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Un’altra legge finanziaria e la qualità della legislazione: l’importanza dell’attività degli uffici legislativi delle amministrazioni statali

La stagione autunnale ogni anno ci porta il primo freddo, cadono le foglie ed arriva inesorabile anche la legge finanziaria. Anche se cambiano i Governi e si alternano le coalizioni puntualmente ci si scontra con i “presunti o previsti” tagli alla spesa pubblica, al sociale e, soprattutto, agli enti locali. Cominciano a fioccare i primi scioperi generali ed imperversano le polemiche. Ma il giurista che si occupa dell’informatica giuridica, ed in particolare della teoria e tecnica della normazione, in questo periodo farebbe meglio a concedersi una lunga pausa di ferie fino a gennaio, epifania compresa.

Con la finanziaria ogni anno tutti i buoni propositi, i progetti finanziati, i convegni, seminari e le disquisizioni dottrinarie sul termine inglese “drafting”, vengono, per almeno tre mesi, confinati in un mondo parallelo per poi essere ripescati magicamente dopo la befana. La simpatica vecchietta nella sua calzetta ci ha nel frattempo regalato uno dei tanti esempi di mostro giuridico, un monoarticolo di più di un migliaio di commi che azzera in un sol colpo (con una sola legge) le basi della tecnica di redazione di un atto normativo. Purtroppo si assiste in questi ultimi anni ad un peggioramento nella redazione dei testi normativi, sia prodotti dal Parlamento che dal Governo.

Un anno fa un articolo di Bertoncini dal titolo eloquente “Il legislatore ha dimenticato l’italiano”[1] prese spunto dalla rubrica dell’articolo 14 del Ddl finanziaria 2006 (poi disintegrato in molteplici commi) nella quale veniva usata una parola inglese per indicare le nostre Autorità. La parola “Authorities” non è italiana, anche se oggi è spesso utilizzata (forse solo tra gli addetti ai lavori ed è questo il problema), e tutto ciò non rispetta nemmeno le regole di base previste per una corretta redazione dei testi normativi. Quello dell’ex articolo 14 dello schema della finanziaria 2006 è solo uno dei molti esempi di cattiva redazione delle leggi o sciatteria legislativa. Un accorato grido di allarme in queste ultime settimane del 2006 è stato lanciato dal Presidente Onida, eminente giurista e già Presidente della Corte Costituzionale. Onida nel suo articolo apparso su Repubblica e sul Sole 24ore[2] parla chiaramente di “prassi incostituzionale” quella che i Governi di qualsiasi schieramento hanno adottato in questi anni per approvare la legge finanziaria. Approvare a colpi di fiducia un maxiemendamento nel quale il Governo riformula integralmente in un solo articolo tutto o quasi il contenuto della legge finanziaria è un chiara violazione dell’articolo 72 della Costituzione.

Il Presidente Onida si lamenta giustamente. Come è possibile infatti dimenticare nella finanziaria del 2007 i due mega emendamenti formati da un solo articolo con quasi 700 commi presentati dal Governo alla Camera e di più di 1350 commi al Senato ed approvati con il voto di fiducia? Il risultato è oggi alla luce del sole: la legge 27 dicembre 2006, n. 296 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”, una legge finanziaria formata da un solo articolo e ben 1364 commi (!!!!) tra loro rigorosamente eterogenei affinché il simpatico lettore-cittadino sia obbligato a districarsi tra i commi alla ricerca della materia trattata: praticamente una legge omnibus. Sì, ho scritto correttamente, commi per materia trattata: come si lamentava Onida, non è ancora in vigore l’articolo 72 della Costituzione che prevede la votazione delle leggi articolo per articolo? E’ come piegare il diritto alla politica, ma in questo caso il diritto piuttosto scompare sotto il peso della politica. I due megaemendamenti che si sono fusi tra loro, hanno segnato in modo determinante la finanziaria del 2007 perché, presentati a dibattito avanzato ed approvati a colpi di fiducia, hanno precluso di fatto qualsiasi discussione. Il megaemendamento è il mostro del mostro, una creatura nata da testi, frazioni di commi, disposizioni ripescate provenienti dagli uffici legislativi dei ministeri, dai partiti, sindacati, gruppi di pressione. Il risultato spesso sono articoli o commi legati tra loro in modo variopinto e scenografico; uso di caratteri diversi, errori di battitura (o di grammatica?), provocati soprattutto dalla fretta, che rischiano di non essere controllati sia prima dell’inserimento nel megaemendamento che successivamente all’approvazione. Così può scappare una norma non concordata (esempio un condono contabile?) che dovrà poi essere corretta con un bel decreto-legge.

E’ possibile intervenire prima? E soprattutto, perchè ci si riduce così ogni anno?

Rispondere a questa semplice ed al contempo complessa domanda, porta inevitabilmente ad inquadrare il problema da un punto di vista generale e storico.

L’evoluzione storica della “qualità della legislazione” è legata all’attività del Parlamento e del Governo anche se non è affatto di secondo piano la grande opera delle Regioni. Le Regioni sono state senza dubbio le vere pioniere sul versante del drafting e, in generale, le istituzioni più attive nel contrastare i fenomeni interconnessi dell’inflazione e dell’inquinamento legislativo. Già dal 1984 la Regione Toscana con i “Suggerimenti per la redazione dei testi normativi”, sotto forma di una direttiva vincolante, ha fatto da battistrada, seguita poi da molte altre Regioni, ancora prima che lo Stato si dotasse di strumenti analoghi nel 1986[3]. Le Regioni non si sono fermate a questa prima elaborazione. Nel 1989 a Palermo al Seminario sui problemi delle tecniche legislative, organizzato dall’Assemblea siciliana, viene presentato da un gruppo di lavoro nazionale coordinato dall’Osservatorio legislativo interregionale e presieduto dal Prof. Giuseppe Ugo Rescigno, su impulso della Conferenza dei presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, un documento che rappresentava il frutto di un lavoro di raccolta e di accorpamento delle molteplici direttive e regole di legistica in vigore presso i vari uffici dei Consigli e delle Giunte regionali.

