d’arte da far impallidire le migliori gallerie, lampadari degni di Versaille. Si arriva così all’anno zero quasi senza accorgersene: il 2008, spartiacque tra un prima e un dopo, anche nella professione, non ne parliamo il 2020.

Fino ad allora mostrare i muscoli (finanziariamente parlando) aveva rappresentato un plus. E così, arricchire le sale riunioni con un’opera d’arte appesa alle pareti, oppure l’ingresso con una scultura, o ancora la sala convegni con lampadari da belle époque faceva scena con i clienti e mostrava il “posizionamento” dello Studio. Secondo l’adagio per cui simile cerca simile, i grandi brand dell’industria, della moda, della finanza e le multinazionali avrebbero apprezzato e, anzi, inserito nei propri criteri di scelta anche lo stile dello Studio. Lo sfarzo, insomma, piaceva a chi lo realizzava e al cliente che ne godeva. Era l’epoca delle grandi operazioni finanziarie, delle parcelle milionarie (o quasi) e tutto sembrava girare come ingranaggi perfettamente allineati. La crisi economica e finanziaria mondiale è però alle porte e dal 2008 anche la cultura del cliente, per quanto gigante nelle dimensioni, cambia.

Fa capolino ben presto l’idea che, nell’ottica di una spending review su scala mondiale e all’interno di processi di razionalizzazione delle spese, sia giusto pagare solo ciò che si usa. Così, la mentalità del “pay per use” arriva anche qui, nel mondo dei legali d’affari, dove il cliente comincia a chiedersi chi paga l’arazzo al muro? Chi si accolla la spesa del quadro d’autore? Non è che quota-parte del luccichio dei fastosi lampadari della sala riunione finiscono nella mia parcella? Insomma, domande nuove in un nuovo scenario.

E allora, a scanso di equivoci, ecco che di lampadari fiabeschi, arazzi, quadri e sculture se ne vedono sempre meno negli Studi legali. Ad essi viene sostituito un altro tipo di stile, più sobrio e che, soprattutto, trasmetta l’idea di efficienza, eleganza, organizzazione. Lo Studio, insomma, percepisce il cambiamento e velocemente si adegua a esso. Il cliente vuole pagare solo ciò che effettivamente utilizza del proprio consulente: tempo, esperienza, valore aggiunto, organizzazione. Il lusso, no.

Possiamo dunque affermare che l’arredamento di Studio ha una funzione comunicativa? Certamente sì. Esattamente come la vestemica - non solo il modo di vestire, ma tutti gli ornamenti e orpelli che rappresentano una estensione del nostro corpo – comunica e parla di noi. Nei rapporti interpersonali il maggior peso in termini comunicativi lo riveste il linguaggio non verbale (o linguaggio del corpo) che, secondo gli studi del famoso antropologo Albert Mehrabian incide per ben il 55% della comunicazione complessiva (mentre il canale verbale incide per il 7% e il paraverbale per il 38%).

Quando entriamo in uno Studio legale siamo subito colpiti o attratti da determinati aspetti: la dimensione degli spazi della reception, dal pregio delle finiture, dai pavimenti in parquet alle porte a vetri scorrevoli, dalle poltrone della sala d’aspetto, ai tavoli della sala riunione o all’impianto della videoconferenza. Per non parlare poi dell’accoglienza delle receptionist, dal caffè e dolcetto ad allietarci l’attesa. Block notes, matite e penne brandizzate completano l’immagine dello Studio efficiente, al passo con i tempi, che si prende cura del proprio cliente.
Tutto questo arriva eccome al visitatore, che, più o meno consapevolmente, comincia a formarsi un’idea del luogo in cui si trova, del “lignaggio” dello Studio.

Prima ancora di incontrare l’avvocato nostro consulente, già ci siamo cominciati a formare un’idea di lui attraverso il suo habitat. Colori, immagini, diposizione dei mobili (psicogeografia), illuminazione, e perfino l’odore dei luoghi comunica con noi ben prima delle parole del nostro consulente legale.

Vale dunque la pena curare l’arredamento di Studio e l’accoglienza dei clienti? Assolutamente sì! Con questo non vogliamo dire che l’immagine sia tutto, ma che l’immagine è una buona parte e, soprattutto, completa il resto. È chiaro che il cliente sceglie in funzione delle competenze, dell’esperienza e bravura del proprio consulente (o così dovrebbe fare un cliente accorto), ma è altrettanto vero che la cura del proprio cliente passa anche da questi particolari (che a volte proprio particolari non sono) che manifestano anche lo stile e l’approccio che caratterizza il legale e il suo Studio.

Se un tempo chi curava l’immagine dei grandi Studi puntava a mostrare i muscoli culturali, economici e artistici che avrebbero dovuto accompagnare e sostenere l’immagine dello Studio nel mercato legale per distinguersi dai competitors, oggi la cura della location, dell’arredamento e del cliente punta ad un altro obiettivo comunicativo: trasmettere non tanto potenza, quanto efficienza, modernità, esperienza, organizzazione e stile. Se lo Studio legale fosse un politico, potremmo dire che il passaggio è stato dall’indossare un vestito di alta moda per apparire, all’indossare un ottimo vestito sartoriale su misura dove, tolta la giacca e rimboccate le maniche, lo Studio è subito pronto a mettersi all’azione per realizzare gli interessi del cliente nel modo più veloce e diretto possibile.

A tutte queste considerazioni possiamo aggiungere anche quelle di opportunità organizzativa alla luce dello smart working e delle restrizioni imposte dalla pandemia, ma di questo parleremo in un’altra puntata.