x

x

Abrogazione emendamento Pittella: urgente salvare i contribuenti dalla tagliola

Manifesto (!) riforma (?)
emendamento Pittella
emendamento Pittella

[L'articolo anticipa il dibattito organizzato da Filodiritto Live in data 28 febbraio 2022, alle ore 12.30, tra l'Avv. Angelo Lucarella e il Dott. Piergiacomo Giusto, in diretta sui nostri canali social Facebook e YouTube e LInkedin]

 

Come se la pandemia non avesse già dato problemi irreversibili sul piano del mantenimento della tenuta economico-sociale, l’entrata in vigore dell’emendamento Pittella (inserito ed approvato nella legge 215/2021) al decreto collegato alla legge di bilancio (D.L. 146/2021) sta portando ai primi effetti collaterali.

Anzi no: sono effetti che incidono direttamente sul collasso sistemico delle piccole e medie partite iva, degli autonomi, dei lavoratori dipendenti.

Perché? Si conosce davvero la vita del sistema tributario e la vita reale del piccolo-medio contribuente? Che disegno c’è dietro questa norma indicibile e incivile giuridicamente parlando?

Stiamo alla norma introdotta.

Oggi l’art. 3 bis nel D.L. 146/2021, modificato appunto dalla legge 215/2021 con l’emendamento di cui sopra, porta in vigore la c.d. “Non impugnabilità dell'estratto di ruolo e limiti all’impugnabilità del ruolo”.

Come spiegato recentemente da più parti della dottrina, dal mondo forense tributario, dagli accademici più rinomati e non ultimo nelle note inviate al Ministero, si tratta di una vera e propria tagliola nei confronti dei contribuenti. Ma non si tratta di una norma che colpisce i disonesti come si vuol far credere (anche se ci possono essere nel mucchio). Bensì di una norma che colpisce chi è stato destinatario di atti illegittimi dell’Amministrazione esattoriale e vuole semplicemente difendersi.

Infatti occorre differenziare: tra evasori e morosi, tra ricorsi strumentali e ricorsi non strumentali.

La ragione è sotto gli occhi di tutti: un evasore non ricorre a ruoli e cartelle. Semmai adopera altri strumenti che lo Stato può scovare in ogni momento e tempo come per legge.

Già con il D.L. 78/2010 sono state eliminate le famose cartelle di pagamento per IVA, IRPEF, IRAP, IRES (norma anch’essa assurda) così come ha fatto il Governo Conte per le imposte locali allineando così gli strumenti di accertamento esecutivo (quindi di regola eliminando dal fronte esattoriale ruoli e altro).

Tornando all’aspetto drammatico della norma introdotta ed entrata in vigore a dicembre scorso il problema è su due piani almeno.

Primo perché gli estratti di ruolo sono da sempre atti non impugnabili e, quindi, la norma nasce in formula disorientativa (basti leggere l’art. 19 del D.Lgs. 546/1992) oltreché evidentemente senza conoscenza giuridica.

Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, nelle sue prediche inutili alla politica, lo affermò decenni fa: “conoscere per deliberare”.

Ebbene, chi ha proposto tale norma e chi l’ha approvata conosceva e conosce concretamente lo stato dell’arte nel mondo tributario? Sanno che disastro si sta consumando? Potevano prevederlo? E se l’hanno previsto come potranno guardare negli occhi i contribuenti e i cittadini italiani?

Andiamo avanti: “Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto”. Questo riporta il prosieguo della norma in questione.

Disposizione, quest’ultima, che già in spirito contrasta la storica sentenza n. 114/2018 della Corte Costituzionale con cui è stata abrogata parzialmente altra norma che per quasi 20 anni ha terrorizzato i cittadini e reso inammissibili le opposizioni alle esecuzioni esattoriali (art. 57 DPR 602/73). In quel Collegio risiedevano fior di giuristi: in primis il Min. Cartabia e il Pres. Lattanzi (oggi coordinatore della Commissione omonima che ha portato recentemente alla prima riforma della c.d. “Bonafede” nel sistema penale).

Bisogna sapere anche che sul tema degli estratti di ruolo tributari la decisione storica, a Sezioni Unite (in massimo), della Corte di Cassazione n. 19704/2015 (richiamata e granita ormai) ha spiegato perfettamente che è ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario…”.