Nel gennaio 1992 la Conferenza dei presidenti delle assemblee regionali ha proposto questo documento come testo unificato dal titolo “Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi”.

Nel 2002 l’Osservatorio legislativo interregionale (O.L.I.) ha pubblicato la seconda edizione del manuale, integrando il testo con l’elaborazione di un indice di qualità delle leggi regionali partendo dal presupposto che la qualità deve essere intesa quale rapporto tra testo della legge e regola tecnica legislativa[4]. Nella redazione del manuale, almeno nella sua nuova edizione, l’O.L.I. ha preso spunto anche da direttive statali per precisare e rendere più chiare ed esplicite le regole in vigore. Le Regioni quindi hanno iniziato e continuano ad essere un vero e proprio laboratorio permanente di queste tematiche e dovrebbero rappresentare un punto di riferimento anche per le amministrazioni centrali dello Stato.

Ma tornando al Parlamento ed al Governo è con l’emanazione delle circolari del 1986 e 1997 e la successiva modifica dell’articolo 79 del regolamento della Camera e l’istituzione del Comitato per la legislazione che assistiamo ad una svolta. Il Senato ha seguito una strada diversa rafforzando gli apparati amministrativi. Già la Commissione Barettoni Arleri nel 1986 si era occupata della fattibilità della regolazione, ma si è dovuto attendere il 1999, con l’articolo 5 della legge n. 50, legge di semplificazione 1998, affinché concetti ed analisi potessero trovare concreta applicazione con l’introduzione dell’Analisi di impatto della regolamentazione (AIR). In attuazione dell’articolo 5 della legge n. 50 del 1999 è stata emanata la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 marzo 2000 relativa all’AIR[5]. L’AIR analizza ed effettua la valutazione degli effetti sostanziali che un provvedimento normativo provoca sull’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e sull’attività dei cittadini e delle imprese. Spesso viene utilizzata per effettuare sia analisi ex ante, che analisi ex post per valutare gli effetti di provvedimenti vigenti, e si compone di una serie di operazioni. Componente fondamentale è l’analisi costi-benefici al fine di verificare se l’intervento comporti più benefici che costi dal punto di vista della collettività, confrontando altre tipologie di intervento possibili e la situazione immutata (l’opzione zero). Nell’ambito della progettazione normativa, l’AIR si collega ad altre attività istruttorie effettuate dalle amministrazioni per l’adozione di atti di regolazione: tra queste attività c’è l’analisi tecnico normativa (ATN), che è volta a valutare l’impatto del provvedimento normativo sull’ordinamento giuridico in relazione alle norme costituzionali, comunitarie e delle autonomie locali.

Successivamente alla direttiva del 2000 è partita una sperimentazione dell’AIR con il coinvolgimento del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio dei Ministri insieme al Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure, oggi sciolto,[6] del Dipartimento per la funzione pubblica e del Dipartimento per gli affari economici. La valutazione del periodo di sperimentazione e delle difficoltà incontrate, hanno reso necessario emanare una seconda direttiva il 21 settembre 2001 che si propone di estendere gradualmente la sperimentazione a tutta l’amministrazione e di promuovere un’attività di formazione del personale. Nella direttiva vi è un preciso riferimento ai compiti del DAGL che possono riassumersi nell’assicurare il coordinamento delle attività dei diversi Ministeri e di valutare anche l’AIR da questi prodotte. Più in generale l’ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DAGL), costituito da due uffici dirigenziali generali quali l’Ufficio centrale per il coordinamento dell’iniziativa del Governo e l’Ufficio per le ricerche e la documentazione giuridica, è titolare delle funzioni relative al coordinamento dell’attività normativa del Governo al fine di garantire la valutazione dell’impatto della regolazione, la semplificazione dei procedimenti, la qualità del linguaggio normativo, l’applicabilità della innovazione normativa, l’adempiuta valutazione degli effetti finanziari. Svolge, dunque, una funzione preparatoria e di individuazione preliminare dei contenuti dei disegni di legge governativi, e può essere identificato come un filtro e un selezionatore delle diverse proposte legislative governative da definire e coordinare attraverso la c.d.concertazione tra le amministrazioni. Ma, soprattutto, può accrescere il livello qualitativo della progettazione legislativa dell’esecutivo mediante la sistemazione e la procedimentalizzazione delle diverse fasi dell’iniziativa.[7] Risulta, quindi, evidente l’importanza del DAGL nell’ambito della qualità della legislazione o della regolazione (soprattutto governativa).

E’ stato sottolineato come, mentre a livello parlamentare si stia sviluppando un’adeguata sensibilità sul tema della qualità della legislazione, il problema si ponga invece a livello governativo, anche in considerazione della tendenza sempre più marcata del governo a rivestire un ruolo sempre più preminente nei confronti del Parlamento nella produzione legislativa.[8] Ecco perché è importante analizzare e focalizzare l’attenzione sul ruolo strategico rivestito dagli uffici legislativi delle amministrazioni statali.[9] Il decreto legislativo n. 300 del 1999 già opera in tal senso, puntando sia alla riorganizzazione degli uffici legislativi, in modo da assicurare il raccordo permanente con l’attività normativa del Parlamento, che sulla elaborazione dei testi normativi del Governo, garantendo la valutazione dei costi della regolazione, la qualità del linguaggio normativo, l’applicabilità delle norme introdotte, lo snellimento e la semplificazione normativa, la cura dei rapporti con gli altri organi costituzionali, con le autorità indipendenti e con il Consiglio di Stato (articolo 7 lettera d) del d.lgs. n. 300 del 1999).

