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Agenzia Entrate: riapertura dei termini per l’emersione delle attività detenute all’estero

OGGETTO:

Emersione di attività detenute all’estero. Riapertura dei termini. Articolo 1, commi 1, 2 e 3, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194.

PREMESSA

La recente normativa contenuta nell’articolo 13-bis del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, ha riproposto la speciale procedura di emersione di attività finanziarie e patrimoniali esportate o detenute all’estero da taluni soggetti fiscalmente residenti in Italia senza l’osservanza delle disposizioni normative in materia di monitoraggio fiscale.

Tale normativa ricalca sostanzialmente quella adottata per la prima volta dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409.

Tuttavia, va evidenziato che la nuova disciplina si inserisce in un mutato contesto internazionale caratterizzato dall’adozione di strumenti di cooperazione internazionale volti a contrastare fenomeni di evasione fiscale realizzati attraverso il trasferimento di capitali in Paesi nei quali vigono ordinamenti fiscalmente non trasparenti e dotati di un rigido segreto bancario che non consente un adeguato scambio di informazioni.

Un simile intervento si inquadra, in particolare, nell’ambito degli impegni assunti dagli Stati aderenti alla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) in occasione dei recenti vertici del G-20 e del G-8 finalizzati, tra l’altro, ad incrementare la collaborazione amministrativa tra gli Stati.

In attuazione di tali impegni va altresì considerata la presunzione relativa introdotta dall’articolo 12 del decreto legge n. 78 del 2009 in base alla quale gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, in violazione degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale, si considerano costituite mediante redditi sottratti a tassazione.

L’articolo 1, commi 1, 2 e 3, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194 (di seguito, decreto), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2009, ha riproposto, nella sostanza, la disciplina di cui al citato articolo 13-bis del decreto legge n. 78 del 2009, riaprendo i termini (scaduti il 15 dicembre 2009) di effettuazione delle operazioni di emersione. I soggetti interessati possono, infatti, porre in essere nuove operazioni a partire dal 30 dicembre 2009 (giorno dell’entrata in vigore del decreto) sino al 30 aprile 2010.

L’impianto normativo originario viene sostanzialmente confermato, facendo naturalmente salva la conformità alle disposizioni comunitarie in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA) e di antiriciclaggio, nonché alle relative interpretazioni della Corte di Giustizia.

Pertanto, si rendono applicabili le istruzioni e i chiarimenti precedentemente forniti dall’Agenzia delle Entrate sulla disciplina in esame, ad eccezione degli specifici aspetti oggetto di intervento normativo.

1. RIAPERTURA DEI TERMINI

Il comma 1 dell’articolo 1 del decreto prevede che le operazioni di rimpatrio e/o di regolarizzazione delle attività patrimoniali e di quelle finanziarie, detenute all’estero a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008, possono essere effettuate fino al 30 aprile 2010.

Come si ricorda, ai sensi del comma 6 dell’articolo 13-bis del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni, il termine ultimo entro il quale presentare la dichiarazione riservata e corrispondere l’imposta straordinaria era inizialmente fissato al 15 dicembre 2009.

Va da sé che anche per le nuove operazioni di emersione effettuate nei termini previsti dal citato comma 1 dell’articolo 1 del decreto restano confermati tutti gli altri presupposti oggettivi che operavano fino alla predetta data del 15 dicembre 2009; in particolare è confermato che non possono essere oggetto di rimpatrio o di regolarizzazione le attività già trasferite nel territorio dello Stato a partire dal 1° gennaio 2009.

La riapertura dei termini, inoltre, non interferisce con le procedure di emersione già iniziate dai contribuenti e non concluse, per la presenza di cause ostative, alla data del 15 dicembre 2009, ferma restando l’avvenuta corresponsione entro detto termine della relativa imposta straordinaria.

