Definizione agevolata ed estinzione del giudizio nel caso di pagamento parziale da parte del contribuente

Art. 1 comma 236 della Legge 197/2022: definizione agevolata ed estinzione del giudizio nel caso di pagamento parziale da parte del contribuente”
ABSTRACT:
Nel caso in cui l’Amministrazione Finanziaria abbia accettato la proposta formulata dal contribuente per la definizione agevolata con contestuale rinuncia, da parte di quest’ultimo, alla prosecuzione del giudizio avente ad oggetto lo stesso debito (art. 1 comma 236 della Legge 197/2022), e tuttavia il contribuente abbia adempiuto alla relativa obbligazione solo parzialmente, si deve ritenere che il giudizio pendente non possa estinguersi, per i seguenti motivi:
- salvaguardia dei principi di efficacia ed economicità dell’azione amministrativa;
- applicabilità delle norme civilistiche, in base alle quali, al fine di poter estinguere l’obbligazione, è necessario che la medesima venga adempiuta integralmente, non essendo a ciò sufficiente un pagamento parziale;
- alla fattispecie di cui all’art. 1 comma 236 della Legge 197/2022 è applicabile l’istituto dell’estinzione per rinuncia agli atti del giudizio di cui all’art. 306 c.p.c., a norma del quale tale effetto si produce solo ove l’accettazione delle altre parti del processo (in tal caso, l’Amministrazione Finanziaria) non sia stata sottoposta a condizioni, ciò che invece è previsto dall’art. sopra citato;
- nel caso della definizione agevolata, l’Amministrazione Finanziaria ha già rinunciato ad esigere una parte del credito, e pertanto un’eventuale estinzione del giudizio pendente dalla stessa in precedenza promosso costituirebbe un’ulteriore lesione dei propri diritti di “creditore”;
- come l’accertamento di una dichiarazione “solo parziale” del reddito non preclude all’Amministrazione Finanziaria di compiere ulteriori accertamenti, così il pagamento solo parziale della somma oggetto della definizione agevolata non dovrebbe poter precludere alla medesima di proseguire il giudizio pendente.
In the event the Tax Administration has accepted the proposal formulated by the taxpayer for the facilitated settlement with the latter's simultaneous waiver of the prosecution of the case concerning the same debt (Article 1, paragraph 236 of Law 197/2022), and nevertheless the taxpayer has only partially fulfilled the relevant obligation, it must be held that the pending case cannot be extinguished, for the following reasons
- preservation of the principles of effectiveness and economy of administrative action;
- applicability of the civil law rules, according to which, in order to be able to extinguish the obligation, it is necessary that it be discharged in full, a partial payment not being sufficient;
- the case referred to in Article 1 paragraph 236 of Law 197/2022 is subject to the extinction due to waiver of the acts of the judgement referred to in Article 306 of the Code of Civil Procedure, pursuant to which such effect is produced only where the acceptance of the other parties to the proceedings (in this case, the Tax Authorities) has not been made subject to conditions, which is instead provided for by the above-mentioned Article;
- in the case of the facilitated settlement, the Tax Administration has already waived its right to collect part of the claim, and therefore any extinction of the pending lawsuit previously brought by the same would constitute a further injury to its rights as ‘creditor
- just as the assessment of an ‘only partial’ declaration of income does not preclude the tax authorities from making further assessments, so the payment of only part of the sum subject to the facilitated settlement should not preclude the tax authorities from continuing with the pending litigation.
Tuttavia, si può anche ritenere che il giudizio pendente debba estinguersi, per i seguenti motivi:
- salvaguardia del principio di efficacia (oltre che di economicità) dell’attività giurisdizionale;
- ai sensi dell’art. 19 comma 1 quater del DPR 602/73, il pagamento parziale (prima rata) determina l’estinzione del giudizio pendente solo laddove questo non sia stato ancora definito, proprio come nel caso di cui all’art. 1 comma 236 della Legge 197/2022;
- l’istituto della definizione agevolata è assimilabile a quello dell’accertamento con adesione, il quale, in base all’art. 19 del D.lgs. 218/1997, si perfeziona anche soltanto con il pagamento della prima rata (quindi con un adempimento parziale), e quest’ultimo determina (art. 12) la decadenza dell’avviso di accertamento in precedenza emesso. Da ciò, quindi, si desume che anche l’atto di accertamento oggetto del giudizio pendente ex art. 1 comma 236 della Legge 197/2022 dovrebbe decadere, con conseguente declaratoria di estinzione del giudizio medesimo.