Nel nostro ordinamento l’elaborazione dei disegni di legge governativi e degli atti legislativi e regolamentari è decentrata verso i vari Ministeri competenti, in primis uffici di gabinetto e uffici legislativi. Il ruolo degli uffici legislativi è concretamente quello di tradurre la valutazione del vertice politico e la valutazione amministrativa proveniente dagli uffici operativi (direzioni generali e dipartimenti) in norme giuridiche. L’ufficio legislativo si pone, da un lato, come elemento di raccordo e di sintesi tra la dimensione politica e quella amministrativa e dall’altra, come supporto tecnico del Ministro.[10]

Gli uffici legislativi dei Ministeri ed i settori legislativi dei Ministri senza portafoglio svolgono pertanto molteplici funzioni: dalla predisposizione di pareri necessari al prosieguo dei lavori parlamentari, alla partecipazione alla riunione preparatoria al Consiglio dei Ministri (Preconsiglio) che si tiene ogni settimana a Palazzo Chigi qualche giorno prima del Consiglio dei Ministri.[11] Alla riunione del Preconsiglio, coordinata dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza con funzioni di segretario del Consiglio dei Ministri, o dal Segretario generale della Presidenza del Consiglio, o dal Capo del DAGL, con la partecipazione di tutti i capi degli uffici legislativi (talvolta anche capi di gabinetto)[12], vengono discusse tutte le proposte di provvedimenti normativi provenienti dalle amministrazioni che dovranno essere iscritte all’ordine del giorno del successivo Consiglio dei Ministri. Si tratta di una riunione tecnica nella quale tutti i singoli provvedimenti vengono sottoposti ad una discussione e ad un’analisi prettamente giuridica dei contenuti. La presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio conferisce comunque un velato, spesso non troppo, imprinting politico alle decisioni adottate. Il Preconsiglio rappresenta un preziosissimo strumento al fine di pervenire alla stesura finale di testi normativi che ineriscono a competenze di più amministrazioni, per i quali sono necessari concerti interministeriali, e che sono stati precedentemente oggetto di riunioni tecniche di coordinamento.

Oltre all’attività istituzionale relativa alla redazione dei testi normativi, gli uffici legislativi sono chiamati all’espletamento di diversi adempimenti connessi all’iter normativo: redazione della relazione illustrativa, di quella tecnico finanziaria per i provvedimenti che comportano oneri, dell’analisi tecnico-normativa (ATN), dell’analisi per l’impatto della regolazione (AIR) e della riformulazione dei testi secondo le regole del drafting.

Il ruolo di filtro e di verifica, quasi interdittivo, degli uffici legislativi in generale e del DAGL della Presidenza del Consiglio dei Ministri in particolare, è di fondamentale importanza per l’applicazione e la sperimentazione di tutti quegli strumenti che hanno l’obiettivo di risolvere l’annoso problema della scarsa qualità della legislazione.

Un’autorevole dottrina[13] raggruppa in quattro campi principali le più importanti tecniche che possono essere adottate e praticate per la migliore redazione dei testi normativi:

1. la legistica o tecnica legislativa in senso stretto o drafting, ossia la tecnica che si preoccupa dei testi normativi dal punto di vista sia del linguaggio comune, sia del linguaggio giuridico che della forma esteriore e della migliore organizzazione concettuale;

2. analisi di fattibilità o valutazione legislativa, ossia l’insieme di quelle tecniche che consentono di valutare ex ante (AIR) un testo normativo per verificare, nei limiti del possibile, la sua adeguatezza a risorse materiali, personali, finanziarie, rispetto agli obiettivi perseguiti e ai risultati sperati e le probabili conseguenze che la sua immissione determinerà nel sistema;

3. controllo di gestione, ossia l’analisi ex post (VIR) delle effettive conseguenze e realizzazioni raggiunte dall’applicazione dell’atto normativo;

4. analisi delle procedure che rappresenta lo studio sistematico delle procedure adottate e da adottare nella preparazione, redazione e approvazione di un testo normativo per coordinare meglio ed effettuare tutte le valutazioni relative ai tre punti precedenti ed assume per questo un’importanza strategica.[14]

A questo punto, è opportuno distinguere l’AIR dagli altri strumenti utilizzati per raggiungere un unico risultato: la qualità della legislazione e la fattibilità delle leggi. In generale si identifica l’AIR con il drafting sostanziale distinguendolo da quello formale.

A volte il confine tra forma e sostanza non è molto netto e definito ed il drafting non fa eccezione. Si può intendere il drafting formale come quel complesso di regole essenzialmente stilistiche e grafiche necessarie per una corretta stesura dei testi normativi. Il drafting sostanziale riguarda invece quella complessa opera di traduzione in norma giuridica di indicazioni prettamente politiche tese ad evidenziare la necessità di un intervento politico. Nella sua connotazione sostanziale il drafting implica, quindi, una serie di valutazioni ampiamente discrezionali, relative al soddisfacimento degli interessi che sono a fondamento dell’intervento normativo, all’impatto delle nuove norme dell’ordinamento ed al loro grado di attuabilità amministrativa ed al monitoraggio della loro effettiva attuazione. E’ proprio sulla base di queste caratteristiche e dell’esperienza quotidiana, che soprattutto il riferimento al drafting sostanziale si risolve in buona sostanza nell’analisi di impatto della regolazione, nell’analisi della fattibilità[15] e nell’analisi tecnico normativa. (VIR)

In relazione al drafting cosiddetto formale sono state fissate delle regole essenziali che possono essere sinteticamente ripartite in tre categorie:

1. organizzare il testo,

ossia rispettare un piano preordinato che imprima una precisa gerarchia alle diverse informazioni trasmesse dalla legge; evitare di inserire norme intruse rispetto all’argomento disciplinato in via principale; scandire il dettato normativo attraverso l’uso di sezioni, capi, titoli, rubricare ogni articolo; dedicare a ciascun articolo un singolo oggetto;

2. strutturare la frase,

ossia usare periodi tendenzialmente brevi, senza troppi incisi né subordinate; curarne la punteggiatura; evitare la doppia negazione e la forma passiva; mirare alla essenzialità;

3. utilizzare il linguaggio normativo,

ossia impiegare parole italiane; evitare l’uso di vocaboli arcaici, di neologismi o parole inutilmente solenni o ricercate; definire gli oggetti sempre con lo stesso nome.