Infatti, come chiarito con le precedenti istruzioni in materia, se alla data del 15 dicembre 2009 non è stato possibile completare, per cause ostative non dipendenti dalla volontà dell’interessato, il rimpatrio o la regolarizzazione, gli effetti derivanti dalla dichiarazione riservata, disciplinati dall’articolo 14 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, e successive modificazioni, si producono in ogni caso a condizione che entro tale data i soggetti interessati abbiano presentato la dichiarazione riservata, fornendo all’intermediario la provvista per il pagamento dell’imposta straordinaria del 5 per cento.

In tali casi, le operazioni di emersione devono essere definitivamente concluse entro il 31 dicembre 2010.

I contribuenti che intendono usufruire dei nuovi termini per far emergere le attività detenute all’estero devono, entro il 30 aprile 2010, effettuare tutti gli adempimenti previsti dall’articolo 13-bis del decreto legge n. 78 del 2009: in particolare, sono tenuti alla presentazione della dichiarazione riservata ad uno degli intermediari abilitati, utilizzando il modello approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 28 ottobre 2009, e a fornire al medesimo intermediario la necessaria provvista per il versamento dell’imposta straordinaria.

In presenza di cause ostative che impediscono l’effettivo rimpatrio e/o regolarizzazione entro la data del 30 aprile 2010, rimane fermo il termine ultimo del 31 dicembre 2010 per la conclusione definitiva delle operazioni di emersione.

2. MODALITÁ DI DETERMINAZIONE DELL’IMPOSTA STRAORDINARIA DOVUTA

A norma del comma 2 dell’articolo 1 del decreto, ai fini del conseguimento degli effetti dell’emersione per le operazioni di rimpatrio e/o di regolarizzazione effettuate nell’intervallo temporale individuato dal decreto stesso l’aliquota sintetica dell’imposta straordinaria dovuta è pari al:

a) 60 per cento del rendimento presunto delle attività rimpatriate o regolarizzate, per le operazioni di emersione effettuate dalla data di entrata in vigore del decreto (30 dicembre 2009) al 28 febbraio 2010;

b) 70 per cento del rendimento presunto delle attività rimpatriate o regolarizzate, per le operazioni di emersione effettuate dal 1° marzo al 30 aprile 2010.

Il rendimento presunto continua ad essere pari al 2 per cento annuo per i cinque anni precedenti l’operazione di emersione.

Si ricorda che l’imposta straordinaria va commisurata all’importo delle attività detenute in data non successiva al 31 dicembre 2008 ed indicato nella dichiarazione riservata.

3. PRESUPPOSTI ED EFFETTI DELLE OPERAZIONI DI EMERSIONE

Come già precisato nelle precedenti circolari, la disciplina in esame è essenzialmente diretta all’emersione dei capitali all’estero detenuti da persone fisiche e soggetti equiparati (enti non commerciali, associazioni professionali, ecc.). Si tratta, quindi, di soggetti che, in quanto diversi dalle società (di persone e di capitali), non sono normalmente deputati allo svolgimento di attività di impresa. Pertanto, in linea di principio, le operazioni di emersione non sono finalizzate a sanare redditi di impresa sottratti a tassazione.

Si rammenta, infatti, che la ratio specifica della disciplina in esame è quella di far rientrare nel circuito della legalità le attività esportate o costituite all’estero in violazione della normativa nazionale sul “monitoraggio fiscale”. Ai fini dell’accesso alla procedura dello scudo, non rileva, pertanto, la ricostruzione puntuale degli eventi che hanno dato origine alla fuoriuscita delle attività o alla loro costituzione all’estero né l’identificazione delle attività stesse quali frutto di evasione fiscale. La condizione essenziale è, dunque, la presenza all’estero delle suddette attività alla data del 31 dicembre 2008, anche se la costituzione delle medesime risalga ad anni precedenti.