However, it can also be considered that the pending litigation should be terminated, for the following reasons
- preservation of the principle of effectiveness (as well as of economy) of the judicial activity;
- pursuant to Article 19 paragraph 1 quater of Presidential Decree 602/73, the partial payment (first instalment) determines the extinction of the pending judgement only where the latter has not yet been finalised, just as in the case referred to in Article 1 paragraph 236 of Law 197/2022;
- The facilitated settlement is assimilated to the tax assessment with adhesion, which, pursuant to Article 19 of Legislative Decree 218/1997, is finalised also only with the payment of the first instalment (therefore with partial compliance), and the latter determines (Article 12) the forfeiture of the notice of assessment previously issued. It follows, therefore, that also the assessment notice subject of the pending lawsuit pursuant to Article 1 paragraph 236 of Law 197/2022 should lapse, with the consequent declaration of extinction of the same lawsuit.
L’istituto della definizione agevolata si trova disciplinato dall’art. 16 comma 3 del D.lgs. 472/1997, che così dispone: “entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, il trasgressore e gli obbligati in solido possono definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo. La definizione agevolata impedisce l'irrogazione delle sanzioni accessorie”.
L’art. 1 comma 231 della Legge n. 197/2022 (c.d. “Rottamazione quater”, di seguito “Legge”) prevede che “i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 possono essere estinti senza corrispondere le somme affidate all'agente della riscossione a titolo di interessi e di sanzioni”.
L’art. 1 comma 236 della Legge così dispone: “nella dichiarazione di cui al comma 235 il debitore indica l'eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l'impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che, dietro presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice. L'estinzione del giudizio è subordinata all'effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti”. La dichiarazione di cui al comma 235 è quella, appunto, con la quale “il debitore manifesta all'agente della riscossione la sua volontà di procedere alla definizione di cui al comma 231 rendendo, entro il 30 giugno 2023”.
Pertanto, in base al comma 236, il debitore, dichiarando di voler addivenire alla definizione agevolata, si impegna a rinunciare a proseguire il giudizio pendente riguardante gli stessi debiti che sono oggetto della definizione. Tale giudizio viene sospeso, in quanto la sua definitiva estinzione è subordinata al perfezionamento della definizione ed al conseguente pagamento delle somme: se ciò non accade, la sospensione viene revocata dal Giudice.
Da un lato, la rinuncia, da parte del contribuente, alla prosecuzione del giudizio, è condizione per il perfezionamento della definizione agevolata. Dall’altro, tale rinuncia non determina l’estinzione del giudizio, bensì la semplice sospensione del medesimo, in quanto, se il contribuente non provvederà al pagamento delle somme dovute a seguito della definizione, il Giudice revocherà la sospensione e pertanto il giudizio riprenderà il suo corso. Perché questo? Perché, ai sensi dell’art. 16 comma 3 del D.lgs. n. 472/1997, la definizione agevolata si perfeziona non con il semplice “accordo” tra l’Amministrazione Finanziaria (di seguito “AF”) e contribuente, bensì con il pagamento, da parte di quest’ultimo, di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata. Di conseguenza, se tale pagamento non viene eseguito, la definizione non si perfeziona ed il giudizio pendente, che nel frattempo era stato sospeso, riprende. Quindi l’efficacia della “rinuncia” prevista dall’art. 1 comma 236 della Legge è, in realtà, subordinata alla condizione sospensiva dell’adempimento da parte del rinunciante.
La Cassazione Sezione Tributaria, con l’ordinanza interlocutoria n. 5830 del 05.03.2025, ha disposto, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la trasmissione del ricorso alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della seguente questione: “se, ove il contribuente abbia dichiarato di aderire alla definizione agevolata per i carichi affidati agli agenti della riscossione dall’1 gennaio 2000 al 30 giugno 2022 (c.d. “rottamazione quater”), con la proposta di un piano di dilazione rateale del debito e l’assunzione dell’obbligo di rinunciare ai giudizi tributari pendenti, procedendo all’adempimento parziale del debito rateizzato dopo la comunicazione favorevole dell’agente della riscossione, l’art. 1, comma 236, della legge 23 dicembre 2022, n. 197, imponga la sospensione dei giudizi tributari fino all’integrale soddisfacimento del debito rateizzato ovvero consenta, altrimenti, la definizione immediata dei giudizi tributari mediante la dichiarazione di estinzione oppure mediante la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi per carenza sopravvenuta di interesse”.