Riassumendo, gli obiettivi da raggiungere sono l’inequivocità e la chiarezza del significato delle definizioni e delle disposizioni. Questi tuttavia rimangono tuttora ancora buoni propositi, anche se le regole essenziali del drafting formale le ritroviamo nella circolare del 1986, in quelle successive, per poi essere trasfuse nella “Guida alla redazione degli atti normativi” contenuta nella circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2001. Sebbene ad oggi la Guida rappresenti il manuale di riferimento per le amministrazioni dello Stato per la redazione degli atti normativi, e sebbene la buona volontà non manchi, si lavora ancora a compartimenti stagni.

E qui la domanda sorge spontanea: ma se allora esistono le regole, gli uffici deputati al controllo della qualità normativa, se si investono fondi pubblici per attività di divulgazione, seminari, formazione, software dedicati, perché Parlamento e Governo sfornano sempre più provvedimenti mostruosi ed incomprensibili?

Per investire nel futuro della qualità della legislazione c’è assoluto bisogno di banche dati efficienti, di maggioranze durature, della programmazione dei lavori ed il non operare nell’emergenza, della formazione dei legisti, della collaborazione tra le istituzioni e le autonomie, dell’ausilio dell’informatica giuridica, anche perché, parafrasando Galileo Galilei, “Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro, pochissimi”.

[Articolo gentilmente concesso da: http://www.computerlaw.it]



[1] Italia Oggi del 13.10.05

[2] IlSole24ore del 26.10.06 e Repubblica del 18.12.06

[3] Le circolari delle Presidenze delle Camere del 28 febbraio 1986 e quella in identico testo della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 25 febbraio 1986, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 1986, n. 123, S.O. n. 40. Nel 2001 è stata emanata la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 20 aprile 2001 dal titolo “Regole e raccomandazioni per la formulazione dei testi legislativi”, che ha sostituito una precedente circolare del 1986. Questa circolare è stata adottata con identico testo da Camera e Senato nell’aprile del 2001, seguita dalla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del maggio 2001 dal titolo “Guida alla redazione dei testi normativi”.(Circolare n.1/1.1.26/10888/9.92, pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 105 del 3 maggio 2001 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 101 del 3 maggio 2001).

[4] L’Osservatorio Legislativo Interregionale (O.L.I.), è l’organo della Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea dei Consigli regionali e delle Province Autonome la cui segreteria è presso il Dipartimento del Consiglio regionale della Toscana ed è composto da funzionari dei Consigli e delle Giunte regionali. Attualmente, oltre all’attività ordinaria articolata in incontri bimestrali, operano quattro gruppi di lavoro: a) gruppo di lavoro per la revisione del manuale unificato "Regole e suggerimenti per la redazione degli atti normativi"; b) gruppo di lavoro sul rapporto annuale sulla legislazione; c) gruppo di lavoro per la fattibilità e l’implementazione delle leggi; d) gruppo di lavoro sulle applicazioni regionali della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1.

[5] Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 maggio 2000, n. 118. L’argomento AIR viene affrontato soprattutto da Savini G., “L’analisi di impatto della regolamentazione nella nuova direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 settembre 2001”, 2002, consultabile qui.

[6] L’art. 11, L. 6 luglio 2002, n. 137 con la decorrenza dal 30 giugno 2002 ha soppresso il Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure e ha disposto l’istituzione di un Ufficio per l’attività normativa ed amministrativa di semplificazione delle norme e delle procedure presso il Dipartimento della funzione pubblica

[7]Lorello L., “Funzione legislativa e comitato per la legislazione”, 2003, Torino, pp. 31 ss

[8] Contessa S. “Crisi della legge o trasformazione?” in Rivista telematica di informatica giuridica e di diritto dell’informatica “Computerlaw.it” consultabile in: www.computerlaw.it

[9] Savini G., “Recenti tendenze in materia di organizzazione ministeriale: le riforme in attuazione della l. 137/2002”, anno 2004, consultabile in: http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/site/_contentfiles/00015000/15042_organizzazioni%20ministeriali_savini.pdf.

[10] Savini G., “Recenti tendenze….”op.cit.

[11] A partire dall’insediamento del governo Prodi 1996-1998, si è imposta l’esigenza di un’utilizzazione a regime, con cadenza settimanale, della riunione preparatoria del Consiglio dei ministri, come disciplinato dal d.P.C.M. 10.11.2003. Questa esigenza si è andata confermando e consolidando in tutti i governi successivi fino ad oggi.

[12] Oltre ai Capi del dipartimento dei Rapporti con il Parlamento, degli affari economici, etc, a seconda delle materie trattate nei provvedimenti iscritti all’ordine del giorno del Preconsiglio.

[13] Rescigno G.U., “La redazione degli atti normativi” intervento al Convegno organizzato dal Consiglio Nazionale forense ed dall’Accademia della Crusca -Centro per la formazione e l’aggiornamento professionale degli avvocati- “La lingua, la legge, la professione forense” svoltosi a Firenze 31 gennaio -1 febbraio 2002 consultabile in:

http://www.cnf.it/centrofor/convegni/crusca.htm e http://www.jus.unitn.it/dsg/news/2002/002.html

[14] Rescigno G.U., “Le tecniche della legislazione nella CE” in Bollettino n.13/2001, atti del “Seminario sui mutamenti costituzionali in Italia nel quadro dell’interazione europea”, intervento del 24 novembre 2000, consultabile in: http://www.luiss.it/semcost/europa/rescigno/index.html; inoltre consultabile anche in “I costituzionalisti e l’Europa” a cura di Panunzio S.P., Milano, Giuffrè, 2002

[15] Soprattutto ove quest’ultima assuma un significato assai lato comprendente l’impatto amministrativo, l’impatto socio-economico, l’impatto ordinamentale, etc.. In questa prospettiva è evidente la difficoltà di distinguere l’AIR dalla valutazione politica vera e propria.