In tale contesto normativo, come già precisato nella circolare n. 43/E del 10 ottobre 2009, non è richiesto ai fini in esame un nesso specifico tra le attività oggetto di emersione e l’evasione fiscale. Lo “scudo fiscale” può, infatti, riguardare anche attività riferibili a redditi che sono stati oggetto di dichiarazione e tassazione in Italia da parte del contribuente ovvero che non erano originariamente imponibili ovvero non più suscettibili di accertamento per l’avvenuto decorso dei relativi termini. L’unico presupposto richiesto dalla legge per avvalersi dello scudo è, semplicemente, la violazione degli obblighi di “reporting” ai sensi della disciplina sul “monitoraggio fiscale”.

Sotto questo profilo, gli effetti previsti dall’articolo 14, comma 1, lettera a), del decreto legge n. 350 del 2001, richiamato dall’articolo 13-bis del decreto legge n. 78 del 2009, si producono automaticamente e in modo indifferenziato sui maggiori imponibili eventualmente non assoggettati a tassazione dal contribuente, ma operano al di fuori di una procedura di accertamento di evasione fiscale connessa con gli imponibili stessi.

Ciò trova conferma nella circostanza che, diversamente da quanto previsto per i condoni di cui alla legge 23 dicembre 2002, n. 289, il pagamento dell’imposta straordinaria non è in alcun modo rapportato ad una percentuale dell’ammontare di maggiori imponibili accertati.

In definitiva, la preclusione degli accertamenti tributari e contributivi prevista dal citato articolo 14 costituisce un effetto indiretto e meramente eventuale dello “scudo fiscale” che, lungi dal presupporre un’attività di accertamento, richiede espressamente, tra i presupposti legittimanti, l’assenza di un controllo fiscale avviato prima del ricorso allo scudo stesso.

Peraltro, quale ulteriore differenza rispetto ai condoni sopra richiamati, lo scudo non inibisce incondizionatamente l’esercizio dell’attività di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria. Infatti, qualora in sede di controllo vengano accertati maggiori imponibili non assoggettati a tassazione da parte del contribuente, cui possono essere riferite le attività oggetto di emersione, l’Amministrazione procederà al relativo recupero, secondo le modalità ordinarie, della quota di detti

maggiori imponibili eventualmente eccedente l’importo delle attività rimpatriate o regolarizzate.

4. ESONERO DI PRESENTAZIONE DEL MODULO RW

Come noto, relativamente alle attività oggetto di rimpatrio e di regolarizzazione, i contribuenti che abbiano presentato la dichiarazione riservata sono esonerati dall’obbligo di indicare le medesime attività nella dichiarazione dei redditi (modulo RW) relativa al periodo d’imposta in corso alla data di presentazione della dichiarazione riservata, nonché per quello precedente.

Pertanto, per la dichiarazione riservata presentata all’intermediario nel 2010 (tra il 1° gennaio e il 30 aprile 2010), con riferimento alle attività rimpatriate e/o regolarizzate non deve essere compilato il modulo RW relativo alla dichiarazione dei redditi per l’anno 2009 né quello relativo alla dichiarazione dei redditi per l’anno 2010.

Si ricorda che per le attività oggetto di regolarizzazione l’esonero della compilazione del modulo RW non è definitivo in quanto, permanendo all’estero, le stesse rimangono assoggettate agli obblighi dichiarativi connessi al monitoraggio fiscale.

5. REDDITI DERIVANTI DALLE ATTIVITÀ FINANZIARIE RIMPATRIATE

Il contribuente che si avvale dell’operazione di rimpatrio delle attività finanziarie può comunicare all’intermediario, a norma del comma 8 dell’articolo 14 del decreto legge n. 350 del 2001, nonché dell’articolo 1 del decreto legge 22 febbraio 2002, n. 12, i redditi derivanti da tali attività percepiti dal 1° gennaio 2009 fino alla data di emersione delle attività.

Pertanto, tale facoltà può essere esercitata anche con riferimento ai redditi percepiti nel 2010 per quei contribuenti che si avvalgono dei nuovi termini.

