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Una lezione da Paolo Kessisoglu sulla conservazione digitale

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Una lezione da Paolo Kessisoglu sulla conservazione digitale

Riflessione leggera, ma non troppo, sulla sottovalutazione di un processo estremamente importante

Quando parlo di conservazione digitale e della sua importanza, alle volte leggo negli occhi dei miei interlocutori espressioni di perplessità e, quando faccio presente che rappresenta un obbligo di legge, la domanda immediatamente seguente è: quali sanzioni sono previste se non conservo? È evidente che l’approccio dell’obbligo normativo, pur essendo il più immediato, non è efficace.

Allora provo a cambiare approccio, parlandovi di Paolo Kessisoglu del duo comico Luca e Paolo. Lo conoscete, vero? Direte: cosa c’entra con la conservazione digitale, cosa potrà insegnare o trasmettere un comico su questo tema? Beh, l’altro giorno Paolo Kessisoglu ha condiviso su Instagram un ricordo emozionante della vita dei propri genitori, venuti a mancare di recente a pochi mesi uno dall’altro (notizia ripresa di recente anche dalla mailing list di Procedamus).

In questo messaggio, toccante ed intenso, ha raccontato di aver conosciuto i propri genitori sotto un altro punto di vista: “la loro vita di persone e non di genitori”. E l’ha fatto scoprendo fra i loro ricordi di una vita, “anzi due”: loro foto da fidanzati, documentazioni di viaggi e centinaia di lettere d’amore, tutto gelosamente custodito per oltre mezzo secolo.

Non vi nascondo un velo di preoccupazione nel riflettere su questa bellissima lettera d’amore indirizzata ai propri genitori. Mi sono chiesto: i miei figli avranno questa opportunità? Potranno fra 50 o anche solo 30 anni rivedere i ricordi di una vita della nostra famiglia?

Le nostre foto da bambini, su carta fotografica, quella di una volta, sono ancora in ottimo stato. Che emozioni rivederle assieme ai figli e ritrovare tutte quelle somiglianze!

Se penso che ancora oggi si leggono tranquillamente pergamene del IX secolo, mi preoccupano il video del mio primo matrimonio (33 anni fa) custodito su una cassetta VHS in ottimo stato, il video del battesimo di mia figlia riversato su un CD 20 anni fa, le foto della comunione di mio figlio su una scheda di memoria da qualche parte. Ma anche le foto e i due cortometraggi montati da mia figlia in ricordo del mio secondo matrimonio, dieci anni fa. Questi ultimi, visto che iniziavo a sospettare di non custodirli con sufficiente attenzione, li ho salvati sul PC, backuppato su NAS in Raid5, e replicati su cloud.

Piccola storia triste: non ho alcun lettore VHS in casa, né tantomeno ce l’hanno figli, parenti e amici; i CD si è scoperto che non sono ‘per sempre’… la parte riflettente tende a deteriorarsi rendendoli illeggibili; ma le foto e soprattutto i video che ho salvato sulle schede video e su disco, sono sicuro che siano ancora integre e custodite opportunamente? I formati di compressione dei video, ad esempio, hanno avuto una forte evoluzione negli ultimi anni ed alcuni algoritmi di compressione non sono più leggibili facilmente.

Tutto questo cosa evidenzia? Nel corso degli anni abbiamo imparato a confrontarci col risvolto della medaglia dell’evoluzione tecnologica: l’obsolescenza tecnologica. Che si manifesta in obsolescenza dei supporti (DVD, CD, smart phone, ecc.) e obsolescenza dei formati (file prodotti e custoditi con formati non più leggibili) con effetti ulteriormente inaspriti dalla cosiddetta obsolescenza programmata.

In fondo non c’è niente di nuovo, sono situazioni vissute anche in passato (portandoci a trasferire video da pellicole Super 8 a VHS per poter continuare a vederli), ma la rapidità con la quale si stanno manifestando queste transizioni è cresciuta in maniera esponenziale. Dobbiamo agire e adeguarci prima che sia troppo tardi!