La stagione autunnale ogni anno ci porta il primo freddo, cadono le foglie ed arriva inesorabile anche la legge finanziaria. Anche se cambiano i Governi e si alternano le coalizioni puntualmente ci si scontra con i “presunti o previsti” tagli alla spesa pubblica, al sociale e, soprattutto, agli enti locali. Cominciano a fioccare i primi scioperi generali ed imperversano le polemiche. Ma il giurista che si occupa dell’informatica giuridica, ed in particolare della teoria e tecnica della normazione, in questo periodo farebbe meglio a concedersi una lunga pausa di ferie fino a gennaio, epifania compresa.

Con la finanziaria ogni anno tutti i buoni propositi, i progetti finanziati, i convegni, seminari e le disquisizioni dottrinarie sul termine inglese “drafting”, vengono, per almeno tre mesi, confinati in un mondo parallelo per poi essere ripescati magicamente dopo la befana. La simpatica vecchietta nella sua calzetta ci ha nel frattempo regalato uno dei tanti esempi di mostro giuridico, un monoarticolo di più di un migliaio di commi che azzera in un sol colpo (con una sola legge) le basi della tecnica di redazione di un atto normativo. Purtroppo si assiste in questi ultimi anni ad un peggioramento nella redazione dei testi normativi, sia prodotti dal Parlamento che dal Governo.

Un anno fa un articolo di Bertoncini dal titolo eloquente “Il legislatore ha dimenticato l’italiano”[1] prese spunto dalla rubrica dell’articolo 14 del Ddl finanziaria 2006 (poi disintegrato in molteplici commi) nella quale veniva usata una parola inglese per indicare le nostre Autorità. La parola “Authorities” non è italiana, anche se oggi è spesso utilizzata (forse solo tra gli addetti ai lavori ed è questo il problema), e tutto ciò non rispetta nemmeno le regole di base previste per una corretta redazione dei testi normativi. Quello dell’ex articolo 14 dello schema della finanziaria 2006 è solo uno dei molti esempi di cattiva redazione delle leggi o sciatteria legislativa. Un accorato grido di allarme in queste ultime settimane del 2006 è stato lanciato dal Presidente Onida, eminente giurista e già Presidente della Corte Costituzionale. Onida nel suo articolo apparso su Repubblica e sul Sole 24ore[2] parla chiaramente di “prassi incostituzionale” quella che i Governi di qualsiasi schieramento hanno adottato in questi anni per approvare la legge finanziaria. Approvare a colpi di fiducia un maxiemendamento nel quale il Governo riformula integralmente in un solo articolo tutto o quasi il contenuto della legge finanziaria è un chiara violazione dell’articolo 72 della Costituzione.

Il Presidente Onida si lamenta giustamente. Come è possibile infatti dimenticare nella finanziaria del 2007 i due mega emendamenti formati da un solo articolo con quasi 700 commi presentati dal Governo alla Camera e di più di 1350 commi al Senato ed approvati con il voto di fiducia? Il risultato è oggi alla luce del sole: la legge 27 dicembre 2006, n. 296 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”, una legge finanziaria formata da un solo articolo e ben 1364 commi (!!!!) tra loro rigorosamente eterogenei affinché il simpatico lettore-cittadino sia obbligato a districarsi tra i commi alla ricerca della materia trattata: praticamente una legge omnibus. Sì, ho scritto correttamente, commi per materia trattata: come si lamentava Onida, non è ancora in vigore l’articolo 72 della Costituzione che prevede la votazione delle leggi articolo per articolo? E’ come piegare il diritto alla politica, ma in questo caso il diritto piuttosto scompare sotto il peso della politica. I due megaemendamenti che si sono fusi tra loro, hanno segnato in modo determinante la finanziaria del 2007 perché, presentati a dibattito avanzato ed approvati a colpi di fiducia, hanno precluso di fatto qualsiasi discussione. Il megaemendamento è il mostro del mostro, una creatura nata da testi, frazioni di commi, disposizioni ripescate provenienti dagli uffici legislativi dei ministeri, dai partiti, sindacati, gruppi di pressione. Il risultato spesso sono articoli o commi legati tra loro in modo variopinto e scenografico; uso di caratteri diversi, errori di battitura (o di grammatica?), provocati soprattutto dalla fretta, che rischiano di non essere controllati sia prima dell’inserimento nel megaemendamento che successivamente all’approvazione. Così può scappare una norma non concordata (esempio un condono contabile?) che dovrà poi essere corretta con un bel decreto-legge.

E’ possibile intervenire prima? E soprattutto, perchè ci si riduce così ogni anno?

Rispondere a questa semplice ed al contempo complessa domanda, porta inevitabilmente ad inquadrare il problema da un punto di vista generale e storico.

L’evoluzione storica della “qualità della legislazione” è legata all’attività del Parlamento e del Governo anche se non è affatto di secondo piano la grande opera delle Regioni. Le Regioni sono state senza dubbio le vere pioniere sul versante del drafting e, in generale, le istituzioni più attive nel contrastare i fenomeni interconnessi dell’inflazione e dell’inquinamento legislativo. Già dal 1984 la Regione Toscana con i “Suggerimenti per la redazione dei testi normativi”, sotto forma di una direttiva vincolante, ha fatto da battistrada, seguita poi da molte altre Regioni, ancora prima che lo Stato si dotasse di strumenti analoghi nel 1986[3]. Le Regioni non si sono fermate a questa prima elaborazione. Nel 1989 a Palermo al Seminario sui problemi delle tecniche legislative, organizzato dall’Assemblea siciliana, viene presentato da un gruppo di lavoro nazionale coordinato dall’Osservatorio legislativo interregionale e presieduto dal Prof. Giuseppe Ugo Rescigno, su impulso della Conferenza dei presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, un documento che rappresentava il frutto di un lavoro di raccolta e di accorpamento delle molteplici direttive e regole di legistica in vigore presso i vari uffici dei Consigli e delle Giunte regionali.