Su tali redditi l’intermediario applica le imposte utilizzando il criterio analitico ovvero, in alternativa, il criterio presuntivo di cui all’articolo 6 del decreto legge n. 167 del 1990.

6. PROROGA DEI TERMINI PER ACCERTAMENTO E PER L’IRROGAZIONE DI SANZIONI

Il comma 3 dell’articolo 1 in esame ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter all’articolo 12 del decreto legge n. 78 del 2009 recante disposizioni in materia di “contrasto ai paradisi fiscali”.

Si ricorda che quest’ultima disposizione ha introdotto una presunzione di legge in base alla quale si considerano costituiti mediante redditi sottratti ad imposizione in Italia gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute, in violazione degli obblighi sul monitoraggio fiscale, in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato.

Con l’inserimento del comma 2-bis all’articolo 12, viene stabilito che i termini per l’accertamento basato sulla suddetta presunzione sono raddoppiati. Si tratta, in particolare, dei termini previsti dall’articolo 43, commi 1 e 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in materia di accertamento delle imposte sui redditi e dall’articolo 57, commi 1 e 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in materia di accertamento dell’imposta sul valore aggiunto.

Inoltre, con il successivo comma 2-ter sono stati altresì raddoppiati i termini di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 previsti per la notifica dell’atto di contestazione o di irrogazione delle sanzioni relative alle violazioni degli obblighi dichiarativi del modulo RW della dichiarazione annuale dei redditi (art. 4, commi 1, 2 e 3, del D.L. n. 167 del 1990) riferite agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute, in violazione dei predetti adempimenti, in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato oggettivamente individuati nei decreti ministeriali del 4 maggio 1999 e del 21 novembre 2001 (anche se con riferimento soltanto a talune tipologie di enti e società).

La presunzione di cui al predetto articolo 12 del decreto legge n. 78 del 2009, incluse le disposizioni sopra esaminate relative all’ampliamento dei termini per l’accertamento e per l’irrogazione delle predette sanzioni, non opera con riferimento alle attività oggetto di emersione.

* * * *

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dagli uffici.

OGGETTO:

Emersione di attività detenute all’estero. Riapertura dei termini. Articolo 1, commi 1, 2 e 3, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194.

PREMESSA

La recente normativa contenuta nell’articolo 13-bis del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, ha riproposto la speciale procedura di emersione di attività finanziarie e patrimoniali esportate o detenute all’estero da taluni soggetti fiscalmente residenti in Italia senza l’osservanza delle disposizioni normative in materia di monitoraggio fiscale.

Tale normativa ricalca sostanzialmente quella adottata per la prima volta dal decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409.

Tuttavia, va evidenziato che la nuova disciplina si inserisce in un mutato contesto internazionale caratterizzato dall’adozione di strumenti di cooperazione internazionale volti a contrastare fenomeni di evasione fiscale realizzati attraverso il trasferimento di capitali in Paesi nei quali vigono ordinamenti fiscalmente non trasparenti e dotati di un rigido segreto bancario che non consente un adeguato scambio di informazioni.

Un simile intervento si inquadra, in particolare, nell’ambito degli impegni assunti dagli Stati aderenti alla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) in occasione dei recenti vertici del G-20 e del G-8 finalizzati, tra l’altro, ad incrementare la collaborazione amministrativa tra gli Stati.

In attuazione di tali impegni va altresì considerata la presunzione relativa introdotta dall’articolo 12 del decreto legge n. 78 del 2009 in base alla quale gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, in violazione degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale, si considerano costituite mediante redditi sottratti a tassazione.

L’articolo 1, commi 1, 2 e 3, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194 (di seguito, decreto), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2009, ha riproposto, nella sostanza, la disciplina di cui al citato articolo 13-bis del decreto legge n. 78 del 2009, riaprendo i termini (scaduti il 15 dicembre 2009) di effettuazione delle operazioni di emersione. I soggetti interessati possono, infatti, porre in essere nuove operazioni a partire dal 30 dicembre 2009 (giorno dell’entrata in vigore del decreto) sino al 30 aprile 2010.