La questione è, quindi, la seguente: il comma 236 può essere interpretato nel senso di ritenere che, a seguito di un pagamento solo parziale del debito oggetto della definizione agevolata, il giudizio pendente possa essere dichiarato estinto, oppure che il relativo ricorso possa essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse da parte dell’AF?
I motivi per i quali si deve ritenere che il giudizio non possa estinguersi sono i seguenti:
Tenere in piedi un giudizio nell’attesa che il contribuente provveda all’adempimento integrale dell’obbligazione, serve ad evitare all’AF l’onere, nel caso in cui tale adempimento non venga eseguito, di dover instaurare un nuovo giudizio, il che comporterebbe un ulteriore allungamento dei tempi di riscossione del tributo e quindi una lesione del principio di efficacia (oltre che di economicità) dell’azione amministrativa dell’AF stessa.
Se guardiamo ai principi civilistici in materia di obbligazioni, l’art. 1181 c.c. stabilisce che “il creditore può rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione è divisibile, salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente”. Inoltre, ai sensi dell’art. 1218 c.c., “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno”: pertanto, al fine di poter estinguere l’obbligazione, è necessario che la medesima venga adempiuta integralmente, non essendo a ciò sufficiente un pagamento parziale.
Ai sensi dell’art. 306 c.p.c. la rinuncia agli atti del giudizio determina l’estinzione del medesimo ma soltanto quando la stessa venga “accettata dalle parti costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione”. La norma precisa che tale accettazione “non è efficace se contiene riserve o condizioni”. Come abbiamo visto (art. 16 comma 3 del D.lgs. 472/1997), la definizione agevolata comporta che l’AF andrà a riscuotere una somma minore di quella dovuta, e quindi essa implica, già di per sé, una rinuncia della stessa AF ad una parte della prestazione alla quale il contribuente sarebbe tenuto. Quindi, sotto questo aspetto, è del tutto “normale” che l’accettazione, da parte dell’AF, della proposta di definizione, sia subordinata alla “condizione” (vedi art. 306 c.p.c.) del pagamento “integrale” del debito tributario.
Pertanto, nel caso in cui tale pagamento non venga eseguito, sembrerebbe del tutto legittimo ritenere che il giudizio, nel frattempo promosso dall’AF, non possa essere dichiarato estinto.
Ai sensi dell’art. 31 del DPR 602/73, il concessionario della riscossione “non può rifiutare pagamenti parziali di rate scadute”. L’inosservanza del termine fissato per l’adempimento, e quindi la scadenza del medesimo, causa al creditore un danno duplice, e cioè non soltanto quello derivante dall’inadempimento, ma anche quello scaturente dal fatto che l’adempimento sarebbe stato utile per il creditore stesso solo nel caso in cui fosse stato eseguito entro il termine, soprattutto quando, come nel caso previsto dalla norma, al debitore era già stato concesso il beneficio di un pagamento rateale.
Pertanto, in teoria ci si aspetterebbe che la scadenza dell’obbligazione determini, a carico del contribuente, il vincolo all’adempimento integrale della medesima, non essendo sufficiente un pagamento parziale. Invece, nonostante ciò, quest’ultimo non può essere rifiutato dal concessionario.
La concessione del beneficio della rateazione è una dilazione di pagamento, mediante la quale il debitore ha la possibilità di procedere all’adempimento dell’obbligazione a più riprese anziché in un’unica soluzione, ma l’entità del debito, infatti, resta immutata: egli dovrà adempiere “all’intera” obbligazione. La definizione agevolata, invece, è una “remissione parziale” del debito, in quanto il contribuente può liberarsi dall’obbligazione pagando 1/3 della somma dovuta, e dunque l’entità del debito viene diminuita. Quindi, mentre con la rateazione il creditore rinuncia ad una modalità di adempimento (e cioè ad esigere che la somma venga pagata in un’unica soluzione) ma mantiene comunque il diritto al soddisfacimento “dell’intero” credito, con la definizione agevolata l’AF rinuncia ad una parte di quest’ultimo.