Nel gennaio 1992 la Conferenza dei presidenti delle assemblee regionali ha proposto questo documento come testo unificato dal titolo “Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi”.

Nel 2002 l’Osservatorio legislativo interregionale (O.L.I.) ha pubblicato la seconda edizione del manuale, integrando il testo con l’elaborazione di un indice di qualità delle leggi regionali partendo dal presupposto che la qualità deve essere intesa quale rapporto tra testo della legge e regola tecnica legislativa[4]. Nella redazione del manuale, almeno nella sua nuova edizione, l’O.L.I. ha preso spunto anche da direttive statali per precisare e rendere più chiare ed esplicite le regole in vigore. Le Regioni quindi hanno iniziato e continuano ad essere un vero e proprio laboratorio permanente di queste tematiche e dovrebbero rappresentare un punto di riferimento anche per le amministrazioni centrali dello Stato.

Ma tornando al Parlamento ed al Governo è con l’emanazione delle circolari del 1986 e 1997 e la successiva modifica dell’articolo 79 del regolamento della Camera e l’istituzione del Comitato per la legislazione che assistiamo ad una svolta. Il Senato ha seguito una strada diversa rafforzando gli apparati amministrativi. Già la Commissione Barettoni Arleri nel 1986 si era occupata della fattibilità della regolazione, ma si è dovuto attendere il 1999, con l’articolo 5 della legge n. 50, legge di semplificazione 1998, affinché concetti ed analisi potessero trovare concreta applicazione con l’introduzione dell’Analisi di impatto della regolamentazione (AIR). In attuazione dell’articolo 5 della legge n. 50 del 1999 è stata emanata la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 marzo 2000 relativa all’AIR[5]. L’AIR analizza ed effettua la valutazione degli effetti sostanziali che un provvedimento normativo provoca sull’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e sull’attività dei cittadini e delle imprese. Spesso viene utilizzata per effettuare sia analisi ex ante, che analisi ex post per valutare gli effetti di provvedimenti vigenti, e si compone di una serie di operazioni. Componente fondamentale è l’analisi costi-benefici al fine di verificare se l’intervento comporti più benefici che costi dal punto di vista della collettività, confrontando altre tipologie di intervento possibili e la situazione immutata (l’opzione zero). Nell’ambito della progettazione normativa, l’AIR si collega ad altre attività istruttorie effettuate dalle amministrazioni per l’adozione di atti di regolazione: tra queste attività c’è l’analisi tecnico normativa (ATN), che è volta a valutare l’impatto del provvedimento normativo sull’ordinamento giuridico in relazione alle norme costituzionali, comunitarie e delle autonomie locali.

Successivamente alla direttiva del 2000 è partita una sperimentazione dell’AIR con il coinvolgimento del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio dei Ministri insieme al Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure, oggi sciolto,[6] del Dipartimento per la funzione pubblica e del Dipartimento per gli affari economici. La valutazione del periodo di sperimentazione e delle difficoltà incontrate, hanno reso necessario emanare una seconda direttiva il 21 settembre 2001 che si propone di estendere gradualmente la sperimentazione a tutta l’amministrazione e di promuovere un’attività di formazione del personale. Nella direttiva vi è un preciso riferimento ai compiti del DAGL che possono riassumersi nell’assicurare il coordinamento delle attività dei diversi Ministeri e di valutare anche l’AIR da questi prodotte. Più in generale l’ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DAGL), costituito da due uffici dirigenziali generali quali l’Ufficio centrale per il coordinamento dell’iniziativa del Governo e l’Ufficio per le ricerche e la documentazione giuridica, è titolare delle funzioni relative al coordinamento dell’attività normativa del Governo al fine di garantire la valutazione dell’impatto della regolazione, la semplificazione dei procedimenti, la qualità del linguaggio normativo, l’applicabilità della innovazione normativa, l’adempiuta valutazione degli effetti finanziari. Svolge, dunque, una funzione preparatoria e di individuazione preliminare dei contenuti dei disegni di legge governativi, e può essere identificato come un filtro e un selezionatore delle diverse proposte legislative governative da definire e coordinare attraverso la c.d.concertazione tra le amministrazioni. Ma, soprattutto, può accrescere il livello qualitativo della progettazione legislativa dell’esecutivo mediante la sistemazione e la procedimentalizzazione delle diverse fasi dell’iniziativa.[7] Risulta, quindi, evidente l’importanza del DAGL nell’ambito della qualità della legislazione o della regolazione (soprattutto governativa).

E’ stato sottolineato come, mentre a livello parlamentare si stia sviluppando un’adeguata sensibilità sul tema della qualità della legislazione, il problema si ponga invece a livello governativo, anche in considerazione della tendenza sempre più marcata del governo a rivestire un ruolo sempre più preminente nei confronti del Parlamento nella produzione legislativa.[8] Ecco perché è importante analizzare e focalizzare l’attenzione sul ruolo strategico rivestito dagli uffici legislativi delle amministrazioni statali.[9] Il decreto legislativo n. 300 del 1999 già opera in tal senso, puntando sia alla riorganizzazione degli uffici legislativi, in modo da assicurare il raccordo permanente con l’attività normativa del Parlamento, che sulla elaborazione dei testi normativi del Governo, garantendo la valutazione dei costi della regolazione, la qualità del linguaggio normativo, l’applicabilità delle norme introdotte, lo snellimento e la semplificazione normativa, la cura dei rapporti con gli altri organi costituzionali, con le autorità indipendenti e con il Consiglio di Stato (articolo 7 lettera d) del d.lgs. n. 300 del 1999).