L’impianto normativo originario viene sostanzialmente confermato, facendo naturalmente salva la conformità alle disposizioni comunitarie in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA) e di antiriciclaggio, nonché alle relative interpretazioni della Corte di Giustizia.

Pertanto, si rendono applicabili le istruzioni e i chiarimenti precedentemente forniti dall’Agenzia delle Entrate sulla disciplina in esame, ad eccezione degli specifici aspetti oggetto di intervento normativo.

1. RIAPERTURA DEI TERMINI

Il comma 1 dell’articolo 1 del decreto prevede che le operazioni di rimpatrio e/o di regolarizzazione delle attività patrimoniali e di quelle finanziarie, detenute all’estero a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008, possono essere effettuate fino al 30 aprile 2010.

Come si ricorda, ai sensi del comma 6 dell’articolo 13-bis del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni, il termine ultimo entro il quale presentare la dichiarazione riservata e corrispondere l’imposta straordinaria era inizialmente fissato al 15 dicembre 2009.

Va da sé che anche per le nuove operazioni di emersione effettuate nei termini previsti dal citato comma 1 dell’articolo 1 del decreto restano confermati tutti gli altri presupposti oggettivi che operavano fino alla predetta data del 15 dicembre 2009; in particolare è confermato che non possono essere oggetto di rimpatrio o di regolarizzazione le attività già trasferite nel territorio dello Stato a partire dal 1° gennaio 2009.

La riapertura dei termini, inoltre, non interferisce con le procedure di emersione già iniziate dai contribuenti e non concluse, per la presenza di cause ostative, alla data del 15 dicembre 2009, ferma restando l’avvenuta corresponsione entro detto termine della relativa imposta straordinaria.

Infatti, come chiarito con le precedenti istruzioni in materia, se alla data del 15 dicembre 2009 non è stato possibile completare, per cause ostative non dipendenti dalla volontà dell’interessato, il rimpatrio o la regolarizzazione, gli effetti derivanti dalla dichiarazione riservata, disciplinati dall’articolo 14 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, e successive modificazioni, si producono in ogni caso a condizione che entro tale data i soggetti interessati abbiano presentato la dichiarazione riservata, fornendo all’intermediario la provvista per il pagamento dell’imposta straordinaria del 5 per cento.

In tali casi, le operazioni di emersione devono essere definitivamente concluse entro il 31 dicembre 2010.

I contribuenti che intendono usufruire dei nuovi termini per far emergere le attività detenute all’estero devono, entro il 30 aprile 2010, effettuare tutti gli adempimenti previsti dall’articolo 13-bis del decreto legge n. 78 del 2009: in particolare, sono tenuti alla presentazione della dichiarazione riservata ad uno degli intermediari abilitati, utilizzando il modello approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 28 ottobre 2009, e a fornire al medesimo intermediario la necessaria provvista per il versamento dell’imposta straordinaria.

In presenza di cause ostative che impediscono l’effettivo rimpatrio e/o regolarizzazione entro la data del 30 aprile 2010, rimane fermo il termine ultimo del 31 dicembre 2010 per la conclusione definitiva delle operazioni di emersione.

2. MODALITÁ DI DETERMINAZIONE DELL’IMPOSTA STRAORDINARIA DOVUTA

A norma del comma 2 dell’articolo 1 del decreto, ai fini del conseguimento degli effetti dell’emersione per le operazioni di rimpatrio e/o di regolarizzazione effettuate nell’intervallo temporale individuato dal decreto stesso l’aliquota sintetica dell’imposta straordinaria dovuta è pari al:

a) 60 per cento del rendimento presunto delle attività rimpatriate o regolarizzate, per le operazioni di emersione effettuate dalla data di entrata in vigore del decreto (30 dicembre 2009) al 28 febbraio 2010;

b) 70 per cento del rendimento presunto delle attività rimpatriate o regolarizzate, per le operazioni di emersione effettuate dal 1° marzo al 30 aprile 2010.