La ratio dell’art. 31 può essere individuata in ciò: il pagamento parziale impedisce all’AF (vedi obbligo di accettazione da parte dell’Agente della riscossione, ex art. 31) di promuovere un’azione giudiziale anche laddove il medesimo abbia riguardato non l’intero debito ma solo una sua parte (rata), perché l’ammontare del debito da saldare resta comunque inalterata, ossia non subisce alcuna riduzione, e quindi l’impossibilità di agire in giudizio per ottenere il pagamento dell’ “intera” rata probabilmente deriva proprio dal fatto che il contribuente rimane comunque vincolato al quantum originariamente dovuto. Il caso della definizione agevolata, invece, è diverso: qui l’AF, addivenendo all’accordo, ha già rinunciato, ad incassare una parte del credito (essa, infatti, incasserà solo 1/3 della somma dovuta); quindi, pretendere che il giudizio da essa precedentemente instaurato si estingua anche nel caso in cui il contribuente abbia provveduto al pagamento solo di una parte di 1/3 (pagamento parziale), rappresenterebbe, per la stessa AF, un ulteriore ridimensionamento dei suoi diritti di “creditore”, in quanto essa, dopo aver rinunciato (definizione agevolata) ad esigere una parte del credito, si vedrebbe costretta a rinunciare anche alla tutela giudiziale relativa all’altra parte del credito rimasta esigibile. Questa è la ragione per la quale si deve ritenere che tale giudizio non possa estinguersi fin quando il contribuente non avrà provveduto al pagamento dell’intero.
Tale tesi appare corroborata anche dal fatto che, a norma dell’art. 1453 c.c., la domanda giudiziale volta ad ottenere l’adempimento da parte del debitore non è più proponibile quando il creditore abbia deciso di chiedere la risoluzione del contratto. La definizione agevolata, come abbiamo detto, si sostanzia non già in una domanda di risoluzione, bensì in una “remissione parziale” del debito. Pertanto, essa, a differenza della risoluzione, non preclude la proposizione di una domanda giudiziale volta ad ottenere l’adempimento. Quindi, la medesima non potrà precludere neanche la ripresa del giudizio in precedenza instaurato dall’AF e tutt’ora pendente (art. 1 comma 236 della Legge).
Ai sensi dell’art. 41 bis del DPR 600/73, l’AF, ove accerti, dai dati in possesso dell’Anagrafe tributaria e/o da segnalazione della Guardia di Finanza e/o di altre PPAA, che il contribuente abbia dichiarato il proprio reddito solo parzialmente, può non soltanto desumere da ciò l’esistenza di un maggior reddito imponibile, ma anche continuare a svolgere la propria attività di accertamento. La norma infatti così prevede: “senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice”.
Allora, se l’accertamento parziale, pur sfociando nell’emissione di un avviso e quindi di un atto impositivo, non preclude all’AF la continuazione dell’attività istruttoria, il pagamento parziale, da parte del contribuente, della somma oggetto di definizione agevolata, non potrà precludere, alla stessa AF, di continuare il giudizio pendente, da essa in precedenza instaurato, nel caso in cui il contribuente stesso non provveda al pagamento dell’ “intera” somma oggetto della definizione.
I motivi per i quali si deve ritenere che il giudizio possa essere dichiarato estinto sono i seguenti:
L’estinzione a seguito di un adempimento sia pur solo parziale, permetterebbe all’Autorità giurisdizionale di poter concentrare le proprie risorse, umane ed economiche, su altri procedimenti nei quali il contribuente ha scelto di difendersi senza avvalersi di nessuno strumento di definizione agevolata della controversia oppure che sono stati dal medesimo attivati al fine di chiedere il rimborso di somme da lui pagate ed asseritamente non dovute. Pertanto, un’eventuale declaratoria di estinzione del giudizio sopra citato permetterebbe di salvaguardare il principio di efficacia (oltre che di economicità) dell’attività giurisdizionale.
Inoltre, sempre a tale riguardo, va osservato quanto segue.
Ci si chiede: nel caso in cui il contribuente adempia solo parzialmente all’obbligazione oggetto della definizione agevolata, è previsto che l’AF, anziché attivare un procedimento giurisdizionale per ottenere il pagamento della differenza, possa compensare tale differenza (ad essa dovuta) con somme delle quali il contribuente ha il diritto di essere rimborsato?
Se si dimostra che tale compensazione è possibile, allora non vi è ragione per la quale il giudizio pendente ex art. 1 comma 236 della Legge non possa essere dichiarato estinto.
L’art. 8 dello Statuto prevede che “l'obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione”.