Nel nostro ordinamento l’elaborazione dei disegni di legge governativi e degli atti legislativi e regolamentari è decentrata verso i vari Ministeri competenti, in primis uffici di gabinetto e uffici legislativi. Il ruolo degli uffici legislativi è concretamente quello di tradurre la valutazione del vertice politico e la valutazione amministrativa proveniente dagli uffici operativi (direzioni generali e dipartimenti) in norme giuridiche. L’ufficio legislativo si pone, da un lato, come elemento di raccordo e di sintesi tra la dimensione politica e quella amministrativa e dall’altra, come supporto tecnico del Ministro.[10]

Gli uffici legislativi dei Ministeri ed i settori legislativi dei Ministri senza portafoglio svolgono pertanto molteplici funzioni: dalla predisposizione di pareri necessari al prosieguo dei lavori parlamentari, alla partecipazione alla riunione preparatoria al Consiglio dei Ministri (Preconsiglio) che si tiene ogni settimana a Palazzo Chigi qualche giorno prima del Consiglio dei Ministri.[11] Alla riunione del Preconsiglio, coordinata dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza con funzioni di segretario del Consiglio dei Ministri, o dal Segretario generale della Presidenza del Consiglio, o dal Capo del DAGL, con la partecipazione di tutti i capi degli uffici legislativi (talvolta anche capi di gabinetto)[12], vengono discusse tutte le proposte di provvedimenti normativi provenienti dalle amministrazioni che dovranno essere iscritte all’ordine del giorno del successivo Consiglio dei Ministri. Si tratta di una riunione tecnica nella quale tutti i singoli provvedimenti vengono sottoposti ad una discussione e ad un’analisi prettamente giuridica dei contenuti. La presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio conferisce comunque un velato, spesso non troppo, imprinting politico alle decisioni adottate. Il Preconsiglio rappresenta un preziosissimo strumento al fine di pervenire alla stesura finale di testi normativi che ineriscono a competenze di più amministrazioni, per i quali sono necessari concerti interministeriali, e che sono stati precedentemente oggetto di riunioni tecniche di coordinamento.

Oltre all’attività istituzionale relativa alla redazione dei testi normativi, gli uffici legislativi sono chiamati all’espletamento di diversi adempimenti connessi all’iter normativo: redazione della relazione illustrativa, di quella tecnico finanziaria per i provvedimenti che comportano oneri, dell’analisi tecnico-normativa (ATN), dell’analisi per l’impatto della regolazione (AIR) e della riformulazione dei testi secondo le regole del drafting.

Il ruolo di filtro e di verifica, quasi interdittivo, degli uffici legislativi in generale e del DAGL della Presidenza del Consiglio dei Ministri in particolare, è di fondamentale importanza per l’applicazione e la sperimentazione di tutti quegli strumenti che hanno l’obiettivo di risolvere l’annoso problema della scarsa qualità della legislazione.

Un’autorevole dottrina[13] raggruppa in quattro campi principali le più importanti tecniche che possono essere adottate e praticate per la migliore redazione dei testi normativi:

1. la legistica o tecnica legislativa in senso stretto o drafting, ossia la tecnica che si preoccupa dei testi normativi dal punto di vista sia del linguaggio comune, sia del linguaggio giuridico che della forma esteriore e della migliore organizzazione concettuale;

2. analisi di fattibilità o valutazione legislativa, ossia l’insieme di quelle tecniche che consentono di valutare ex ante (AIR) un testo normativo per verificare, nei limiti del possibile, la sua adeguatezza a risorse materiali, personali, finanziarie, rispetto agli obiettivi perseguiti e ai risultati sperati e le probabili conseguenze che la sua immissione determinerà nel sistema;

3. controllo di gestione, ossia l’analisi ex post (VIR) delle effettive conseguenze e realizzazioni raggiunte dall’applicazione dell’atto normativo;

4. analisi delle procedure che rappresenta lo studio sistematico delle procedure adottate e da adottare nella preparazione, redazione e approvazione di un testo normativo per coordinare meglio ed effettuare tutte le valutazioni relative ai tre punti precedenti ed assume per questo un’importanza strategica.[14]

A questo punto, è opportuno distinguere l’AIR dagli altri strumenti utilizzati per raggiungere un unico risultato: la qualità della legislazione e la fattibilità delle leggi. In generale si identifica l’AIR con il drafting sostanziale distinguendolo da quello formale.

A volte il confine tra forma e sostanza non è molto netto e definito ed il drafting non fa eccezione. Si può intendere il drafting formale come quel complesso di regole essenzialmente stilistiche e grafiche necessarie per una corretta stesura dei testi normativi. Il drafting sostanziale riguarda invece quella complessa opera di traduzione in norma giuridica di indicazioni prettamente politiche tese ad evidenziare la necessità di un intervento politico. Nella sua connotazione sostanziale il drafting implica, quindi, una serie di valutazioni ampiamente discrezionali, relative al soddisfacimento degli interessi che sono a fondamento dell’intervento normativo, all’impatto delle nuove norme dell’ordinamento ed al loro grado di attuabilità amministrativa ed al monitoraggio della loro effettiva attuazione. E’ proprio sulla base di queste caratteristiche e dell’esperienza quotidiana, che soprattutto il riferimento al drafting sostanziale si risolve in buona sostanza nell’analisi di impatto della regolazione, nell’analisi della fattibilità[15] e nell’analisi tecnico normativa. (VIR)

In relazione al drafting cosiddetto formale sono state fissate delle regole essenziali che possono essere sinteticamente ripartite in tre categorie:

1. organizzare il testo,

ossia rispettare un piano preordinato che imprima una precisa gerarchia alle diverse informazioni trasmesse dalla legge; evitare di inserire norme intruse rispetto all’argomento disciplinato in via principale; scandire il dettato normativo attraverso l’uso di sezioni, capi, titoli, rubricare ogni articolo; dedicare a ciascun articolo un singolo oggetto;

2. strutturare la frase,

ossia usare periodi tendenzialmente brevi, senza troppi incisi né subordinate; curarne la punteggiatura; evitare la doppia negazione e la forma passiva; mirare alla essenzialità;

3. utilizzare il linguaggio normativo,

ossia impiegare parole italiane; evitare l’uso di vocaboli arcaici, di neologismi o parole inutilmente solenni o ricercate; definire gli oggetti sempre con lo stesso nome.