Il rendimento presunto continua ad essere pari al 2 per cento annuo per i cinque anni precedenti l’operazione di emersione.

Si ricorda che l’imposta straordinaria va commisurata all’importo delle attività detenute in data non successiva al 31 dicembre 2008 ed indicato nella dichiarazione riservata.

3. PRESUPPOSTI ED EFFETTI DELLE OPERAZIONI DI EMERSIONE

Come già precisato nelle precedenti circolari, la disciplina in esame è essenzialmente diretta all’emersione dei capitali all’estero detenuti da persone fisiche e soggetti equiparati (enti non commerciali, associazioni professionali, ecc.). Si tratta, quindi, di soggetti che, in quanto diversi dalle società (di persone e di capitali), non sono normalmente deputati allo svolgimento di attività di impresa. Pertanto, in linea di principio, le operazioni di emersione non sono finalizzate a sanare redditi di impresa sottratti a tassazione.

Si rammenta, infatti, che la ratio specifica della disciplina in esame è quella di far rientrare nel circuito della legalità le attività esportate o costituite all’estero in violazione della normativa nazionale sul “monitoraggio fiscale”. Ai fini dell’accesso alla procedura dello scudo, non rileva, pertanto, la ricostruzione puntuale degli eventi che hanno dato origine alla fuoriuscita delle attività o alla loro costituzione all’estero né l’identificazione delle attività stesse quali frutto di evasione fiscale. La condizione essenziale è, dunque, la presenza all’estero delle suddette attività alla data del 31 dicembre 2008, anche se la costituzione delle medesime risalga ad anni precedenti.

In tale contesto normativo, come già precisato nella circolare n. 43/E del 10 ottobre 2009, non è richiesto ai fini in esame un nesso specifico tra le attività oggetto di emersione e l’evasione fiscale. Lo “scudo fiscale” può, infatti, riguardare anche attività riferibili a redditi che sono stati oggetto di dichiarazione e tassazione in Italia da parte del contribuente ovvero che non erano originariamente imponibili ovvero non più suscettibili di accertamento per l’avvenuto decorso dei relativi termini. L’unico presupposto richiesto dalla legge per avvalersi dello scudo è, semplicemente, la violazione degli obblighi di “reporting” ai sensi della disciplina sul “monitoraggio fiscale”.

Sotto questo profilo, gli effetti previsti dall’articolo 14, comma 1, lettera a), del decreto legge n. 350 del 2001, richiamato dall’articolo 13-bis del decreto legge n. 78 del 2009, si producono automaticamente e in modo indifferenziato sui maggiori imponibili eventualmente non assoggettati a tassazione dal contribuente, ma operano al di fuori di una procedura di accertamento di evasione fiscale connessa con gli imponibili stessi.

Ciò trova conferma nella circostanza che, diversamente da quanto previsto per i condoni di cui alla legge 23 dicembre 2002, n. 289, il pagamento dell’imposta straordinaria non è in alcun modo rapportato ad una percentuale dell’ammontare di maggiori imponibili accertati.

In definitiva, la preclusione degli accertamenti tributari e contributivi prevista dal citato articolo 14 costituisce un effetto indiretto e meramente eventuale dello “scudo fiscale” che, lungi dal presupporre un’attività di accertamento, richiede espressamente, tra i presupposti legittimanti, l’assenza di un controllo fiscale avviato prima del ricorso allo scudo stesso.

Peraltro, quale ulteriore differenza rispetto ai condoni sopra richiamati, lo scudo non inibisce incondizionatamente l’esercizio dell’attività di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria. Infatti, qualora in sede di controllo vengano accertati maggiori imponibili non assoggettati a tassazione da parte del contribuente, cui possono essere riferite le attività oggetto di emersione, l’Amministrazione procederà al relativo recupero, secondo le modalità ordinarie, della quota di detti

maggiori imponibili eventualmente eccedente l’importo delle attività rimpatriate o regolarizzate.