Delle due l’una allora:

  • O il legislatore (in particolare chi ha proposto e votato consapevolmente) era a conoscenza di queste due decisioni e, quindi, ha voluto con arte bypassare il tutto creando disorientamento totale che porta e porterà inevitabilmente al disastro a carico dei cittadini-contribuenti;

  • Oppure è attendibile il contrario e cioè che il legislatore non sa alcunché della normazione e delle vicende tributarie del Paese (ancor più grave).

Allora, non si può scherzare sulla pelle della gente che nello strumento di ricorso ha l’unica via legale (e quindi lecita) per resistere alle illegittimità eventuali della Pubblica Amministrazione.

Che fine fa il diritto di difesa di costituzionale portata enunciato all’art. 24? E la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo? La Carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europa? La Dichiarazione universale dei diritti della persona?

Occorre con urgenza l’abrogazione.

Questa norma entrata in vigore è una vera e propria tagliola (o ghigliottina). Se qualcuno pensa che non sia attendibile quanto sinora esposto, allora, si legga le prime sentenze che si stanno registrando nel mondo tributario (Ctp Latina n. 53/2022 e Ctp Siracusa 400/2022 ad esempio): si sta formando un orientamento di indirizzo retroattivo dell’efficacia della norma in questione assumendo, addirittura, che vi sia una portata di interpretazione autentica.

Cosa non è riscontrabile dalla lettura della norma stessa. Cosa, poi, ancor più assurda sul piano giuridico tenuto conto dello Statuto del Contribuente e delle preleggi del Codice civile.

Al Governo tutto rivolgo, pertanto, il pensiero affinché possa intervenire con un decreto legge data l’urgenza e la necessità che sono, perfettamente, palesi! E al Min. Cartabia in primis di prendere in considerazione quanto prima la delicatezza della questione.

Perché né il Ministero dell’Economia né il Ministero dello Sviluppo economico possono intervenire se non c’è una visione delle cose del mondo giudiziario e una conoscenza sensibile della questione.

Coraggio. Si intervenga.

E mi si consenta un’ultima cosa: occorre una iniziativa dal basso, dalle categorie professionali, dalle associazioni, dalla gente che ha fiducia nelle Istituzioni e fede nella Repubblica. Insieme.

Si, si può sbagliare come sta succedendo con questa norma indicibile. Ma occorre rimediare quanto prima.

Mi permetto di lanciare un piccolo spunto.

Se condiviso ne sarò lieto. È un punto di partenza per una discussione più ampia.

Un piccolo manifesto per la riforma tributaria:

  1. Costituzionalizzare la giustizia tributaria;

  2. Creare il percorso pregiudiziale e/o di ricorribilità diretta del cittadino per le norme di parvenza incostituzionale da rivolgersi alla Corte Costituzionale stessa (con allargamento dei componenti al fine di snellire il procedimento);

  3. Creare un corpo giudicante sottoposto alla disciplina del CSM e non più al controllo del Ministero dell’economia atteso che esso è controparte naturale dei contribuenti (tramite le varie Agenzie ed altri Enti);

  4. Creare il percorso specializzante sin dalle Università per i difensori e i giudicanti tributari;

  5. Abrogazione immediata dell’art. 3 bis D.L. 146/2021 e istituzione della rottamazione e saldo e stralcio condizionati, ma permanenti fino a che non terminerà il periodo pandemico e sino a 5 anni dalla cessazione di quest’ultimo (per recuperare le persone alla capacità contributiva effettiva e reindirizzarle alla capacità produttiva);

  6. Tamponare il problema della competenza e delle risorse umane nella giustizia tributaria con l’allargamento del ruolo del giudice monocratico;

  7. Immediatamente attribuire al giudice tributario tutte le cause riguardanti le opposizioni anche relative all’esecuzione e agli atti esecutivi (così da evitare i casi di incompetenza per materia dilaganti) istituendo anche il procedimento di “super sospensiva”;

  8. Eliminare il regime delle presunzioni dal processo tributario riformulando e/o emanando una norma di interpretazione autentica dell’art. 7, co. 4, del D.Lgs. 546/92;

  9. Eliminare studi di settore e riordinare tutti i tipi di verifica presuntiva nonché dichiarare con legge costituzionale che lo Statuto del Contribuente e la legge 241/90 sono insuperabili da altre norme;

  10. Codificare tutto il quadro normativo, snellire ed abrogare le norme che contribuiscono all’ingolfamento legislativo in materia.

Senza certezza del diritto, si rischia la sfiducia sociale nelle Istituzioni.