A dire il vero, l’istituto della compensazione è stato concepito essenzialmente per consentire al contribuente di sottrarsi all’adempimento dell’obbligazione tributaria, e non per permettere all’AF di trattenere presso di sé somme in ordine alle quali il contribuente avrebbe diritto al rimborso e per evitare quindi alla stessa di dover instaurare un separato giudizio al fine di ottenere il pagamento della somma che residua dopo un adempimento il quale sia stato eseguito dal contribuente solo parzialmente. La compensazione tributaria, in linea di principio, serve al contribuente per sottrarsi al pagamento, e non all’AF per evitare di dover attivare un giudizio al fine di ottenere, ove il contribuente abbia adempiuto solo parzialmente, il pagamento della somma restante: in questo secondo caso, più che di compensazione, si dovrebbe parlare di “diritto di ritenzione” da parte dell’AF.
Tuttavia, in questo secondo caso, la “compensazione” consentirebbe all’AF di non costringere l’Autorità giurisdizionale a mantenere in piedi un giudizio pur nel caso in cui la pretesa tributaria possa essere soddisfatta mediante l’esercizio del diritto di ritenzione delle somme dovute al contribuente, e quindi la stessa costituirebbe uno strumento con il quale l’AF contribuirebbe a salvaguardare il principio di economicità dell’attività giurisdizionale.
Il comma 236, nel prevedere che l’estinzione del giudizio è subordinata alla produzione della documentazione attestante “i pagamenti effettuati”, non precisa che tali pagamenti debbano aver coperto l’intero debito, e pertanto, in base alla formulazione letterale della norma, sembrerebbe possa essere considerato idoneo allo scopo anche un adempimento parziale.
L’art. 19 comma 1 quater del DPR 602/73 – Riscossione – prevede che “il pagamento della prima rata determina l'estinzione delle procedure esecutive precedentemente avviate”, precisando che tale effetto estintivo non opera nei casi in cui la procedura di incanto si sia già conclusa con esito positivo oppure sia già stata presentata istanza di assegnazione oppure il terzo pignorato abbia già reso la dichiarazione prevista ex art. 547 c.p.c. . Da ciò si desume che invece quando, come nel caso di specie, il giudizio è ancora pendente e quindi non è stato ancora definito, l’adempimento parziale dell’obbligazione tributaria (vedi pagamento prima rata) comporta l’estinzione del processo.
Un istituto analogo a quello della definizione agevolata è l’accertamento con adesione, disciplinato dal D.lgs. 218/1997. Ciò in quanto anche questa seconda procedura è caratterizzata dal fatto che il contribuente si libera dall’obbligazione tributaria versando una somma minore rispetto a quella dovuta: l’art. 2 comma 5 stabilisce che, a seguito della definizione, le sanzioni per le violazioni concernenti i tributi oggetto dell'adesione “si applicano nella misura di un terzo del minimo previsto dalla legge”; nel caso di adesione ai verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto, “la misura delle sanzioni applicabili è ridotta alla metà” (art. 5 bis).
L’art. 9 prevede che “la definizione si perfeziona con il versamento di cui all'articolo 8, comma 1, ovvero con il versamento della prima rata, prevista dall'articolo 8, comma 2”. Quindi, ai fini del perfezionamento della definizione, non occorre un adempimento totale, in quanto è sufficiente un pagamento parziale.
L’art. 12, nel disciplinare il caso in cui sia stato emesso un atto di accertamento senza la previa notifica dell’invito a comparire di cui all’art. 11, e nel prevedere che in tal caso il contribuente possa appunto formulare istanza di accertamento con adesione, stabilisce che “all'atto del perfezionamento della definizione, l'avviso di cui al comma 1 perde efficacia”. Cosa può evincersi dal combinato disposto di queste due norme? Che, siccome l’avviso di accertamento decade quando la definizione si perfeziona, e siccome tale perfezionamento ha luogo anche solo con il pagamento della prima rata e pertanto con un adempimento solo parziale, l’AF, quand’anche intendesse proseguire il giudizio da essa eventualmente già instaurato, non potrebbe più farlo in quanto ormai, a seguito del suddetto adempimento, è decaduto l’atto (accertamento) sulla base del quale il medesimo giudizio era stato attivato: la decadenza dell’atto oggetto del ricorso non può che comportare la decadenza (estinzione) del giudizio. L’AF, se intende ottenere per via giudiziale il pagamento delle rate successive, dovrà prima emettere un nuovo avviso di accertamento.