4. ESONERO DI PRESENTAZIONE DEL MODULO RW

Come noto, relativamente alle attività oggetto di rimpatrio e di regolarizzazione, i contribuenti che abbiano presentato la dichiarazione riservata sono esonerati dall’obbligo di indicare le medesime attività nella dichiarazione dei redditi (modulo RW) relativa al periodo d’imposta in corso alla data di presentazione della dichiarazione riservata, nonché per quello precedente.

Pertanto, per la dichiarazione riservata presentata all’intermediario nel 2010 (tra il 1° gennaio e il 30 aprile 2010), con riferimento alle attività rimpatriate e/o regolarizzate non deve essere compilato il modulo RW relativo alla dichiarazione dei redditi per l’anno 2009 né quello relativo alla dichiarazione dei redditi per l’anno 2010.

Si ricorda che per le attività oggetto di regolarizzazione l’esonero della compilazione del modulo RW non è definitivo in quanto, permanendo all’estero, le stesse rimangono assoggettate agli obblighi dichiarativi connessi al monitoraggio fiscale.

5. REDDITI DERIVANTI DALLE ATTIVITÀ FINANZIARIE RIMPATRIATE

Il contribuente che si avvale dell’operazione di rimpatrio delle attività finanziarie può comunicare all’intermediario, a norma del comma 8 dell’articolo 14 del decreto legge n. 350 del 2001, nonché dell’articolo 1 del decreto legge 22 febbraio 2002, n. 12, i redditi derivanti da tali attività percepiti dal 1° gennaio 2009 fino alla data di emersione delle attività.

Pertanto, tale facoltà può essere esercitata anche con riferimento ai redditi percepiti nel 2010 per quei contribuenti che si avvalgono dei nuovi termini.

Su tali redditi l’intermediario applica le imposte utilizzando il criterio analitico ovvero, in alternativa, il criterio presuntivo di cui all’articolo 6 del decreto legge n. 167 del 1990.

6. PROROGA DEI TERMINI PER ACCERTAMENTO E PER L’IRROGAZIONE DI SANZIONI

Il comma 3 dell’articolo 1 in esame ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter all’articolo 12 del decreto legge n. 78 del 2009 recante disposizioni in materia di “contrasto ai paradisi fiscali”.

Si ricorda che quest’ultima disposizione ha introdotto una presunzione di legge in base alla quale si considerano costituiti mediante redditi sottratti ad imposizione in Italia gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute, in violazione degli obblighi sul monitoraggio fiscale, in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato.

Con l’inserimento del comma 2-bis all’articolo 12, viene stabilito che i termini per l’accertamento basato sulla suddetta presunzione sono raddoppiati. Si tratta, in particolare, dei termini previsti dall’articolo 43, commi 1 e 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in materia di accertamento delle imposte sui redditi e dall’articolo 57, commi 1 e 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in materia di accertamento dell’imposta sul valore aggiunto.

Inoltre, con il successivo comma 2-ter sono stati altresì raddoppiati i termini di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 previsti per la notifica dell’atto di contestazione o di irrogazione delle sanzioni relative alle violazioni degli obblighi dichiarativi del modulo RW della dichiarazione annuale dei redditi (art. 4, commi 1, 2 e 3, del D.L. n. 167 del 1990) riferite agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute, in violazione dei predetti adempimenti, in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato oggettivamente individuati nei decreti ministeriali del 4 maggio 1999 e del 21 novembre 2001 (anche se con riferimento soltanto a talune tipologie di enti e società).

La presunzione di cui al predetto articolo 12 del decreto legge n. 78 del 2009, incluse le disposizioni sopra esaminate relative all’ampliamento dei termini per l’accertamento e per l’irrogazione delle predette sanzioni, non opera con riferimento alle attività oggetto di emersione.

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Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dagli uffici.