Ecco il primo nesso con la conservazione digitale: uno dei compiti di un servizio di conservazione è garantire l’integrità, l’autenticità e la leggibilità di un oggetto conservato (sia questo un video, una foto, un documento, aggregazione di dati, o altro oggetto digitale). Deve garantire livelli di sicurezza tali da escludere la perdita della “memoria” anche in caso di incidente catastrofico, garantire l’immodificabilità (anche accidentale) degli oggetti conservati. Sicuramente la conservazione digitale impedisce che si verifichino danni dovuti all’obsolescenza dei supporti su cui sono conservati gli oggetti, ma al tempo stesso ha il gravoso compito di analizzare e anticipare i rischi di obsolescenza dei formati, implementando processi di riproduzione tali da mantenere inalterati forma (laddove possibile) e contenuto originari nel rispetto dell’originale, passando a formati di file più moderni.

Kessisoglu ha evidenziato anche un altro aspetto estremamente importante: ha dedicato “più o meno 150 giorni”, assieme alla sorella, “a smaltire e catalogare” questi ricordi. Ho riletto più volte questa frase, perché con estrema sintesi e dolcezza ha espresso un concetto archivistico importantissimo: ha descritto esattamente il concetto di selezione (e, di conseguenza, anche di scarto).

Un processo cui siamo tutti abituati: quante volte selezioniamo capi di abbigliamento, articoli per la casa, elettrodomestici e tanto altro per far ordine e spazio?

Sicuramente, chi più chi meno, facciamo lo stesso con documenti, foto e video. Molto probabilmente Kessisoglu e sorella hanno lavorato sul risultato di attività di selezione e scarto già fatte in passato dai propri genitori. Selezione su cui, in questi 150 giorni, hanno operato a loro volta un’ulteriore selezione mantenendo ciò che per loro ha rappresentato un ricordo da conservare, scartando il resto.

Sempre di più, con il proliferare di materiale digitale, diventa essenziale una adeguata e razionale azione di selezione: pensiamo alle migliaia di foto sui nostri dispositivi personali, ai documenti (che produciamo e riceviamo in innumerevoli forme e con innumerevoli mezzi). È nostro dovere lasciare ai nostri figli una selezione di ricordi che possano consultare e sulla quale possano a loro volta operare un’ulteriore selezione e anche la futura conservazione o lo scarto. Lasciare decine di migliaia di foto equivale a impedire a chi le dovrà catalogare di individuare e selezionare quelle veramente significative, da conservare a loro futura memoria.

A pensarci bene il tema appena affrontato è assolutamente traslabile all’interno di qualsiasi organizzazione (pubblica o privata), con l’aggravante che in un’azienda o una PA è raro che un dipendente possa condividere memorie di una vita (lavorativa in questo caso). Sono piuttosto frequenti, infatti, cambi di ruolo, responsabilità, ufficio di appartenenza, datore di lavoro… Quindi a maggior ragione bisogna essere rigorosi e non pensare di avere una vita per selezionare, scartare e conservare rappresentazioni di atti dati e fatti che descrivono l’azione della propria organizzazione. È indispensabile agire da subito, individuando ciò che dovremo conservare per sempre e ciò che probabilmente sarà oggetto di scarto in un lasso di tempo di 10/20 anni o più limitato. In questo modo potremo dedicare maggior attenzione a ciò che dovrà essere conservato per sempre (come può essere il video di un battesimo), cosa sarà destinato allo scarto a breve termine (alcune foto simili ad altre) e cosa invece far sedimentare e valutare più avanti se possa essere significativo per rappresentare la memoria storica di una famiglia o di una organizzazione (ad esempio le foto di una delle tante vacanze trascorse coi genitori).

Ricordiamoci che la storia di imprese storiche come Olivetti, Ferrero, Ferrari e di qualsiasi altra realtà entrata nella storia italiana, si è creata grazie alla memoria prodotta e conservata da imprenditori e lavoratori di queste aziende.

Grazie quindi, Paolo Kessisoglu, per aver suscitato queste considerazioni. Mi piacerebbe porle una domanda e stimolarle a mia volta una riflessione: come pensa di conservare il bellissimo post che ha fatto, perché rimanga fra le sue memorie?