Riassumendo, gli obiettivi da raggiungere sono l’inequivocità e la chiarezza del significato delle definizioni e delle disposizioni. Questi tuttavia rimangono tuttora ancora buoni propositi, anche se le regole essenziali del drafting formale le ritroviamo nella circolare del 1986, in quelle successive, per poi essere trasfuse nella “Guida alla redazione degli atti normativi” contenuta nella circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2001. Sebbene ad oggi la Guida rappresenti il manuale di riferimento per le amministrazioni dello Stato per la redazione degli atti normativi, e sebbene la buona volontà non manchi, si lavora ancora a compartimenti stagni.

E qui la domanda sorge spontanea: ma se allora esistono le regole, gli uffici deputati al controllo della qualità normativa, se si investono fondi pubblici per attività di divulgazione, seminari, formazione, software dedicati, perché Parlamento e Governo sfornano sempre più provvedimenti mostruosi ed incomprensibili?

Per investire nel futuro della qualità della legislazione c’è assoluto bisogno di banche dati efficienti, di maggioranze durature, della programmazione dei lavori ed il non operare nell’emergenza, della formazione dei legisti, della collaborazione tra le istituzioni e le autonomie, dell’ausilio dell’informatica giuridica, anche perché, parafrasando Galileo Galilei, “Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro, pochissimi”.

[Articolo gentilmente concesso da: http://www.computerlaw.it]



[1] Italia Oggi del 13.10.05

[2] IlSole24ore del 26.10.06 e Repubblica del 18.12.06

[3] Le circolari delle Presidenze delle Camere del 28 febbraio 1986 e quella in identico testo della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 25 febbraio 1986, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 1986, n. 123, S.O. n. 40. Nel 2001 è stata emanata la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 20 aprile 2001 dal titolo “Regole e raccomandazioni per la formulazione dei testi legislativi”, che ha sostituito una precedente circolare del 1986. Questa circolare è stata adottata con identico testo da Camera e Senato nell’aprile del 2001, seguita dalla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del maggio 2001 dal titolo “Guida alla redazione dei testi normativi”.(Circolare n.1/1.1.26/10888/9.92, pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 105 del 3 maggio 2001 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 101 del 3 maggio 2001).

[4] L’Osservatorio Legislativo Interregionale (O.L.I.), è l’organo della Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea dei Consigli regionali e delle Province Autonome la cui segreteria è presso il Dipartimento del Consiglio regionale della Toscana ed è composto da funzionari dei Consigli e delle Giunte regionali. Attualmente, oltre all’attività ordinaria articolata in incontri bimestrali, operano quattro gruppi di lavoro: a) gruppo di lavoro per la revisione del manuale unificato "Regole e suggerimenti per la redazione degli atti normativi"; b) gruppo di lavoro sul rapporto annuale sulla legislazione; c) gruppo di lavoro per la fattibilità e l’implementazione delle leggi; d) gruppo di lavoro sulle applicazioni regionali della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1.

[5] Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 maggio 2000, n. 118. L’argomento AIR viene affrontato soprattutto da Savini G., “L’analisi di impatto della regolamentazione nella nuova direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 settembre 2001”, 2002, consultabile qui.

[6] L’art. 11, L. 6 luglio 2002, n. 137 con la decorrenza dal 30 giugno 2002 ha soppresso il Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure e ha disposto l’istituzione di un Ufficio per l’attività normativa ed amministrativa di semplificazione delle norme e delle procedure presso il Dipartimento della funzione pubblica

[7]Lorello L., “Funzione legislativa e comitato per la legislazione”, 2003, Torino, pp. 31 ss

[8] Contessa S. “Crisi della legge o trasformazione?” in Rivista telematica di informatica giuridica e di diritto dell’informatica “Computerlaw.it” consultabile in: www.computerlaw.it

[9] Savini G., “Recenti tendenze in materia di organizzazione ministeriale: le riforme in attuazione della l. 137/2002”, anno 2004, consultabile in: http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/site/_contentfiles/00015000/15042_organizzazioni%20ministeriali_savini.pdf.

[10] Savini G., “Recenti tendenze….”op.cit.

[11] A partire dall’insediamento del governo Prodi 1996-1998, si è imposta l’esigenza di un’utilizzazione a regime, con cadenza settimanale, della riunione preparatoria del Consiglio dei ministri, come disciplinato dal d.P.C.M. 10.11.2003. Questa esigenza si è andata confermando e consolidando in tutti i governi successivi fino ad oggi.

[12] Oltre ai Capi del dipartimento dei Rapporti con il Parlamento, degli affari economici, etc, a seconda delle materie trattate nei provvedimenti iscritti all’ordine del giorno del Preconsiglio.

[13] Rescigno G.U., “La redazione degli atti normativi” intervento al Convegno organizzato dal Consiglio Nazionale forense ed dall’Accademia della Crusca -Centro per la formazione e l’aggiornamento professionale degli avvocati- “La lingua, la legge, la professione forense” svoltosi a Firenze 31 gennaio -1 febbraio 2002 consultabile in:

http://www.cnf.it/centrofor/convegni/crusca.htm e http://www.jus.unitn.it/dsg/news/2002/002.html

[14] Rescigno G.U., “Le tecniche della legislazione nella CE” in Bollettino n.13/2001, atti del “Seminario sui mutamenti costituzionali in Italia nel quadro dell’interazione europea”, intervento del 24 novembre 2000, consultabile in: http://www.luiss.it/semcost/europa/rescigno/index.html; inoltre consultabile anche in “I costituzionalisti e l’Europa” a cura di Panunzio S.P., Milano, Giuffrè, 2002

[15] Soprattutto ove quest’ultima assuma un significato assai lato comprendente l’impatto amministrativo, l’impatto socio-economico, l’impatto ordinamentale, etc.. In questa prospettiva è evidente la difficoltà di distinguere l’AIR dalla valutazione politica vera e propria.